martedì 22 febbraio 2011

Franco Bartolomei: Bertinotti, PSI e socialismo

Bertinotti, PSI e socialismo
Scritto da Franco Bartolomei
Lunedì 21 Febbraio 2011




Esistono, purtroppo, un insieme di ragioni politiche che stanno alla base di quelle carenze della iniziativa politica del Partito Socialista che di fatto consentono a Bertinotti di portare a compimento un percorso autocritico di riavvicinamento alla socialdemocrazia, sul riconoscimento di una fine dell'esperienza storica e politica del comunismo maturata nel momento in cui la crisi del capitalismo nel mondo sviluppato avrebbe dovuto, o potuto, al contrario rivalutarne le ragioni sociali, senza alcuna considerazione delle ragioni del socialismo italiano.

La mancata elaborazione dei motivi sostanziali della sconfitta del craxismo, e la incomprensione delle ragioni strutturali di crisi del modello neo-liberista, che nel nostro paese era stato introdotto utilizzando l'involucro istituzionale della Seconda Repubblica, hanno infatti costituito le vere ragioni di una debolezza politica e culturale che ha afflitto i gruppi dirigenti socialisti che si sono succeduti nello SDI e nell'attuale PSI in questo quindicennio, e che rischiano di marginalizzare definitivamente il ruolo del PSI proprio nel momento in cui il socialismo democratico diviene l'unico possibile approdo di tutta la sinistra.

La stessa dispersione della grande occasione costituita dall'originario progetto di Sinistra e Libertà altro non è che la ulteriore dimostrazione di fragilità di un gruppo dirigente che si ostina, purtroppo, a proseguire la propria azione attraverso lo stesso schema interpretativo dei rapporti a sinistra usato negli anni '80, ormai assolutamente superato dalla crisi di quel modello sociale e di rapporti economici la cui affermazione nella società costituì la vera ragione strutturale dei successi dell'impostazione politica craxiana, oggi assolutamente non più riproducibili.

Il crollo del modello sociale neo-liberista, dopo un trentennio di egemonia sociale, politica e culturale, ha segnato di fatto la sconfitta storica di tutte quelle esperienze del socialismo democratico che avevano erroneamente ritenuto che la questione sociale nell'occidente sviluppato fosse stata ormai risolta da uno sviluppo repentino, ineluttabilmente destinato a superare definitivamente le antiche contraddizioni del sistema capitalista, per cui il compito dei socialisti dovesse essere ridotto ad assecondare al meglio le capacità espansive insite nel mercato, nella logica d'impresa, e da ultimo nella stessa finanziarizzazione dell'economia.

Questa considerazione portava con sé l'idea forza che il socialismo democratico dovesse ineluttabilmente tornare ad interpretare politicamente una visione strutturale della critica sociale e della sua azione riformatrice.

Sulla base di questa riflessione di partenza sarebbe stato necessario aprire all'interno dell'universo politico socialista un processo critico dell'esperienza craxiana, rileggendo la crisi di sistema che stiamo attraversando alla luce delle idee, delle analisi, e della elaborazione culturale dell'altro grande filone di pensiero ed azione politica del socialismo Italiano moderno, quello lombardiano, spazzato via dalla memoria ufficiale del PSI prima del 93, e mai seriamente recuperato dai nuovi gruppi dirigenti (Boselli e Nencini) che lo hanno diretto nella esperienza politica della Seconda Repubblica.

Purtroppo questi nostri limiti indeboliscono la stessa rilevanza della novità della scelta compiuta da Bertinotti, che rischia seriamente di cadere nella tentazioni di supplire , un po' goffamente, ad un ruolo non suo, attraverso l'occupazione di uno spazio che il PSI si ostina a non voler ricoprire con determinazione e coerenza.



Franco Bartolomei

segreteria nazionale PSI

51 commenti:

claudio ha detto...

E' bene prendere coscienza che un partito irrilevante non può sopravvivere solo con la burocratica rivendicazione dell'unicità dell'appartenenza al PSE, e con un piccolo cabotaggio a carattere regionale.
Bertinotti nella seconda repubblica un ruolo discutibile, ma certo molto più importante di quello del PSI e suoi biennali travestimenti. Che si rimetta a parlare di socialismo può essere una buona notizia, , come quella che il PD non sopravviva alla sua inconsistenza politica accompagnata dalla rigidità della gerarchia., come quello che l'esperimento di SeL porti al nucleo ricostituente di un'area socialista che occupi gli spazi politici e ideologici del migliore PSI che non è stato quello di Craxi ma quello che portò al centro sinistra e alle riforme vere, non a quelle annunciate.
Appena finito di ricordare il 90 della scissione comunista, sarà il caso di riflettere su quella dello PSIUP, solo apparentemente un episodio irrilevante, perché il punto di partenza di tutti i movimenti no-tutto della nostra storia politica:l'ideologia approssimativa al posto della politica,la propaganda al posto della gestione, l'internazionalismo d'accatto al posto dell' analisi dell'evoluzione dei rapporti mondiali.

franco ha detto...

E' inutile lamentarsi che Bertinotti abbia potuto affermare il proprio approdo al Socialismo Europeo eludendo il dovuto riconoscimento delle ragioni storiche e politiche dei Socialisti Italiani.



Se il PSI, invece di gloriarsi in una sciocca valorizzazione della propria autosufficenza, fosse divenuto parte attiva di un processo costituente per una nuova forza unitaria della sinistra italiana, Socialista e Democratica, in grado di dare soluzione politica alla fine dell'esperienza politica del comunismo italiano, il compagno Bertinotti non avrebbe sicuramente potuto permettersi certe amnesie.

Purtroppo il PSI continua a concepire se' stesso fuori dal proprio naturale compito storico e politico di protagonista necessario della ristrutturazione dell'intera Sinistra italiana all'interno del processo in atto di rifondazione a sinistra del Socialismo Europeo, come risposta politica inevitabile alla crisi strutturale che attraversano i i modelli sociali , economici, e finanziari, imposti dal sistema neo-liberista, da cui dipende il futuro democratico del paese e la qualita' della societa' italiana del futuro



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franco ha detto...

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In questa partita, tutta a sinistra, il ruolo dei socialisti ,per quanto ridotti a piccole percentuali di consenso elettorale, potrebbe essere determinante per portare a maturazione processi poltici unitari ancora troppo in ritardo rispetto alle necessita' imposte dal precipitare della crisi, e per rendere concreta una proposta di governo alternativa.

Purtroppo il PSI non riesce ancora ad elaborare una proposta di ricostruzione unitaria della sinistra italiana attorno ad un progetto di governo che di fronte alla profondita' della crisi economica ,alle responsabilita' delle classi dirigenti finanziarie, ed al disastro sociale che abbiamo di fronte , sappia dare concretezza ad un nuovo modello di sviluppo della societa'.

Esistono purtroppo un insieme di ragioni politiche che stanno alla base di queste carenze della iniziativa politica del Partito Socialista che di fatto consentono a Bertinotti di portare a compimento un percorso autocritco di riavvicinamento alla Socialdemocrazia senza alcuna considerazione delle ragioni del Socialismo italiano, nonstante il suo riconoscimento della fine dell'esperienza storica e politica del Comunismo venga a maturazione proprio nel momento in cui la crisi del capitalismo nel mondo sviluppato avrebbe potuto, al contrario, far immaginare una rivalutazione delle sue ragioni sociali .



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franco ha detto...

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La mancata elaborazione dei motivi sostanziali della sconfitta del Craxismo, e la incomprensione delle ragioni strutturali di crisi del modello Neo-liberista che nel nostro paese era stato introdotto utilizzando l'involucro istituzionale della seconda repubblica, hanno infatti costituito le vere ragioni di una debolezza politica e culturale che ha afflitto i gruppi dirigenti Socialisti che si sono succeduti nello SDI e nell'attuale PSI in questo quindicennio, e che rischiano di marginalizzare definitivamente il ruolo del PSI proprio nel momento in cui il Socialismo Democratico diviene l'unico pssibile approdo di tutta la sinistra.

La stessa dispersione della grande occasione costituita dall'originario progetto di Sinistra e Liberta' altro non è che la ulteriore dimostrazione di fragilita' di un gruppo dirigente che si ostina purtroppo a proseguire la propria azione attraverso lo stesso schema interpretativo dei rapporti a sinistra usato negli anni '80, ormai assolutamente superato dalla crisi di quel modello sociale e di rapporti economici la cui affermazione nella societa' costitui la vera ragione strutturale dei successi dell'impostazione politica Craxiana, oggi assolutamente non piu' riproducibili.

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franco ha detto...

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La mancata elaborazione dei motivi sostanziali della sconfitta del Craxismo, e la incomprensione delle ragioni strutturali di crisi del modello Neo-liberista che nel nostro paese era stato introdotto utilizzando l'involucro istituzionale della seconda repubblica, hanno infatti costituito le vere ragioni di una debolezza politica e culturale che ha afflitto i gruppi dirigenti Socialisti che si sono succeduti nello SDI e nell'attuale PSI in questo quindicennio, e che rischiano di marginalizzare definitivamente il ruolo del PSI proprio nel momento in cui il Socialismo Democratico diviene l'unico pssibile approdo di tutta la sinistra.

La stessa dispersione della grande occasione costituita dall'originario progetto di Sinistra e Liberta' altro non è che la ulteriore dimostrazione di fragilita' di un gruppo dirigente che si ostina purtroppo a proseguire la propria azione attraverso lo stesso schema interpretativo dei rapporti a sinistra usato negli anni '80, ormai assolutamente superato dalla crisi di quel modello sociale e di rapporti economici la cui affermazione nella societa' costitui la vera ragione strutturale dei successi dell'impostazione politica Craxiana, oggi assolutamente non piu' riproducibili.

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franco ha detto...

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Il crollo del modello sociale neoliberista, dopo un trentennio di egemonia sociale, politica e culturale, ha segnato di fatto la sconfitta storica di tutte quelle esperienze del Socialismo Democratico che avevano erroneamente ritenuto che la Questione Sociale nell'occidente sviluppato fosse stata ormai risolta da uno sviluppo repentino, ineluttabilmente destinato a superare definitivamente le antiche contraddizioni del sistema capitalista, per cui il compito dei socialisti dovesse essere ridotto ad assecondare al meglio le capacita' espansive insite nel mercato , nella logica d'impresa, e da ultimo nella stessa finanziarizzazione dell'economia.

Questa considerazione portava con se' l'idea forza che il Socialismo democratico dovesse ineluttabilmente tornare ad interpretare politicamente una visione strutturale della critica sociale e della sua azione riformatrice.

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franco ha detto...

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Sulla base di questa riflessione di partenza sarebbe stato necessario aprire all'interno dell'universo politico Socialista un processo critico di revisione dell'esperienza Craxiana, rileggendo la crisi di sistema che stiamo attraversando alla luce delle idee , delle analisi ,e della elaborazione culturale dell'altro grande filone di pensiero ed azione politica del Socialismo Italiano moderno , quello Lombardiano, storicamente concentrato sulla nescessita' delle trasformazioni strutturasli dei rapporti sociali come elemento chiave della politica riformatrice dei Socialisti, spazzato via dalla memoria ufficiale del PSI dopo l'82-84, e mai seriamente recuperato dai nuovi giovani gruppi dirigenti ( Boselli e Nencini) che lo hanno diretto nella esperienza politica della II Repubblica.

Questa debolezza culturale di un gruppo dirigente perennemente orfano di una precedente fase storica, definitivamente tramontata, costituisce la vera ragione di una incapacita' sostanziale di concepire il Partito socialista come forza trainante di un grande processo unitario di ricostruzione della sinistra, sulla base del superamento delle vecchie divisioni, del recupero di una forte capacita' critica dell'esistente , e sulla riappropriazione di una concezione strutturale della azione riformatrice del Socialismo.


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franco ha detto...

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Purtroppo questi nostri limiti indeboliscono la stessa rilevanza della novita' della scelta compiuta da Bertinotti ,suscettibile di aprire prospettive unitarie nuove a tutta la sinistra aiutando innanzitutto Vendola a collocarsi su un terreno di riferimenti poltici certi a livello europeo.

L'immobilita' del PSI rischia seriamente, in particolare, di favorire in SeL una sorta di complesso di Atlante, instillando la tentazioni di supplire , un po' goffamente, ad un ruolo non suo, attraverso l'occupazione di uno spazio che il PSI si ostina a non voler ricoprire con determinazione e coerenza.



Questa riflessione sui limiti della azione del PSI non deve tuttavia tralasciare la considerazione, tutta politica, che la scelta di Bertinotti deve trovare le sue radici, ben oltre la generica crisi finale delle ragioni di un processo di rifondazione del comunismo , in una valutazione delle vere ragioni della crisi di identita, di credibilita', e di rappresentativita' del Centro-sinistra, che conduce direttamente ad una rivalutazione del grande compromesso democratico e sociale realizzato nella I repubblica dalle grandi forze popolari costituzionali, direttamente sintetizzato nella azione di garanzia e di governo svolta per circa un trent'ennio dal PSI.

Bertinotti, infatti, non sempre ha sufficentemente collegato la sua critica da sinistra al PDS-DS-PD, alla individuazione dei legami tra i poteri forti internazionali economici - finanziari e monetari ed alla distruzione della I repubblica, ai comportamenti politici ed alle scelte di alleanza compiute dal gruppo dirigente del PDS e da Prodi.

In tal senso, pur non avendo correttamente mai sostenuto posizioni giustizialiste di esaltazione del nuovo assetto istituzionale costituito nel 92'-94' , avrebbe sicuramente dovuto marcare con piu' nitidezza la critica alla II repubblica, individuandola esplicitamente come l'involucro istituzionale all'interno del quale è avvenuta la trasformazione della costituzione materiale del paese, caratterizzata dalla introduzione di quel modello di rapporti sociali , culturali, ed economici , neo-liberista, che lo stesso Craxi, pur con tutti i suoi limiti, ha sempre rifiutato di importare , e che al contrario la classe dirigente ulivista ha integralmente fatto proprio, in adesione ai parametri di omologazione alle nuove regole economiche e finanziarie internazionali su cui ha sempre inteso misurare la propria affidabilita'.

Su questo terreno avrebbe potuto, senza particolari abiure, realizzare gia' da tempo una maggiore comprensione politica della sostanza sociale della politica Craxiana che avrebbe potuto allargare il suo stesso spazio di riferimento politico, e contemporaneamente avrebbe potuto consentire al PS-SI-SDI-PSI di aprire gia' da prima un dialogo politico con lui in funzione anti PD, cosa avvenuta successivamente troppo tardi, solo a ridosso del massacro Veltroniano della sinistra italiana realizzato nel 2008.

Qesta convergenza appare invece oggi assolutamente possibile, ed auspicabile , nell'interesse della rinascita della sinistra italiana.

Potra' avvenire se i Socialisti avranno il coraggio di investire totalmente il loro futuro politico nell'opera della ricostruzione di una nuova grande forza Socialista, in cui vadano a riconfluire tutti i grandi filoni delle culture della sinistra italiana, la cui divisione non ha ormai ragion d'essere, e se tutti coploro che approdano al Socialismo, come l'unica grande trincea della Sinistra nel mondo, considerino con onesta intellettuale l'azione di coloro che nel nostro paese hanno sempre finora rappresentato questo riferimento ideale e politico







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sergio ha detto...

Penso che occorra smetterla di considerare tutto il PSI uguale a Nencini che è segretario votato ad altissima maggioranza perché i suoi competitors si sono squagliati al Congresso di Perugia; se la linea di Nencini non va bene si prepara l'alternativa con coerenza e perseveranza; Nencini del resto non è Craxi.

Per compagni come me al Congresso non è rimasto che non partecipare al voto, lo stesso G. di V. è costituito da un buon numero di Compagni aderenti al PSI eppure non mi sembra che si fatichi a trovare alternative politiche a cominciare dal punto più qualificante del nostro programma: un PSE transnazionale e più attento ai temi classici del Socialismo.

Sergio Tremolada (Nuova Società)

mario ha detto...

Il problema del PSI non sta nel considerarlo tutto uguale al vagabondo avventuriero Nencini. L'attuale segretario ed i suoi "modus operandi" sono solo le conseguenze logiche di errori che vengono da lontano e che si continuano a ripetere con l'assurda complicità degli iscritti militanti. C'è innanzitutto da considerara l'insostenibilità di una forma "partito" che da più di 15 anni non riesce a sfondare il tetto del 2% ed anzi regredisce sempre più verso lo 0%, il tutto causato anche e non solo dalla sostanziale inamovibilità delle sue classi dirigenti, delle sue prassi, delle sue "culture operative" e della sua struttura personalistica e para-satrapica territoriale.
Mantenere in vita con l'ossigeno un simile mini-apparato per mero attaccamento nostalgico-identitario favorisce solo quei soliti e pochi noti che cercano unicamente una "sistemazione personale".
Beninteso, gli altri partiti, specie del centrosinistra, non sono messi strutturalmente in maniera molto diversa, ma almeno nei fatti e nelle prospettive raccolgono maggior consensi, perché pur con i loro limiti interni sanno agitare le coscienze su temi forti, sanno apparire meglio di quello che sono e per tal motivo hanno più visibilità.
Mario Francese

peppe ha detto...

intanto bisogna essere chiari e netti su alcuni dati di fatto
- Il PSI storico si è sciolto nel 1994.
- le schegge postcraxiane (SDI e Ps) non rappresentano la continuità della storia socialista, E' come se il partito di Diliberto rappresentasse la continuità dela storia del PCI!
- il postcraxismo è ormai estraneo ala sinistra e si colloca idealmente nel III polo. Il documento di Covatta e Teodori rappresenta la copertura ideologica
- c'è quindi bisogno di chi rappresenti quella tradizione socialista ripulita della fine degli ani 80 (martelli ec.). Questa tradizione è sì essenziale alla ricostruzione dela sinistra.

sergio ha detto...

Ricordo a chi non sembra interessato al dialogo fra tutti i Socialisti come invece è il senso dell'"appello di Volpedo" che solo due anni fa il tanto vituperato gruppo dirigente dello SDI aprì per la terza volta le proprie porte ad esponenti di ogni cultura riformista del Centrosinistra per ricostruire un "grande partito Socialista" senza porre condizioni a priori.

Non mi pare che il fallimento di tale operazione possa essere addebitata al solo SDI ma anche alla gran parte di quei compagni che alle prime difficoltà non ha esitato a cercare altre strade meno impervie. Poi l'intero (o quasi) gruppo dirigente dello SDI si è dato dimissionario ma non sembra che il vuoto sia stato riempito da geni della politica né che frotte di compagni, che dichiaravano di non voler entrare nello SDI perché c'era Boselli e compagnia varia, si siano poi dati da fare.

Per carità di patria non parlerò di alti esponenti che paiono essere scomparsi (rispetto alla politica nazionale) pur essendo iscritti al PSI.

Forse molti di noi vorrebbero un partito su misura per ciascuno di noi; a me invece pare che la discussione sulla possibile nostra politica debba continuare in un crescendo di relazioni, contributi ed analisi condivise.

Sergio Tremolada (Nuova Società)

dario ha detto...

Caro Sergio

l'altra sere ero alla presentazione di un bel libro di Valdo Spini organizzata da Rosaria Bertilaccio, e li ho avuto occasione di sentire da una persona informata sui fatti (Valdo) il pensiero sui socialisti che ha colui che ha distrutto il sindacato a Torino nel 1980 e su quelle macerie si è costruito una carriera politica e poi ha distrutto un dignitoso governo di centro sinistra.

Chi fosse curioso può girare la domanda direttamente a Valdo.

Se qualcuno ancora spera che quel personaggio li sia colui che può ricostruire una cosa che si avvicina al socialismo democratico è un illuso, quel signore in cachemire fa solo quel che gli interessa per la sua rinascita, è un illusionasta da gioco delle tre carte e purtroppo temo che siano tanti i gonzi che si fermano a scommettere su una partita persa.

Il socialismo del PSI craxiano è finito ventanni fa, alcuni di noi hanno rielaborato il lutto e si sono messi a lavorare per ricostruire dal basso un movimento dei socialisti, altri pensano che sia possibile trovare qualche scorciatoria.

Parlare come fa qualcuno di "socialismo europeo" non è la stessa cosa di proporre, come facciamo noi del GdV (vedere il Patto di Volpedo3 pubblicato sul sito www.gruppodivolpedo.it) di costituire in Italia la Sezione del Partito Socialista Europeo.

Alcuni anni c'era un partito-movimento che si definiva Sinistra Democratica "per il socialismo europeo" qualcuno se lo ricorda ancora? è lo stesso partito che a Torino è confluito in SEL con tutta la sua acrimonia verso i socilaisti, cancellando dal suo logo "per il socialismo europeo".

La strada per ricostruire una identità ed una immagine positiva del socialismo in Italia sarà ancora molto lunga e non ci saranno scorciatoie, SEl è già in calo perchè non essendoci primarie Vendola non sa che dire se non lanciare una catto-comunista a premier ed il PD è bloccato dalle sue enormi ed infinite contraddizioni da fusione fredda, il PSI è quello che è, anche se ultimamente, con il manifesto Covatta-Teodori tenta di uscire dal coma profondo in cui si era cacciato, purtroppo continua ancora ad andare, senza dignità, con il cappello in mano a pietire qualche posto dal PD.

Un partito o un movimento politico che non ha raccordi con le strutture sociali (sindacato, organizzazioni delle piccole imprese, associazionismo culturale) non va da nessuna parte, si limita a fare una lunga, infinita discussione politicistica, come se i partiti fossero ancora quelli della Prima Repubblica. Quei partiti li non esistono più (o meglio non esistono più a sinistra), dobbiamo prendere atto che un' era si e conclusa nel 1993 e un'altra si sta chiudendo in questi anni , attrezziamocio per raccogliere quanto sarà possibile dal big bang dei partiti, masapendo che sarà un big bang prodotto dalla crisi economica e sociale non dalla capacità affabulatoria di qualche politico.

Le nuove dimensioni della politca sono come minimo l'Europa e, spiace dirlo, in Italia il "localismo", perchè i cittadini ormai percepiscono come lontani i centri di potere nazionali e se noi non ci attrezzaimo per rispondere a questo bisogno di "democrazia locale" saremo inutili esattamente come Bertinotti e c. Noi socialisti siamo figli del "municipalismo" e del federalismo di Cattaneo, ripartiamo di li, magari perderemo qualche battaglia, ma come dicevamo due anni fa "facciamo di Volpedo l'alternativa a Pontida".

Dario Allamano

mario ha detto...

Caro compagno Tremolada, la profonda crisi dei partiti italiani (ed in particolare dei relativi ceti dirigenti) è sotto gli occhi di tutti e quella del "reducismo PSI" lo è ancor di più. Personalmente da socialista non ho più aderito al PSI perché mi ero stufato di fare l'ultimo giapponese in un micro-partito "in perenne cerca d'autore" e sostanzialmente sempre più appiattito sugli interessi personali dei soliti e pochi noti abili nel riproporsi dal bosellismo al nencinismo. Credo, comunque, che non aiuti la nostra posizione il continuare a rinfacciarsi ragioni o torti individuali poichè alla fine della fiera i fatti concreti sono sempre le cose più testarde del mondo. Il dialogo (e la collaborazione) tra i socialisti, come singole individualità o come associazioni trasversali ai partiti della sinistra, non è mai stato messo in discussione e questa stessa mailing-list (ma non solo) ne è una riprova. Non credo, tra l'altro e come tanti altri compagni, di aver bisogno del riconoscimento e dell'esposizione di una particolare coccarda-tessera per poter esprimere e far valere le mie idee socialiste.
Mario Francese

mario ha detto...

@ Dario Allamano e chiunque altr* compagn* interessato
circa il passaggio "SEl è già in calo perchè non essendoci primarie Vendola non sa che dire se non lanciare una catto-comunista a premier " invito a leggere con attenzione quanto pubblicamente dichiarato e specificato in proposito dallo stesso Nichi Vendola.

http://www.nichivendola.it/sito/mcc/informazione/nessun-passo-indietro.html

Nessun passo indietro



Non ci penso neanche lontanamente di fare un passo indietro sulle primarie. Le primarie sono l’unico strumento che io conosco, grezzo ma efficace, per far vivere il centrosinistra come un processo di partecipazione democratica, allargata, popolare. Molto spesso il centrosinistra ha una coalizione ma non un’anima. E le primarie possono essere l’anima che le manca.

Ho fatto il nome di Rosy Bindi perché quello è l’unico caso in cui si capisce che si sta facendo una coalizione ed eventualmente un governo che ha obiettivi limitati per una fase provvisoria.
Ho preso sul serio quella che veniva indicata come una necessità nazionale. Partire dallo stato di emergenza democratica del nostro paese e immaginare la necessità di una fase di transizione dentro a una coalizione molto larga che si impegni a rimuovere le macerie di questa cadente seconda Repubblica.
L’esecutivo che nascerebbe avrebbe però un recinto e un respiro limitato, tanto che ripristinato con la collaborazione di tanti un quadro di regole democratiche, poi non si può stare tutti insieme perché ad esempio Fli ha una strategia rispettabile ma è un competitor.
Proporre il nome del presidente del Pd non è proporre me stesso. Vuol dire che non ero prigioniero delle mie ambizioni personali; per una volta non ho detto la parola primarie e ho accettato il discorso che mi veniva proposto. Ma se il discorso è serio, il recinto e il suo respiro sono questi, altrimenti vuol dire che qualcuno sta imbrogliando.
E non sono certamente io.
Abbiamo bisogno di una nuova fase politica e abbiamo l’urgenza di recuperare l’orgoglio di poter vivere in un paese democratico, libero che consenta ai cittadini, alle giovani generazioni e alle donne di vivere all’altezza dei propri sogni. Abbiamo la necessità di recuperare un sentimento unitario, soprattutto nell’anno del 150° anniversario dell’unità nazionale, che oggi trova ostacoli e inciampi proprio per parte di chi è al governo. Noi in Puglia il 17 marzo faremo festa e speriamo che l’Italia faccia festa per il tricolore, per la patria e che faccia festa alla Lega.

Nichi Vendola
17 febbraio 2011

mario ha detto...

Caro Mario concordo con quanto scrivi. Inutile certo rinfacciarsi responsabilità ma certo é importante riconoscere le responsabilità. Credo che quanto sta emergendo in questi giorni in relazione a partitini e candidature dimostri come il non avere avuto la disponibilità a riflettere sulle responsabilità stia portando alle solite trite e ritrite modalità di azione. Non é un bel vedere! Non credo porterà ad altro che ai soliti risultati!
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peppe ha detto...

....e si continua a celebrare il lutto. Con questi ragionamenti non si va da nessuna parte, o meglio verso il III polo (che comunque non credo sia affatto la scelta di Dario). Noi a Livorno abbiamo egregiamente dimostrato che le celebrazioni del lutto le abbiamo superate del tutto

dario ha detto...

Caro Mario

sarà perchè abito a Torino che sta vivendo la crisi economica e sociale peggiore di tutto il dopoguerra, ma francamente a me discutere se Vendola ha ancora in testa le primarie o no e se la proposta di Rosi Bindi è tattica o strategia mi appassiona poco.

Sino a che la sinistra non avrà un progetto politico degno di tal nome ed in grado di proporre una possibile uscita dalla crisi, senza demagogie populistiche, non vincerà mai, ai normali cittadini questo interessa non una discussione da cripto-politica utile per noi che siamo malati di politicismo.

A me Vendola non piace perchè è figlio di una politica demagogico-populistica, che viene dalla storia di una sinistra che ha accumulato piazze piene e urne vuote (come diceva Nenni), una politica che infiamma le masse ma non le aiuta a ragionare, che parla alla pancia ma non alla testa, fatta di tifosi ultras e non di militanti consapevoli dei proprii diritti e dei proprii doveri.

Per dirla in concreto sul Treno Alta Velocità io non avrei mai detto "va bene tra Bari e Roma ma non tra Torino e Lione", non perchè sono un SI TAV ma perchè prima di esprimermi voglio capire se la Linea Torino Lione serve a ridurre anche solo di 1.000 i 40.000 TIR che ogni giorno passano in ValSusa, così come sul versante sindacale io opero nel mio piccolo (e i compagni sindacalisti torinesi lo riconoscono, tutti e non solo i miei amici) per aiutare la ricostruzione dell'Unità dei lavoratori e non per dividere tifando per questa o quella sigla.

Noi socialisti torinesi del Gruppo di Volpedo non abbiamo la stessa visibilità di Vendola, e dobbiamo usare questi piccoli mezzi dei blog per esprimerci, ma siamo riconosciuti come un gruppo politico abbastanza autorevole che sa coniugare meriti e bisogni, diritti e doveri con obiettività e onestà.

Fraterni saluti

Dario Allamano

giovanni ha detto...

Nel 2005 io accolsi uno degli appelli dello Sdi e aderii. Fu per poco, perchè nel giro di sei mesi mi trovai coinvolto nella grottesca avventura della Rosa nel Pugno, avendo Capezzone quale maestro concertatore della campagna elettorale. Il problema è non di sigle, ma di contenuti politici. Se li PSI adottasse una piattaforma somigliante al Manifesto di Volpedo, ad esempio, potrebbe forse ambire a riunire sotto lo stesso tetto socialisti appartenenti ad un arco di posizioni paragonabile a quello che vide convivere a suo tempo Nenni e Lombardi, De Martino e Giolitti. Quanto al dialogo di tutti i socialisti, bensintende secondo i limiti ancora recentemente definiti da Somaini, che non comprendono coloro che per prebende e potere hanno tradito la causa. Proprio perché so leggere i documenti, so bene che rivolgere ad un’altra parte un appello, ancorchè in toni burberi e polemici, significa sostanzialmente accreditarlo e aprire percorsi che non è facile stabilire a priori dove possano andare a parare. Per questa convinzione sono così sensibile al tema.Cari saluti. Giovanni Baccalini

dario ha detto...

Caro Peppe

il lutto l'ho già rielaborato da tempo, ma continuo a pensare che tutti coloro che furono leaders "negativi" nella Prima Repubblica ed anche nella seconda dovrebbero farsi gentilmente da parte, Bertinotti è uno di questi e noi a Torino che lo conosciamo bene sull'attività pratica e ilsuo cinismo gradiremmo non vederlo più a raccontarci cos'è il socialismo oggi, lo sappiamo meglio di lui.

Ciao

Dario

felice ha detto...

Per i giocatori di carte l'espressione bussare a picche e rispondere a bastoni ha un chiaro significato. Nei nosrti dibattiti metafore e metonimie la fanno da padrone.

Non si può rispodere che il dibattito sulle ragioni di Vendola nel proporre la Bindi non interessa, quando l'interlocutore era stato sollecitato da un pezzo dello scritto, che aveva argomentato sull'episodio. Ciò non toglie che che ben altri sono i problemi e allora discutiamo di questi. In un precedente commento ad un intervento di Astengo su questa mailinglist ho posto il problema, cui i torinesi sono sensibili, che il problema maggiore della sinistra è quello di recuperare i milioni di voti persi tra la vittoria del 1996 e le regionali del 2010. Una sinistra all'altezza dei suoi compiti deve porsi il problema di farsi capire e perciò, come ebbi a scrivere a commento del referendum Fiat, che una priorità è comprendere chi ha votato SI', piuttosto che trasformare i NO nella nuova falange tebana per accelerare la caduta del capitalismo sotto la spinta di ripetuti scioperi generali. Trovo positiva la constatazione di Bertinotti del fallimento della costruzione di una seconda sinistra antagonista e del PD. Tutte ideee sorte dal seno del filone comunista, mentre è mancata una sinistra somigliante a quella predominante nel resto d'Europa. In questo i socialisti hanno la loro responsabilità, la principale è quella di non credere fino in fondo alla forza delle proprie idee e del compito di propalarle dovunque, e tra le masse degli infedeli: altrimenti che razza di missionari siamo? Rinchiudersi nel ghetto socialista non è la risposta giusta. I socialisti non sono sacerdoti per cui una volta ordinati lo sono per tutta la vita anche se si spretano. Essere socialisti, parafrasando Renan, è un plebiscito che si fa ogni giorno. Mussolini socialista lo è stato ed anche particolarmente estremista, ma il Mussolini socialista interessa gli storici, le persone ordinarie se lo ricordano come il fascista Mussolini e non come l'ex socialista di Predappio.

roberto ha detto...

Scusate, ma perché, anziché valorizzare l' importanza politica di quel che Bertinotti ha detto a Livorno ( che oggettivamente dovrebbe solo gratificare i socialisti, si deve fare dietrologia e metterla sul personale? Poi nella cultura socialista c' è sempre stata la consapevolezza di non essere depositari di verità assolute, ma semmai la disponibilità a confrontarsi e dialogare, pur partendo da valori di fondo che oggi riteniamo che debbano essere (più che genericamente vantati) messi a disposizione di un grande progetto, per innervarne la nuova sinistra di cui il paese ha bisogno.
Fraterni saluti.
Roberto D' Ambra ( Lega dei Socialisti di Livorno)

felice ha detto...

Chi non si accontenta non gode

luciano ha detto...

Condivido in toto questo commento di Roberto D'Ambra.
Molti di noi sono rimasti scottati da esperienze negative. Io ho militato 10 anni nei ds e ho visto finire quella vicenda nel cupio dissolvi del pd. Poi ho aderito a sd ("per il socialismo europeo" !) e li ho visti gettarsi a capofitto nella Sinistra Arcobaleno, come fossero scimmie ammaestrate che agli ordini di Veltroni recitavano la parte degli antagonisti invotabili.
E allora cosa dovremmo fare, chiuderci in casa fino a quando i postcomunisti non spariscono d'incanto dalla scena della sinistra italiana ?
Se noi socialisti abbiamo fiducia nella validitá delle nostre idee non possiamo fare gli spocchiosi, dicendo "Bertinotti mai", "Vendola é un venditore di fumo", "sono solo chiacchiere".
Dobbiamo andare a vedere, come al poker.
In fin dei conti, avendo preso alcune tramvate, con un minimo di razionalità i nostri (Vendola e C.) possono benissimo esserci arrivati davvero a capire che esiste in natura, anche in Italia, uno spazio proprio di una forza socialdemocratica.
Lo occupa Nencini, che non pago di fare l'ascaro del Pd si protende verso Casini ? Mi pare difficile.
Se decide di occuparlo Vendola non mi straccio le vesti e non mi metto a fargli l'esame del sangue. Anzi, fosse vero !

Luciano. Belli Paci

dario ha detto...

Caro D'Ambra

Il personaggio in questione che oggi dicìscetta di democrazia e socialismo fu colui che nel 1980 portò la "classe operaia" di Torino ad una sconfitta epocale, da cui la classe non si è più risollevata, non si è più ripreso neppure il sindacato (tant'è che oggi chi fa il lavoro di supplenza alle carenze politiche e sindacali a Torino sono i circoli del GdV, unici ad organizzare incontri Unitari), si è ripreso invece benissimo lui, scaricando la colpa della sconfitta su altri compagni della CGIL e della FIOM ed avallando il risultato dell'assemblea che doveva approvare l'accordo post marcia dei 40.000 in cui meno del 10% l'approvò e che venne dato per approvato a grande maggioranza (fu democrazia?).

Fu inoltre il personaggio che affossò Prodi.

A questo punto l'unica cosa dignitosa che potrebbe fare è andare in pensione, lasciando il campo della politica dove di danni ne ha fatti sin troppi, se continuiamo a pensare che FB possa essere un interlocutore affidabile siamo molto mal messi.

Fraterni saluti

Dario Allamano

PS

cmq se volete possiamo organizzare un incontro a Torino in cui discutere della politica sindacale del personaggio, abbiamo molto da dire, anche perchè molti di noi che frequentiamo il GdV proveniamo dalle file della CGIL che abbiamo lasciato più di ventanni fa perchè eravamo consapevoli dei disastri (io ero segretario dei chimici del Piemonte e tornai a lavorare in fabbrica). Prima di me se ne andarono altri compagni, (chi a fare il pizzaiolo a Londra -Robi Brignolo, chi a fare altri lavori -Candido ed altri) ed eravamo tutti compagni e compagne giovanissimi, ma realisti e onesti, e con realismo e onestà non intendevamo più avallare una politica che rovinava gli interessi dei nostri datori di lavoro, coloro che pagavano la trattenuta sindacale mensile)

franco ha detto...

sottoscrivo parola per parola il testo di Luciano.
A me manca il passaggio dal Pd e da Sd, ma anche la Rnp e la Costituente di Boselli non sono male...
Franco D'Alfonso

giovanni ha detto...

Caro Dario,
ammetto che per Bertinotti ho sempre provato simpatia personale perché ho sempre pensato che in realtà continuasse ad essere un socialista di sinistra (forse un po' massimalista e narcisista..., quindi uno di noi (quando glielo dissi, alcuni anni fa, alla presentazione della lunga e bella intervista che gli fece andrea ricciardi sul Ponte e che vi invito a leggere, non lo negò). Mi pare inoltre che Bertinotti abbia più volte dichiarato di non voler ricoprire alcun ruolo politico. Vogliamo forse vietargli di parlare, soprattutto quando dice cose che attendevamo da tempo (persino Mauro Del Bue ha espresso apprezzamento,a differenza di Di Lello). Soprattutto, abbiamo sempre rimproverato alla tradizione comunista un senso di superiorità nei nostri confronti. Adesso dobbiamo averla noi? Se dovessimo pensare alle sconfitte storiche cui ci hanno condotto i nostri leaders, Turati, Nenni, Saragat, Basso, Lombardi, Craxi, potremmo ritirarci in un convento (ma di clausura, dove vige la regola del silenzio)

claudio ha detto...

Se fosse necessario un mio contributo (ma viste quante e diversificate teste pensanti si agitano nell’universo socialista, lo ritengo un microscopico incremento del rumore di fondo; con Einstein oserei dire che "Tre cose sono infinite: l'universo, la stupidità umana e le posizioni politiche dei socialisti (italiani), ma riguardo l'universo e alla stupidità umana ho ancora dei dubbi.") sono certo che avrei partorito esattamente l’intervento di Giovanni. Con l’aggiunta che invece a qualcuno intenderei vietare di parlare: a chi da posizioni di destra continua a sporcare l’immagine del socialismo con pensieri, parole, opere e omissioni.

Claudio Marra

PS.: La sinistra italiana ha la sola speranza di una persona di valore come Vendola, supportiamola. La sinistra milanese ha la sola speranza di una persona equilibrata come Pisapia, sosteniamola. I socialisti italiani devono darsi una politica unitaria, non genericamente riformista (implicita nel concetto di socialismo democratico), ma solo socialista, al suo interno dialettica, al suo esterno collaborativa ma autonomista e non servile.

franco ha detto...

sottoscrivo parola per parola il testo di Luciano.
A me manca il passaggio dal Pd e da Sd, ma anche la Rnp e la Costituente di Boselli non sono male...
Franco D'Alfonso

giampaolo ha detto...

Scusate, da tempo non volevo più commentare , ma sono sempre il solito socialista rompi......

Non avete ancora capito che la politica ed il sindacato, sono (per fortuna) due cose completamente diverse, che solo con il "bolscevismo" sono divenute una la cinghia di trasmissione dell'altro e viceversa, DI UN MONDO CHE NON C'E' PIU' (se nel caso ci fosse mai stato)!

L'uomo "politico", per intendere "quello della strada", ha u na miriade di interessi che non si fermano solo al rapporto tra datore di lavoro e lavoratore, ma che toccano una miriade di altri interessi che vanno dal fatto sociale, al fatto sanitario, al fatto ludico, ecc., solo per dare un esempio tra cose distinte e distanti.

Continuare quindi a fare i vari distinguo fra la FIOM e il restpdel mondo per verificare chi è più operaista è ormai un esercizio didattico. Il mondo cambia ed il NORDAFRICA, che non ha questi problemi, sta facendo una rivoluzione. Qualcos'altro nel mondo forse non va, o no?

Guardimo avanti per favore: vi sono problemi quasi insormontabili da risolvere. non ceretamente le poche cose di una fabbrica di automobili che oggi con pochi euro cosztruiscono in India o in Cina.

ezio ha detto...

Caro compagno D'Ambra,
condivido che l'analisi ed il pensiero socialista sono propensi al confronto, oltre che ad una sana analisi scevra dai dogmatismi. Solo che se ci si decide a confrontarci con Bertinotti, non possiamo dimenticare che affossò il governo Prodi ( solo x garantirsi la maggioranza al congresso del PRC successivo alla brillante operazione politica della sfiducia a Prodi), e che ,inoltre, come apprendo dal sempre brillante compagno torinese Dario Allamano, si adoperò come si adoperò nella Torino del 1980,facendo così "comunella" con Sabbatini e gli altri ortodossi della FIOM.Ed allora di cosa parliamo? Di Bertinotti che è approdato alla socialidemocrazia? Se è così allora mi chiedo: come mai nn spinge il pupillo- narratore Nichi Vendola a far sì che S.E.L. aderisca al Partito del Socialismo Europeo??????
Buona domenica da un siciliano che, allorchè il subcomandante Fausto faceva e disfaceva nella FIOM torinese coevemente alla marcia dei 40.000 aveva solo 4 anni e, quindi, se ho scritto delle imprecisioni storiche chiedo venia fin da ora.
a presto

lanfranco ha detto...

A me mancherà senz'altro una parte di sensibilità propria dei compagni di storia socialista.Sono stato un anno nella costituente poi diventata ps,poi psi e mi è bastato.In cambio mi peserà la storia comunista che ho vissuto in gran parte nell'area migliorista e forse mi pesa ancor più l'attuale orientamento ,cui mi ha spinto l'attuale crisi mondiale,verso un socialismo che recuperi il suo antagonismo politico e ideale nei confronti del capitalismo...Insomma mettiamo nel conto tutto quel che volete,ma la coppia -vittimismo più "abbiamo sempre avuto ragione noi"- che compare in tante posizioni di compagni di storia socialista suona insopportabilmente stucchevole.Fortuna che ,come dimostra anche questo dibattito,ci sono anche tante posizioni laiche su cui si può fattivamente costruire.

dario ha detto...

Caro Ezio

l'altro giorno scrissi che Bertinotti (e Garavini che non ho citato perchè è morto) scaricarono la colpa della sconfitta su alcuni compagni del sindacato, bene uno di questi era proprio Sabatini, segretario della FIOM che fu il capro espiatorio della sconfitta.

A me Sabatini non sta simpatico ma mi piace ancor meno la logica del "capro espiatorio" utilizzata da coloro che portarono la CGIL torinese nel baratro.

Non è risentimento verso il subcomandante ma la memoria storica che non deve mai essere messa in un cassetto, perchè chi dimentica la Storia è condannato a ripeterne gli errori ed oggi stiamo ripercorrendo il sentiero del massimalismo parolaio.

Dario Allamano

PS Breve commento sulle primarie di Torino (per rispondere ad un compagno che mi accusa di deriva destrorsa)

I torinesi continuano nella loro infinita deriva ed hanno votato in massa quel destrone di Fassino, Curto, il nuovo che avanza sulle ali di Airaudo e del Gruppo Abele (due sponsor di poco peso), ha preso il 4%, il compagno Passoni (comunista e serio) ha pagato il fatto di essere stato l'assessore al bilancio di un altro destrone (Chiamparino) e non è stato sostenuto da Vendola (nonostante quel che scrive Repubblica) tant'è che nella sua prima dichiarazione post voto dice (togliendosi un sassolino dalla scarpa): "solo che Nichi Vendola è andato 4 volte a Napoli e qui non è venuto". I torinesi o sono più saggi di tanti maitre a penser o sono dei minus habens che non hanno capito le magnifiche sorti e progressive del vendolismo. Penso comunque che nonostante il suo modo di fare un po' retro e poco salottardo Fassino sarà un buon sindaco per Torino. Come potete notare non ce l'ho con gli ex comunisti a prescindere.

peppe ha detto...

ma voi pensate che la stessa rivolta in Nordafrica sia indipendente dalla crisi del capitalismo liberista? O che non si innesti nel suo solco? Dato che è stata provocata dal forte incremente dei prezzi del grano, ormai sotto tiro degli speculatori internazionali? Su Bertinotti anche io concordo con Giovanni

felice ha detto...

Fossi stato a Torino avrei votato anch'io per Fassino, per memoria di quando era uno dei comunisti più impegnati nell'avvicinamento non solo con il PSE, ma anche con l'Internazionale socialista. Mi ricordo anche il Fassino del Congresso di Pesaro con l'impegno a fare dei DS la sezione italiana del PSE. Si è poi sbandato conla costituzonedel PD: forse sperava di farne il segretario. Ha le caratteristiche di lavoro per essere un buon sindaco. Gli scriverò pewr augurargli successo e gli chiederò di ricordare nel suo discorso di insediamento i sndaci socialisti di Torino, ma in particolare il carissimo Cardetti. Su questo lo misurerò. Cambiali in bianco a nessuno, nemmeno a Bertinotti, che spero continui con coerenza ilpercorso iniziato a Livorno. Errori di gioventù, di maturità, di mezza età ne abbiamo fatti tutti. Dannare gli erranti per sempre non appartiene alla mia cultura socialista e chiedere una pubblica autodenuncia o autocritica mi sembra un comportamento bolscevico

luciano ha detto...

Caro Dario, guarda che se valesse il tuo criterio Fassino dovrebbe essere
ostracizzato a vita molto più di Bertinotti, dato che ha fatto molti più
danni di Bertinotti alla causa del socialismo in Italia e, indirettamente,
in Europa.
Basterà ricordare che venne eletto segretario dei DS per fare il partito del
socialismo europeo e poi tradì completamente quel mandato, tramutandosi nel
commissario liquidatore dei DS all'insegna della parola d'ordine della morte
del socialismo e della fine della socialdemocrazia.
Poiché non condivido la tua logica, personalmente mi compiaccio della
vittoria di Fassino (col quale peraltro ho antichi rapporti di stima e di
collaborazione nella Sinistra per Israele) nelle primarie. Penso che sarà
un ottimo sindaco per Torino. Ha tutte le caratteristiche del bravo
amministratore, purtroppo non quelle del leader politico.
Dei torinesi non penso affatto che siano dei minus habens; penso però che
alcuni tra loro facciano un po' fatica ad emanciparsi da qualche personale
idiosincrasia.
Il tempo in politica passa veloce. Poche settimane fa abbiamo sperato che
Gianfranco Fini (Gianfranco FIni !!!) ci liberasse da Berlusconi, ti pare
che possiamo incancrenirci a rinfacciare a Bertinotti quel che fece nel 1980
?
Io non sono un estimatore di Bertinotti (la parodia di Corrado Guzzanti
sintetizza il mio pensiero sul subcomandante Fausto ...) e sono per
conservare la memoria storica di tutto, ma al tempo stesso vorrei fare
politica guardando avanti.

Luciano Belli Paci

carlo ha detto...

Le discussioni fanno bene alla salute comunque: il confronto e' indispensabile quanto la rilettura della storia per costruire o almeno tentare di costruire il futuro che per esser tale non puo' in nessun caso essere la riproposizione del passato che non c'e' piu'! Allora e' giusto corretto doveroso chiedersi che tipo di societa' alternativa all'attuale ci si prefigge. In tal senso non ho dubbi: non puo' che esser una societa' contrassegnata da forti e solidi connotati: liberta', uguaglianza, giustizia sociale, i valori del socialismo pre-scissione del 1921: attardarsi a riabilitare, riaggiustare, rimodellare i vecchi e logori schemi seguiti con alterne vicende dal Pci e dal Psi, dai carristi e sandinisti, e' tempo perso, non porta da nessuna parte.

carlo ha detto...

Si puo' invece prendere quanto di 'buono' di 'lungimirante' e' stato fatto e 'non compiutamente realizzato' nel corso di questi 90 anni. E la prima cosa da preservare e' lo 'spirito' e l'anelito che sottosta alle grandi e direi uniche conquiste degli anni '60 e '70: la nazionalizzazione dell'energia elettrica; la scuola media unica obbligatoria nell'ambito della tutela assoluta della sciola pubblica su quella privata; la 'programmazione' e le riforme di struttura; lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori; le 150 ore di formazione continua introdotte con il contratto nazionale di lavoro dei metalmeccanici; le riforme della sanita' e delle pensioni. Per giungere al diritto al divorzio all'aborto e aggiungo alla diagnosi pre-impianto, alla procreazione assistita. In questo solco delle 'riforme di struttura', segnato da Riccardo Lombardi, ritroviamo Bruno Trentin Giuseppe Di Vittorio Fernando Santi Antonio Giolitti, tanto per fare qualche nome illustre. Credo di non sbagliare se costoro si ritrovassero nell'idea di 'una societa' piu' ricca perche' diversamente ricca' laddove si trattava e si tratta ancora oggi di esser persausi e convinti che 'lo star bene' e 'il benessere' non coincidono affatto con 'l'aver di piu'', ossia piu' beni materiali di consumo, quanto migliori condizioni di vita che assicurino insieme ai servizi essenziali (sanita' scuola universita' ricerca informazione) la possibilita' per ciascuno di poter decidere della propria esistenza e farsi una propria originale personalita': come dire siamo tutti 'liberi e uguali' per nascita ma 'diversi' per formazione, cultura. Coniugare assieme diritti sociali (il lavoro, il salario equo, le liberta' sindacali) con i diritti della persona (divorzio, aborto, etc) per cui si richiede un forte sentimento di laicita', e' fondamentale e non c'e' un prima e un dopo: entrambi servono per la liberazione e l'emancipazione delle persone. Se la piattaforma possibile e' questa e cioe' la 'riforma' del capitalismo dall'interno (limitandone fortemente la corsa sfrenata al profitto e alla produttivita' che prescindono sempre dalla persona umana, dalle sue esigenze, dalle sue aspirazioni e la riducono a merce, a prodotto) dimenticando l'idea mai avveratasi dell'ora 'x' della sua 'catastrofe', occorre coinvolgere su di essa il massimo delle forze disponibili: cio' significa per la sua credibilita' un insieme, un collettivo 'nuovo' che rischi, che scommetta su di essa. Il solco e' e sta solo nel socialismo europeo: fuori e' solo un vano esercizio mantenere in piedi cio' che e' gia' crollato e sta sotto le macerie. In tal senso non mi entusiasmano tutti quei personaggi (a cominciare da Bertinotti per arrivare a Veltroni) che hanno avuto piu' di una possibilita' in passato ma anche per loro stessa ammissione hanno fallito. E da laico azionista impertinente non sono disposto a mettere sul piedistallo nessuno, tanto che posso continuare - come dal 1984 ad oggi - ad esser un socialista senza dimora e senza fabbriche.

mario ha detto...

Ma io sono preoccupato dal fatto che in una città come Torino non si riesca a lanciare un progetto che veda al vertice qualcuno in grado di dare anche visivamente l'idea del cambiamento. Fassino rimane una testa utile x il nazionale ridurre il suo contributo all'area comunale mi sembra un errore a meno che anche lui non pensi di fare il doppio lavoro come Renzi e vendola i cui esempi a me danno sinceramente sui nervi.
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lanfranco ha detto...

io non so invece se avrei votato fassino.e non perchè non pensi che farà bene il sindaco.sono certo che si butterà con la sua nota capacità di lavoro.forse l'avrei votato solo per timore che vincesse il candidato di cl,visto che il pd offre anche queste scelte...Ma non ho dimenticato fassino su marchionne e per questo avrei molto probabilmente dato il mio voto a un candidato più di sinistra.

dario ha detto...

caro Lanfranco

è la conferma della deriva a destra dei torinesi che si sa sono poco avvezzi a discettare di massimi sistemi, molto di più a lavorare per costruire e ricostruire, ma quella città in alto a sinistra sulla cartina dell'Italia (come diceva Mussolini) ha dimostrato per partecipazione democratica alle primarie di non aver niente da invidiare a nessuno.

Se ti può consolare, non essendoci un socialista candidato, la mia prima scelta era Fassino, ma la seconda era Gianguido Passoni, che Vendola, dimostrando poco coraggio, non ha sostenuto e che nonostante tutto ha raggiunto il 12%. Una piccola notazione: i padri di entrambi erano socialisti.

Ultimo appunto il candidato di Airaudo (e del gruppo Abele) Curto ha raggiunto il 4%.

Forse i torinesi si sono più convinti del SI di Fassino rispetto al NO di Airaudo (mi riferisco al referendum di Mirafiori ovviamente), fattene una ragione.

Dario Allamano

ezio ha detto...

Intanto un sentito omaggio al compagno Landolfi.
............si! aveva 80 anni e ci può anche stare di passare a miglior vita .....però - credo- allorchè muore un compagno diligente e che tanto ha dato al movimento socialista organizzato, reputo necessario ricordarlo e dedicargli un caro pensiero; mi scuso se in altri post, o qualcuno della m.l. ha già espresso un pensiero di cordoglio,oltre che di vicinanza per i familiari.

TORINO: anche io avrei votato Fassino, e chi altri??????
Certo la delusione del Congresso di Pesaro è tuttora una ferita aperta per chi, come noi, pur con sfumature diverse, reputa necessaria la presenza di una forza socialista autonoma.
Credo che l'osservazione del compagno MAzzoleni sul doppio incarico sia neces saria, oltre che utilissima; ed allora: perchè nn parte dal centro-sinistra la proposta che, pur essendo consentito dalla legge, chi venga eletto in grandi città, o comunque in realtà cittadine consistenti (oltre i 40.000 abitanti?) rinunci al doppio incarico, così da evitare come il compagno Vendola di occuparsi di tutto et come Presidente della Regione Puglia et come leader nazionale????? Per nn parlare poi di RENZI , che spero sia l'ultimo leader prodotto dal modo berlusconiano di fare politica anche x chi nn è di centro-destra (???; probabilmente l'enfant prodige della politica italiana - che, sia detto x inciso, sul numero massimo di legislature da svolgere come parlametare ha posto seriamente un problema decuisivo x la ns democrazia- si candiderà anche a Presidente della Commisione Europea!
Qui in Sicilia vi sono div ersi sindaci che sono pure deputati regionali, oppure a livello nazionale e fatte salve le mosche bianche, esercitano in maniera pessima sia l'uno che l'altro mandato elettorale.
MAGARI FASSINO COMINCIASSE CON QUESTA BUONA PRASSI, così da occuparsi, come gli auguro con il cuore in caso di elezione, di occuparso ESCLUSIVAMENTE dei cittadini torinesi.
-----Messaggio originale-----

mario ha detto...

Detto con tutto il massimo e laico rispetto per le opinioni del compagno Allamano, quando leggo interventi come i suoi capisco tutti i motivi che impediscono in Italia la nascita e la crescita di un grande Partito Socialista DI SINISTRA (ed a questo punto occorre specificarlo perché qui si sta davvero tornando alle teorie di Tolomeo, dimenticando che nel frattempo ci son stati Copernico, Newton e Galilei!). La vera deriva a destra a Torino o altrove nel nord io la ritrovo negli operai che votano non da oggi la Lega di Bossi.....per colpa dell'assoluta insipienza dei Fassino & Co (se suo padre era socialista - anche se non vedo che capperi c'entra! - i miei nonni erano rispettivamente comunista e fascista eppure non sono mai stato sulle loro posizioni!).....altro che chiacchiere! Con queste premesse di che meravigliarsi se al referendum di Mirafiori passa il SI prono a padron Marchionne e si cerca di spacciarlo per "posizione riformista" (!?!?!?).
Sarà bene per noi tutti prendere qualche ripetizione di Socialismo dalla Francia, dall'inghilterra e dalla Germania!
Mario Francese

giovanni ha detto...

Caro Turci, a me pare che i socialisti di cui ti lamenti siano pochi sopravvissuti, un po’ come quel giapponese nelle foreste dell’Indonesia. Tutta la vicenda del PSI successiva al ’94 a poco a che vedere con la storia del PSI pre-Craxi, sia per quel che riguarda la politica, sia per quanto attiene la composizione sociale e culturale della base. Quel che sarebbe, però, utile è un’analisi approfondita delle cause degli errori commessi dai comunisti italiani nel corso della storia del PCI e, soprattutto, della deriva moderata che ha portato la maggior parte del gruppo dirigente a scegliere la strada del PD. Perché tale analisi non si trasformi in una lezioncina superficiale e petulante, deve essere elaborata da chi ha vissuto direttamente l’esperienza comunista. Può darsi che qualcuno abbia già provveduto, in questo caso io non mi ci sono imbattuto. Cari saluti. Giovanni Baccalini

mario ha detto...

Baccalini ha ragione ma solo in parte...perché la vera ed utile analisi che andrebbe fatta ed in cui io e tantissimi altri compagni di base e di sinistra non ci siamo mai imbattuti
è quella relativa all'intera storia della Sinistra italiana socialista e comunista degli ultimi 50 anni. E' da un pezzo che è forte e motivata in me la convinzione (e di ciò vorrei un serio ed imparziale conforto-conferma storiografico-politico, se può esserci) che di "stranezze" - non mi azzardo a chiamarli "errori" - ve ne siano state a bizzeffe, per un motivo o per l'altro, sia in casa socialista, sia in casa comunista. Perché diversamente a quest'ora delle due l'una: o avremmo ancora un grande PCI (magari con denominazione mutata) o avremmo ancora un grande PSI.
Mario Francese

lanfranco ha detto...

Caro Baccalini hai ragione.Devo riconoscere che mentre sono stati parecchi i convegni e le pubblicazioni sulla storia del psi,anche per gli anni '80,ben poco ,a mia conoscenza,è uscito sul pci,se non autobiografie di alcuni compagni e compagne che devo ammettere di non avere letto per mio difetto e perchè non amo quel genere letterario.Ma mi riprometto di cominciare a farlo al più presto.Le ricerche sul psi sono state in molti casi sollecitate da un intento riabilitatorio e quasi apologetico ,come reazione alla vicenda tangentopoli e alla fine drammatica di quel partito.tuttavia hanno fornito molto materiale storico e non sono mancate anche riletture critiche sulla svolta social liberista del Psi degli ultimi anni.Segnalo le cose interessanti che sta scrivendo da un pò di tempo peppe giudice su FB e anche su questa mlist. Sul pci le poche cose che mi vengono in mente sono il recente libro di E.Morando :Riformisti e comunisti?sulle vicende dell'area migliorista ,che aiuta a capire il percorso per il quale una parte di quell'area è diventata ora il nucleo forte della corrente di Veltroni,il libro di Petruccioli Rendiconto,le testimonianze di Macaluso e il suo libro polemico sulla scelta PD:Al capolinea,e il libro di N.Colajanni:I pentiti del socialismo.Credo che pesi ancora la grande rimozione che denunciò a caldo in un suo libriccino di cui non ricordo il titolo Aldo Schiavone ,e che pesi soprattutto la mancanza di un punto di vista consolidato da cui compiere questa ricostruzione.Dal Pd è assai difficile farlo perchè quel p. nasce dalla negazione di quella storia, se non annegata in un generico riformismo assolutorio e stemperante il tutto.Da un punto di vista socialista è altrettanto difficile,a meno di assumere un punto di vista ,come ho detto sopra,di tipo apologetico: e misurare tutta la vicenda comunista sul metro della distanza da Craxi.Credo che sarebbe veramente necessario cominciare una lettura non obnubilata dal fallimento del socialismo reale e dalla maledizione del muro di berlino,per capire cosa c'è da salvare di quella storia e come ritrovare anche lì spunti necessari a una aggiornata risposta alla crisi economica internazionale e alla evoluzione ulteriore del capitalismo.tema (il capitalismo)anche questo non a caso rimosso nella evoluzione dell'ex Pci così come in quella dell'ex Psi.Rimozioni che sono alla base della deriva moderata dell'ex pci e di gran parte degli ex psi,da cui prende le mosse la tua lettera.

felice ha detto...

In alcuni miei scritti(relazione a Volpedo III) ho tentato di fare una considerazione sulla particolarita' italiana, che non e' dipesa (soltanto) dall'esistenza di un forte PCI alla sua sinistra quanto (anche e soprattutto) da una DC (con componenti di sinistra )alla sua destra. In Spagna e Francia, ma anche in Portogallo, l'esistenza di un PC forte e meglio organizzato non ha impedito lo sviluppo di un forte partito socialista, in Spagna e Francia il partito dedmocristiano non si e' sviluppato e in Portogallo il Partito del PPE si chiama socialdemocrata!!!!

franco ha detto...

Caro Felice e cari amici e compagni del circolo Rosselli, un solo flash di risposta: difatti si è sempre parlato di "caso italiano", che nasce da diverse componenti di carattere storico e di composizione sociale del Paese. Ritengo che le comparazioni ed i rimpianti su quanto è capitato in altre parti d'Europa siano inutili. PCI e DC erano due "giraffe" (per dirla con Cossutta: strani animali) e alla fine, proprio nella fase della solidarietà nazionale, costrinsero il PSI a trasformarsi anch'esso in un soggetto anomalo rispetto al quadro europeo (questo dovreste ammetterlo anche voi socialisti, perchè se non si fa così non si riparte nel superare, come è necessarioi fare, le antiche divisioni). Sarà per deformazione professionale, ma è necessario studiare il sistema politico italiano per quello che è stato e per quello che, concretamente, è diventato e questa è una lacuna analitica molto importante. Ho notato grande dibattito attorno all'intervento di Bertinotti a Livorno: spero mia sia consentita un'ultima annotazione. Bertinotti, ed i suoi epigoni oggi di grande (e passeggera) moda non rappresentano in alcun modo il portato della storia comunista italiana sul filone Gramsci-Togliatti-Berlinguer (e neppure la sua frazione di sinistra, da Gramsci ad Ingrao al Manifesto) ma piuttosto una sorta di movimentismo anarco-sindacalista che, trasformato in leadership personalista, ha retto il PRC e oggi regge SeL. Purtroppo mi pare non esistano sedi per approfondire questo discorso, perchè un pò tutti sembrano presi dalla fregola elettoralistica. Peccato.Un caro saluto e grazie a tutti per l'interlocuzione Franco Astengo

giovanni ha detto...

A me pare che sugli errori (è sacrosanto chiamarli così) del PSI frontista, sulle debolezze nella seconda fase del centro-sinistra, sulla deriva liberista craxiana, ad onor del vero molto meno spregiudicata ed erronea di quelle di Blair e Schroder, si sia scritto molto. Da ultimo il volume su Nenni di Scirocco ci ha lasciato attoniti per le vicende che hanno riguardato, per profili diversi, tutto il gruppo dirigente socialista del dopoguerra. L’analisi a tal proposito è stata svolta in molte sedi in modo impietoso. Non conosco analoghe analisi che abbiano riguardato la politica comunista dagli anni ’50 agli anni ’90. Cari saluti. Giovanni Baccalini

luciano ha detto...

Concordo con Felice, ma vorrei sviluppare il ragionamento.
Le componenti essenziali dell'anomalia politica italiana della prima
repubblica (che impallidiscono al cospetto di quelle della seconda, che pure
in certa misura hanno contribuito a provocare) sono a mio avviso tre:
1) il più forte partito comunista d'occidente, frutto dell'intelligenza e
del cinismo dei suoi gruppi dirigenti, dell'abnegazione e del conformismo
dei suoi militanti, nonché del possente sostegno dell'URSS;
2) la più duttile democrazia cristiana europea, al tempo stesso
conservatrice e progressista, longa manus del Vaticano ed a suo modo argine
di laicità istituzionale, filo-confindustriale e filo-sindacale: tutto
quello che al Pd sarebbe piaciuto essere e che a causa della sua
inconsistenza ideologica e dell'iper-semplificazione dell'attuale sistema
politico non sarà mai;
3) il più sconclusionato partito socialista del mondo sviluppato, frutto
della selezione alla rovescia dei gruppi dirigenti prodotta dalle faide
intestine e dalla violenza omicida nazi-fascista; un partito velleitario,
quasi sempre fuori tempo, per la maggior parte della sua storia
culturalmente subalterno, pervenuto ad una salda maturazione
socialdemocratica solo con Craxi; il quale Craxi, però, eccedette in
tatticismo ed amoralità e, soprattutto, incappò nell'inattesa "fine del
mondo" del 1989, che non seppe interpretare.
Anche tutte queste concorrenti anomalie peraltro, esattamente come il
fascismo, fanno parte dell'autobiografia della nazione. E non si
spiegherebbero senza ammettere un vizio di fondo che del resto, a 150 anni
dall'unità nazionale, continua a manifestarsi prepotentemente nelle scelte
politiche di una grandissima parte dei nostri compatrioti.
Se parlassi difficile come Vendola, direi che il berlusconismo è l'ultimo
epifenomeno dell'italianità maggioritaria. Amara considerazione che
politicamente non sta bene fare, ma che nondimeno corrisponde, a me pare,
alla realtà.
Luciano Belli Paci

felice ha detto...

Grandi tradizioni e grandi filoni della sinistra italiana: ora è diventata la più debole d'Europa. Ha tradito la sua storia? Ma come ha potuto con così grandi e saggi padri?Sto parlando di tutti socialisti, comunisti, anarco-sindacalisti e movimentisti