Dal sito di SD
Sinistra al lavoro.L'autunno è arrivato
di Titti Di Salvo
Gio, 17/09/2009 - 06:48
Nell’Italia dei più bassi salari dei paesi industrializzati, l’estate è trascorsa tra lo squallore dei resoconti delle gesta del premier, il clamore degli annunci della Lega sulle gabbie salariali,
la certezza della riduzione della capacità produttiva del paese, l’incertezza per il futuro di tante persone con un posto di lavoro a rischio.Oggi l’autunno è alle porte.
Alla discussione accademica sul superamento parziale, rettilineo, a curva della crisi fanno da sfondo (è già questo dice di un paese in cui la realtà materiale è sfondo e non primo piano) le tante imprese che non hanno riaperto dopo la pausa estiva, l’esaurimento del tempo della cassa integrazione, l’elenco sempre più numeroso di lavoratrici e a lavoratori sulla soglia della perdita del posto, l’invisibilità delle ragazze e dei ragazzi precari che il lavoro l’hanno già perso.
Sono tre le riflessioni possibili di fronte a un tale iato.
L’emergenza democratica
Quando in un paese la caduta totale di autorevolezza e credibilità di chi governa si accompagna agli effetti sociali della crisi economica, e chi governa inveisce contro il “culturame”; sceglie le “ronde”come risposta alla fragilità delle persone cedendo alle barbarie di una forza politica; indica i giornali come covi di pericolosi sovversivi; attacca la Chiesa e poi la blandisce offrendo in cambio disposizioni prescrittive su come morire; vive il sindacato come un intralcio, siamo di fronte ad una torsione autoritaria che mina gli spazi di libertà individuali e collettivi: è aperta cioè una grande questione democratica.
Quando lavoratori scelgono forme estreme di richiesta di attenzione per difendere il proprio posto di lavoro, uscire dal cono d’ombra e dalla residualità di una società che ha altre gerarchie valoriali, siamo egualmente di fronte ad una grande questione democratica: l’assenza di voce e dunque di rappresentanza politica del lavoro. E’ questa assenza di rappresentanza che amplifica l’emergenza della crisi e nega speranza.
E’questo il banco di prova per la credibilità della proposta politica di Sinistra e Libertà
L’emergenza sociale
E’ Confindustria a dare le cifre della perdita dei posti di lavoro in Italia. 700.000 entro la fine dell’anno. 700.000 persone che hanno perduto o stanno per perdere il lavoro svolto spesso in aziende manifatturiere in crisi.
Alcune di loro hanno avuto per 52 settimane la cassa integrazione con un reddito dunque ridotto da mesi, altre nulla .
Alcune godranno più o meno per altrettanto tempo della indennità di disoccupazione, altre nulla. Da tempo il governatore della Banca d’Italia ha quantificato in 1milione e 600.000 le persone prive di qualunque rete di protezione e rimaste tali anche dopo le diverse misure anti-crisi del governo (un governo che ha varato misure sempre insufficienti, spesso sbagliate e dunque complessivamente inadeguate e inefficaci).
Ma succede anche che la crisi sia occasione e alibi per scelte di riduzione produttiva o chiusura per imprese sane non in difficoltà (la INNSE)
I dati annunciati da Confindustria poi, non comprendono il licenziamento “attivo”che incredibilmente il governo, datore di lavoro pubblico, ha deciso di praticare nella scuola e più in generale nel pubblico impiego attraverso il mancato rinnovo dei contratti “precari”, indebolendo in questo modo qualità e quantità dei servizi pubblici.
Vengono così accompagnate e praticate quelle “riforme” dello Stato sociale, annunciate nel Libro bianco del Ministro Sacconi all’insegna della “personalizzazione “dei servizi: un modo per nominare la fine dell’universalità dei diritti sociali, dalla scuola alla sanità.
Dunque siamo in una situazione drammatica dal punto di vista sociale come risultato della somma della perdita dei posti di lavoro e dunque del reddito per circa un milione di persone, in un paese in cui i salari sono ai livelli “imbarazzanti” mostrati dalle classifiche europee; circa il 70% dei pensionati ha una pensione inferiore ai mille euro e i rapporti di lavoro precari,privi di diritti e pieni di abusi, sono la via maestra rimasta per l’occupazione delle ragazze e dei ragazzi.
(Come dimenticare che il primo atto del Ministro Sacconi appena insediato è stata l’abrogazione della nostra legge,la legge188 che avevamo voluto per impedire i licenziamenti mascherati da dimissioni volontarie?)
In un paese poi, è sempre bene ricordare,in cui negli ultimi 15 anni è avvenuto un gigantesco spostamento della ricchezza a favore di rendite e profitti e dunque a scapito del lavoro (attraverso fisco,riduzione dei servizi,mancata redistribuzione della ricchezza prodotta) fino a determinare un indice di Gini –misuratore delle diseguaglianze- che fa dell’Italia il paese al 6 posto della classifica dei paesi più diseguali.
Certo la crisi che investe il sistema produttivo italiano oggi si aggiunge a problemi strutturali antichi..Se dunque le soluzioni da immaginare devono partire dalla risoluzione dei nodi, (modello di specializzazione,assenza di investimenti in innovazione e ricerca,scuola e università) l’emergenza deve essere affrontata avendo ben presente che non saranno locomotive tedesche o francesi, investite dalla stessa crisi globale, a trainare la ripresa della produzione italiana.
C’è dunque un problema di equità e di democrazia sostanziale che ha risvolti economici significativi: per trainare qui e ora la ripresa bisogna aumentare il reddito a disposizione delle persone che lavorano per sostenere la domanda interna e i consumi.
Come?
In primo luogo salvando i posti di lavoro: no ai licenziamenti che vuol dire aumentare le settimane di utilizzo della cassa integrazione ed estendere gli ammortizzatori sociali a chi ne è sprovvisto, anche alle lavoratrici e ai lavoratori precari.
In secondo luogo aumentando salari e pensioni, destinando a questo fine risorse per ridurre loro le tasse (altro che il condono fiscale in forma di scudo fiscale dell’ultimo decreto anticrisi).
Dove si possono trovare le risorse per finanziare una maggiore equità che è anche volano di ripresa?
Attraverso la tassazione delle rendite finanziarie; la lotta all’evasione fiscale; utilizzando le risorse che provengono dalla minore spesa per interessi sul debito che il paese si trova a pagare in questa fase di abbassamento dei tassi; rimettendo l’ICI sulle case di lusso, con equità dunque. E lungimiranza.
La commissione di alto livello insediata dal Presidente francese e presieduta da Stiglitz, premio Nobel dell’economia, ha mostrato al mondo come la diseguaglianza, tra i paesi ricchi e i paesi poveri, e dentro i singoli paesi, è causa strutturale della crisi. Detto diversamente superare le diseguaglianze è una ricetta contro la crisi, per un diverso modello civico e economico.
A me parrebbe anche il cuore, la ragione il senso del progetto politico di “Sinistra e Libertà: la sua proposta da avanzare al centro-sinistra per ricostruire l’alternativa politica.
E poi rinnovando i contratti.
Sarebbe sbagliato un ragionamento che guardasse soltanto a risorse pubbliche per sostenere i redditi: le imprese hanno da fare la loro parte
In primo luogo riflettendo sul boomerang di una riforma della contrattazione voluta per l’esigenza, tutta politica, di mettere nell’angolo la CGIL, fino al paradosso mostrato dalla trattativa in corso per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici nella quale la piattaforma della Fiom il sindacato più rappresentativo, viene oscurata e respinta la sua proposta di buon senso di una soluzione ponte: subito gli aumenti contrattuali ai lavoratori e rinvio a tempi successivi dei temi sui quali vivono le differenze di giudizio tra le organizzazioni sindacali.
Il tempo della crisi dovrebbe essere il tempo in cui chi più ha responsabilità pubbliche più dovrebbe spendersi per tenere insieme: Confindustria e governo al contrario hanno cercato la rottura sindacale, convinti che fosse d’aiuto alla modifica delle relazioni industriali nel senso desiderato e soprattutto alla mutazione genetica del ruolo del sindacato nella società italiana.
D’altra parte è pur vero che è maturata tra le organizzazioni sindacali una diversa valutazione sul senso dell’azione sindacale nella fase attuale .Quando il ministro Sacconi apre la pagina della partecipazione agli utili (ma quali in tempo di crisi?) sa di evocare un tema caro alla Cisl, sceglie di percorrere strade che dividono e di cui francamente, nell’autunno caldo dell’Italia con imprese in chiusura, non si capisce l’urgenza, al di là di ogni altra considerazione.
Sinistra e Libertà impugni la bandiera della democrazia sindacale come contributo a questa discussione non banale: il diritto individuale delle persone a votare su piattaforme e accordi ha un valore democratico in sé,rafforza la democrazia italiana oggi sotto attacco e rappresenta una via possibile per riprendere i fili di un rapporto tra le organizzazioni sindacali.
Uguaglianza e diseguaglianza: destra e sinistra
La cultura politica che emerge nell’azione di governo, in realtà omogenea al di là dei distinguo del Presidente della Camera, è quella della Lega, sostenuta vivacemente dal Ministro del Tesoro (penso al saggio “La paura e la speranza”appunto di Tremonti).
E’ una cultura politica che utilizza a piena mani ideologie e fantasmi,canalizzando paure e incertezze della globalizzazione contro obiettivi diversi, dai migranti alle banche (che certo hanno ampie responsabilità), contro di essi organizzando comunità e coesione per territori,l’un contro l’altro armati.
La crisi in questa logica viene affrontata rivendicando per alcuni ed escludendo altri: le piccole patrie come sostituzione di antiche identità: in questa logica non è la condizione di lavoro che dà identità e produce solidarietà e consonanza ma l’appartenenza alla stesso luogo fisico. Il lavoratore è dunque più vicino al suo imprenditore dello stesso territorio che ad un altro lavoratore di un territorio diverso..)
Questo il senso delle gabbie salariali nel paese in cui Napoli è la seconda città più cara d’Italia, dello svuotamento del contratto nazionale, della nuova “personalizzazione “dei servizi pubblici del Libro Bianco, come epilogo dell’universalità dei diritti sociali.
Sinistra e Libertà impugni la bandiera dell’uguaglianza come volano di un nuovo modello ecologico economico e sociale: alla fine è cioè che distingue destra e sinistra (parafrasando Norberto Bobbio).
Un partito può essere laico, e non di sinistra.
Può essere “per bene”, sano moralmente dal punto dell’etica pubblica, e non di sinistra:
Può essere democratico, e non di sinistra.
Un partito di sinistra moderna deve essere laico, democratico, ecologista, femminista, popolare e soprattutto capace di coprire quel vuoto grande di rappresentanza del lavoro –che fa la differenza tra destra e sinistra-, pur se sono cambiate le forme in cui si realizza il lavoro e le domande delle persone che lavorano, ma che rimangono domande di senso, dignità, eguaglianza, le parole che nutrono un diverso modello economico e civico.
Se no, non è un partito di sinistra e Sinistra e Libertà non lo sarà, se non saprà misurarsi con le domande del paese e la sua realtà di oggi che è quella della crisi e del suo superamento facendo scelte, facendo politica: ora.
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