da aprile
''Le bandiere rosse ci indicano un vuoto''
Marzia Bonacci, 13 febbraio 2009, 14:44
Intervista Sfila tra il popolo della Fiom e della Fp. Stringe mani e ascolta quanti lo chiamano per esortare all'unità. Fausto Bertinotti non poteva non esserci all'appuntamento di oggi. E non poteva che provare un senso di soddisfazione nel vedere insieme, unite, due categorie di lavoratori per storia così diverse. Una soddisfazione che però lascia spazio alla coscienza che manca la sinistra e che va ricostruita. Ci ha spiegato perchè
Sfila tra i volti noti della politica, lui che dice di averla lasciata dopo averne fatto parte a lungo per dedicarsi allo studio, alla riflessione, alla sua rivista, Alternative per il socialismo. Avvolto nel tradizionale cappotto verde, con l'immancabile sigaro in mano, Fausto Bertinotti non poteva non esserci oggi, al corteo della Cgil. Poco distante Paolo Ferrero, attuale segretario, con cui i motivi di lontananza politica non sono mancati, tanto da spingere i "suoi", con Nichi Vendola in testa, a lasciare Rifondazione per imbarcarsi nel progetto costituente di una nuova formazione della sinistra. Sebbene sia fuori dall'agone politico in senso stretto, Bertinotti quel progetto di una nuova sinistra lo ha sostenuto e lo sostiene, mentre resta, a giudicare dalle mani che stringe in questa piazza, un punto di riferimento della sua comunità politica. Con lui abbiamo parlato proprio a margine del palco, davanti ad un fiume di bandiere rosse che lo hanno profondamente colpito.
La Fiom e la Funzione pubblica insieme, a sfilare per le strade capitoline e a ritrovarsi a S.Giovanni. Che cosa ti suscita questa compresenza?
E' molto bello. Ma forse anche di più. E' un fatto che dovrebbe interessare la cultura politica del paese. Questa manifestazione di lotta comune di due popolazioni lavorative per storia così diversa, come appunto i metalmeccanici e il pubblico impiego, è un reciproco vantaggio. Aiuta infatti a far vedere il lavoratore pubblico italiano come un lavoratore e non un privilegiato, e aiuta anche il metalmeccanico, che dimostra come non rappresenti la fine di una grande storia, la classe operaia che esce di scena, ma come una realtà sociale che ancora resiste, che ancora c'è.
Ed è poi un segnale di unità, tra due categorie che negli ultimi anni sono state anche distanti?
Si, rappresenta l'idea di mettere al centro dell'iniziativa politica e sociale l'unità della compagine lavorativa, del mondo del lavoro. Il che è un fatto straordinario, una risposta importante anche al contesto che il mondo sta vivendo.
Ti riferisci alla crisi?
Ovviamente, la recessione divide il mondo del lavoro, basta guardare Oltre Manica a quanto accaduto in Galles. E la crisi economica non fa che aumentare il rischio di conflitti che possono intervenire ogni giorno fra i lavoratori, spinti dalla scarsità di occupazione, dalla concorrenza spietata che il padrone impone loro. Ecco, di fronte a questo scenario, la costruzione dell'unità del lavoro diventa fondamentale, importantissima, vitale. Per questo dovrebbe interrogare la cultura politica.
E i partiti. Che messaggio manda questa piazza Cgil alla sinistra?
Il messaggio che manda lo si vede dal colore, da questa distesa di bandiere rosse che è assolutamente straordinaria. Sta avvenendo qualcosa di singolare. Veniamo da un tempo lontano in cui le manifestazioni della sinistra politica erano un tappeto di bandiere rosse mentre quelle sindacali erano multicolore, perché c'erano diversi simboli, perché si sosteneva che il sindacato dovesse comprendere tutti. Oggi questa distesa di bandiere rosse riempie di un vuoto il paese. Col che non è richiesto al sindacato di sostituire le forze politiche, ma indica un problema: se da una parte testimonia infatti una presenza forte di un sindacato che offre la mano ai lavoratori e questi che la prendono - senza chiedersi chi è, perchè sanno che è il sindacato e questo è ciò che conta, che basta- d'altra parte prova che non c'è, come dovrebbe esserci, la sinistra. Ma questo è un compito che è di questa gente e di questo popolo, ma non di questa organizzazione.
La gente e il popolo a cui ti riferisci però chiede alla sinistra unità. Durante la manifestazione non pochi si sono avvicinati a te per esprimerti questa esigenza, anche per dire che non capiscono però la nascita di un altro nuovo partito della sinistra che impegnerebbe Nichi Vendola...
Non milito direttamente nella politica, quindi non è giusto che mi pronunci, Nichi Vendola è un caro amico e compagno, penso però che il problema sia complessivamente della sinistra. Credo che oggi in Italia non esiste una sinistra e bisognerebbe, senza scorciatoie, porsi il problema di ricostruirla. Personalmente poi ritengo che ciò possa avvenire, intendo questa ricostruzione, solo da un grande big bang, che riapra un capitolo nuovo nella forza politica del paese.
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