martedì 3 settembre 2019

Franco Astengo: Governo

Da più parti mi è stata chiesta ragione della posizione assunta circa la valutazione di impossibilità che il governo PD – M5S possa rappresentare un passo in avanti sul piano della progettualità necessaria per affrontare le contraddizioni oggi emergenti nelle complessità sociale. Da questa mia personale valutazione ne consegue che, preso atto dell’impedimento che questo governo provvisoriamente rappresenta verso un ulteriore scivolamento a destra la sinistra debba continuare a pensare ad un proprio autonomo processo di ricostruzione senza considerare questo passaggio di governo come direttamente coinvolgente. Il tema della ricostruzione a sinistra è tema strategico che le oscillazioni imposte dall’attualità non possono porre in discussione. L’esecutivo che si va formando non può insomma essere senza considerato come un fattore di inversione di tendenza nella dinamica assunta dal sistema politico italiano. Dinamica a suo tempo avviatasi al momento dell’introduzione della formula elettorale maggioritaria con lo spostamento progressivo della centralità parlamentare verso il feticcio della governabilità fino alla sublimazione del personalismo e della disintermediazione (dialogo diretto capo/folla, meglio se attraverso Facebook). Riassumo le ragioni di questo giudizio in alcuni punti schematici: dalla parte del Movimento 5 stelle: 1) Il Movimento 5 stelle rivendica la propria natura di soggetto propugnatore del superamento del concetto destra / sinistra. Concetto destra /sinistra che invece va considerato e rivendicato almeno ancora nei suoi termini classici ; 2) Il Movimento 5 stelle è fautore da una confusa e pericolosa idea di “democrazia diretta”. Secondo i teorici del Movimento si dovrebbe arrivare attraverso l’utilizzo del web a soppiantare l’istituzione parlamentare oppure a ridurla a mero luogo di ratifica di decisioni assunte altrove; 3) Il Movimento concepisce il rapporto lavoro / welfare in chiave meramente assistenzialistica e aderisce goffamente all’ideologia della “decrescita felice”. Elementi teorici molto diversi da quelli legati all’idea della “sostenibilità” dello sviluppo che invece dovrebbero essere patrimonio di una sinistra all’altezza delle questioni di fase; Dalla parte del PD: 1) Aver sposato acriticamente il liberismo e non essere rimasto – almeno – nell’alveo di una visione socialdemocratica di tipo keynesiano; 2) Aver appoggiato, nella grande parte dei suoi esponenti allora di minoranza e oggi in maggioranza nel partito, il referendum costituzionale promosso da Renzi nel 2016. Questa “frattura” creatasi in allora a sinistra tra il SI e il NO non può essere superata perché posta sul piano della concezione della democrazia repubblicana così come questa si trova elaborata nella Carta Costituzionale. Naturalmente questa affermazione vale per le elettrici e gli elettori che avevano votato “NO” non opportunisticamente ma in coerenza con l’idea di affermazione della Costituzione. L’affermazione dei valori costituzionali costituisce infatti la base fondativa del progetto di ricostruzione della sinistra. 3) Aver accettato l’impostazione monetarista imposta dall’UE nel corso degli anni della crisi dal 2007 in avanti e non aver promossa alcuna iniziativa concreta per l’effettiva democratizzazione del processo politico europeo e così agevolando di fatto l’ondata sovranista. Errore commesso in compagnia del partito socialista francese e dell’SPD che – appunto – adesso per questa ragione si trovano ai minimi termini. 4) Aver rinunciato a una battaglia culturale sul piano dei grandi principi di uguaglianza e solidarietà patrimonio della sinistra storica italiana della quale va proclamata continuità con valori e progetti nell’idea di superamento di divisioni ideologiche ormai del tutto fuori del tempo. Egualmente al PD va attribuito l’abbandono dell’idea di partito come fondamento insuperabile dell’assetto democratico e il cedimento al personalismo e ai meccanismi di cooptazione per via

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