Perdenti ....perché antiberlusconiani (sic sic!!!!)
Una singolare casualità della cronaca, ha voluto che nello stesso giorno (19 febbraio 2009) comparissero su la Repubblica una lettera dell’On. Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei deputati, volta ad auspicare l’affermarsi nel nostro paese di una “laicità positiva” (qualcuno forse ricorda la – laicità sana – di Vaticana memoria), e un articolo di Alexander Stille, che per il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari scrive proprio da un paese in cui la “laicità”, senza aggettivi di sorta a qualificarla ulteriormente, sta a fondamento della vita della società che in quel paese dimora, e dove così è, anche per quella parte di società più incline ad essere bigotta quando non addirittura, “creazionista”.
Accostare i due scritti disvela mirabilmente quanto sia attuale l’auspicio prospettato dal Presidente della Camera, e cioè che si approdi anche in Italia ad una laicità …… diffusa.
Perché, oso dire, la laicità non richiede ulteriori qualifiche, ma solo, per dirla con il Vangelo, dei sì sì e dei no no.
Accostare i due articoli di cui sopra, permette di cogliere come……..
…..intanto che nel nostro paese ci si attarda ancora a proporre una dicotomia inesistente, quella fra laici e cattolici, laddove si deve distinguere invece fra laici e chierici di tutte le chiese (anche di quelle devote “chiese atee” oggi di moda), intanto che si riferisce di una degenerazione altrettanto inesistente, quella laicista e anticlericale, laddove a dilagare in Italia è la degenerazione della religiosità in bigottismo ignorante e in servilismo per tutti i cleri immaginabili ……..
…in quel laico paese che sono gli Stati Uniti d’America, si chiedono come sia possibile che l’indifferenza per l’enormità di un “chierico” di primo piano, di fatto ritenuto autore di “aver corrotto un testimone al fine di evitare, forse, altre condanne – falsando completamente il sistema giudiziario – e (poi capace di togliersi) dai guai usando il Parlamento per farsi leggi ad personam” ….. che l’indifferenza a ciò, dicevo, sia l’atteggiamento più diffuso in tutto il nostro paese, dove a nessuno sembra importare che ad essere Primo Ministro sembrerebbe (uso il condizionale in omaggio alla legge che vuole tutti innocenti sino a sentenza definitiva, anche i colpevoli rei confessi) poter essere, un cialtrone spergiuro e volgare.
Ma a chi osa solo mettere in dubbio quello che traspare da reiterate “apparenze”, anzi reiterate “apparizioni”, tocca in sorte oggi una condanna senza appello, quella di essere: perdenti antiberlusconiani.
Se una sottolineatura è possibile rispettosissimamente fare al dire del Presidente della Camera, questa va nella direzione di auspicare per l’Italia solo un approdo alla laicità, senza nessuna aggettivo che l’accompagni, ché da sola la laicità basterebbe e avanzerebbe.
Vittorio Melandri
P.S. Per chi se li fosse persi faccio seguire i due articoli citati
L’Italia, la Chiesa e una laicità positiva la Repubblica
giovedì, 19 febbraio 2009
La lettera
di Gianfranco Fini (L´autore è presidente della Camera)
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Caro direttore, una singolare casualità della storia ha voluto che la ricorrenza degli ottant´anni del Concordato cada proprio a venticinque anni dalla stipula della revisione del Concordato stesso. Ma, soprattutto, tali ricorrenze cadono in una fase in cui più viva che mai è la questione del rapporto fra il pensiero della Chiesa cattolica e l´azione politica, ed in cui riemergono periodici conflitti tra laici e cattolici impegnati in politica.
Per tentare di fare il punto su tale questione, mi sia consentito trarre ispirazione da un concetto pronunciato dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, in un momento di alto valore storico e simbolico quale il discorso tenuto nell´Aula di Montecitorio il 14 novembre di sette anni fa.In quel discorso colpirono, soprattutto, la sottolineatura del rispetto dovuto dalla politica alla centralità della persona umana, accompagnata dall´invito rivolto al nostro Paese ad «incrementare la sua solidarietà e coesione interna per poter meglio esprimere le sue doti caratteristiche e valorizzare la sua ineguagliabile ricchezza e varietà di culture».
Si tratta di una bussola, fatta di entrambi i concetti, che ci deve guidare proprio in questa fase in cui fenomeni epocali quali la globalizzazione, accoppiati al mutamento della struttura stessa delle nostre società, possono mettere in dubbio quelli che debbono essere i valori fondamentali di riferimento per una società. Una società che richiede una nuova e forte "dimensione etica", oggi offuscata dalla labilità con cui spesso vengono percepiti i valori fondamentali.
In questo quadro si colloca anche il forte incremento della presenza nella società italiana di nuovi movimenti religiosi di diversa origine culturale e geografica, resa più complessa dal fatto che manca a tutt´oggi una legge di carattere generale che garantisca la libertà religiosa, pur nel quadro del multiculturalismo e del pluralismo religioso indubbiamente in atto. Una tendenza destinata inevitabilmente a crescere, e rispetto alla quale la società italiana, per fortuna, non ha vissuto tensioni interetniche, avendo manifestato una accoglienza nei fatti positiva per le minoranze religiose, ben più di quanto abbiano saputo fare altri grandi paesi europei.
Un fenomeno al quale la stipulazione di Intese con culti non cattolici potrebbe recare un utile contributo, sempre ovviamente nel rispetto fondamentale delle garanzie dei diritti umani di libertà e di uguaglianza.
Mi ha colpito molto che il Presidente della laicissima Francia, Nicolas Sarkozy, nel suo discorso pronunciato a San Giovanni in Laterano nel 2007, abbia introdotto il concetto di "laicità positiva", volendo così evidenziare la fine della sostanziale indifferenza dello Stato francese nei confronti del fenomeno religioso, vissuto, oltralpe, nell´ambito di una dimensione tutta personale e privata, completamente separata da quella pubblica.
Ebbene, quel concetto di "laicità positiva" era già ben presente nell´Accordo Craxi-Casaroli del 1984 di modifica del Concordato, con conseguente abbandono di quell´atteggiamento di "difesa" nei confronti dello Stato tipico dei Concordati tradizionali.
Un nuovo "Concordato-quadro" a maglie larghe, che rimandava la disciplina concreta dei singoli settori a successivi accordi, o a intese attuative tra il Governo e la Conferenza episcopale italiana, sulla base della "reciproca collaborazione per la promozione dell´uomo e per il bene del Paese" (articolo 1 dell´Accordo).
Un concetto del resto ripreso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando in occasione della visita di Papa Benedetto XVI al Quirinale, ha sottolineato, tra l´altro, «conosciamo e apprezziamo la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso».
È in questo quadro che si colloca quel riconoscimento dell´importanza delle radici ebraico-cristiane dell´identità culturale europea, in cui si sono riconosciuti sia il Governo precedente che quello attualmente in carica, indipendentemente dalle concezioni religiose ed ideali di ognuno, così come si riconoscono nell´importanza dell´azione di coesione e di sostegno svolta dalla Chiesa nella società italiana.
Tutto questo non stride con il progressivo disvelamento di quel principio di "laicità dello Stato", sostanzialmente racchiuso, anche se non formulato con queste parole, nella Carta costituzionale.
Una laicità non certo aggressiva nei confronti della religione, aliena da degenerazioni laiciste ed anticlericali, aperta al riconoscimento del ruolo attivo e positivo della Chiesa nella società italiana. Una laicità dello Stato che deve però tenere conto che viviamo in un Paese la cui storia è inestricabilmente intrecciata alla vicenda del Cristianesimo e della Chiesa romana, perché si possa minimamente immaginare un reciproco disinteresse.
Se il caso Mills fosse scoppiato in Usa la Repubblica
giovedì, 19 febbraio 2009
La polemica
di Alexander Stille
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«Allora, fammi capire – mi ha scritto un mio collega giornalista americano – viene condannato per corruzione il coimputato del primo ministro ma si dimette il capo dell´opposizione. Che strano Paese, l´Italia». Poi, mi chiama più tardi un´altra collega americana che chiede, «ma è possibile che non avrà conseguenze gravi la condanna di David Mills?».«Dopo tutto – aggiunge – se Berlusconi non avesse fatto passare il Lodo Alfano sarebbe stato condannato anche lui? Come spieghi il fatto che cose di questa gravità passano come se nulla fosse?».
Prima, ricapitoliamo i fatti principali. Nel febbraio 2004, David Mills, l´avvocato britannico di Berlusconi che si occupava dei conti "off-shore" della Mediaset, i conti cosidetti "very discreet," per operazioni finanziarie segrete e forse illegali, mette penna su carta. Impaurito dalla possibilità di essere colto in fallo con un pagamento di 600.000 dollari non dichiarato al fisco inglese, decide di spiegarne l´origine al suo fiscalista. Spiega che i soldi erano un regalo o un prestito a lungo termine per il silenzio nei vari processi di Berlusconi che chiama sempre B. o Mr. B.
Il fiscalista, per non essere complice di un reato, passa la lettera alle autorità britanniche, le quali a loro volta, informano la magistratura italiana. Quindi, il processo nasce non da una caccia alle streghe dei giudici italiani ma da una comunicazione di un reato denunciata nel Regno Unito alla quale la magistratura ha dovuto rispondere. Mills conferma ai magistrati italiani il contenuto della sua lettera. Solo in un momento successivo, quando si accorge forse di essere in guai ancora più gravi, ritratta le sue dichiarazioni e dice di aver avuto i soldi da un´altra parte. Evidentemente il tribunale di Milano ha trovato più convincente la prima versione e l´ha condannato. Nel processo originario, Berlusconi era coimputato con Mills e con buona probabilità, dato l´esito del processo, sarebbe stato condannato anche lui se il suo governo, con grande tempestività, non avesse varato il Lodo Alfano che protegge il primo ministro da qualsiasi processo penale durante il suo mandato.
Che un caso così grave (un primo ministro che rischia la condanna per aver corrotto un testimone al fine di evitare, forse, altre condanne – falsando completamente il sistema giudiziario – e poi si toglie dai guai usando il Parlamento per farsi leggi ad personam) passi quasi inosservato, desta stupore e incredulità nel pubblico americano. Dopotutto, quando il governatore democratico dell´Illinois viene scoperto a promettere favori in cambio di denaro, viene espulso dall´assemblea sia dai democratici che dai repubblicani. Quando l´uomo scelto da Barack Obama per riformare la sanità americana, Tom Daschle, viene scoperto nei guai con il fisco, il presidente è costretto ad allontanarlo.
Allora, come si spiega la mancanza di risposta in Italia?
In parte, bisogna partire da lontano; con l´unità d´Italia, lo Stato visto come un´imposizione; l´abitudine di guardare la legge con sospetto come strumento di potere, evitata dai potenti, interpretata per gli amici e applicata ai nemici. Ma questo è solo lo sfondo, non spiega tutto.
Ricordiamoci, l´opinione pubblica era massicciamente a favore della magistratura ai tempi dell´inchiesta Mani Pulite quando Berlusconi è sceso in campo. Ma in un paese normale, non avrebbe mai potuto farlo essendo ancora proprietario di tre grandi reti televisive. Sarebbe stato messo fuori gioco dai soldi a Craxi, dalle tangenti alla Guardia di Finanza, anche se i processi non hanno portato a condanne. O dal caso Previti: per conto di chi l´avvocato Previti ha corrotto il magistrato Renato Squillante? O dal caso Dell´Utri: per chi ha lavorato Marcello Dell´Utri in tutti gli anni in cui ha intrattenuto rapporti con esponenti importanti della mafia? Si potrebbe andare avanti per molti paragrafi.
Ma ovviamente, la risposta è più complessa. Una delle più grandi prestazioni di Berlusconi (se le possiamo chiamare cosi) è di aver sistematicamente smantellato Mani Pulite. Per ogni guaio giudiziario del Cavaliere e della Mediaset, partiva un attacco feroce contro i giudici. Venivano fatte sistematicamente delle accuse gravissime – che andavano dalla corruzione all´assassinio, contro Di Pietro, Borrelli, Caselli, contro altri magistrati di punta come Piercamillo Davigo e Gherardo Colombo. E poi i vari casi Mitrokhin e Telekom con le accuse di megatangenti a Romano Prodi e Piero Fassino. Il fatto che queste accuse siano tutte crollate non importa. Creava l´apparenza, falsa, di un´equivalenza morale. Così fan tutti.
La raffica di accuse e contro-accuse crea una tale confusione che l´elettore medio ha deciso di non tenere conto delle questioni giudiziarie e morali. La retorica antipolitica di Berlusconi ha aggravato il già diffuso cinismo degli italiani da cui trae beneficio politico. Con abilità brillante, riesce a governare il paese per anni in una fase di netto declino ma riesce a presentarsi come l´uomo dell´opposizione alla politica. Peggio va, meglio è per lui, un sistema perfetto – per ora.
In tutto questo ha un ruolo estremamente pesante il mondo dell´informazione. Appariva in prima pagina e all´inizio dei telegiornali la conferenza stampa in cui Berlusconi ha dichiarato, cimice in mano, di essere stato spiato – il delitto politico più grave dopo il Watergate. Ma la notizia che era tutta una bufala è stata riportata come una notizietta.
Ho suggerito un piccolo esame alla mia collega americana che chiedeva perché il caso Mills non avrebbe inciso nel dibattito italiano: vediamo se il Tg1 o il Tg2 riportano o citano la lettera di David Mills, la pistola fumante del processo. Qualsiasi resoconto del processo avrebbe l´obbligo di spiegare su quale base un tribunale della Repubblica ha condannato qualcuno di un reato molto grave. Se c´è un´informazione libera in Italia i tg menzioneranno almeno l´esistenza della lettera. Ma i due grandi Tg della Rai hanno sepolto la notizia con dei brevi servizi in mezzo al programma e nessuno ha spiegato sulla base di quali prove è stato condannato l´avvocato Mediaset. Ho saputo che il servizio ha rischiato addirittura di non esserci. La sede di Milano della Rai non ha neppure mandato una troupe al tribunale per fare un servizio. Hanno spiegato i dirigenti che senza Berlusconi come imputato non aveva nessuna importanza nazionale, aggiungendo figuriamoci dopo i risultati in Sardegna. Solo dopo la protesta dei giornalisti e il loro sindacato – e per evitare uno scandalo – si è fatto qualcosa, ma a quell´ora la Rai ha dovuto comprare il filmato da una troupe privata.
Ormai i giornalisti dei tg sono talmente condizionati che diventa prassi normale tacere su notizie imbarazzanti o sgradevoli. Berlusconi ha detto un giorno a Marcello Dell´Utri: "Non capisci che se qualcosa non passa in televisione non esiste? E questo vale per i prodotti, i politici e le idee." E´ anche per questo che in Italia il caso Mills non esiste o quasi.
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