Da La Stampa
18/2/2009
C'era tre volte il dialogo
EMANUELE MACALUSO
Galli della Loggia (Corriere di domenica) ha osservato che sta finendo la stagione dell’«incontro o dialogo tra laici e cattolici». Pensa che si sarebbe aperta intorno agli Anni 90, nella crisi della prima Repubblica e dei grandi partiti Dc, Pci, Psi. E quando le «nuove» forze politiche dovettero affrontare le sfide dell’11 settembre, del neofondamentalismo religioso e del progresso delle tecnoscienze in settori come l’ingegneria genetica. Ritiene che le sfide abbiano riproposto un rapporto laici-cattolici che nulla ha a che fare col «dialogo togliattiano» e la cultura dei «cattolici democratici». Ma in quali pagine e atti politici ha letto lo svolgimento della stagione del dialogo che testimonierebbe un proficuo rapporto tra chi si richiama alla tradizione liberale e chi al cristianesimo cattolico? Parla di giornali, libri, iniziative culturali, ma non accenna a forze politiche che avrebbero espresso questa cultura. E anche sul piano culturale il «dialogo» avrebbe coinvolto «soprattutto esponenti della gerarchia, la Chiesa». La quale, osserva, ha un tasso di autoreferenzialità che rende impossibile un dialogo paritario e rispettoso delle diversità culturali. Galli della Loggia evita di analizzare come si è espresso il dialogo in politica, ma non è difficile capire che aveva presente il caso Eluana.
Il «dialogo» tra il senatore «liberale» Quagliariello e la gerarchia, per dirla con Enzo Bianchi (La Stampa di domenica), mette al centro «una politica che si finge al servizio di un’etica superiore, l’etica cristiana, e che cerca con il compiacimento dei cattolici di trasformare il cristianesimo in religione civile». Piccolo cabotaggio strumentale, se penso cos’è il Pdl che dovrebbe esprimere le culture di cui parla Galli della Loggia. Un «dialogo» che nulla ha a che fare con quello «togliattiano» né con quello «degasperiano» e i laici Anni 50: Einaudi, Saragat, La Malfa e gli intellettuali del Mondo. Ancora è la crisi della politica e i partiti che l’esprimono non recepiscono le «nuove temperie culturali». Sul fronte opposto c’è stato un altro «dialogo» tra eredi dei «cattolici democratici» e quelli del Pci di Berlinguer, espresso in alleanza politico-elettorale, l’Ulivo, poi nel Pd. Non era difficile capire che il transito dall’alleanza al partito avrebbe riproposto più acuto il neofondamentalismo religioso, non solo islamico, e i progressi nel campo della genetica. L’abbiamo visto nel dibattito su Eluana.
La squadra di Veltroni ha sempre sostenuto che su questi temi era necessaria e possibile una sintesi tra le culture che avrebbero convissuto nel Pd. Ebbene, non c’è un solo appuntamento su questi temi che non abbia visto il Pd spaccato. Il Pd non ha una politica sui temi che hanno caratterizzato le scelte di tutti i partiti laici europei, non solo quelli di sinistra. S’invoca la «libertà di coscienza» per i parlamentari, ma non per i cittadini. Una parte del Pd avrebbe votato il decreto sul «testamento biologico», oggi riproposto come disegno di legge, che nega a una parte di cittadini il diritto, accordato ad altri cittadini, di accettare o rifiutare l’idratazione e l’alimentazione artificiale con preparati confezionati da case farmaceutiche e somministrati con procedure mediche. Insomma, «libertà di coscienza» ai livelli alti e a senso unico. Ma non è il solo tema che divide il Pd, partito che sembra esso stesso alimentato artificialmente, ma che investe la laicità dello Stato. Dunque a destra e a sinistra il «dialogo e l’incontro tra laici e cattolici» si è trasformato in aspra lotta proprio sui temi della laicità e le nuove sfide del progresso e della modernità. Anche questo è un segno della crisi del sistema politico italiano. E che crisi!
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