da Aprile
Elezioni tedesche e crisi del centrosinistra
Sergio Ferrari, 28 settembre 2009, 12:48
L'intervento I risultati elettorali tedeschi stanno provocando, come era prevedibile, una specie di autoanalisi critica nel nostro centrosinistra. Pur con deviazioni e tentativi vari di evitare l'ostacolo, il centro del ragionamento sembra consistere nella necessità di un cambiamento. Ma questa è solo una osservazione che sfiora la banalità
Cambiare cosa? Cambiare chi? In che direzione? E' a questo punto che compaiono i caveat, i timori ma anche le inadeguatezze che, per la verità non sono di oggi. Perché è significativo il fatto che molti si preoccupano di uno spostamento a sinistra del PD, che certamente non sarebbe senza conseguenze non solo nella strutturazione politica del Paese ma sulle stesse strategie del PD. E, d'altra parte, le perplessità emerse in Germania sui prezzi che la SPD avrebbe dovuto pagare, e ha pagato, per realizzare la grande alleanza - motivata infatti da necessità nazionali - va in parallelo con molte critiche al centrosinistra nostrano. Ma lo stesso si potrebbe affermare per la vicenda Blair in Gran Bretagna e in definitiva per quelle crisi del pseudo socialismo europeo che aveva perso la propria identità politica conservando a fatica e nei migliori dei casi, la manutenzione delle vecchie riforme del welfare di mezzo secolo fa. Ed ora si assiste ad affermazioni clamorose per la loro ovvietà: il mondo è cambiato; c'è la fine del fordismo, la globalizzazione avanza.....
Ma esaurite queste battute, riemerge la questione che, certamente ridotta all'osso, è molto semplice a dirsi: se gli spostamenti a destra non pagano allora ci si dovrebbe spostare a sinistra.... Ma qui rischia di cadere l'asino nel senso che non volendo arrivare a riscoprire un comunismo inesistente, dopo anni di confusione e di approssimazioni politico-culturali, non si sa nemmeno che cosa bisognerebbe fare per spostarsi in maniera accettabile a sinistra e gli interpreti rischiano di essere o di apparire come degli improvvisatori e peggio.
Inoltre nel caso italiano non c'è solo la crisi politica del centrosinistra, comune all'Europa, ma c'è una crisi economica e sociale specifica che ha avuto proprio in questo centro sinistra uno dei responsabili. Ed è una crisi che ci costa un punto di Pil in meno all'anno, una debolezza strutturale del nostro sistema produttivo, un rischio occupazionale pesante. Una volta si sarebbe fatta una bella svalutazione, tanto per campare ancora un po'. Aggiungiamo in questo nostro panorama, il degrado che ormai ha raggiunto la concezione e la gestione degli interessi pubblici. Oltre alla questione, certamente non marginale, dell'esistenza di un caso "Berlusconi".
Non ci rimangono che le scialuppe di salvataggio e il "si salvi chi può?" No, c'è un richiamo alla responsabilità, c'è una coscienza ancora non organizzata ma crescente; c'è il peso di una storia che in condizioni di emergenza ha un suo suolo; c'è una Europa che ci trattiene dal superare il baratro; ci sono nuclei sociali e culturali ancora operanti e disponibili; ci sono segnali - e anche qualcosa di più consistente - che tra i giovani e anche tra i meno giovani si stia riscoprendo il valore dei principi.
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