domenica 19 febbraio 2012

Peppe Giudice: L'inesistente DNA del PD

L’inesistente DNA del PD.


pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno domenica 19 febbraio 2012 alle ore 1.08 ·
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L’inesistente DNA del PD







In questi ultimi giorni il PD è stato oggetto di contese che poi alla fine in un certo qual modo rilanciano la mai sopita “questione socialista”

La sola ipotesi che circolasse un qualche documento dei “giovani turchi” che rivendicava in qualche modo il legame stretto tra PD e socialismo europeo, ha fatto iniziare a prudere il sedere a qualche democristiano (Castagnetti e Marini), alla pasionaria giustizialista Rosy Bindi ma soprattutto al grande simulacro del giornalismo falsamente progressista: Eugenio Scalfari che in nome del suo liberalismo neo-azionista (magari ex monarchico) ha lanciato strali contro la pretesa di stravolgere in senso socialista l’identità del PD. Vi sono state poi sia una interessante puntualizzazione di Emanuele Macaluso che un pesante e bizantino intervento di Alfredo Reichlin il quale riprende temi cari a D’Alema sul progressismo che ingloba il socialismo; peccato che non si sappia indicare quali siano in Europa gli eventuali progressisti inglobatori. Infine Stefano Fassina è dovuto intervenire con un tono fortemente “giustificatorio” che però nella sostanza non rinnega la propria posizione.

E comunque se a distanza di quasi cinque anni ci si interroga sulla identità di un partito vuol dire che ad esso manca completamente un DNA.

Un po’ come tutti i partiti della II Repubblica del resto.

Insomma l’identità del PD nasce da fatti estemporanei ed artificiosi:

1) Dare un partito ad un premier senza partito: Prodi

2) Voler imporre uno schema bipartitico artificiale ed estraneo alla storia politica italiana (Veltroni)



I partiti europei (e non solo) nascono da eventi storici corposi e complessi. Il socialismo dalla nascita del movimento operaio; il comunismo da una scissione del socialismo dopo la Rivoluzione Russa; il liberalismo ha addirittura le sue radici nel 700 contro l’assolutismo. Gli stessi populismi latino-americani, il “Getulismo” brasiliano, ed il peronismo argentino dalla esigenza di dare una identità a nazioni caratterizzata da forte immigrazione e dall’integrazione di questa con il paese coloniale preesistente. I partiti democristiani per contrastare socialismo e liberalismo.

Ed il PD? Per dare un partito a Prodi…..Forza Italia per rappresentare direttamente in parlamento gli interessi di una potente lobby economica, Di Pietro come espressione del canagliume giustizialista e qualunquista. Forse solo Casini è in qualche modo rappresentante di una tradizione politica europea. Dato che Rifondazione difficilmente può essere collegata al comunismo del 900.

Di Nencini non parlo dato che è assessore esterno in quota PD.

Il grande e gravoso problema dell’Italia è quello di ricostruire completamente un sistema politico fondato su culture politiche omogenee all’Europa, con soggetti collettivi che sappiano ripristinare i primato della politica con autorevolezza. Il tutto all’interno di una gravissima crisi del capitalismo e dall’impegno di uscire da essa da sinistra. E’ un compito che fa tremare i polsi.

Sinceramente non credo che il PD sia in grado di assolvere a tali compiti, anzi.

E’ un partito che sta stabilmente sul 28% delle intenzioni di voto. Ma credo che sia frutto di rassegnazione piuttosto che di convinzione.

E’ un partito che ha governato malissimo nel Sud: il crollo in Campania e Calabria lo testimonia. Pieno di notabili in cui l’arroganza si coniuga spesso all’ignoranza. E che pertanto è soggetto a forti degenerazioni sul piano morale. In cui il rampantismo è di casa. Così come gli scontri improntati al personalismo. Genova è un esempio evidente. A Taranto il PD appoggia il candidato di SeL perché non è in grado di esprimere nessuno.

Al di là delle percentuali virtuali ci troviamo con un partito senza identità che in molte realtà locali è in dissoluzione, in preda ad enorme confusione.

E però (pur essendo stato sin dall’inizio un avversario del progetto PD) non mi auguro certo una pura e semplice implosione del PD. Sia perché una implosione non governata non farebbe altro che disperdere una vasta area di elettorato progressista. E sinceramente non credo proprio che SeL, che pure svolge una funzione essenziale, sia in grado di intercettare l’elettorato in uscita. A SEL mancano ancora identità e radicamento.

Per questa ragione guardo con interesse a ciò che di positivo si muove nel PD. Dal gruppo Fassina-Orfini a quello Ghezzi-Damiano-Epifani.

Vale a dire a coloro che si pongono il problema della presenza di una forza laburista in Italia, in linea con il PSF e la SPD, e quindi della costruzione su basi maggioritarie di una alternativa al modello liberista nel senso del socialismo democratico.

Ma per avere forza tale area del PD (in questo condivido quello che dice il caro compagno Giulio Cerchi) deve strutturarsi politicamente ed organizzativamente , non può svolgere solo un ruolo di testimonianza. Ed aiuterebbe molto coloro che in SeL si battono per evitare pericolose contaminazioni od infezioni con Di Pietro o Emiliano.

Il rischio reale oggi per il PD è che si trasformi l’attuale maggioranza estemporanea attorno a Monti in una maggioranza politica valida anche per la prossima legislatura. E’ quello che vogliono i Veltroni, i Letta, i Boccia. Un “governassimo” con il crisma della Merkel e di politiche conservatrici e neoliberiste. A cui si contrapporrebbe l’Italia dell’antipolitica, delle liste civiche nazionali, degli Emiliano, De Magistris, e perché no, dei Celentano!

E’ inutile sottolineare il disastro che si produrrebbe. Con una eventuale III Repubblica in preda ad una nuova transizione infinita ed un paese alla deriva.

Per questo è vitale che il PD assuma piena autonomia politica dal governo Monti pur nella necessità di sostenerlo fino al 2013. Ma è proprio su questa idea di autonomia che probabilmente si aprirà lo scontro interno al PD. Ed è uno scontro da cui il partito non ne uscirà nel modo in cui è entrato.

Il tema dei cattolici è un falso problema.

Intanto bisogna distinguere nettamente i cattolici progressisti dai democristiani. La DC ha svolto una funzione in Italia finchè c’è stata la guerra fredda. Era un partito che aveva il suo collante nell’anticomunismo. Emilio Colombo e Donat Cattin erano entrambi anticomunisti, per il resto non c’era nessun punto che li unificasse. Una funzione resa più netta dal fatto che il PSI dal 1948 al 1956 si rese subalterno al PCI ed a Mosca.

Negli altri paesi europei i cattolici ed i cristiani progressisti (soprattutto dopo Bad Godesberg) si sono collocati tutti nei partiti socialisti e socialdemocratici.

E del resto già negli anni 70 iniziò ad entrare in crisi il concetto di unità politica dei cattolici. Distinguere quindi questione cattolica da questione democristiana è essenziale. I cristiano-democratici in Europa sono nel PPE e rappresentano la destra moderata. I cristiano-sociali stanno nel PSE. Voler ancora tenere aperta la questione democristiana in Italia è indice del voler far permanere la anomalia italica rispetto all’Europa.

Se i compagni e gli amici della sinistra PD vorranno dare battaglia nel partito su questi temi, renderanno un grande servizio alla causa della ricostruzione della sinistra. Se la annacqueranno avranno difficoltà ad essere riconosciuti come credibili.

Il compagno Paolo Borioni diceva che oggi l’interlocutore della CGIL è il PD. E’ vero. Un sindacato non può fare opera di testimonianza, deve ottenere dei risultati tangibili per i suoi iscritti. Non dialogare con il PD significherebbe isolarsi. SeL non è presente in parlamento e certo la Camusso non dialoga con il canagliume dipietrista. Ma credo che la Camusso e gli altri compagni della CGIL preferirebbero qualcosa di un po’ meglio del PD attuale. Soprattutto nella ipotesi sciagurata di un “governissimo”. A quel punto la CGIL dovrebbe costruirsi un interlocutore politico.

Vedete, la uscita di Berlusconi di scena potrebbe avere delle conseguenze anche sulla struttura del potere mediatico. La lobby di Scalfari-DE Benedetti punta ad uscirne rafforzata. Essa ha comunque fortemente condizionato il centrosinistra della II Repubblica.

E certo vorrà svolgere un ruolo di primo piano anche oltre.

Repubblica ed il Fatto sono i due lati della sua possibile azione. Da un lato sostenere la bontà del governissimo e dall’altro appoggiare l’antipolitica di possibili liste civiche. Santoro-Travaglio-il Fatto quale eventuale trio di un fascismo postmoderno.

Il problema che si porrà per chi ha interesse a costruire una sinistra di governo di ispirazione socialista sarà quella di garantirsi l’autonomia rispetto ai poteri forti.



PEPPE GIUDICE

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