L’obliquità e la doppiezza di D’Alema
giovedì 9 febbraio 2012, 16.09.07 | Giuseppe Giudice
L’obliquità e la doppiezza di D’Alema
Gli interventi che D’Alema ha fatto sul socialismo europeo contengono pari pari tutti quegli elementi di ambiguità e di doppiezza ideologica che poi hanno portato al fallimento (o meglio all’aborto) della Cosa 2. Insomma per D’Alema il socialismo di per sé è incompleto ed ha bisogno di allargarsi e di fondersi con non meglio precisate altre esperienze progressiste. Quando poi precisa meglio la definizione di questo progressismo lo colloca, non in Europa, ma ai tropici : il Partito del Congresso Indiano ed il PT Brasiliano.
A parte il fatto che il PT brasiliano (non aderisce alla IS ma ne è osservatore) si definisce statutariamente un partito del socialismo democratico. In Brasile in realtà ci sono tre partiti socialisti: il PT, il PDT (demo-laburista, in parte confluito nel PT – l’attuale presidentessa Roussef di lì proviene) ed il PSB (partito socialista brasiliano). Il PDT ed il PSB aderiscono alla IS . Il PT ha il 17% dei voti, il PDT il 5 ed il PSB il 6. Insieme arrivano intorno al 28%.
Sulla presunta incompletezza del socialismo potrei rispondere che qualsiasi cultura politica è incompleta. Se ce ne fosse una che riassume il sapere assoluto ne avrei sincero timore. Ogni movimento politico rappresenta un punto di vista che non può essere totalizzante (addio dialettica democratica conflittuale!). Così come è evidente che ogni partito ha bisogno di costruire alleanze. Ma lo può fare in quanto non perde la sua autonomia politica e di rappresentanza sociale.
La società capitalistica è di per se una realtà segnata dall’antagonismo strutturale. Lo aveva capito Ricardo prima ancora di Marx. Proprio per il fatto di essere fondato sulla accumulazione e la produzione per la produzione, il capitalismo produce continui squilibri che a loro volta generano antagonismi. Che sono necessari a bilanciare la forza disgregante, sul piano sociale, del capitalismo stesso.
La funzione del socialismo democratico è stata sempre quella di trasferire su un piano democratico e socialmente costruttivo questo antagonismo strutturale, affinchè esso fosse motore di un processo di trasformazione sociale nel pieno sviluppo della democrazia e della libertà.
Qui sta la ragione della autonomia della posizione socialista, che non rifiuta alleanze (anzi le ricerca) ma senza abdicare alla sua missione permanente (Bad Godesberg).
La posizione di D’Alema è un po’ “annacquatutto”. E non perché vuole includere il partito del Congresso Indiano. Ma semplicemente perché vuole nascondere il sostanziale fallimento del progetto del PD. Il polo progressista europeo serve ad un PD che non debba fare alcuna autocritica e serve un PSE che “si allei” con il PD , non che lo assorba.
E si capisce. Per D’Alema, Reichlin, Vacca il PD è in certo qual modo la prosecuzione del togliattismo con altri mezzi. Di quel disegno nazional-popolare che è in continuità con l’asse Cavour-De SAntis-Labriola-Gramsci. E non è un caso che D’Alema è uno di quelli che ha sempre disconosciuto la importanza della cultura socialista nella sinistra italiana. A differenza di Piero Fassino, ad esempio. Insomma con D’Alema non si va verso il PSE ma si ritorna al provincialismo di un certo PCI.
E del resto non tutto il PCI si può riassumere dentro lo schema togliattiano. I compagni comunisti della CGIL avevano una altra cultura politica, molto più aderente ai filoni centrali della socialdemocrazia. Di Vittorio, Lama, Trentin ne sono un esempio. Soprattutto Trentin con la sua ricchissima elaborazione culturale.
Perciò io dico ai compagni Orfini, Fassina, Orlando: va benissimo la vostra azione volta a costruire una area “socialdemocratica” dentro il PD. Ma senza le obliquità dalemiane. Con D’Alema si va in direzione affatto diversa da quella socialdemocratica. E non si può costruire una socialdemocrazia mantenendo il silenzio sul riscatto dell’autonomismo socialista indispensabile se si vuol fare un partito del socialismo europeo. Così come è necessario evidenziare i limiti strutturali su cui è nato e si è sviluppato il PD.
Ma oltre ai fatti ideologici, il dalemismo è stato un forte elemento di corruzione della politica. Al di là della stessa volontà di D’Alema. Un partito di ispirazione socialista non lo si potrà certo costruire con le maleodoranti carcasse dalemiane feudatarie nel Sud. Come non lo si può costruire con le carcasse post-craxiane, alla Nencini.
PEPPE GIUDICE
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