giovedì 19 febbraio 2009

Elio Laganà: Quando l'azienda si proclama nazione

Da Aprile

Quando l'azienda si proclama nazione
Elio Lagan�*, 16 febbraio 2009, 16:10

Approfondimento Riflessioni sul "condizionamento delle masse" e sull'impresa che si auto-incorona stato (pretendendo di avere una propria lingua, delle proprie leggi, una propria cultura, e dei propri cittadini), temi che venivano affrontati già 32 anni fa, sebbene in un diverso contesto e con una diversa platea, e che mai come oggi appaiono attuali e, allo stesso tempo, pericolosamente sottaciuti


"La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, è un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere. Quindi, se volete la verità, andate da Dio, andate dal vostro guru, andate dentro voi stessi, amici, perché quello è l'unico posto dove troverete mai la verità vera! Sapete, da noi non potrete ottenere mai la verità. Vi diremo tutto quello che volete sentire, mentendo senza vergogna. Vi diremo che Nero Wolfe trova sempre l'assassino, e che nessuno muore di cancro in casa del dottor Kildare, e che per quanto si trovi nei guai il nostro eroe, non temete, guardate l'orologio, alla fine dell'ora l'eroe vince... Vi diremo qualsiasi cazzata vogliate sentire. Noi commerciamo illusioni: niente di tutto questo è vero. Ma voi tutti ve ne state seduti là, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede. Conoscete soltanto noi. Già cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la tv è la realtà, e che le vostre vite sono irreali. Voi fate tutto quello che la tv vi dice: vi vestite come in tv, mangiate come in tv, tirate su i bambini come in tv, persino pensate come in tv. Questa è pazzia di massa. Siete tutti matti! In nome di Dio, siete voialtri la realtà: noi siamo le illusioni. Quindi spegnete i vostri televisori, spegneteli ora, spegneteli immediatamente, spegneteli e lasciateli spenti, spegnete i televisori proprio a metà della frase che vi sto dicendo adesso, spegneteli subito!"
"Non viviamo più in un mondo di nazioni e di ideologie, signor Beale: il mondo è un insieme di corporazioni, inesorabilmente regolato dalle immutabili spietate leggi del business. Il mondo è un business, signor Beale: lo è stato fin da quando l'uomo è uscito dal magma. E i nostri figli vivranno, signor Beale, per vedere quel mondo perfetto, in cui non ci saranno né guerra né fame né oppressione né brutalità: una vasta ed ecumenica società finanziaria per la quale tutti gli uomini lavoreranno per creare un profitto comune, nella quale tutti avranno una partecipazione azionaria, e ogni necessità sarà soddisfatta, ogni angoscia tranquillizzata, ogni noia superata (...)

Ned Beatty
- Non esiste l'America, non esiste la democrazia! Esistono solo IBM, ITT, TNT, Dupont, Texo. Sono queste le nazioni del mondo, oggi.

Questi due brani sono tratti da "Quinto potere", un film diretto da Sydney Lumet nel 1976. Il primo è il monologo che Howard Beale, anchorman in crisi di coscienza interpretato da Peter Finch, pronuncia durante la sua trasmissione televisiva; seguono le parole di Arthur Jensen, dirigente del network interpretato da Ned Beatty, che nel corso di una riunione interna così risponde allo stesso Howard Beale in merito al concetto di "nazione". Questi due brani ritagliati dalla sceneggiatura di Paddy Chayefsky, peraltro vincitrice di un Oscar, ci possono introdurre ad alcune riflessioni sulla "condizionamento delle masse" e sul concetto di azienda-nazione, temi che venivano affrontati già 32 anni fa, sebbene in diverso contesto e a diversa platea, e che mai come oggi appaiono attuali e, allo stesso tempo, pericolosamente sottaciuti.

E' emblematico come Jansen, assertore dell'idea che le aziende abbiano di fatto soppiantato le nazioni, diriga un'azienda, quella televisiva, che ha fatto della distorsione della realtà la propria ragione di esistere. Così come il suo network produce illusioni, egli per primo, in una sorta di identificazione estrema, enuncia una verità assolutamente falsa, ma verosimile per quanto forte è il propellente immaginario che la sostiene, un propellente talmente forte da spaziare quel delirio dalle origini dell'uomo ("da quando l'uomo è uscito dal magma") sino a un futuro che ha gli apocalittici contorni del traguardo finale ("tutti avranno un partecipazione azionaria, ogni necessità verrà soddisfatta"). Dato per scontato che le aziende hanno preso il posto delle nazioni esclusivamente nel mondo virtuale, quel mondo dove "niente di tutto questo è vero" come ammonisce Beale al proprio pubblico narcotizzato, va compreso perché molte di esse (che da ora in poi chiameremo per comodità "azienda") intendano ancora oggi dipingersi come "nazione", e in certi casi "patria": perché un soggetto che il vocabolario descrive come "complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio di un'attività economica volta al raggiungimento di particolari fini economici", desideri autodefinirsi invece "il territorio dove un popolo vive e che ciascuno degli abitanti sente come proprio per innumerevoli vincoli personali, affettivi, storici, culturali, ecc." che è per l'appunto da definizione che lo stesso vocabolario dà di patria.

Il mistificatorio tentativo di passare da una definizione all'altra avviene allorquando l'azienda pretende di avere una propria lingua, delle proprie leggi, una propria cultura, e dei propri cittadini, componenti tipiche di ogni nazione. Andando ad analizzare queste quattro componenti, comprendiamo quanto sia necessaria e instancabile la propaganda aziendale per dimostrarne di averne.

La lingua. Quella adottata dall'azienda è, in realtà, solo un gergo puntellato da acronimi e frasi fatte, un orrendo ibrido dove è cancellato ogni significato, tradizione, etimo, la sostanza, in una parola la storia che è generalmente il vero patrimonio di ogni lingua. Un magma retorico, questo sì, dove si affonda ogni idea, un panno fatto apposta per cancellare la vera impronta di ognuno, una lingua fatta non per esprimere delle idee, ma per sopprimerle.

Le leggi. E' trasparente che esse, in un'azienda, restino quelle della nazione (quella vera) in primis e del contratto del lavoro in seconda battuta, sebbene sia sin troppo facile affermare che mai come in questo caso le aziende tendano a rivendicare uso e consumo di leggi proprie che vanno al di là dei territori legittimi; questo è uno dei motivi per cui comprendiamo il motivo per il quale l'azienda investa tante energie per referenziarsi come "nazione".

La cultura. La cultura che l'azienda spesso propaganda e rivendica, è una cultura intessuta di valori morali, un castello di sabbia edificato ben al di là del proprio recinto, ovvero della necessaria e legittima cultura "tecnica" connessa al ciclo produttivo. Eppure, l'abbiamo letto, l'azienda ha come unico valore il profitto economico, e il profitto economico mal si addice al fiorire di una cultura intesa come libero intreccio di conoscenze e valori spirituali. Nemmeno la stessa casa di produzione di "quinto potere", che ha indirettamente contribuito, 32 anni fa, a inserire un piccolo interessante tassello nella "cultura" può rivendicare di averne una propria, figuriamoci chi per mestiere fa compravendita di denaro o fabbrica automobili.

I cittadini: Probabilmente è proprio per trasformare semplici lavoratori in "cittadini" che si deve principalmente il disegno dell'azienda di trasformarsi in nazione. Non è certo sul mappamondo che l'azienda vuole ritagliarsi uno spazio, bensì nella testa di chi, ogni mattina, varca i suoi confini con una passate di badge. Spesso é talmente inumano ciò che si chiede ai propri dipendenti, è talmente iniquo e fuori di ogni logica che un uomo lavori 12 ore al giorno per guadagnare in un mese ciò che un avventuriero senza scrupoli e con molti appoggi politici elargisce come mancia, che occorre lavorare sul cervello della massa per convincerla che la realtà non è questa.

Andiamo a lavorare non per amore di patria, ma perchè ci servono i soldi: l'azienda fa di tutto per far diventare questo semplice assioma un vero e proprio vilipendio alla bandiera. Ella parla di motivazione, di dedizione, raramente di lavoro; nel momento del risultato raggiunto, preferisce parlare di gratificazione, mai di premio. Il soggetto che più dovrebbe parlare di sostanza, trattandosi di ente finalizzato al lucro, usa un linguaggio sempre rivolto all'anima, al sentimento. D'altra parte, i "valori" vengono sempre propagandati quando non ci sono o quando quelli reali sono impresentabili. Se è vero che il denaro puzza, questa puzza nessuno può sentirla meglio di chi lo maneggia in enormi quantità. E più la puzza sale, più l'azienda porta alle estreme conseguenze la sua mascherata: essa diviene non solo nazione, ma nazione con un ordinamento preciso, una dittatura. Una dittatura dolce, che non ha bisogno di manganelli ma si affida alla propaganda continua, all'isolamento dei più deboli attraverso il perverso meccanismo della "guerra tra poveri", che fa un'abile manovra di disinformazione, che si affida agli slogan più vuoti e per questo bisognosi di essere mitragliati di continuo. Dice Beale: Noi commerciamo illusioni: niente di tutto questo è vero. Ma voi tutti ve ne state seduti là, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede. Conoscete soltanto noi. Già cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la tv è la realtà, e che le vostre vite sono irreali". La TV demonizzata in quinto potere è soltanto la tecnologica e ennesima faccia della "bugia", dell'incanto ipnotico che non nasce certo con la televisione, se è vero che le sirene cantavano già ai tempi di omero. La Tv è solo uno strumento, particolarmente indicato per la sua struttura e la sua calamitante fluorescenza a mietere consensi con la forza del raggiro; ma la testa raggiratrice è sempre quella, e assume di volta in volta la forma di un imbonitore, un mitomane, un padrone d'azienda, un primo ministro. Non alla televisione, ma a strumenti più subdoli fanno ricorso le aziende nella loro paziente e imperturbabile opera di convincimento, tecniche mutuate dalla pubblicità, i cui destinatari, particolare significativo, non sono i clienti, bensì i dipendenti; messaggi continui che hanno come primo obiettivo quello di dare ai tornelli d'ingresso il rango di dogana; e come secondo, più ambizioso, quello di estendersi, una volta nazione virtuale, ben oltre l'edificio e l'orario di lavoro, diventare un luogo stabile nella coscienza dell'individuo (considerato semplice unità di misura della forza lavoro) un luogo dell'anima, come si usa dire, assolutamente artefatto e per questo propagandato come unica realtà possibile, del resto come si è fatto sempre per il capitalismo.

Un luogo spacciato come nazione e che è invece una sacca destinata a raccogliere il conformismo, la mancanza di opinioni, la disinformazione dei reali diritti, un buco nero destinato ad assorbire, senza più ridare indietro, l'energia creativa, la dignità, la mancanza di servilismo, il rispetto, il senso del ridicolo, elementi che farebbero la fortuna di chiunque volesse fare azienda senza sostenere invece che si sta facendo la patria. Andando in fondo a questo progetto, queste dittature "dolci" si costruiranno un esercito, ritagliando su di esso gli orari più elastici ed assurdi tipici dell'ambiente militare (è proprio dei soldati fare squadra, essere sempre in allarme e piantonare); disporranno di una schiera compatta e obbediente, perché sono obbedienza e disponibilità i reali valori richiesti dall'azienda nazione-dittatura ai propri cittadini-militari, molto prima ancora delle capacità e della autonomia di pensiero; costruiranno, in un ultimo disperato tentativo di salvare una idea capitalistica ormai alla deriva, un prototipo di dipendente-kamikaze disposto a sacrificare nemmeno tanto metaforicamente la propria vita pur di dare una mano alla millantata "patria".

Dice Beale: Quindi, se volete la verità, andate da Dio, andate dal vostro guru, andate dentro voi stessi, amici, perché quello è l'unico posto dove troverete mai la verità vera!" fortunatamente non c'è bisogno di andare così lontano, a volte basta semplicemente andare allo scaffale della libreria e leggere attentamente il vocabolario.

*direttivo FISAC CGIL Roma

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