giovedì 2 settembre 2021

Franco Astengo: Somma e sottrazione nella costruzione politica

SOMMA E SOTTRAZIONE NELLA COSTRUZIONE POLITICA di Franco Astengo In questi giorni di preparazione elettorale mi è capitato, sia pure nel limitato ambito di una piccola cittadina di provincia, di osservare da vicino le diverse dinamiche messe in moto per formare una lista unitaria della sinistra comprensiva degli ambientalisti ed inclusa in una coalizione comprendente anche PD, "civici", Italia Viva e Azione (escluso il movimento 5 stelle) nell'appoggio al candidato Sindaco . Uno schieramento credo assolutamente originale nel panorama che si sta presentando in vista delle elezioni amministrative del 3-4 ottobre ,anche perché questa lista comprende Rifondazione Comunista. Di questi tempi occuparsi di costruzione politica sia pure appunto semplicemente osservando la formazione di una lista elettorale significa ricevere una lezione intorno ai mutamenti registrati nel tempo dai comportamenti politici, sia all'interno del collettivo dei soggetti organizzati sia nel muoversi dei singoli. I singoli che, nel quadro della dispersione sociale e culturale in atto, si rendono disponibili ad una aggregazione sia pure parziale e temporanea come nel caso di una scadenza elettorale, appaiono mossi, nella gran parte dei casi, da quel moto di "individualismo competitivo" che rimane l’elemento più importante che si riscontra analizzando il mutamento in atto sul piano delle relazioni sociali, culturali e anche umane. Nella fattispecie la costruzione nella condizione data di una presenza elettorale (con la pretesa di mettere assieme soggetti diversi in un contesto di provincia, quindi senza nessuna possibilità di efficace richiamo al quadro generale e abbastanza al di fuori dai riflettori accesi dai media) si è potuta realizzare soltanto attraverso l’espressione di due fattori (una novità per chi era abituato a muoversi per linee collettive verticali): a) per sottrazione: nella difficoltà delle forze politiche nell' esprimere aggregazione, radicamento sociale, capacità organizzativa; b) per somma: di aspirazioni individuali (anche di richiamo morale o a riferimento a tradizioni passate, riferite però al vissuto del singolo) e di piccolo gruppo. In questo senso appaiono molto presenti logiche da “clan” e l’utilizzo di tecniche di tipo lobbistico ( usate magari casualmente). Alla fine anche se il risultato politico di facciata potrà essere considerato positivo perché offrirà comunque all'elettorato un immaginario di unità finirà con il prevalere come "anima" del complesso il secondo fattore, quello delle aspirazioni individuali o di clan. Le motivazioni politiche generali ( prima fra tutte quella del "richiamo unitario") risulteranno senz'altro in secondo piano rispetto a una visione utilitaristica riguardante il singolo o il suo minuscolo ambito di riferimento. Sarà interessante verificare su andamento ed esito della campagna elettorale quanto inciderà questo doppio registro, quello unitario nella facciata e quello delle più o meno larvate motivazioni personalistiche. Nello sviluppo dell'analisi rimangono da considerare altri due elementi: 1) La difficoltà di far valere un’idea di egemonia della progettualità. Il livello di confronto possibile sui contenuti appare ormai molto ridotto a temi di piccolo cabotaggio rispecchiando infatti la mediocrità del contesto (e l’assenza, già segnalata, di possibilità di richiamo a livelli più complessivi di riflessione e di iniziativa politica); 2) Il confronto con un avversario che, nello specifico, sta puntando sul tema della personalizzazione non tanto della politica ma del potere in un ritorno a una sorta di concezione feudale. L’incertezza al momento è quella tra far valere come prevalente l’idea del contrasto diretto con l'avversario oppure tentare la strada di una espressione di egemonia della progettualità misurata anche (e soprattutto) al di fuori dal riferimento agonistico imposto dalla scadenza elettorale. Alla fine abbiamo di fronte l’antico dilemma gramsciano : “Pessimismo della ragione, Ottimismo della volontà” cercando di riflettere anche sulla “classica” indicazione che ci veniva da Alessandro Natta attorno “all’illuminismo giacobino”.

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