domenica 4 marzo 2012

Vittorio Melandri: Il PD cappuccino e la zuppetta di Scalfari

Il PD-Cappuccino e “la Repubblica” … alternativi .. ad un Partito della sinistra e alla “Repubblica dei cittadini”



L’immagine è pedestre, e l’autore, il “guru Eugenio Scalfari” se ne scusa, e subito spiega (la Repubblica 4 marzo 2012) che “l’ha usata per esser chiaro, … ma la sostanza è quella”.



L’immagine è quella del “PD- cappuccino”, “cappuccino” nel senso di miscela di caffé e latte, anche se Scalfari si è dimenticato di precisare, latte con schiuma, diversamente si dovrebbe parlare semplicemente di caffélatte e non di cappuccino. L’excusatio non petita di Scalfari, a mio parere rivela un retro pensiero inconscio destinato a non farlo dormire la notte, come deve essere successo a papà Bossi, che certamente vuole bene al figlio, come sicuramente Scalfari vuole bene alla sua creatura, ma altrettanto certamente, come Bossi è destinato a pentirsi di avere battezzato per l’eternità il figliuolo il “Trota”, ad occhio credo che Scalfari si pentirà di aver chiamato il suo PD, “Cappuccino”; d’ora in poi con la maiuscola, come d’obbligo per i nomi propri.



Il tema potrebbe apparire leggero e da volgersi al ridicolo, se non fosse invece tragico.



Personalmente mi rimanda anche alle parole di Corrado Augias, che giunto al termine della puntata della sua trasmissione “Le Storie”, titolata “Dove va l’Italia? E quali sono le riforme necessarie a rimettere il Paese in movimento?”, del I marzo scorso, in cui ha incontrato il costituzionalista Michele Ainis, se ne è uscito con questa frase:



“…dalla conversazione con il professor Ainis ricavo la sensazione anzi la certezza che i partiti, così necessari non sono tuttavia indispensabili, altre forme associative li sostituiranno.”



Questo convincimento espresso da Augias mi ha suggerito la seguente lettura dell’Art. 49 della nostra Costituzione:



“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”



Come si può facilmente cogliere, mi sono limitato a togliere dall’Art. 49 come è scritto in Costituzione, due parole, “in partiti”, e direi che il senso della volontà dei Costituenti pare proprio rimanere intatto.



Se è vero infatti che i partiti non sono indispensabili, lo sono senza ombra di dubbio i cittadini, che non a caso della sintassi dell’Art. 49 sono inequivocabilmente il soggetto.



Nel libro di Marco Damilano “Eutanasia di un Potere” leggo che lo storico Pietro Scoppola in un libro del 1991 dal titolo emblematico “La Repubblica dei partiti”, sosteneva che “il problema non è quello di far nascere una ‘seconda repubblica’, bensì quello molto più complesso del passaggio da una ‘repubblica dei partiti’ a una ‘repubblica dei cittadini’.

Ma non era questo sin dal 1948 lo spirito di tutta quanta la nostra Costituzione?, e se la mia non è una interpretazione sbagliata, non si dovrebbe più parlare di ‘crisi dei partiti’ ma di ‘degenerazione degli stessi’, che da decenni ormai, forse da subito dopo che la Costituzione è stata approvata, per rimanere poi l’incompiuta indicata da Calamandrei, invece di essere strumento nelle mani dei cittadini, invece di favorire l’accesso dei cittadini alla politica, si sono principalmente dedicati alla sopravvivenza del ceto politico che di volta in volta ne ha forzato la sala comando.



Oggi solo un ritorno al più limpido spirito costituente ci può salvare, altro che “grande riforma”, e forse è il caso anche di dire con insistenza, da tutte le tribune possibili, che noi cittadini non possiamo fare a meno della politica, e che se la nostra fiducia nei partiti che ci sono è scesa ad una “forchetta” compresa fra il 4 e l’8%, dobbiamo associarci in altro modo, ma non abbiamo alternativa, nel nostro interesse dobbiamo contribuire a determinare una politica nazionale che finalmente edifichi anche in Italia una “Repubblica dei cittadini”.



Certamente non aiuta l’impresa il fatto che donne e uomini che hanno ereditato anche senza merito, una tradizione gloriosa come quella socialista, la rinneghino anziché aggiornarla, e ne affidino la buona sorte anche a chi, “narcisisticamente innamorato” delle proprie idee, ormai non sa far di meglio che affogarla in un “Cappuccino”.



Nanni Loy che con un cappuccino vero faceva “zuppetta”, proponendo satira nel modo giusto, probabilmente si rivolta nella tomba; non resta che sperare che l’uso maldestro della satira praticata da Scalfari, possa per eterogenesi dei fini, produrre un sussulto di dignità, almeno in una parte degli aderenti al PD cui spetta in sorte, non solo di morire “neodemocristiani”, ma anche di vedersi iscrivere sulla lapide …. “qui giace un cappuccino”.



Vittorio Melandri

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