mercoledì 30 ottobre 2013

Documento dei compagni del Network per il socialismo europeo iscritti al PD

QUESTO DOCUMENTO E’ PRESENTATO DAI COMPAGNI DEL “NETWORK PER IL SOCIALISMO EUROPEO” ISCRITTI AL PD A SOSTEGNO DELLA CANDIDATURA DI GIANNI CUPERLO ALLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL PD "Quando mai, se non adesso, il Pd dovrebbe fare il primo congresso vero della sua storia, mettendo a confronto non solo candidati più o meno ipotetici, ma idee, proposte, progetti che abbiano un senso per il Paese, e insomma cercando di decidere quale partito vuol essere? E come è possibile fare un congresso vero senza uno scontro vero tra candidature vere, e cioè fondate su piattaforme politiche vere, discusse apertamente dai militanti, o come si chiamano adesso, e dagli elettori? (cit. Paolo Franchi) Il PD, nonostante una cultura politica che rispetto ad altri partiti della sinistra europea appare meno orientata ai valori del socialismo e nonostante la presenza, al suo interno, di forze e culture moderate, rappresenta ancora la maggior forza progressista del Paese. Per questo motivo ogni ulteriore ritardo nella definizione di quali debbano esserne, senza più finzioni pseudo organizzative, gli elementi costitutivi ed i riferimenti sovranazionali, si ripercuote drammaticamente sulla sinistra nel suo complesso. La sinistra è in crisi. Il PD può essere lo strumento per iniziare a venirne a capo, in caso contrario rischia di dare un contributo decisivo ad una stasi difficilmente recuperabile I limiti, le contraddizioni, le carenze strutturali – culturali, politiche e programmatiche – della sinistra nel suo complesso, non potranno risolversi se il congresso del PD sitradurrà in una semplice presa d’atto del leaderismomediatico (tendenza rappresentata specie da Renzi) come stato di necessità, approdo necessario di un partito afflitto da idee rivelatesi errate: dal fallimento del socialismo europeo, all’esaurimento dei conflitti sociali, alla supina acquiescenza nei confronti di un processo di globalizzazione dell’economia che – svincolato da ogni regola – ha determinato la più grave crisi economica dell’età contemporanea. Il partito leggero, lo snellimento burocratico ed organizzativo, è stato confuso con il partito liquido; ciò ha comportato la svalutazione, la devalorizzazione di quella che è sempre stata la ricchezza della sinistra: un insieme, un reticolo di presenze sul territorio che consentivano di capire ed interpretare le piccole e grandi tensioni sociali e di cercare, acquisire, consolidare il consenso grazie alle iniziative, agli incontri ed ai confronti politici e di idee che si svolgevano nelle sezioni e nei circoli. Il processo decisionale si svolge, ora, pressoché esclusivamente in una direzione, dall’alto verso il basso. L’impegno di iscritti e militanti è stato mortificato con la sacralizzazione delle primarie aperte e la cooptazione da eccezione è diventata regola. Il PD è diventato il partito degli eletti e degli assessori. Un partito che vive esclusivamente nelle istituzioni ma che con esse, come diretta conseguenza, non può aver nessun rapporto di natura dialettica subendo, spesso senza aver alcuna voce in capitolo, le decisioni assunte dai suoi rappresentanti nelle istituzioni, limitandosi ad esserne cassa di risonanza. Si capovolge il meccanismo decisionale e quindi viene meno la possibilità, se non la capacità, di interpretare i movimenti e le dinamiche che intervengono sul tessuto e nel vissuto sociale. Questo è il prezzo più alto della destrutturazione del partito ed è stato pagato dolorosamente in occasione delle scorse elezioni politiche, che hanno reso evidente l’assoluta assenza di qualsiasi legame tra il partito ed il popolo. Che non è il cd “popolo della sinistra”, che non è il “popolo delle primarie” ma è il popolo nella sua accezione più larga, vale a dire quella parte, la più numerosa, di cittadini che soffre il dramma della crisi economica e sociale, per l’annullamento delle speranze di crescita individuale e collettiva, per la mancanza di canali di comunicazione e, quindi, di rappresentanza dei propri bisogni. L’azzeramento della speranza, può facilmente trasformarsi in rabbia. Una rabbia muta, all’inizio, che magari può trovare conforto iniziale nel populismo e nell’antiparlamentarismoma che poi può diventare preda di ben altri mostri, molto più pericolosi e distruttivi. I - La sinistra, questa sinistra, ha rinunciato ad essere espressione di un blocco sociale, ha rinunciato a dare una priorità agli interessi da difendere. Le esigenze della grande impresa, dei gruppi bancari e del dominio del mercato e della libera circolazione dei capitalinon possono essere poste sullo stesso piano di quelle di chi combatte quotidianamente una battaglia per non perdere la propria dignità di persona e di lavoratore, affrontando, spesso da solo, i costi di una crisi senza precedenti. Dichiarando l’inutilità, l’inattualità, la “non modernità” di un blocco sociale di riferimento, dichiarando l’impossibilità di definire una scala di priorità degli interesse sociali ed economici, è venuta meno la possibilità di dar vita ad una coalizione sociale. Si è rinunciato, quindi, a ciò che è sempre stata la base, il cuore pulsante di ogni partito della sinistra, sempre ed ovunque nel mondo. Nel passato, questa coalizione si concretizzava nell’alleanza tra classe operaia e ceto medio la globalizzazione, il declino del lavoro “fordista” ed il processo di impoverimento progressivo (se non in alcuni casi diproletarizzazione) del ceto medio, hanno reso più difficile questa alleanza che resta, però, fondamentale, rivisitandone gli attori, per il futuro della sinistra. La questione sociale in Italia c’è, è più attuale che mai e la crisi economica l’ha resa ancora più evidente – e più complicata. Da un lato c’è sempre il lavoro dipendente, anche se fatto di partite IVA, il lavoro precario, il lavoro che non c’è. Dall’altro c’è il capitale, il capitalismo finanziario, soprattutto: improduttivo e rapace, senza frontiere e senza regole, che impone le sue leggi facilitato dall’accondiscendenza miope e complice dei custodi dell’ortodossia neoliberista, basata sul binomio “austerità + rigore”. La questione sociale si risolve accettando le ragioni del conflitto tra capitale e lavoro. Nulla è cambiato. Sono interessi legittimi entrambi, contrapposti, che nel conflitto si misurano ed il compromesso possibile è dato dai rapporti di forza in essere in un dato momento e dalla attuazione di politiche pubbliche che orientino lo sviluppo in termini socialmente ed ecologicamente sostenibili La forza è data dalla rappresentanza politica e se questa manca, se al lavoro è negata una adeguata rappresentanzadei suoi interessi, a prevalere saranno sempre gli interessi dei grandi gruppi industriali e del capitalismo finanziario transnazionale . A tutto questo il PD ha intenzione di rispondere con chi vuole portare alle estreme conseguenze il “lingotto” veltroniano? Con chi vuole ridimensionare il ruolo del sindacato e pensa che una crisi da domanda e recessione si risolve con maggiore flessibilità e quindi una più elevata precarietà nei rapporti di lavoro? II - C’è chi, nel partito, si è elevato a campione della battaglia per ridurre i costi della politica. Una battagliasacrosanta contro le degenerazioni e gli scandali legati alla politica è spesso tracimata nell’assecondare l'onda lunga dell'antipolitica. Il primo risultato è stato l’abolizione di qualsiasi forma di sostegno pubblico ai partiti con cui si è inferto un colpo mortale al sistema democratico, da semprebasato sulla partecipazione e sul principio di eguaglianza. Che può essere garantito solo dallo Stato. Che in tutta Europa esistano sistemi di sostegno pubblico al sistema dei partiti è, evidentemente, un dettaglio. Ma questo resta il modo più efficace per garantire la tenuta del sistema democratico Si punta ad annullare il ruolo dei partiti come corpi intermedi, soggetti principali per consentire la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed a renderepressoché impossibile l’autonomia della politica e dei partiti che (quasi regredendo alla situazione pre-fascista) ritornerebbero unioni di personalità locali, senza alcuna comunità di intenti e di valori, né identità riconoscibili, inermidinanzi agli interessi di quanti siano in condizione di esercitare attività di lobbying grazie alla disponibilità di ingenti risorse economiche. Si rischia una democrazia delle elites, censitaria, ostaggio e proiezione degli interessi del capitalismo italiano ed europeo III - L’apprezzamento di facciata che alcuni riservano ad iscritti e militanti del partito, nasconde, in effetti, un aristocratico disprezzo nei loro confronti, considerati - nel migliore dei casi - dei semplici portatori d’acqua, attacchini, “volantinatori”, che devono cedere il passo agli elettori tout court, che possono - secondo i “nuovisti” -decidere delle sorti di un partito per il quale nonspenderanno un minuto del loro tempo e che, ad ogni buon conto, neanche voteranno. Il partito diventa un mezzo di promozione personale e perde le sue caratteristiche storiche di comunità, di strumento attraverso il quale uomini e donne, uniti dai medesimi ideali e che si riconoscono nel medesimo progetto, lottano – insieme – per cambiare la società. Il partito diventa un autobus sul quale salire e dal quale scendere a proprio piacimento. Un partito senza identità, senza memoria condivisa, senza un ideale progetto di cambiamento della società. Questo è il vero partito gassoso. Un partito fast food:patatine e coca cola. Forse, è un grave pericolo, accadrà questo. Ma la sinistra non può permetterselo. Il congresso del PD avrà una importanza fondamentale per la sinistra italiana, presente e futura. Riportare il PD sulle posizioni che furono di Veltroni, addirittura estremizzandole, allontanarsi dalla sinistra europea, proprio in vista delle elezioni del 2014, rappresenterebbe un ritorno ad un progetto che non aveva funzionato, e che condannerebbe la sinistra italiana al declino e l’Italia alla marginalità politica ed economica nel continente. IV - C’è bisogno di un partito della sinistra che sia di governo, europeo ed europeista ma che non acquisisca come leggi fondamentali quelle decise tra Bruxelles, Francoforte e Berlino, che trovi nell'adesione al PSE sia i motivi di una rinnovata idea di Europa, sia la possibilità di sostenere le spinte - interne al movimento socialdemocratico europeo ma non ancora "maggioritarie" - che tendono ad una definitiva fuoruscita da politiche di sostanziale subalternità a quello che si è caratterizzato come un vero e proprio pensiero unico su scala continentale e si è concretizzato nel modello economico neoliberista. L’ approdo – definitivo - al PSE non sarà la panacea di tutti i mali ma, almeno, può rappresentare una occasione per contribuire ad uno sforzo comune che possa consentire di cambiare in profondità l'atteggiamento dei partiti socialdemocratici di fronte alla crisi, ancora troppo remissivonei confronti della Commissione UE e della BCE. L’obiettivo deve essere quello di costruire un soggetto unitario della sinistra che conservi la memoria storica ed il patrimonio di idealità, di lotte, di battaglie politiche della sinistra storica e del movimento operaio e sindacale, che abbia un chiaro profilo identitario ed una solida cultura politica e di governo, riconducendo a sintesi queste esperienze nell'ambito più ampio del movimento socialdemocratico e laburista europeo. Paolo BORIONI e Marco LANG – PD Roma Michele PETRICCIONE –PD Napoli Paolo ZINNA e Angelo TURCO – PD Milano Matteo GORINI – PD Firenze Giacomo BOTTOS – PD Bologna Stefano DE BARTOLO e Luigi BENNARDO – PD Cosenza Stefano POGGI – PD Vicenza

Nessun commento: