giovedì 30 settembre 2021

Felice Besostri: Dopo le elezioni in Germania

Dall'ADL DOPO LE Elezioni IN GERMANIA Cosa sarà l’Europa? Come riemergeremo nei prossimi anni di post pandemia? Quale ruolo giocheremo come europei nel mondo multipolare? Quale sarà la nostra capacità di affrontare le sfide planetarie, dal surriscaldamento globale ai flussi migratori, dagli scenari di guerra alla digitalizzazione? Ciò non dipenderà, purtroppo, dalle elezioni del Parlamento europeo del 2024, ma da questi tre fattori... di Felice Besostri *) Le elezioni federali tedesche, appena svoltesi in questo 2021, rappresentano una determinante rispetto al futuro dell’UE. A ciò si aggiungono le presidenziali e legislative francesi in calendario per il 2022. E poi ci sono le elezioni politiche italiane del 2023, sempreché non vengano anticipate al 2022, come spera la destra per sfruttare a proprio vantaggio l’ennesima legge elettorale incostituzionale, i cui effetti distorsivi sono aggravati da un’eccessiva riduzione del numero di parlamentari sancita con la legge costituzionale n. 1/2020. Dopo la Brexit i grandi paesi UE sono ridotti a tre – Germania, Francia e Italia – che non sono nelle loro migliori condizioni, ma nemmeno stanno meglio i paesi medio grandi a cominciare dalla Spagna, per finire con Romania e Polonia. PAESI SENZA “PORCELLUM” - Per combinazione fortuita il prossimo anno è decisivo per i tre capi di Stato dei grandi Paesi UE. Si dovranno eleggere i tredicesimi presidenti di Italia e Germania, da parte di assemblee speciali composte da parlamentari e rappresentanti delle articolazioni territoriali costitutive delle rispettive repubbliche. Il nono Presidente della Quinta Repubblica francese sarà eletto, invece, direttamente dal popolo, mentre il nono Cancelliere federale sarà quello scelto dall’alleanza di governo, che succederà alla Grosse Koalition di Angela Merkel, tuttora dotata di una maggioranza assoluta pari a 406 seggi, al 54,93% dei seggi e al 49,8% dei voti validi. Ma le maggioranze numeriche teoriche sono almeno quattro. Quanto al Bundestag, esso ha una “base” di 598 membri, dei quali 299 vengono eletti in collegi uninominali maggioritari (“Primo voto”) e altri 299 su liste bloccate proporzionali nei Laender (“Secondo voto”). E però la composizione finale del Bundestag deve rispettare la proporzione delle liste. Perciò, se un partito ottiene un numero di seggi superiore alla sua percentuale, si devono aggiungere seggi in Parlamento, i cosiddetti “mandati aggiuntivi” che servono appunto a rispecchiare esattamente la proporzione di consenso risultante dal “Secondo voto”. Nel 2013, con Afd e FDP fuori dal Bundestag i seggi parlamentari erano 631. Nel 2017 con sei partiti rappresentati i seggi totali salirono a 709. Quest’anno si è giunti al record di 735 seggi. Morale: per rispettare la volontà degli elettori in Germania si aumentano i seggi, in Italia sono stati drasticamente ridotti allo scopo di premiare i tre/quattro partiti “maggiori”. I cittadini tedeschi la sera delle elezioni non sanno chi sarà il futuro Cancelliere, che corrisponde al nostro Presidente del Consiglio dei ministri. Noi – che invece (dal Porcellum in poi) dovremmo saperlo subito, chi vince e chi governa – non stiamo per nulla meglio di loro. Dal 2006 abbiamo avuto otto premier in quattro legislature. Loro, grazie a una legge sostanzialmente proporzionale con soglia di accesso e ridottissimo premio di maggioranza, nello stesso periodo hanno avuto una sola Cancelliera, la “Mutti” Merkel. E nessuno scioglimento anticipato. ottica europea e internazionale – Una valutazione più generale deve farci riflettere. Viviamo in una fase storica paragonabile alla seconda metà del XIX secolo, quello caratterizzato da un prepotente sviluppo industriale e dell’espansione degli imperi coloniali. Allora la sinistra europea non diede soltanto una risposta in termini di analisi politica ed economica, ma si impegnò anche in un forte slancio organizzativo con la creazione, nei singoli paesi, di grandi partiti socialisti che avviarono il loro coordinamento nella Prima Internazionale. Oggi all’orizzonte non si vede nulla di simile. Appare come un fenomeno di facciata il nostro odierno europeismo, surrogato di un internazionalismo che si era rovinato nella Prima Guerra Mondiale e che poi, dopo la Seconda, s’è assiderato con il fallimento dell’Internazionale Comunista. Ma non esiste alcuna possibilità di dare risposte nazionali ai problemi planetari. Come regolare la finanza internazionale o ridurre il consumo di energia d’origine fossile? Per ridurre efficacemente il consumo bisognerebbe ridurre anche la produzione. Ma allora occorrerebbe indennizzare i paesi produttori, e lo stesso valga se intendiamo salvare le grandi foreste. Quindi, sarebbe necessario tassare le imprese multinazionali e i profitti finanziari… Quindi, il ruolo dell’Europa non può essere a rimorchio di una leadership come quella americana, che decide in solitario; e basta leggere la cronaca della fuga dall’Afghanistan oppure quella del contrasto al pericolo cinese con i sottomarini nucleari per rendersene conto. DESTRA E SINISTRA TEDESCHE OGGI - La Germania giocherà un ruolo importante, se contribuirà a cambiare le politiche europee. Ma com’è andata, realmente, nelle elezioni federali tedesche, appena svoltesi? La SPD ha vinto chiaramente, seppure di stretta misura, ma la sinistra nel suo complesso ha perso. E ciò vale specialmente nella ex DDR, con l’eccezione del Meclemburgo Pomerania Anteriore, dove i socialdemocratici hanno guadagnato un 1% rispetto al 2017. Tuttavia, i voti del 2013, il 29,44%, ora non ci sono più. Né esiste una maggioranza numerica teorica di sinistra SPD+LINKE+VERDI. Nel 2021 la SPD (206 seggi) + LINKE (39 seggi) + VERDI (118 seggi) arrivano a 363 seggi su 735: si attestano cioè 5 seggi sotto la maggioranza assoluta, e questo perché la Linke ha perso 30 seggi. Di contro, malgrado la perdita secca dell’UNION e soprattutto della CDU, ma anche dell’AfD, la destra ha vinto a livello federale grazie al successo del FDP. Per la seconda volta, come nel 2017, sarebbe teoricamente possibile un governo UNION+FDP+AfD con 371 seggi (196+92+83). Nel 2017 questa virtuale maggioranza di destra aveva traguardato i 374 seggi su 709 con il 52,7%. Oggi, nel 2021 essa si è ridotta, ma non solo e non in primis per questa ragione resta alquanto improbabile. L’assoluto antieuropeismo della AfD sarebbe intollerabile per la UNION che a Bruxelles esprime Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea. Nella Repubblica Federale Tedesca non esiste il fenomeno della migrazione da un gruppo parlamentare all’altro, non nel Bundestag (a livello regionale è diverso). Pertanto, resta valida la risposta di Konrad Adenauer quando gli chiesero come avrebbe potuto governare in solitaria con appena due voti di maggioranza: «Ma ce ne è uno in sovrappiù!», esclamò. Nella congiuntura attuale la SPD non può che tentare la costruzione di un governo “Semaforo”, cioè rosso SPD, giallo FDP e verde Grünen. Si tratterebbe di una formula a guida socialdemocratica, come nella Renania Palatinato. Essa scongiurerebbe una coalizione “Jamaica”, cioè gialla FDP, verde GRÜNEN a nera UNION, come nello Schleswig-Holstein. Questo Land, per inciso, ha mandato al Bundestag un deputato rappresentativo della minoranza danese. È la prima volta dal 1949. Insomma, l’incertezza domina sul futuro cancellierato, perché loro la sera del voto non sanno chi li governerà… Ma a Berlino è abbastanza certo che ci sarà un governo prima di Natale e che durerà quattro anni. CENNI DI Analisi del voto TEDESCO - Entrando un po’ più nel merito si può dire che a destra il riporto dei voti tra CDU e FDP avviene in modo pieno, come fossero vasi comunicanti e anche le particolarità del sistema appaiono sfruttate in pieno con il primo voto “di testa” al maggioritario e il secondo voto “di cuore” al proporzionale. A sinistra, invece, ciò non è stato possibile perché con la Linke al 4,9%, i voti “di testa” nei collegi maggioritari risultavano essenziali alla sopravvivenza di quel partito. L’elettorato generico di sinistra ha fatto uso del voto disgiunto, come dimostra il caso di Gregor Gysi nel collegio uninominale di Berlin-Treptow-Köpenick, dove nel 2017 si verificò la più grande differenza tra Primo voto maggioritario e Secondo voto proporzionale. Tant’è che Gysi fu eletto con il 39,9%, mentre nello stesso collegio la Linke ottenne il 25,2%. Nei collegi corrispondenti al territorio della ex DDR la debolezza della sinistra è stata ancor più evidente. Nel 2013 la LINKE con il 22,7% era il secondo partito e la SPD con il 17,9% il terzo. Nel 2017 la Linke con il 17,8% terzo partito e la SPD con 13,4% il quarto. Nel giro di appena 4 anni la sinistra è passata dal 40,6% al 31,2%. Nello stesso periodo alle elezioni federali la destra è passata dal 44,1%, composto da UNION 38,5% e AfD 5,6% al 49,5% con l’Unione al 27,6%, primo partito e l’AfD al 21,9% al secondo posto. In queste elezioni la AfD è scesa dal 11,46% al 10,3%, ma è diventato il primo partito in Sassonia e in Turingia. In controtendenza, la SPD ha conquistato nel Meclemburgo Pomerania Anteriore 34 seggi: qui i socialdemocratici con il 39,6% (+9%) hanno conseguito una percentuale mai raggiunta prima in questo Land. Inoltre, per la prima volta, Berlino avrà una sindaca: è Franziska Giffey della SPD. Ex ministra della Famiglia del governo Merkel, si dimise a maggio dopo lo scandalo legato ad accuse di plagio per la sua tesi di dottorato. Giffey, 43 anni, subentra a Michael Müller che aveva scelto di non ricandidarsi: «Berlino è una delle città più attraenti e importanti del mondo», – ha commentato la neo sindaca: «Abbiamo tutte le potenzialità affinché questi anni Venti portino Berlino a essere città di riferimento per il business, la tecnologia, la cultura e la creatività in Europa. E possiamo fare tutto questo socialmente e democraticamente». A Berlino la SPD ha totalizzato il 21,4%, i GRÜNE mietono il 18,9% e la Linke porta a casa il 14%. Il municipio della capitale tedesca sembra destinato a continuare l’attuale coalizione Rosso-Rosso-Verde, pur con qualche acciacco per la SPD (-0,2%) e la Linke (-1,6%). Forse è questo il laboratorio di una nuova sinistra in terra tedesca.

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