sabato 11 gennaio 2014

Antonio Caputo: Piemonte e giustizia amministrativa

Il TAR del Piemonte ha oggi 10 gennaio dato lettura del dispositivo della sentenza che ha annullato "l'atto di proclamazione degli eletti... ai fini della rinnovazione della competizione elettorale" per il Consiglio regionale tenutasi in Piemonte nei giorni 28 e 29 marzo 2010. La proclamazione degli eletti da parte dell'Ufficio elettorale Centrale presso la Corte d'Appello di Torino avvenne in data 9 aprile 2010 e a quel tempo risale il ricorso giurisdizionale proposto da Mercedes Bresso e da Staunovo Luigina Polacco del partito "pensionati e invalidi". Lo scorso 14 novembre con sentenza irrevocabile la Cassazione condanno' Michele Giovine, pietra dello scandalo, a 2 anni e 8 mesi per avere raccolto firme false sulla sua lista. Un anno e sei mesi di reclusione, la pena, esito del patteggiamento, inflitta dal giudice dell’udienza preliminare a tal Marco Di Silvestro nel 2012 per aver falsamente autenticato l’accettazione della candidatura di 13 esponenti della lista “Pensionati e invalidi per Bresso”, capeggiata dalla Staunovo Polacco. In conclusione: elezioni taroccate, elettori ingannati. In attesa del deposito delle motivazioni del TAR, la parola passera' al Consiglio di Stato che potrebbe decidere in tempi non prevedibili con certezza e, se anche rapidi, in non meno di 3-4 mesi, tempi velocissimi per la disagraziatissima macchina giudiziaria italiana. Che succedera' nel frattempo? Prima ipotesi , la nomina di un Commissario da parte del Governo per lo svolgimento dell'ordinaria amministrazione e preparare le elezioni, garantendo in tal modo la continuita' delle funzioni degli organi regionali. Per quanto in fretta si possa fare, cio' avverra' tra aprile e maggio 2014. Le elezioni europee sono previste tra il 22 e il 25 maggio 2014, la corsa contro il tempo e' iniziata per fare coincidere le scadenze, sempre che il Consiglio di Stato confermi la sentenza del Tar Se cosi' non fosse alla tragicita' dei tempi indecenti del giudicato amministrativo che scredita ancora una volta tutte le Istituzioni della Repubblica, anche quella giudiziaria dormiente per troppo tempo ( al punto di autorizzare anche a pensare male o ad una giustizia strumentale e quindi ben poco giusta) si sommerebbe il ridicolo di un sistema incoerente e contrtaddittorio, inaffidabile oltre che cieco secondo la vulgata. I numeri descrivono in pieno la confusione nella quale sono immersi lo Stato e la giustizia amministrativa italiana. Nel corso del 2012 (ultimi dati disponibili) sono stati presentati 9.300 nuovi ricorsi amministrativi presso il Consiglio di Stato e ne sono stati definiti più di 11.500. I ricorsi pendenti sono 24.600. In tutti i tribunali di prima istanza regionali risultano pendenti, sempre al 31 dicembre 2012, circa 350 mila procedimenti. Nonostante il pesante arretrato, sono stati definiti 92 mila procedimenti in più rispetto ai nuovi ricorsi presentati, complice l’entità del nuovo contributo unificato che, ha detto lo scorso gennaio Giorgio Giovannini, presidente del Consiglio di Stato,«ha raggiunto e forse superato i livelli di guardia, oltre i quali può restare inciso lo stesso diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale». La giustizia civile così come sopravvive oggi nel suo complesso – non ci sono dati relativi a quella amministrativa – pesa secondo dati di Confindustria del 2011 il 4,9% del Pil tricolore, mentre, secondo le statistiche di Doing Business, l’Italia lascia per strada per via della giustizia lenta un 1% di Pil potenziale ogni anno. Romano Prodi, tra l’altro consulente dell’agenzia di rating cinese Dagong, qualche tempo fa ha lanciato dalle colonne de Il Messaggero la sua personale proposta di soppressione dei TAR.. Da una radicale rivisitazione della giustizia amministrativa l’Italia avrebbe un grande beneficio. Gli investitori non scapperebbero e si finirebbe col togliere un bastone incastrato nelle ruote della ripresa economica. Scrive Prodi: «Non essendo giurista non riesco a suggerire rimedi che non cadano nella rete degli azzeccagarbugli, ma nella difficile realizzabilità dell’abolizione del Tar chiedo di essere aiutato in modo che i ricorsi siano ammessi nei rari casi in cui conviene e che siano accompagnati dalle opportune garanzie». Una proposta interessante. Abolendo in toto la giustizia amministrativa si azzererebbe la tutela del cittadino. E affidare gli stessi compiti a sezioni speciali di quella ordinaria sarebbe una salto nel vuoto che finirebbe una volta per tutte con lo scaraventare l’Italia all’ultimo posto di qualunque classifica mondiale. Al contrario mettere uno sbarramento all’ingresso per i ricorsi e un deterrente per quei cittadini che usano il Tar non a tutela dei propri diritti ma dei propri interessi sarebbe un intervento di civiltà. Al pari di un Parlamento e di una politica che in grado di legiferare in modo più semplice e trasparente senza lasciare ampie intercapedini che incitano i cittadini a sommergere i tribunali di ricorsi. Le strade ci sono. Le novità introdotte dall’Europa permettono di valutare vie alternative (ma non sostitutive) alla giustizia amministrativa. Un po’ come avviene sul fronte civile con gli arbitrati. L’ordinamento inglese da tempo ha sviluppato un organico sistema di Administrative Tribunals, composti non da funzionari amministrativi ma da esperti del settore in posizione di indipendenza rispetto alle autorità o Enti coinvolti. I “Tribunali” trattano ogni anno un vasto contenzioso con esiti normalmente soddisfacenti per le parti. In questo modo i ricorsi prettamente giurisdizionali (applications) nell’ultimo decennio non sono stati più di 4 mila per anno. Pochissimo. Basti pensare che nel 2012 sono il Tar del Lazio ne ha ricevuti più di 12mila. In tema di novità ci sono anche le diverse relazioni economiche tra Stato e privati. «Un esempio importante è il complesso di rapporti che si usa definire come partenariato pubblico privato ove l’elemento dell’autoritarietà praticamente scompare», scriveva già nel 2006 la Fondazione Astrid, «ma rimane decisivo il rilievo del pubblico interesse, con deroghe al diritto comune. Dove si ripropongono schemi che non corrispondono più al sistema giuridico e politico quale oggi é». In tali casi potrebbe subentrare il difensore civico, con nuove (per l’Italia) forme non giurisdizionali di soluzione ai contenziosi nei riguardi di pubbliche amministrazioni e/o concessionari di pubblici servizi di cui egli si faccia promotore -mediatore e stratega, come le Adr, Alternative Dispute Resolutions. Nate negli Usa sono diffuse nel Nord Europa (dove è più forte il senso civico) e mirano a risolvere il contenzioso prima che arrivi alla sua fase amministrativa. Insomma, l’Europa spinge l’Italia a mantenere strumenti di tutela del cittadino e al tempo stesso trovare strade alternative o parallele. E la vicenda delle elezioni piemontesi dimostra la necessita' di rivedere il sistema della giustizia amministrativa nel suo complesso. Cionostante resta un mistero che ci siano voluti 4 anni per decidere in solo primo grado. delegittimando tutto il Consiglio regionale del Piemonte. E anche problematica e anche paradossale rimane la reticente posizione dei consiglieri di c.d., opposizione in Consiglio, PD, che avendo a dicembre 2013, quando ci fu la notizia della chiusura delle indagini per 44 consiglieri, quasi tutti di maggioranza., per il tristo caso di rimborsopoli ( le mutande di Cota), preannunciato le dimissioni, non possono ora piu' dimettersi, in quanto dichiarati non eletti dal Tar. Che tristezza... e che vergogna. Antonio Caputo __________

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