martedì 29 maggio 2012

Franco Astengo: No al presidenzialismo

NO AL PRESIDENZIALISMO
“No al Presidenzialismo”: un “no” da avanzare immediatamente, proprio in questo momento, in cui la proposta dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica viene “rilanciata” dall’agonizzante centrodestra e dal suo “antico” leader (sulla differenza tra presidenzialismo e semipresidenzialismo torneremo in altra occasione: adesso è il momento di proclamare nettamente, senza se e senza ma come usa dire adesso, una contrarietà di fondo).
Non basta parlare di “strumentalizzazioni”, oppure limitarci al “non c’è più tempo” riferendoci alla declinante legislatura in corso.
Stupisce, neppure troppo in verità, che non si riesca attorno all’idea della Repubblica Parlamentare, di una concezione dell’agire politico fondato sul privilegio della rappresentanza in luogo della governabilità e della personalizzazione, a raccogliere un ampio fronte politico e culturale a sinistra capace di analizzare con chiarezza i cedimenti che ci sono stati su questo terreno e riprendere in mano, con coraggio, l’idea di una politica ”forte”, capace di rovesciare, prima di tutto, il rapporto con l’economia così come questo si è configurato, negativamente, nel corso degli ultimi anni.
Ci troviamo a ridosso della ricorrenza del 2 Giugno, data fondativa della Repubblica Italiana, ed è necessario, più che mai, ricordare alcuni aspetti del nostro assetto istituzionale che, in questo momento, sono oggetto di furibondi attacchi e di proposte di revisione che si rivolgono verso un accentramento dei poteri in poche mani, a completamento del processo degenerativo avviato, a suo tempo, con la crisi dei grandi partiti di massa e l’adozione del sistema elettorale maggioritario.
Non è il caso di ricordare, se non per sommi capi, che l'Italia è una Repubblica Democratica per volontà del popolo che ne ha votato la forma di Stato in un Referendum, dopo che per un periodo non breve le forze politiche uscite vittoriose dalla lotta di Liberazione avevano oscillato tra l'idea di affidare al popolo la scelta decisiva oppure di attribuirla all'Assemblea Costituente che sarebbe stata eletta nella stessa data del 2 Giugno 1946 (il decreto che fissa il referendum istituzionale porta la data del 10 Marzo 1946: l'obiettivo era quello che, una volta sgombrato il campo dal nodo della forma dello stato, l'Assemblea Costituente sulla base del mandato ricevuto dai cittadini avrebbe potuto dedicarsi completamente alla redazione della nuova Carta Costituzionale).
La scelta referendaria, inoltre, corrispondeva ad una ulteriore esigenza: quella di completare il processo unitario risorgimentale, considerato nell'analisi gramsciana, in una qualche misura “monco” per la mancata partecipazione delle masse popolari.
Si sanciva così, per via diretta, l'unità del Paese, dopo che – nei tragici mesi trascorsi tra l'8 Settembre ed il 25 Aprile- l'Italia era rimasta divisa.
Si tratta di elementi che vanno sottoposti, ancor oggi, alla riflessione di tutti: in una fase in cui appunto sembrano riemergere spinte verso forme presidenzialistiche, che in un momento di totale incredibilità dell’intero sistema dei partiti potrebbero anche aprire la strada ad avventure pericolose.
E' mutato, soprattutto, il ruolo del Parlamento, con un passaggio “forte” nella capacità di proposta legislativa nelle mani del Governo (governo attualmente composto da persone, ricordiamolo, mai elette in alcuna competizione elettorale: del resto i parlamentari sono stati, con questo sistema elettorale, “nominati” ed è viva la discussione su di una delegittimazione di fatto del Parlamento), attraverso un uso immotivato dello strumento dei decreti legge (uso immotivato che, ormai, risale nel tempo fin dai primi anni'80 del secolo scorso: quando cioè si cominciò a parlare di “Grande Riforma” da attuarsi in nome di un cosiddetto “decisionismo”).
Vale allora la pena, proprio in occasione della ricorrenza del 2 Giugno, recuperare i passaggi fondamentali che, sulla materia del ruolo del Parlamento, furono compiuti in sede di Assemblea Costituente.
La Costituente accettò (in linea con l'esito referendario) l'individuazione antifascista delle responsabilità per le origini della dittatura nell'atteggiamento antiparlamentare della monarchia, sancendo così il definitivo primato delle Camera nel sistema, dando così vita ad una “repubblica parlamentare”.
Concentrando, infatti, nelle due Camere, rese entrambe elettive e pari nelle attribuzioni, i maggiori poteri, la Costituzione Repubblicana pose il Parlamento in una posizione di evidente supremazia rispetto agli altri organi dello Stato.
Il Governo, infatti, appare ad esso sottoposto sul piano formale, sia per il voto di fiducia che lo lega alle Camere in un rapporto di dipendenza politica, sia per il costante esercizio della funzione ispettiva e di controllo sui suoi atti da parte delle Camere stesse.
E' anche nella determinazione delle modalità di esercizio della funzione legislativa che la Costituente parve voler impedire ogni pericolo di usurpazione da parte del Governo del potere normativo, memore sia dell'esperienza vissuta in età liberale sia di quella, ben più pesante al riguardo, dei tempi della dittatura fascista.
Tutto questo oggi, ripetiamo, è messo pesantemente in discussione e va ricordato, perché l'osservanza costituzionale è ancora legata a questi fondamentali principi che si sono manifestati nell'articolato della Carta Fondamentale, sottolineando ancora come la Costituzione stabilisca che le Camere non possono procedere alla modifica o alla riforma del testo costituzionale senza l'osservanza di un preciso procedimento di revisione (articolo 138); in secondo luogo ha, poi, assoggettato l'attività legislativa a un sindacato di legittimità costituzionale davanti a un organo speciale, la Corte Costituzionale, al fine di evitare l'introduzione nell'ordinamento stesso di norme contrarie ai principi essenziali che lo ispirano; in terzo luogo ha fissato il ruolo delle comunità intermedie, in particolare delle Regioni, modificando la tradizione accentratrice dello Stato risorgimentale ma, nello stesso tempo, garantendo l'unità statuale; infine va rammentata l'introduzione del referendum costituzionale e del referendum abrogativo delle leggi approvate dal Parlamento, il primo a eventuale garanzia popolare contro una revisione della Costituzione che non fosse approvata da una maggioranza parlamentare troppo ampia, il secondo a tutela delle aspirazioni e degli interessi dell'elettorato contro un’attività legislativa ritenuta impopolare, affiancando così alla democrazia rappresentativa caratterizzante il sistema, un istituto di democrazia diretta, stabilendo nel contempo una sorta di controllo popolare sull'operato normativo della classe politica.
Non si trova, com’è noto, in Costituzione un capitolo riguardante le leggi elettorali: ma l'idea di un Parlamento sovrano richiederebbe una legge elettorale tale da consentire il massimo possibile delle espressioni delle culture e delle sensibilità politiche presenti nel Paese; si può ben dire che le modifiche alla legge elettorale avutesi nel 1993 e nel 2005 siano andate in direzione contraria, tentando di affermare il primato della governabilità rispetto a quello del dibattito parlamentare.
Il sistema elettorale proporzionale risulta essere, di conseguenza, quello più coerente con l’idea di impianto istituzionale contenuto nella Costituzione Repubblicana.
Ecco: abbiamo ricordato, forse pedantemente, queste cose al riguardo del ruolo del Parlamento perché si abbia chiaro, all'interno della ventata populistica e della cosiddetta “antipolitica” che stiamo subendo, ciò che di più prezioso è necessario difendere nell'ambito della nostra democrazia repubblicana.
Su queste basi andrebbe recuperato, a nostro avviso, un discorso unitario da parte delle forze che intendono opporsi a questo pericoloso stato di cose: si tratta di contenuti di assoluta discriminante in questa fase per tracciare un solco d’identità e di autonomia politica per un nuovo, indispensabile, discorso a sinistra.
Le forze politiche ancora esistenti (PD, SeL, FdS) sarebbero chiamate a fornire una risposta sul da che parte stare: da un lato la Repubblica parlamentare disegnata dalla Costituzione, dall’altra l’americanizzazione (termine usato tanto per intenderci alla svelta) composta da presunto decisionismo reclamante una governabilità senza principi
Una frontiera non da poco rispetto a una discriminante decisiva nella qualità dell’azione politica che, dal nostro punto di vista, intendiamo difendere e rilanciare.
Savona, li 26 maggio 2012 Franco Astengo

7 commenti:

guido ha detto...

Devo confessare che non sono così contrario all’adozione di un modello con voto diretto del Capo dello stato alla francese con le correzioni proposte da Sartori sul Corriere. Sono ovviamente più preoccupato delle considerazioni di correttezza costituzionale. Anche se nel caso in cui vi fosse un consenso generale molto ampio le guarentigie poste dalla costituzione risulterebbero ridondanti perché sono poste a difesa da un colpo di mano. Comunque è un caso accademico il consenso non c’è e non si può forzare.

Nel merito però il nostro sistema ha dimostrato di non funzionare bene, ma soprattutto di creare una situazione di aspettativa in cui la costruzione di una coalizione capace di eleggere il presidente diventa una ossessione per la politica di una serie di capi partito che finisce per rendere l’azione parlamentare estremamente faticosa per molti mesi e anni prima dell’evento. Il sistema francese ha dimostrato di funzionare abbastanza bene e forse funzionerebbe anche qui. Di certo il nostro sistema nno ha dimostrato diu funzionare benissimo, anche se poi in più d’un caso i presidenti hanno esercitato una azione calmieratrice.



Non capisco però l’entusiasmo di Berlusconi. Se si votasse sulla persona, oggi, ma ancor più domani, il suo mascherone farebbe scappare molti elettori, ormai fa pietà. La partita si giocherebbe ai primi posti tra Monti e quasi certamente Grillo, mentre Berlusconi si giocherebbe al massimo il terzo o il quarto posto con un candidato di CS moderata. Non riesco a immaginare una campagna vittoriosa di un Berlusconi rappezzato come lo è ora.



Mi sembra che la prima urgenza sia quella di non ostacolare le elezioni di un nuovo Parlamento perché la discrasia tra il paese e il parlamento non è mai stata così forte. Poi un nuovo Parlamento più rappresentativo del paese può prendere una decisione di questa importanza più tranquillamente e con più legittimità G



Guido Martinotti

felice ha detto...

Senza un sistema semipresidnziale e il doppio turno i socialisti francesi non sarebbero mai andati al potere, ma soprattuto conquistare il ruolo politico che hanno. E' urgente avere un aprlamento eletto, ma se è eletto con il porcellum aggraverà la situazione. Non rappresenterebbero al nazione ma chi li ha nominati. Quelli che hanno ora il potere di nomina non hanno la fiducia del popolo o sono dei demagoghi, che pur fanno parte dell'establishment, come Grillo. La magistratura o settori della stessa hanno difeso il porcerllum oltre ogni decenza nwell'aasoluto silenzio della stampa e di associazioni come Libertà e Giustizia. Conn il porcellum crescerà il ruolo di supplenza politica della magistratura, ma non è un bene : è comunque una corporazione senza controlli né interni né esterni

guido ha detto...

D’accordo, sarebbe giusto e anche legittimo che questo parlamento eliminasse il Porcellum e mi auguro davvero che Bersani non facci l’errore di puntare sotto sotto a vincere con il Porcellum, ricodriamoci la “gioiosa macchine da guerra”. Non penso invece che questo Parlamento sia legittimato e abbia le forze giuste (Adornato,Violante,Quagliariello a fare la riforma elettorale???) per cambiare radicalmente sistema. Purtroppo siamo in una forcella difficile loose/loose piuttosto che win/winG

PS Ovviamente nel mio commento di ieri non avevo visto i dati di Pagnoncelli a Ballarò che confermano la mia idea che ai primi due posti ci sarebbro monti e grillo.



Guido Martinotti

gabriele ha detto...

Hai ragione Guido. Quagliariello e Adornato mi hanno sempre fatto venire i vermi al solo udire il loro nome, ma quando sento che gli esperti del PD in materia elettoral-costituzionale (!) sono Violante e Ceccanti mi prendono istinti omicidi. Sartori secondo me aveva ragione un anno fa, ma adesso anche col doppio turno i ballottaggi tra Monti e Grillo, sai che ridere? Col proporzionale tedesco 6 o 7 partiti che passano lo sbarramento non ce li toglie nessuno, così torniamo alla Prima Repubblica. Che sia meglio abolire i ludi cartacei?
Gabriele.

luciano ha detto...

La discussione in atto fa pensare al famoso detto “chiudere la stalla quando
i buoi sono scappati”.

Il sistema elettorale attuale (porcellum) ha già demolito, pur senza
dichiararlo, l’assetto istituzionale delineato dalla Costituzione del 1948 e
noi discutiamo di come difenderlo …

Mi spiego. La Costituzione presuppone l’esistenza di un sistema elettorale
proporzionale. O per essere più precisi presuppone un sistema elettorale
che non conceda ad una minoranza un premio che la faccia diventare
maggioranza (lo puntualizzo perché la c.d. legge-truffa del 1953 dava il
premio a chi avesse già ottenuto il 50 % + 1, dunque era a mio giudizio
costituzionalmente legittima).

Lo si evince dal ruolo di garanzia dell’equilibrio del sistema affidato al
Presidente della Repubblica, che è eletto a maggioranza qualificata dal
parlamento integrato dai delegati regionali.

E’ palese che i padri costituenti con quel meccanismo intendevano far sì che
l’elezione del Presidente fosse frutto di una mediazione tra le forze
politiche diverse rappresentate in parlamento, e dunque garantisse un po’
tutti e non solo la sua parte.

Il problema gigantesco del porcellum – per lo più ignorato dai molti che si
stracciano le vesti sempre solo per il “parlamento dei nominati” - è quello
del premio di maggioranza, giacché tale premio non solo non prevede soglia
minima (perfino la fascistissima legge Acerbo richiedeva il raggiungimento
del 25 % ...), ma a costituzione invariata ha effetti di scasso del sistema.
Infatti, dando allo schieramento che prende un voto più dei concorrenti il
55 % dei deputati, predetermina in un colpo solo (salvo esiti anomali sul
Senato per via dei premi regionali), oltre alla maggioranza parlamentare,
anche la maggioranza dei "grandi elettori" che, dopo il terzo scrutinio (fin
lì servono i 2/3), elegge il Presidente della Repubblica.

Quando, come accadrà nel 2013, le elezioni politiche cadono subito prima
della scadenza del settennato, nulla al mondo potrebbe impedire ad uno
schieramento di chiedere il voto indicando che se vincerà porterà Tizio alla
guida del governo e Caio al Quirinale. Addirittura il ticket potrebbe
essere tranquillamente inserito nel simbolo elettorale della lista.

Quindi siamo in una situazione pericolosissima nella quale, con una sola
elezione chi-vince-prende-tutto si può realizzare de facto l’elezione
diretta del presidente della Repubblica senza che nessuno l’abbia deciso e
senza che nel sistema siano stati introdotti quei pesi e contrappesi che
caratterizzano i sistemi presidenziali o semi-presidenziali seri.

Detto questo, non mi sfugge il carattere di “trovata” della proposta di
Berlusconi.

Tuttavia, fossi nei leaders del centrosinistra – ammesso che ne esistano di
veri – mi porrei due alternative.

O riformare il porcellum adottando uno dei sistemi che funzionano meglio in
Europa: quello tedesco (che personalmente preferisco) oppure quello francese
del maggioritario a doppio turno.

O, se non c’è la garanzia di riformare il porcellum, meglio approfittare al
volo della trovata berlusconiana e fare la riforma istituzionale istituendo
il semi-presidenzialismo sul modello francese, che tra l’altro nonostante il
nome appartiene ai modelli parlamentari perché prevede il rapporto di
fiducia tra parlamento e governo.

Se deve esserci, de facto, l’elezione diretta del presidente, allora è
meglio che sia dichiarata, che vi sia un’elezione ad hoc e che l’intera
architettura istituzionale venga ridisegnata.

Tra la repubblica delle banane – e ci siamo già – e la Francia, è centomila
volte meglio la Francia !



Luciano Belli Paci

felice ha detto...

L'unuca riforma elettorale che si può fare in una setimana è l'eliminazione del premio di mggiranza e l'introduziinw delle preferenze( più difficilep erché le liste bliccate piacciono troppo ai dirigenti dei partiti per metterci i loro fedeli accoliti: unico criterio per la scelta.

felice ha detto...

Luciano individua il punto, che però salvo un ripensamento della Cassazione, ma
arriverà in tempo?, è stato blindato dai giudici ordinari, che malgrado
l'invito della Corte Costituzionale non le hanno rimesso la questione del
premio di maggioranza
senza quorum. La legge prevedee un giudizio sulla non manifesta infondatezza,
non che il giudice si sostituisca alla Corte nel merito, neppure se la
questione fosse già stata posta e decisa dalla Corte Costituzionale: se ujna
questione è andata in orte ed è stat<a dexisa è sicuramente non manifestamente
infondata. In astratto si potrebbero denunciire i giudici della Corte 'Appello
di Milano per usurpazione di funzioni di un corpo costituzionale. Spero che un
giorno si scoprirà cosa c'è dietro a queste sentenze. Un dato è chiaro la sola
remissione alla Corte avrebbe azzerato i giochetti, che hanno come unico scopo
di votare col porcellum, anche col rischio di Grillo al 20%. In reealtà sono le
liste bloccate che piacciono, non penso che per evitre che grillo si prenda il
premio di maggioranza non pensino di fare una lista Maggioranaza Monti, due MM
a mio avviso significativi di una maggioranza di M..
Quando si mette mano ale modifiche della Costituzione tanto per placare il
popolo, ci si mette in un vicolo cieco. Se modifichi il numero dei parlamrntri
non puo utilizzare la legge vigente. I parlamentri sono diminuiti per ridurre i
costi della politica, come se i costi fossero solo e principalmente le
indennità.,Era meglio dimezazare le indennità con legge ordinaria se si voleva
far demagogia. Ora l'unica cosa che si può fare in fretta è mettere un quorum
per il premio di maggioranza del porcellum : per essere seri non dovrebbe
essere inferiore al 45%, ma sono convinto che sarà calcolato molto più in
bassso, ma abbastanza in alto da non farlo vincere a Grillo. Scusate come
ciliegina la nuova legge sul finanziamento delle campagne elettorali, presa
soyto la spinta di Lusi e Belsito privilegia in partiti già presenti nin
parlamento o che elggono almeno un parlamentare. La Corte Europea di Giustizia
e la Corte Costituzioanale tedesca hanno deltto che le provvidenze finanziarie
non posono impedire il sorgere di nuovi soggetti politici in grado di
concorrere. Mewntre prima alla Camera dovevi avere l'1% ora dovrai avere il 4%
per aver diritto al rimborso. Alla faccia! In Germania il paese che ha
inventato la clausola di sbarramento basta lo 0,5% e per di più se Ti presenti
soltano in alcune circoscrizioni Land si calcola su quello.