martedì 21 ottobre 2008

ciao vittorio

E' morto Vittorio Foa, aveva 98 anni

Foa � stato un politico e giornalista esponente della sinistra



La notizia diffusa da Walter Veltroni. Nato a Torino, era un simbolo della sinistra e fu anche imprigionato per le sue posizioni antifasciste
ROMA
� morto Vittorio Foa, uno dei grandi padri della sinistra italiana. Nato a Torino il 18 settembre del 1910, fu imprigionato per oltre otto anni per antifascismo. Dopo la Resistenza � stato deputato alla Costituente per il Partito d�azione. Dirigente della Cgil, � stato parlamentare socialista e poi senatore del Pds.

La notizia della morte di Vittorio Foa a Formia � stata data, d�intesa con la famiglia, dal segretario del Partito democratico Walter Veltroni. �� un immenso dolore per noi, per il popolo italiano, � un immenso dolore per gli italiani che credono nei valori di democrazia e libert�, per l�Italia che lavora, per il sindacato a cui Vittorio Foa ha dedicato la parte pi� importante della sua vita�, ha dichiarato Veltroni in una nota. �� un dolore per me personalmente perch� Vittorio Foa incarnava ai miei occhi il modello del militante della democrazia, un uomo con una meravigliosa storia di sofferenza, di lotta e di speranza, un uomo della sinistra e della democrazia, mosso da un ottimismo contagioso e da un elevatissimo disinteresse personale�, ha sottolineato ancora. �A Sesa, ai figli ci stringiamo con affetto. Penso che tutto il paese senta Vittorio Foa come uno dei suoi figli migliori�, ha concluso il segretario del Pd.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Scirocco, grazie.
Dall'ospedale pediatrico Meyer di Firenze , ho sentito un pochino, xche' si lavora duro, la bella commemorazione di Marino Sinibaldi a Farheneit Radio3.
Onore a Foa.

Anonimo ha detto...


aggiungo al messaggio di ferrato, tra le tante cose di foa che si potrebbero ricordare, un suo motto che mi sembra molto attuale: "è di sinistra chi pensa al domani più che all'oggi, agli altri più che a se stesso".
Penso che dovremmo ricordarlo degnamente anche a Milano e spero che Andrea Ricciardi, che ci legge e che gli è stato molto vicino negli ultimi tempi, potrà darci una mano

Anonimo ha detto...

"Mi è stato chiesto un augurio, anche solo un consiglio. Lo do: è di stare svegli, non abbandonarsi ai sogni. So il valore del mito, so come riesce a dare luce alla vita, anche a farcela capire. Ma non devo accettarlo come autorità che trascende la mia scelta. Può accompagnare la vita, non deve determinarla. Quando scegli non devi sognare, tu sei responsabile".
Sono le ultime parole di "Questo Novecento".
P.M.

Anonimo ha detto...

Da poco più
di tre ore è scomparso Vittorio Foa, a cui ero
personalmente molto
legato. Non so se si possa considerare uno
storico,
anche se ha
insegnato all'università, certamente era una
persona
che ha fatto,
concretamente, parti importanti di quella storia
che alcuni di
noi
tentano di studiare e ricostruire. L'ha fatta da
antifascista,
trascorrendo otto anni e mezzo in carcere, l'ha fatta
durante la
Resistenza e nella Costituente, nel Partito d'Azione, nel
PSI e
nella
CGIL, Ha espresso valori alti di libertà e democrazia nel
corso di una
vita vissuta senza risparmiarsi e, anche in questi ultimi
giorni, ha
combattuto con coraggio. Generoso e sempre disponibile al
dialogo e
all’approfondimento, è stato per molte persone un punto di
riferimento
costante fino all’ultimo. Mi sento un privilegiato per
averlo
frequentato assiduamente negli ultimi dieci anni della sua vita
e aver
coltivato con lui un rapporto di profonda amicizia e di lavoro,
sempre
stimolante e ricco di nuovi spunti. Il vuoto che lascia è
davvero
enorme e incolmabile, è un vuoto culturale, intellettivo,
emotivo.
Andrea Ricciardi

Anonimo ha detto...

E' morto uno dei nostri padri. Lo ricordo per la serenità di fondo con la quale era uso ad affrontare tutte le incombenze che la vita consegnava, ai singoli individui come ai grandi gruppi.
Una sorta di ottimismo della volontà lo animava, da testimone del Novecento qual è stato fino all'ultimo secondo della sua esistenza. Ci mancherà soprattutto per la sua disponibilità d'animo a continuare a capire e a sostenere che alla radice dell'uomo c'è l'uomo medesimo.
Claudio Vercelli

Anonimo ha detto...

In ricordo di Vittorio Foa, Mondi e Politiche ripropone alcuni passi di una sua bellissima intervista del 25 aprile 2001.
Un esempio di memoria capace di superare se stessa senza tradire i fatti e la verità, un invito ai giovani perché la festa del 25 aprile sia sempre vissuta nella libertà, non nella ritualità.

E soprattutto una frase molto bella, valida ogni giorno, ogni giorno di più; alla domanda "che cosa le piacerebbe sentire in questo giorno?" Vittorio Foa risponde:
"Mi piacerebbe ascoltare delle parole di verità. La verità. Ognuno deve esprimere la propria posizione personale. Ma non raccontino bugie, non ne posso più di certe palle clamorose. Le idee politiche non devono essere costringenti. Voglio delle idee libere. Dicano la verità, per favore".


Francesco Maria Mariotti
http://mondiepolitiche.ilcannocchiale.it/

Anonimo ha detto...

era un grande.E sono onorato di averlo votato, alla Camera, nel PSI di tanti anni fa. Quando ai congressi dibattevano lui e Lombardi, e ricordo una volta che parlavano uno dopo l'altro e quello che parlava dopo mentre andava alla tribuna ha stracciato la scaletta che si era preparato prima...

Anonimo ha detto...

Bene ripensiamo al nostro passato ma ... attenzione al torcicollo!
Mi sembra che abbiamo bisogno di riprendere una azione "pedagogica" verso noi stessi prima e verso il popolo poi; una volta si sarebbe detto: " riprendere il rapporto con le masse" (che nel frattempo si sono un po' frammentate.

Sergio Tremolada

Anonimo ha detto...

Caro compagno Vittorio,

non Ti ho conosciuto da vicino nel senso di avere con Te diviso il pane, ma la Tua azione mi ha sempre suscitato un sentimento di ammirazione e rispetto.

Quello che mi è piaciuto sempre di Te è il rigore e la scelta di campo, in poche parole essere socialista coerente e conseguente: ce ne sono troppo pochi rispetto al necessario.

Rispetto ed ammirazione non comportano condivisione delle Tue scelte politiche a partire dalla scissione della PSIUP.

Sono convinto che le due scissioni che hanno travagliato il PSI di Palazzo Barberini e quella del PSIUP hanno avuto effetti nefasti per la creazione in Italia di una forza egemone della sinistra dello stampo dei partiti socialisti, socialdemocratici o laburisti del resto d’Europa.

La mancanza di questa forza spiega il fatto che abbiamo la sinistra più debole d’Europa e, in ogni caso, anche quando la somma di PSI e PCI aveva ben altra consistenza, era una sinistra che non aveva la possibilità di governare il paese con un suo programma e con un proprio leader.

Saragat nel Partito ne avrebbe impedito la subordinazione frontista ed i compagni come Tu e Basso le degenerazioni centriste e moderate.

Ripensandoci, uno strano destino il mio, di socialista riformista (cotè intransigente) che - se deve rivendicare delle ascendenze ideologiche, le rinviene in Kautsky e nell’austromarxismo - ha avuto come punti di riferimento, oltre che Te, Pietro Nenni, Lelio Basso, Riccardo Lombardi e Fernando Santi, per rimanere in Italia.

Come non ho condiviso la scelta dello PSIUP, sono rimasto sconcertato dalla moderazione con la quale hai accolto lo scioglimento dei DS nel calderone del PD.

Forse è vero, che, anche questa volta, pensavi al futuro e non alle miserie del presente.

Con Te scompare l’ultimo dei compagni d’antan. Per non rendere il vuoto incolmabile, dobbiamo impegnarci verso i giovani, come Tu sei sempre stato capace.

I valori, come il coraggio di Don Abbondio, non li si possono dare a chi non li ha. Possiamo, però, suscitare interesse e curiosità a cercarli.

Il punto di partenza, come Tu ci hai insegnato, è semplice: pensare agli altri nel futuro.

Questa proiezione in avanti appartiene alla tradizione iconografica socialista: si aspettava che sorgesse il sole dell’avvenire. Pierre Mauroy definiva i socialisti eredi dell’avvenire. Dovremmo cessare, come sinistra tutta, di dilapidare, insieme con quello ereditato dal passato, anche il patrimonio futuro.

Nella nostalgia, la sensazione è ancora più chiara nella corrispondente parola tedesca “Sehnsucht”, non ci si rivolge al passato che è stato, ma a quello che avrebbe potuto essere.

Per questo possiamo intendere il Socialismo come nostalgia del futuro: ci sarà, noi non sappiamo esattamente come né quando, ma sappiamo come potrebbe essere un mondo più libero e più giusto. Poiché ce lo siamo immaginato, ne abbiamo nostalgia.

Felice Besostri

Anonimo ha detto...

Dedicato al ricordo di Vittorio Foa, e proposto, vuoi mai vedere, ai tantissimi farisei, quelli che tirandolo per la giacchetta ciascuno dalla propria parte, mai e poi mai hanno dichiarato di essere portatori di una qualche responsabilità, nemmeno di quella minima di mentire sapendo di mentire, quando sproloquiano di differenze ormai inesistenti, e addirittura di morte, di destra e sinistra.



“Vi sono dei mali che già oggi sono troppo grandi rispetto alla povertà dei nostri mezzi di intervento. Sono malattie sociali, economiche, morali ….: la malavita organizzata, l’inquinamento urbano e quello planetario, il divario Nord-Sud. Sappiamo che esse sono destinate a crescere nel tempo se non le curiamo drasticamente ….. Noi ne portiamo fin d’ora la responsabilità. … Forse oggi la differenza fra destra e sinistra è fra chi vuole massimizzare il vantaggio adesso e chi pensa al futuro. Naturalmente al futuro dell’umanità e della natura dove vivrà l’umanità.”



Vittorio Foa (ne, “Il Cavallo e la Torre” - Luglio 1991)

Anonimo ha detto...

Il presente e gli assenti -

di Vittorio Foa

Vorrei porre il problema del rapporto fra l’esigenza di provvedere ai bisogni in atto e quella di pensare contemporaneamente alle necessità degli altri, cioè del rapporto, nel tempo, fra presente e futuro, fra presenti e assenti, e assenti che sono poi anche lontani. Questo è un nodo della modernità sul quale è importante che la sinistra prenda posizione. Non può essere né la spasmodica difesa del presente, come spesso è, né l’accettazione passiva di quella che viene interpretata come la tendenza storica prevalente: la storia giustifica tutto, quindi facciamo quello che la storia ci detta. La sinistra, che per sua natura è sempre legata alla sofferenza degli uomini, quando c’è un processo di trasformazione rapida, è immediatamente portata a difendere, a conservare. La destra, che è meno sensibile alle sofferenze umane, è molto più disposta a obbedire alla storia, a ossequiare la storia. Il non dare retta alla storia è un po’ il compito della sinistra: accettare la storia ma non darle retta, prendervi posto ma senza esserne schiavi. Questo vuol dire affrontare una serie di problemi che riguardano il lavoro, l’educazione, la formazione, il rapporto fra le istituzioni e i cittadini in un fase di cambiamento. […]
Fra poco i nostri mercati saranno invasi dai prodotti a basso costo di paesi del terzo mondo; e, se non entreranno i prodotti, entreranno gli uomini che li hanno prodotti o potevano produrli. Quanto all’integrazione europea, finora sappiamo soltanto che il meccanismo monetario non ha funzionato e che, per farlo funzionare, occorrono altri meccanismi di regolazione, compensazione e promozione.
Ci serve una cultura dell’immigrazione che oggi non esiste ancora. Si tratta di una questione particolarmente grave. I problemi dell’immigrazione, se li osserviamo da vicino, sono i problemi della sua distribuzione: l’immigrazione è concentrata in determinati luoghi, non è diffusa, e le parti più a disagio per le novità create dall’immigrazione sono le parti socialmente più esposte, il che genera un accumulo di sofferenza. Le parti organicamente più forti sono fuori da questo giuoco, anzi, ne utilizzano il meccanismo a loro vantaggio. […]
I percorsi sono due, uno di carattere culturale e l’altro di carattere istituzionale. Sul piano della cultura bisogna uscire dalla mentalità di “sinistra del produttore”, sottoporre a critica questa mentalità e pensare non più al produttore ma al destinatario del prodotto, del servizio, come protagonista della dinamica sociale. Sul piano istituzionale si potrebbero proporre degli organismi che assumano esplicitamente la doppia necessità rivelandola, senza pensare che la soluzione che si propone nell’immediato sia “la soluzione”.
[tratto da Le virtù della Repubblica, 1994]