martedì 3 febbraio 2009

Chiara Saraceno: Social card fuori bersaglio

da la Stampa

3/2/2009

Social card fuori bersaglio





CHIARA SARACENO

A fronte di una previsione di circa 1.300.000 beneficiari, la social card è stata richiesta e ottenuta solo da mezzo milione di persone, con una forte concentrazione nel Mezzogiorno. Mentre la Lega protesta,si avanza l’ipotesi che la povertà nel Paese non sia affatto così diffusa come indicherebbe l’Istat sulla base dei dati sui consumi (ma se si utilizzassero quelli sui redditi i poveri risulterebbero ancora di più), che parlano di 7 milioni 542 mila individui e 2 milioni 653 mila famiglie povere. In realtà lo scarto tra i beneficiari della social card e il numero di poveri stimato non smentisce affatto l’Istat. Segnala solo come il disegno della social card non sia stato per nulla basato su un’analisi delle caratteristiche dei poveri nel Paese. Solo lo squilibrio a favore del Mezzogiorno corrisponde alla caratteristica saliente della diffusione della povertà in Italia: la sua concentrazione nelle regioni meridionali. Rispetto a una media nazionale di 11 famiglie povere su 100, sono povere 22,5 famiglie su 100 nel Mezzogiorno, 6,4 al Centro, 5,5 al Nord.

Lo scarto tra il numero di social card distribuite e quelle stimate non è spiegabile né con errori nella stima dei poveri né, come sostiene l’opposizione, con le difficoltà delle procedure per ottenerla, che non sono superiori a quelle connesse alla richiesta di qualsiasi sussidio o per definire la quota di pagamento del nido; anche se può esserci una sproporzione tra il lavoro amministrativo richiesto e il beneficio erogato. Non è spiegabile neppure con la riluttanza a chiederla da parte di chi si vergogna: un fenomeno da non sottovalutare quando si tratta di assistenza. Il fatto è che la social card non solo definisce una soglia di povertà più bassa di quella utilizzata per le stime, e quindi individua solo le condizioni di povertà in linea di principio più gravi. È anche largamente fuori bersaglio rispetto alle caratteristiche degli individui e delle famiglie dove si concentra la povertà in Italia: gli anziani soli e in coppia, ma soprattutto, e in maggior misura, le coppie con due e più figli.

È povero rispettivamente il 14 e il 22 % delle coppie con due e con tre o più figli, rispetto al 12 % degli anziani soli e al 13,5% delle coppie anziane. Non è l’età dei figli, ma il loro numero che fa la differenza, anche se la presenza di almeno un figlio minore, a parità di numero complessivo, aggrava la situazione. La social card invece è riservata solo agli anziani ultrasessantacinquenni con un reddito ISE fino a 6000 euro l’anno (8000 se ultrasettantenni) e alle famiglie con un bambino sotto i 3 anni e reddito ISE fino a 6000 euro l’anno. Anche sorvolando sull’importo ridotto della social card (40 euro mensili) e sull’assunto implicito del legislatore secondo cui un bambino piccolo costa meno di un settantenne e soprattutto cessa di mangiare appena compie tre anni, è chiaro che questo disegno della social card manca quasi totalmente il bersaglio. Una stima effettuata da Paola Monti su lavoce.info mostra che, se valessero solo i criteri di reddito e non anche quelli di età, ci sarebbe un 74%, ovvero circa un milione 400 mila famiglie beneficiarie in più, prevalentemente composte da famiglie con figli. A questi dovremmo aggiungere i senza dimora e gli immigrati poveri, che non rientrano nelle stime né tra gli aventi diritto alla social card. I primi perché, non avendo una residenza ufficiale, oltre a non essere rilevati nelle indagini standard, non possono chiedere la social card anche se hanno requisiti di reddito e di età; i secondi perché anche se avessero tutti i requisiti sono esclusi in via di principio.

Sarebbe davvero paradossale se, dopo aver prodotto una misura di sostegno alla povertà d’importo modestissimo e fuori bersaglio, si utilizzasse il parziale fallimento non per ridisegnarla in modo più adeguato alla realtà e al bisogno, ma per legittimare la persistente assenza nel nostro Paese di politiche serie di sostegno al reddito dei poveri.

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