domenica 26 gennaio 2014

Paolo Soldini: Schulz vuole rifare l'Europa

Martin Schulz vuole diventare presidente della Commissione europea. Diciamo che si sapeva, perché la sua candidatura è nota da tempo e verrà formalizzata nei prossimi giorni dalla Spd e il 1° marzo nel congresso del partito dei socialisti e democratici europei che è stato convocato a Roma, nonostante qualche dichiarato mal di pancia degli esponenti meno «socialisti» (per così dire) del Pd. Quel che non si sapeva, e che il presidente del Parlamento europeo ha detto in una lunga intervista alla Süddeutsche Zeitung, è perché. Insomma: qual è il suo programma. L’obiettivo è ambizioso: «L’Unione europea deve cambiare del tutto», dice Schulz. Deve essere rinnovata «da capo a piedi» per adeguarsi ai tempi duri presenti e a quelli ancor più duri che l’aspettano, alle prese non solo con una pesantissima sfida economica mondiale, ma anche sotto pressione per quanto riguarda l’ambiente. Dentro l’Eurozona ci sono «estreme diseguaglianze economiche», un tasso di disoccupazione giovanile micidiale e Paesi nei quali la debolezza della crescita sfiora già la deflazione. Secondo il presidente dell’Europarlamento il progetto per uscire da questa crisi deve articolarsi su tre punti. Tre sfide La prima sfida è rappresentata dalla paura diffusa tra i cittadini che la loro identità nazionale venga sostituita dall’Europa. «Noi dobbiamo dire a queste persone che nessuno vuole portar via la loro identità. Anch’io da giovane pensavo che stavamo facendo gli Stati Uniti d’Europa – ammette Schulz – ma dopo vent’anni di Parlamento europeo so che gli stati nazionali restano e che “va bene così”». La seconda sfida è la necessità di definire quel che può essere fatto a livello nazionale, regionale e locale meglio che a Bruxelles. «Il mio primo atto, se sarò presidente – annuncia il futuro candidato – non sarà di chiedere ai commissari se c’è qualcosa di cui ancora non si sono impicciati. Chiederò che cambino proprio il modo di considerare i loro compiti. Oggi come oggi mi pare che nella Commissione Ue ci siano, estremizzando un po’, due scuole di pensiero: quella “che non si dà pace finché non è stato privatizzato l’ultimo cimitero comunale” e quella di chi non smette di agitarsi finché in Europa non si instaura “un ordinamento sepolcrale unitario”». La terza sfida è il corollario della seconda: «agli Stati nazionali vorrei dire: avete fatto l’Europa perché eravate coscienti che ci sono compiti che i singoli stati da soli non possono adempiere. E allora dotate le istituzioni europee della forza e degli strumenti necessari perché possano fare quello per cui sono state create». Schulz ricorda ai suoi interlocutori che le prossime elezioni europee saranno le prime in cui, dando seguito a una norma del Trattato di Lisbona, verranno indicati dagli elettori i possibili presidenti della Commissione. Si tratta di una novità importantissima. Non è obbligatorio, ma tutte le grandi famiglie politiche europee sembrano orientate a presentare un candidato per la presidenza. Le sinistre lo hanno già fatto, i liberali lo faranno tra qualche settimana, i popolari si sono dati appuntamento all’inizio di marzo e tra i socialisti e democratici pare a questo punto scontato che a correre sarà lui, Martin Schulz. Ma con quali chances? Quanto è conosciuto l’attuale presidente del Parlamento europeo nell’opinione pubblica dell’Unione? «Abbastanza», risponde lui, e non solo in Germania ma anche in altri Paesi. E all’intervistatore che chiede quali risponde «l’Italia, per esempio». Certo una parte di questa notorietà italiana si deve ad una delle peggiori gaffe di Silvio Berlusconi che in piena assemblea a Strasburgo gli diede del kapò, ma, sostiene lui, «sono abbastanza conosciuto anche in Francia e in Spagna». Rispetto ai candidati che potranno mettere in campo le altre famiglie politiche europee è vero che Schulz appare, al momento, quello che ha più chance. I sondaggi dicono che socialisti e popolari combatteranno testa a testa e lui pensa di poter contare «su una maggioranza che mi presenti come candidato alla presidenza della Commissione» e questo, pare di capire, anche nel caso che il partito dei socialisti e democratici non prevalga sui popolari. C’è da ricordare, a questo proposito, che il candidato delle sinistre Alexis Tsipras non ha escluso di appoggiarlo.

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