Da L'Altro
Fallisce l'assalto a Vendola
Politica
di Andrea Colombo
Dopo mesi di allusioni e pettegolezzi tutt'altro che innocenti, la pubblicazione sul Corriere della Sera dei verbali degli interrogatori di Giampaolo Tarantini, industriale e lenone, permette di fare un po' di chiarezza sulla postribolare inchiesta pugliese. Dice una prima verità, smentisce in radice le tante falsità imposte a mezzo stampa nel corso di un'estate mediaticamente scandalosa oltre che scandalistica. L'intraprendente Giampy aveva partorito un'idea tutt'altro che originale, ma di quelle che non passano mai di moda. Aveva scoperto che, per ungere le ruote giuste e agevolarsi così il cammino nella giungla degli affari, niente vale quanto il mettere a disposizione dei potenti graziose e compiacenti fanciulle.
Non è il primo ad affidarsi al mezzuccio in questione. Non sarà l'ultimo.
A fare la differenza non è la maggior disposizione al lenocinio del mezzano più celebre d'Italia, ma la casuale collocazione in posti determinanti della politica nazionale e regionale di attempati gentiluomini usi a perdere più di molti altri la testa, o a sbavare che dir si voglia, di fronte a una sottana sollevata. In virtù della sua nutrita scuderia, foraggiata a soldi e coca, Giampy ha potuto stringere numerose amicizie utili, ha concluso affari lucrosi che altrimenti gli sarebbero stati preclusi. Tra i sedotti dalle grazie a pagamento delle sue donzelle figurano il presidente del consiglio, il vicepresidente della Regione Puglia, più qualche figura in apparenza meno rilevante, ma probabilmente collocata in postazioni strategicamente persino più utili.
In una città come Bari è letteralmente impossibile pensare che le attività del nostro, ai cui ricevimenti dicono peraltro che partecipassero anche un paio di magistrate di chiara fama, fossero del tutto ignote. Di fatto, il solo leader politico a intervenire per mettere un drastico freno al degrado è stato il presidente della Regione.
Nichi Vendola ha messo alla porta il suo vice, Sandro Frisullo, assai citato dall'amicone Tarantini, e per farlo non ha esitato a sfidare le ire di una parte sostanziosa del Pd pugliese. Ha rimosso la manager della Asl di Bari Lea Cosentino, a sua volta figura non priva di potere e amicizie.
Ha denunciato a chiare lettere l'esistenza di una serissima «questione morale in Puglia», e anche queste parole gli hanno procurato parecchi nemici. Ha azzerato e drasticamente rimpastato la sua giunta, e come tutti sanno non è stato un lavoretto facile.
Eppure proprio Vendola è stato per mesi messo sotto accusa, in virtù di una sapiente manovra di disinformazione finalizzata a rovesciare completamente la realtà. E' diventato il presidente degli scandali, con gran sollazzo di quelli che negli scandali erano impelagati davvero, e nutrivano un comprensibile rancore nei confronti di chi gli aveva rotto le uova d'oro nel paniere.
E' il caso di segnalare, peraltro, che la corruzione in Puglia, con particolare riguardo alla vena aurifera della sanità, non è affatto nata con Giampaolo Tarantini e con le sue ragazze facili. Ai tempi del viceré Fitto si erano dati da fare altri e meno ruspanti affaristi, distribuendo, secondo le istanze di rinvio a giudizio, tangenti con la stessa disinvoltura con cui Giampy elargiva donne, ma per finalità identiche.
Si tratta del gruppo Angelucci, proprietario delle due testate, Il Riformista e Libero, che più di tutte si sono sforzate per tirare addosso a Vendola una croce del tutto immeritata, e alzi la mano chi sinceramente pensa che si tratti di una fortuita coincidenza. Questa è la realtà della vicenda pugliese, ed è una realtà che costituisce per molti, in Puglia e fuori, motivo di vergogna o peggio. Ma con quel drappello Nichi Vendola non ha nulla a che spartire, se non l'averne messo alla porta alcuni simpatici esponenti.
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