A Sinistra nel XXI Secolo
La sinistra italiana appare sconfitta non solo per i risultati elettorali del 2008 e 2009, quanto per il fallimento dei progetti che vi erano correlati di ricostituzione e rinnovamento da Sinistra Arcobaleno alla Costituente Socialista.
Sinistra e Libertà non ha superato la prova ma rappresenta una speranza e può essere l’inizio di una riaggregazione di cui si sente la necessità, ma di cui bisogna creare le condizioni. Dipende soltanto da noi, dalla capacità di dare risposte ai problemi addirittura alle angosce di molti, troppi per le difficoltà del presente e le forti incertezze sul futuro.
Una sinistra nuova deve avere salde radici nella sua storia, che non può essere rimossa e dimenticata con le sue luci ed ombre, ma neppure rappresentare un ostacolo insormontabile per superare divisioni e sospetti, che la indeboliscono.
È importante sapere chi siamo e da dove veniamo ma ancora di più chi vogliamo diventare e dove vogliamo andare, tutti insieme.
La grave crisi economica e finanziaria insieme con gli effetti sempre più drammatici del cambiamento climatico hanno mostrato i limiti e le contraddizioni di uno sviluppo capitalistico senza freni, né controlli, incurante dei vincoli sociali ed ambientali.
Non solo, ha anche imposto un modello di vita egoista e di soddisfazione individuale ad ogni costo, cioè un’attitudine contraria a quella necessaria per superare la crisi: solidarietà ed obiettivi a medio e lungo termine condivisi collettivamente per spontanea adesione e non imposti da qualsivoglia casta politica, mediatica, religiosa o burocratica.
Una sinistra che si limiti a denunciare i responsabili della crisi, sia come individui o gruppi sociali ovvero come meccanismi non ha futuro.
La sinistra deve fare proposte credibili di uscita dalla crisi se vuole trovare consensi.
Statalizzazioni e iniezioni di denaro pubblico alle istituzioni finanziarie non sono una risposta di sinistra, ma la vecchia logica di socializzare le perdite dopo anni di privatizzazione dei profitti.
La crisi, anche quella finanziaria, ha la sua origine in una diminuzione costante di decenni del potere di acquisto dei lavoratori, compensata da una facilitazione di accesso al credito sia di consumo che immobiliare diventata insostenibile con lo scoppio delle bolle speculative, in primis immobiliare, ai primi accenni recessivi e di aumenti della disoccupazione nei paesi più sviluppati.
Occorrono scelte pubbliche, cioè precedute da consultazione, dibattiti e partecipazione, non basta che il soggetto che agisca sia formalmente un ente pubblico. Si deve sapere se chi lo dirige ed amministra non sia al servizio di interessi particolari, indotti da clientelismo o corruzione o semplicemente dalle proprie prospettive di carriera.
Ogni istituzione pubblica deve essere prima al servizio dei cittadini e dopo di chi ci lavora.
Chi vuole una maggiore presenza pubblica deve essere il primo ad essere interessato ad eliminare sprechi ed inefficienze.
Imposte e tasse sono necessarie, senza esagerazione sono il prezzo della libertà, tuttavia il loro ammontare e la platea dei contribuenti sono problemi che vanno risolti: pagare meno pagare tutti non può essere soltanto uno slogan.
La lotta all’evasione riguarda il futuro, si deve recuperare in modo semplice e rapido l’evasione del passato e l’unico modo è una tassa patrimoniale straordinaria il cui provento destinare egual misura alla riduzione del deficit pubblico ed al finanziamento di programmi sociali e ad investimenti nei settori della ricerca scientifica, dell’innovazione tecnologica e delle infrastrutture, con privilegio di quelle a più basso impatto ambientale.
Felice Besostri
1 commento:
Grazie compagno Besostri per l'elevata qualità del tuo contributo. Nella schietta analisi come negli indirizzi operativi indicati sento risuonare l'intuizione ideale e la tensione etica dell'umanesimo socialista originario. Non mi faccio illusioni: solo da qui si può ripartire utilmente.
ciao
Gigi Ranzani
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