lunedì 21 settembre 2009

Sergio Ferrari: Un progetto socialista

Vorrei riprendere il discorso di Giudice perché penso che sia lungo quei ragionamenti che sia possibile declinare un progetto socialista e, risultato non marginale, fare uscire questo paese dal limbo della civiltà. E questo sia detto senza nessun atteggiamento snobistico verso gli impegni “organizzativi” senza i quali non andremo, comunque, da nessuna parte.
Rispetto alle tante osservazioni avanzate da Giudice verso le quali posso solo esprimere un modesto e positivo parere, vorrei riprendere alcun battute che non mi convincono: c’è la crisi capitalistica perché ci sono due ostacoli insormontabili: la finitezza delle risorse naturali e l’impossibilità di sviluppare il consumo individuale oltre certi limiti.
Si tratta di due aspetti in qualche misura fisici ma che nulla hanno a che vedere con la critica socialista al capitalismo che, nel’essenza, riguarda la natura alienante del lavoro, la distribuzione ineguale dei ruoli sociali. Movimenti sociali in nome di consumi eccessivi non ne ricordo e per quanto riguarda l’espansione dei consumi individuali mi sembra che si stiano incontrando, almeno a livello internazionale, più i limiti della domanda che dell’offerta. Non emetto giudizi di valore ma solo cerco di rappresentarmi la realtà per quella che è e non per quello che vorrei che fosse.
Ma, si dirà, la crisi ambientale esiste e sta sollevando preoccupazioni importanti e crescenti a livello diffuso e presso i governi. Lo stesso Obama ha dichiarato le sfida della rivoluzione verde cioè della sostituzione dei combustibili fossili con le fonti energetiche rinnovabili.
Questa rivoluzione viene alle volte rappresentata come il socialismo e, francamente faccio fatica a capire perché. A parte i problemi reali di cui non si parla – come quelli relativi ai cambiamenti degli equilibri mediorientali – sarebbe interessante capire perché una società è capitalistica se produce turbine ,scambiatori di calore, impianti di raffinazione del petrolio, ecc., mentre diventa socialista se produce le stesse turbine, gli stessi scambiatori di calore, le celle fotovoltaiche o simili . Per la verità società capitalistiche un pò più avvedute di quella italiana stanno già pensando ad occupare queste nuove capacità produttive. Solo il nostro capitalismo arretrato pensa a come comprare piuttosto che produrre questi prodotti.
Ma poi questo cambiamento di sistemi energetici nasce dalla crisi ambientale connessa ai mutamenti climatici o dall’esaurimento dei combustibili fossili?. O da tutte e due le cause come se, fortunatamente, l’una coincida con l’altra?. Mi permetto di ritenere che sia almeno preminente la preoccupazione ambientale che quindi avrebbe poco a che fare con l’esaurimento delle risorse naturali. Ma questa questione dell’esaurimento delle risorse naturali ha, come noto, una lunga storia se solo si vuol risalire a Malthus passando per il Rapporto sui limiti dello sviluppo. Attualmente va sotto il nome della teoria della decrescita. Avendo avuto occasione di criticare la razionalità e la qualità politica di tale teoria, non mi dilungo (V. S. Ferrari L’oscuro oggetto della bioeconomia - Scienza e Società, 5/6 2008).
Su una questione tuttavia mi sembra necessario avanzare una riflessione. La questione dell’esaurimento delle risorse naturali ha due aspetti :lo sviluppo della domanda e le tecnologie utilizzate per soddisfare questa domanda. Sugli aspetti della domanda rinvio a Riccardo Lombardi che già qualche decenni fa aveva parlato di questa questione. Invece di tante chiacchiere sarebbe bene riprendere il discorso da dove lo ha lascito una persona come, appunto, Riccardo Lombardi che certo non amava le chiacchiere. Sulla questione delle tecnologie i vari profeti sembrano incorrere incredibilmente sempre nello stesso errore di Malthus: ragionare a bocce ferme, come se la scienza e l’innovazione tecnologica non esistessero Errore che non farebbe certamente Lombardi e non fece nemmeno Keynes.
Che queste posizioni sui limiti delle risorse abbiano in se delle possibili letture certamente non socialiste ma che hanno riferimenti neoclassici è evidente Ma la fame nel mondo non deriva dall’esaurimento delle risorse naturali; le attuali tecnologie agroalimentari sono tali da poter produrre cibo per tutti e per altri ancora . Chiamare in causa i limiti dello sviluppo è un’ottima copertura per politiche reazionarie. E in linea generale invocare un cambiamento nella produzione perché ci sono limiti nelle disponibilità delle risorse o nei danni ambientali, non ha nulla di socialista dal momento che non si vede perché questi problemi non dovrebbe interessare ed essere affrontati anche da un sistema capitalistico che come tale non ama il suicidio e che come dice Ruffolo, ha i secoli contati. Cambiare la qualità della domanda –come indicava Lombardi – non può essere scambiato come una necessita materiale, come un dato fisico. Forse è necessario verificare se si esprime una critica al sistema capitalistico e quale è questa critica, altrimenti, forse, non saremmo in grado di parlare un linguaggio omogeneo: riprendo la sintesi formulata da un liberalsocialista come Sylos Labini: “ Il capitalismo è un sistema in evoluzione continua e può essere spinto da noi in una direzione o nell’altra. Il trionfo del lavoro gradevole significa la fine dell’alienazione, che ha costituito e tuttora costituisce la tara peggiore del capitalismo.” Siamo d’accordo?.
Sergio Ferrari

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