sabato 14 febbraio 2009

Vittorio Melandri: La libertà non ha senso se riferita all'uomo isolato

“La libertà non ha senso riferita all’uomo isolato”



Lo so che riferirsi ad un abusato spot pubblicitario può essere indice di modestia di intelletto, ma la esibita “liberalità” di Piero Ostellino, rimanda giocoforza alla sedicente “solitaria particella di sodio”. Anche l’illustre giornalista infatti ci appare sempre più solo, il solo “liberale” italiano rimasto, dopo la scomparsa di Camillo Benso conte di Cavour. L’ultima “fotografa di un Paese illiberale” (la nostra povera Italia), che il “solo liberale italiano rimasto” manda dalla Provenza dove vive, e che ci raggiunge dalle pagine del Corriere della Sera del giorno di S. Valentino, è però sfocata, come già accaduto in passato, e se la dichiarata illiberalità del soggetto ritratto non può certo essere imputata al “fotografo”, al “fotografo” può invece essere addebitato, diciamo ….. un eccesso di supponenza, che lo porta a qualche inesattezza, certo non volute, come sicuramente non voluta è la sua prosopopea (che non fa rima con liberalità), prosopopea che gli suggerisce, non già di criticare una sentenza, attività quante altre mai, appunto liberale, (e in questo caso si parla dell’ordinanza della Corte Costituzionale dell’08 ottobre 2008, n. 334), ma di sostituire la propria solitaria sapienza, a quella del novero di tutti i Giudici costituzionali messi insieme, che tale ordinanza l’hanno pronunciata mettendo appunto insieme la sapienza di ciascuno. Il nostro “liberale solitario”, comincia la sua analisi-fotografica con un riferimento al “principio di tassatività”, da cui passo dopo passo, fa discendere la sua “liberale conclusione” che: “il giudiziario ha supplito all’assenza del legislativo, violando la separazione dei poteri”. Guarda caso, proprio ciò che viene escluso dalla Corte Costituzionale, che chiamata da Camera e Senato insieme a verificare il “fatto” ….. così si esprime: “….questa Corte non rileva la sussistenza nella specie di indici atti a dimostrare che i giudici abbiano utilizzato i provvedimenti censurati – aventi tutte le caratteristiche di atti giurisdizionali loro proprie e, pertanto, spieganti efficacia solo per il caso di specie – come meri schermi formali per esercitare, invece, funzioni di produzione normativa o per menomare l’esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, che ne è sempre e comunque il titolare;….”. Curioso poi il fatto, che il “principio di tassatività”, da cui Piero Ostellino tutto fa discendere, si è sì cercato di violarlo, ma non da parte del giudiziario, come precisato dalla Corte Costituzionale, ma successivamente (e per fortuna rilevato da quel Custode della Costituzione che è il Presidente della Repubblica pro-tempore) proprio da quel Governo che aveva la pretesa di mettere innanzi al Parlamento un decreto che “il principio di tassatività”, se lo metteva sotto i piedi. Si parla infatti di quel principio che vuole che le fattispecie a cui il precetto andrà ad applicarsi debbano essere preventivamente e astrattamente previste per legge (art. 25 Costituzione); principio che anche ad un cittadino semplice come sono, è chiaramente ispirato da quell’idea di giustizia che vuole che una norma di legge debba appunto essere generale e astratta, e non debba essere calzata su un caso concreto, come si voleva invece che nel caso accadesse. Che poi il “liberale solitario” si attardi a considerare “liberale” quel Paese in cui “l’individuo risolve certi problemi dell’esistenza nel chiuso della sua libertà di coscienza”, e che rispetta la “«zona grigia» dell’etica sociale”, anziché illuminarla per trasformarla da “zona grigia” a “zona chiara” e davvero disponibile a tutti, a me appare una vera bestemmia liberale. Ma questo sicuramente dipende dal fatto che io non riesco a separare l’idea liberale dall’idea socialista, perché come scriveva Carlo Rosselli: “La libertà non ha senso riferita all’uomo isolato. L’uomo vive associato e il concetto di libertà è necessariamente universale. Una libertà di singoli, di caste, di classi, di superuomini, non è libertà: è privilegio.” E non di rado è privilegio di dire fregnacce, senza che uno straccio di direttore si prenda la briga di verificarle prima di metterle in pagina.



Vittorio Melandri

Nessun commento: