venerdì 17 luglio 2015

Franco Astengo: Opposizione

Care compagne e cari compagni, mi rendo conto della difficoltà del tema che intendo proporvi attraverso questa riflessione. Una domanda, però, mi assilla da tempo e sempre più gli avvenimenti che si succedono me la rendono urgente da esternare chiedendo a tutti di riflettervi con attenzione: è possibile per la sinistra governare il capitalismo, in una fase nella quale la spinta complessiva dell’economia e della società si muove in direzione davvero conservatrice, reazionaria, freddamente tecnocratica in economia, sulla linea di una crescita delle disuguaglianze a tutti i livelli? Rispetto ad una società “sfrangiata”, spossessata, sfibrata il “governo” si pone sempre di più come soggetto dell’autoreferenzialità di una “autonomia del politico” che assume la sembianza di un regime: non è questa una verità che appare sempre più concreta nella realtà dei fatti politici? Le vicende più recenti legate alla questione greca mi hanno confermato in una convinzione profonda, maturata nel corso degli anni, che mi permetto di esporvi in forma assolutamente assertiva: la sinistra non può governare, almeno in questa fase, ed è necessario mantenere una collocazione di opposizione all’interno dei sistemi vigenti almeno in quelli a democrazia parlamentare. Non è possibile, dobbiamo farcene una ragione, gestire in una qualsivoglia forma il capitalismo anche nelle stesse dimensioni di crisi che il sistema può produrre: è impossibile, ormai, “afferrare Proteo” e non esistono formule in questo senso. Il prezzo da pagare, anche nel caso di un approccio intellettualmente onesto, è quello di un rapido snaturamento di fondo rispetto all’identità, non solo storica, ma rispetto alla stessa forma dell’eventuale vittoriosa presenza elettorale: com’è accaduto a Syriza, e come inevitabilmente potrebbe accadere ad un populismo qualunque, da Podemos al Movimento 5 Stelle. La sinistra, infatti, deve fare i conti, rispetto all’identità della sua base sociale, non solo con quei vincoli ideologici che oggi si vorrebbero superati ma con un invalicabile vincolo morale, dalla cui contrattazione deriva lo snaturamento di cui si accennava poc’anzi. La situazione attuale è ancora peggiore di quella che in passata veniva definita sloganisticamente “la sinistra che governa usando le armi della destra”. Il governo come dimostra anche il “caso italiano” è ormai costruito sulla base di un intreccio indissolubile tra autoritarismo e tecnocrazia. La socialdemocrazia ha perso completamente di senso e non hanno alcuna possibilità di ripresa ipotesi del tipo “Fronte Popolare” et similia. La sola strada possibile per una ripresa di effettiva presenza politica per una sinistra capace di muoversi tenendo assieme la propria tradizione storica e l’indispensabile grado di innovazione dell’agire politico, è quella della rappresentanza dei ceti maggiormente colpiti dalla complessità delle contraddizioni (materialiste e post-materialiste) agenti in questa fase e gestite con ferocia dal capitalismo internazionale secondo lo schema classico della sopraffazione. Il nostro compito è quello, allora, di opporsi, fuori e dentro le istituzioni, proprio al meccanismo della sopraffazione. E’ evidente la parzialità presente in questo tipo di impostazione che tende ad evitare l’illusorietà di posizioni di governo impraticabili in questa fase: purtuttavia è necessario riflettere, contemporaneamente, su di una ipotesi di alternativa che avrà bisogno, in tempi relativamente non brevi, di un quadro internazionale complessivamente diverso dall’attuale costruendo proprio a quel livello la possibilità d’avvio di una fase di transizione da costruirsi sulla base di una forte iniziativa di massa, di collegamento tra soggetti politici diversi in ambito internazionale, di un’elaborazione posta sia sul piano economico che della costruzione politica del tutto innovativa rispetto al passato. L’opposizione sistemica oggi appare comunque la sola possibilità di riaffermazione di una presenza, di una riaggregazione sociale e politica, di una dimostrazione di alterità di fondo rispetto ad un sistema che ha costruito un quadro di insopportabili diseguaglianze e di iniqua divisione del potere. La storia ci insegna come sia possibile svolgere questo compito senza esprimere alcuna preventiva “vocazione minoritaria”, anzi lavorando per costruire un blocco storico verso il quale esercitare egemonia culturale e di visione della società nel suo insieme, fuori dai corporativismi e dalla semplice cura del “proprio orto”, come invece avviene seguendo la logica della spartizione del potere, al centro come in periferia. Al solo scopo di mostrare una possibile esemplificazione del livello di analisi e d’indicazione nella prospettiva politica che sarebbe necessario raggiungere per mostrarsi almeno minimamente all’altezza delle contraddizioni dell’oggi si prende così un esempio dal passato cercando di ricostruire quella capacità di distinzione che – a suo tempo – trovò Antonio Gramsci nella stesura dei “Quaderni” attorno ai concetti fondamentali di “guerra manovrata” e “guerra di posizione”. Il solo riferimento possibile all’oggi risiede, naturalmente, nel fatto che ci si trova di fronte, dal nostro punto di vista, a un’obbligatorietà dello star dentro il quadro della “guerra di posizione”. Ed è soltanto sulla base di questo punto d’analisi che può essere costruita quella nuova soggettività politica della sinistra che appare indispensabile e urgente mettere in cantiere in Italia: non limitandoci, però, alla sola dimensione interna ma traguardando quella visione e pratica politica internazionalista ormai smarrita da troppo tempo. Ma si tratta soltanto di un esempio riferito- appunto – alla qualità di espressione di un pensiero: nulla di più, purtroppo, considerato che all’orizzonte non si intravede neppure un minimo sentore di una possibilità d’impostazione di dibattito politico a questo livello. E’ certo che coloro i quali, equivocando pensavano di appoggiarsi a Syriza o a Podemos credendo di trovarsi in una guerra manovrata, dovrebbero urgentemente ricredersi. Il solito errore (voluto?) di analisi tra i tanti compiuti in questi anni, almeno a partire dagli anni’80 del XX secolo. Mi scuso con tutti voi se mi sono permesso di porre, probabilmente in una forma del tutto impropria e con una buona dose di presunzione, questa questione che ritengo fondamentale in una fase dove il dibattito a sinistra appare così impastoiato in un mix di timidezza e di illusione: mi auguro, per contro, di essere riuscito a sollevare un minimo di interesse e di possibilità di una seria discussione. Grazie per la vostra attenzione Franco Astengo

16 commenti:

claudio ha detto...

lucida e disperata la riflessione di Astengo, che constata il fallimento della sinistra europea del dopoguerra, e propone un’opposizione a priori, senza neanche tirare in ballo gli ideali che finiscono in “ismo” che ci hanno spinto a fare politica. Ma la sinistra del no non ha niente da dire, può solo aggregarsi alle urla scomposte di Grillo, l’unico che ha creato un movimento pieno di trentenni, che si oppone a qualunque cosa, dalla TAV alla raccolta rifiuti, alla produzione di energia, alla riforma della scuola. La sinistra della conservazione e dell’assistenza, coniugata con un sindacato che non sa operare nell’attuale situazione sociale e vorrebbe tornare alle grandi fabbriche, dove peraltro non è che negli ultimi decenni riuscisse a fare molto.

In verità non è solo la sinistra, è l’europa che non sa progettare il suo futuro insieme, e ciascuno cerca la sua strada per prolungare la situazione di privilegio di un continente che conta sempre meno nella politica, nella scienza e nella tecnologia mondiale.

Oggi sono andato a una riunione di “benecomunisti”, che si caratterizzava solo per i no che dicevano e non avanzavano nessuna proposta non negativa: io, che qualche proposta per il luogo dove ci riunivamo, un monumento storico in tato di abbandono, ce l’avevo, me ne sono andato a leggere un libro sotto un albero, non mi resta così tanto tempo da perdere con gli inconcludenti. I miei amici dell’acqua pubblica, che almeno hanno vinto un referendum snobbato dai partiti tradizionali, non si sono fatti vedere, un po’ perchè quella banda di sciamannati si erano dimenticati di invitarli, un po’ perchè continuano a battersi , giustamente , contro le municipalizzate o le ex tali.

C’è anche , chi, destando ormai lo stesso educato interesse che si riserva ai virtuosi del clavicembalo, con lo stesso accanimento con cui trotzkisti sono andati avanti per decenni a progettare la rivoluzione mondiale, sogna di rimettere in piedi un movimento di miei coetanei reduci dei fallimenti degli “storici” partiti della sinistra italiana, la cui stessa storia non è che interessi ancora molto a qualcuno.
Io credo che il nostro lascito non sia tanto di raccontare le nostre storie, quanto di gettare qualche seme di comprensione di una situazione che intorno al Mediterraneo si sta facendo sempre più esplosiva, e di capire come hanno fatto paesi, che nessuno ha aiutato, a costruirsi un invidiabile sviluppo economico: come il Vietnam, che aveva entusiasmato il nostro romanticismo di tifosi quando era un popolo di contadini che batteva gli USA e non ha ci minimamente interessato per quel che ha fatto dopo, che è ancora più importante. Certo di più delle vicende di quei cronici scrocconi dei greci...per i quali abbiamo sprecato un tifo immeritato e illusorio.

alberto ha detto...

Caro Claudio condivido quasi tutto della tua riflessione. Credo che continuare a fustigarci con il cilicio di Astengo ( anche se cilicio colto ed intellettualmente onesto) non serva e non aiuti. La politica si alimenta di riflessioni filosofiche. Ma non può rinchiudersi nel cerchi, intellettualmente soddisfacente, della sola riflessione filosofica. Io resto convinto che quanto fu scritto nel manifesto di fondazione della socialdemocrazia europea “Il socialismo è un compito ininterrotto: conquistare la libertà e la giustizia, conservare e dimostrarsi degni di esse” , resti ancora un riferimento ed una riflessione necessaria, specie in tempi come questi.
Un caro saluto

luigi ha detto...

Grazie per suggerimenyto ...abbiamo ancora questa possibilità reale
da indicare ... per una sinistra di opposizopme in Italia
l'obiettivo resta il ripristino della Costituzione prima parte titolo
1 Principi titolo terzo rapporti economici che è modello economico
antitetico a quello egemonico neoliberista.
Poi anche se non si cita in Costituzione, euro si ero no, falso
problema ... rinazionalizzare un tot di banche ... e rimettere in
mani pubbliche BCE e banche centrali nazionali, tenerci l'euro.
Insomma il potere pubblico deve comandare sul potere economico di
finanza e imprese multinazionali.
Si può realisticamente fare ... ma in questo frullato di idee ...la
confusione della gen te agevola la dittatura neoliberista e i
dirigenti della sinistra o si sono venduti o quelli che aspirano al
potere non sanno proporre questa via di socialdemocrazia ad alta
tensione ... invece per coloro che questa via l'hanno dogmaticament4e
sempre contrastata come Astengo, vorrebbero ripartire
idealisticamente da Marx.
Ricordo che con il piano Meidner Palme stava per mettere le mani sui
pacchetti azionari dei capitalisti svedesi. Lo so, lo hanno
prontamente ammazzato, stessa sorte per Allende in Cile.
Ora il golpe è senza carri armati ma con i piani d'austerita e
pareggio di bilancio.
Riusciremo a mettere in campo il partito della sinistra su queste
basi a ripartire dai cocci sparsi attuali ?
Io spero realisticamente che sia possibile.
Quanto tempo fare opposizione ... il tempo necessario.
Un dialogante saluto.
Luigi Fasce



dario ha detto...

Caro Claudio e Caro Alberto, condivido in toto le vostre osservazioni, ormai a sinistra prevale una sorta di cupio dissolvi che la porta verso un nulla, ma lo fa con dotte disquisizioni. Purtroppo si sono perse le tracce di quel modo di fare politica che partiva da un assunto "Conoscere la realtà per trasformarla", chi oggi fa politica si rifiuta di capire la realtà, perchè guardandola in faccia per quella che è e non per quella che ci piacerebbe che fosse ci obbligherebbe ad uno sforzo lungo e faticoso di comprensione per la riformulazione di un Progetto Politico che risponda alle domande che i cittadini pongono ai politici.
La realtà ci dice che quarantanni di liberismo hanno annichilito l'economia, che ventanni di globalizzazione hanno annichilito il lavoro, che ventanni di seconda Repubblica hanno distrutto i Partiti. Occorre ripartire da li, perchè se ci nascondiamo che ormai i cittadini non vanno più a votare perchè sono schifati dall'offerta partitica (di tutti nessuno escluso) perdiamo di vista una questione fondamentale per la vita della democrazia: la partecipazione.
Non siamo sul ciglio di un burrone, ne siamo al fondo (per l'Italia è profondo 2200 mld di euro) e che costa 80 mld anno di interessi, e noi ci discettiamo a discutere se è meglio stare al Governo (il potere per il potere) o andare solo e sempre all'opposizione.
Sono questioni che ormai interessano solo più gli esegeti della politica, i normali cittadini italiani (per non dire greci piuttosto che spagnoli o altri) hanno altre priorità, e visto che nessuno sa dare risposte in positivo provano ad inseguire i migliori urlatori, ma ormai se ne stancano anche molto in fretta.
Cari compagni
Possiamo uscire da questi circoli viziosi di discussioni che si accartocciano su se stesse? Possiamo tentare un lavoro positivo ed utile per ricostruire un movimento realmente socialista o continuiamo a fare i tafazzi?
Fraterni saluti
Dario Allamano

roel ha detto...



La socialdemocrazia scandinava dovrebbe essere la bussola dei socialisti
libertari europei, anche se le condizioni e la storia dei paesi nordici non
sono sovrapponibili sic et simpliciter alla realtà degli altri paesi
europei..
Però dovrebbe diventare prospettiva di orientamento dell'azione politica di
quelle forze che, una volta presa coscienza delle intollerabili
disuguaglianze
create dal capitalismo selvaggio, dal liberismo senza controllo e dai
monopoli
economico-finanziari, con la ricchezza concentrata per il 50-60% nelle mani
del
10%,,dovrebbero mobilitarsi con le istanze di un progetto riformatore per
una
maggiore equità e giustizia sociale, in grado di coinvolgere larghe masse
di
cittadini , di lavoratori., di pensionati e di giovani che i costi della
crisi
stanno pagando con "lacrime e sangue".
Se l'obiettivo non è più quello dello scontro radicale della lotta di
classe,
che, anche quando ha trionfato ha dato prova di nefandezze inaudite e di
arretramento, le forze riformiste e gradualiste sono pienamente legittimate
a
portare avanti con determinazione un progetto di riequilibrio e di
ridistribuzione della ricchezza. Ovviamente, i controinteressati faranno
quadrato nel difendere le posizioni e i privilegi, per cui, se la democrazia
non è come l'araba fenicia, nè un flatus vocis , nè l'illusione ingannevole
gattopardesca, non potrà che trovare spazi di avanzamento nei consessi
istituzionali.
A monte, però, necessita una selezione più rigorosa delle rappresentanze
elettive, che abbiano in gran conto il "bene comune" e avvertano il grado di
responsabilità del loro ruolo, coniugando l'azione politica riformatrice con
l'etica della correttezza e dei comportamenti.
Fino a quando l'andazzo rimane quello del familismo, di parentopoli, del
clientelismo, del facile arricchimento, dei privilegi, dei foraggiamenti
sottobanco, delle ruberie, ecc., ecc., non si potranno evitare i fenomeni di
devianza e di complicità, che, specie negli ultimi tempi hanno allontanato
dalle urne milioni di italiani e continuano a "regalarci" la mafia, la
camorra,
le tangenti e la corruttela diffusa, con grave danno della credibilità.
Le vicende di Palme e Allende, nonchè quella di Mattei in Italia, devono
far
riflettere sul fatto che la lotta tra interessi contrastanti non sempre
viene
condotta con mezzi e strumenti incruenti da parte dei poteri forti.
Un saluto, Roel

claudio ha detto...

Ma la socialdemocrazia scandinava e il liberismo assistenziale della
Svizzera e l'alternanza lib-lab dell'Australia e Nuova Zelanda sono formule
praticabili e proponibili al mondo, o equilibri raggiungibili solo in
piccoli paesi fortunati per educazione, risorse naturali, popolazione
contenuta e rigorosa nel rispetto dei principi, a partire da quelli di
legalità e fiscali? Io dubito che possano oggi essere proposti come
obiettivo a un mondo che si avvia ai 9 miliardi di abitanti nel 2030, di cui
nessun analfabeta e l'80% almeno collegato a internet: noi vecchietti lo
abbiamo scoperto da poco, ma già oggi lo usa correntemente il 50% della
popolazione mondiale. Se controllate bene il quadro di Pelizza da Volpedo,
nessuno ha un telefonino...

salvatore ha detto...

Una bella discussione!

Ecco il mio piccolo contributo, per quello che può valere.


Anche io credo che la Sinistra si sia nascosta dietro i paraventi che indicava Dario Allamano per non guardare in faccia la realtà. Un conferma di ciò la troviamo nel bellissimo post che ha scritto proprio su questa mailing list Franco Astengo (VALORI, DISVALORI E LA SINTONIA QUASI PERDUTA) dove Franco, impietosamente, centra il tema (e risponde da solo alla sua domanda iniziale): il rapporto fra etica e politica.


Qui sta la faccenda. Il mondo in cui viviamo è profondamente ingiusto, ci sono disuguaglianze dettate solo dalla logica del più forte: i più forti del mondo si accaparrano tutte le risorse che possono, lasciando in miseria, più o meno pronunciata, il resto degli abitanti del pianeta. E ciò vale non solo per le risorse economiche in senso stretto, ma anche per quelle naturali.
Queste disuguaglianze generano ormai conflitti e tensioni su scala planetaria, mentre un tempo lo facevano su scala nazionale e, al limite, si poteva cercare un ipocrita equilibrio nei confini nazionali e scaricare le contraddizioni su scala internazionale.
Il problema dell'immigrazione sta tutto qui, ma in ciò sta anche il problema della Grecia e dell'ottusità rigorista della Merkel, e in ciò sta anche la Cina che ci fa un vero e proprio dumping salariale, e sta il problema del fondamentalismo islamico.......


salvatore ha detto...

Dubito fortemente che la mano invisibile del mercato possa riequilibrare la faccenda: più passano gli anni e più gli indicatori di diseguaglianza peggiorano, sia all'interno degli stati che fra gli stati stessi.


Di fronte a queste ingiustizie oggi prevalgono le ricette di destra, ovunque nel mondo. E uso la categoria concettuale "destra" nel senso filosofico del termine, alla maniera di Bobbio, e anche come è ben richiamata nel post di Astengo. E' destra ogni soluzione che fa leva sull'egoismo e sull'individualismo, sia esso del singolo soggetto che di intere comunità. E' destra la Merkel che se ne frega dell'Europa e usa il disavanzo della bilancia commerciale per far star bene i suoi tedeschi, drenando risorse agli altri paesi dell'unione. E' destra l'ISIS che tenta di risolvere in tema di superiorità di una parte il dramma sociale del medio oriente, senza fare una reale analisi dell'uso che ne è stato fatto dei proventi del petrolio, senza chiedersi come mai i loro popoli sono soggiogati da poteri asserviti all'occidente. E' destra aver favorito la caduta di sistemi che, per quanto antidemocratici (almeno secondo i nostri punti di vista) tenevano insieme delle persone, garantendo il minimo per poter parlare di ordinamento statale (penso alla Libia di Gheddafi, sacrificata per gli interessi della TOTAL e delle voglie di destabilizzazione degli USA). E' destra Casa Pound che vuol bloccare gli immigrati. E' destra il TTIP, che rafforza ulteriormente i potentati economici e toglie ai popoli anche la possibilità di essere difesi dai loro stati nazionali. E' destra la Monsanto, che vorrebbe distruggere l'agricoltura dei popoli imponendo le proprie tecnologie. E potrei continuare.......


salvatore ha detto...

E dove sta la Sinistra, naturale portatrice di quella ribellione morale contro tutto ciò che è indecente?

Sicuramente sta in Papa Francesco e nel suo riportare al centro del dibattito temi come l'uguaglianza e la giustizia. Sicuramente lo è in Tsipras, che, pur con errori di tattica politica e alcune ingenuità, ha saputo riportare al centro del dibattito europeo la voce dei popoli, fino a ieri oscurata da quella dei tecnocrati. Lo è anche negli interessanti esperimenti sudamericani, dal Brasile alla Bolivia e, perché no, alla stessa Cuba, che sta vivendo un periodo di interessanti trasformazioni in senso democratico.

In parte, e non linciatemi per questo, la possiamo ritrovare anche nel presidente Obama, che pur con tutti i limiti che il modello politico americano gli impone, sta sicuramente facendo passi concreti per contrastare lo strapotere dilagante del liberismo e per riportare la pace, la speranza di un futuro migliore anche in posti come l'Iran. Ovviamente il giudizio sulla politica americana non può essere così semplificato, in quanto si tratta della superpotenza che fino ad oggi ha fatto il bello e il cattivo nel mondo, ma nessuno potrà negare la differenza fra i Bush e Obama.


salvatore ha detto...

E qui mi riallaccio al tema della discussione: cosa fare se non possiamo governare con il capitalismo? Dobbiamo stare all'opposizione?

Non è il modo giusto di porre la questione, così come non è il modo giusto quello di scomporre e ricomporre partiti di "sinistra", così come non è il modo giusto quello di prendere il potere per il potere (ditemi che senso ha essere il più votato partito dell'Europa per poi fare il cagnolino con la Merkel!)


Il modo giusto è ripartire dai valori, dalla morale della politica. Diceva bene Luigi Fasce richiamandoci alla Costituzione. Dicevano bene anche gli altri che si richiamavano all'esperienza socialdemocratica europea del dopoguerra. Ma è anche vero che la Sinistra non solo deve avere ben chiari i valori di giustizia, uguaglianza, solidarietà, che le sono cari dal 1789, ma deve saperli anche interpretare alla luce di ciò che sta capitando oggi.


salvatore ha detto...

E prendo un solo tema, per fare un esempio: l'immigrazione. La sinistra è assente, perché il tema è stato posto in termini di destra e le risposte sono di destra. Un generico richiamo alla solidarietà e alla fratellanza fra i popoli non basta a scongiurare derive xenofobe e pericolosamente fasciste nella civilissima Europa (rileggere "L'amico ritrovato" o "il giardino dei Finzi-Contini" o "il conformista" per capire il clima nella gente comune).

E' chiaro che oggi solo un idiota potrebbe andare a dire agli abitanti delle periferie degradate che si devono accogliere i profughi punto e basta. Se si fa così, Le Pen e Salvini festeggiano!


salvatore ha detto...

Ma che risposta diamo? Occorre che le forze sedicenti di sinistra su questo facciano innanzitutto un'analisi che, inevitabilmente, porterebbe a scoprire che la stessa logica che ha ridotto in macerie il sogno Europeo è quella che ha generato l'ISIS e provoca ondate di immigrati: si chiama sfruttamento, ed è la base teorica su cui si fonda il meccanismo di accumulazione capitalistica (in questo senso, pur con i necessari aggiustamenti fatti da Sraffa e seguenti, non trovo affatto obsoleto un richiamo al vecchio Marx, la sua analisi storica ci aveva visto giusto).


Occorre quindi dire apertamente che lo sfruttamento dei paesi poveri (ma ricchi di materie prime preziose), il loro tenerli soggiogati nella miseria, con governi compiacenti all'occidente, ha generato questa mostruosità, e l'unica via possibile è quella dello sviluppo economico di quei popoli. L'idea, di cui si discute da decenni, di un piano Marshall per i paesi dell'Africa, l'idea della cancellazione del debito, abbinata a politiche di ricostruzione in loco, è l'unica cosa che potrebbe rilanciare economicamente quelle zone del mondo, che, addirittura, diventerebbero non più un problema, ma delle risorse anche per la stessa Europa.


salvatore ha detto...

Queste politiche esigerebbero un nuovo protagonismo dell'Europa, un'Europa che sia veramente una entità unita e in cui prevalgano interessi lungimiranti in politica internazionale. Altro che litigare sul debito della Grecia, invadere la Libia e accogliere i profughi: noi dovremmo essere quello che gli USA furono per noi nel secondo dopoguerra: rilanciare quelle zone e farle diventare risorse, dalle quali non emigrerebbe più nessuno. Era il sogno di Enrico Mattei, ma era anche il sogno di Sankara, anch'egli assassinato dalle stesse mani che uccisero Mattei e Palme.



salvatore ha detto...

Perché non si fa questo? E' semplice: nel caos, nella disperazione, nella miseria, lo sfruttamento può continuare indisturbato. I poveri dell'Italia vengono messi contro i poveri della Grecia e tutti aizzati contro i poveri della Siria o della Nigeria.

Si deve quindi lottare contro il capitalismo, e alla luce di ciò valutare il senso di ogni iniziativa.

Contro questo predominio del capitalismo più selvaggio però non si può rispondere con la sola testimonianza, con tentativi velleitari, facendo opposizione o pensando di creare dei sistemi autosufficienti e isole felici.


La risposta, il "che fare", è uno solo: occorre ricordare che il socialismo, parola con cui, personalmente, racchiudo il concetto di lotta per la libertà, l'uguaglianza, la giustizia, la solidarietà, non è un magico equilibrio che si raggiunge e resta intatto per sempre, altrimenti non sarebbe fallita l'URSS e non sarebbero neanche crollate le socialdemocrazie europee.

Il socialismo è il risultato di un lavoro continuo, una costruzione fragile che ha bisogno di essere continuamente rafforzata nelle sue fondamenta, e ha bisogno di interventi continui sia a livello di trattati internazionali che di leggi nazionali. Quindi la risposta è che le forze di sinistra devono smetterla di disgregarsi (e questo parrebbe dare ragione all'idea del grande partito PD) ma anche che ogni singola azione deve essere valutata tenendo ben presente le sue implicazioni etiche.
E quindi bene ha fatto Tsipras a opporsi come un leone alla Merkel, male ha fatto invece chi ha appoggiato negli anni le varie operazioni militari (da Kabul a Tripoli passando per Bagdad). Aver accettato di partecipare da protagonisti ad un disegno mondiale che ha aumentato la discrepanza fra paesi ricchi e poveri, ha alimentato il fondamentalismo islamico, ha generato i flussi migratori, è stata una scelta di destra, e anche un idiota lo avrebbe capito, se si fosse fatto riferimento ai principi ispiratori del socialismo.


E' questa secondo me la strada: essere uniti, si, perché occorre la forza per contare, agire per piccoli passi e cercare di ottenere risultati ogni volta che sia possibile, anche facendo alleanze col diavolo, se è necessario (vedasi il caso greco e le alleanze di Tsipras per il governo), ma assolutamente opporsi ad ogni azione che invece va nella direzione opposta. E in questo senso il PD ha sbagliato ad accettare il fiscal compact, il pareggio di bilancio etc etc..... tutto questo va nella direzione sbagliata. Ma è altrettanto sbagliato aumentare i cespugli della sinistra: meglio sarebbe, a questo punto, entrare nei 5 stelle, che hanno la forza e l'energia per combattere questo sistema, anche se non sanno molto bene come fare, e provare a dare un contributo di idee che forse sarebbero accolte molto meglio che nel PD.


Tuttavia non rinuncio a sperare che la Sinistra sappia ritrovare le ragioni del socialismo, le sappia raccontare alla gente e far loro capire chi è il vero nemico comune e cosa bisogna fare. Di certo ciò non accadrà se non sapremo tornare, tutti noi, a parlare alle persone e difendere, in ogni momento di vita quotidiana, nel lavoro come nelle discussioni fra amici, i valori in cui crediamo. Ma abbiamo anche bisogno di un soggetto politico forte e credibile, che non prenda il 5% alle elezioni, ma il 25%, e che una volta eletto abbia il coraggio di seguire l'esempio che arriva dalla Grecia: non piegarsi davanti alla logica del potere, e provare a contrastarlo con ogni mezzo lecito, ma anche contribuire a risanare e modernizzare il paese, facendo quelle riforme necessarie per rendere più efficienti gli stati ma anche più giusti, e limitando gli effetti dei trattati internazionali quando vanno contro gli interessi dei popoli.






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Salvatore Salzano - Canneto Pavese - PV - Italy

alberto ha detto...

Caro Salvatore e Franco, alle vostre belle riflessioni rispondo con la parte di un articolo scritto nella rubrica Il sogno di Zorro pochi giorni fa da Diego Bianchi. Non aggiungo nessuna riflessione, ma una sola domanda : chi è più vicino ad una cultura socialista? Personalmente credo che il socialismo, prima di essere una idea politica è una cultura. Se non si riesce a vincere sul piano culturale ( la narrazione dell’idea socialista) non si riuscirà mai a vincere sul piano elettorale o, l’eventuale vittoria qua e là sarà solo cosa temporanea. Il capitalismo che stiamo conoscendo è prima che “un complotto” una cultura. Per questo vince.
Scrive Diego Bianchi, giornalista sicuramente di sinistra, sul Venerdì di Repubblica del 10 luglio sotto il titolo “ Avere un debito con Berlino ed essere felici: la storia di Ola e Naji ”. “ Siamo ad Amburgo in un centro di accoglienza per profughi che di fatto è un piccolo villaggio fatto di container ed ampi spazi per lo svago. Centinaia di persone, tra le quali molte donne e moltissimi bambini, aspettano qui di sapere se la Germania li accetterà definitivamente con sé. Entro due mesi circa. Ola e Naji conosceranno il loro destino. Nel mentre sono ospitati in questa struttura che offre loro una stanza, tre pasti al giorno, corsi di tedesco, attività ricreative ( soprattutto per i più piccoli) ,assistenza per l’integrazione ed un minimo di dentro garantito e la libertà di muoversi per Amburgo come chiunque altro. Siriani, macedoni, albanesi’ iracheni, curdi, eritrei, somali, passano le giornate giocando a pallone, studiando, dormendo, pensando al loro futuro e al paese da dove sono fuggiti. Olga e Naji sono molto ospitali pur non avendo quasi nulla da offrire. … “

salvatore ha detto...

Caro Alberto, purtroppo non è così semplice. Per me il socialismo è non solo una cultura, ma proprio un vero modo di vivere. Come tale mi comporto nel mio lavoro di insegnante, nelle scelte di vita e di consumo, nei rapporti interpersonali, finanche nell'uso del mio tempo libero: ieri io e mia moglie abbiamo passato il sabato pomeriggio festeggiando la fine del Ramadan, a Pavia, con profughi e rifugiati di varie nazionalità, gustando cibi di cultura mediterranea e vivendo una esperienza di integrazione gioiosa quanto spontanea e naturale, accomunando la "pizzica" e la "tarantella" alla musica araba. E potrei raccontarti mille altre esperienze per mostrarti che per me non si tratta di una "idea da propagandare" ma di un modo di essere.

Eppure, anche se per me e molti altri il socialismo è cultura, il socialismo in questi tempi non vince. Dimmi tu perché......... dimmi perché ci sono culture che sono capaci di dominare le altre, dominare nonostante non siano migliori, ma solo più forti e pervasive. Perché?