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sabato 6 ottobre 2018
Franco D'Alfonso: Chiacchiere e distintivo
CHIACCHIERE E DISTINTIVO
Il governo giallo verde ha consolidato questa tipologia di dibattito politico qualsiasi sia l’argomento in discussione : non era mai successo che si discutesse per giorni su tutti i media del mondo di questioni serissime come il crollo del ponte o la politica economica del governo scritta senza avere non dico una riga scritta, ma una idea strutturata di che cosa verrà messo nero su bianco in un provvedimento ufficiale di una Repubblica che rappresenta pur sempre l’ottava economia più grande al mondo. Rimando ogni valutazione sulla questione del giorno, il misterioso Def, alla nota sui 120 giorni di governo che invierò dopo il 4 ottobre, scadenza di tale termine, proprio per cercare di concentrare questa nota su questo inspiegabile minestrone collettivo che ha visto tutti, ma proprio tutti inventarsi ingegneri strutturisti in agosto, gestori di fondi investimento in settembre e chissà cosa altro in ottobre..
Si tratta di una tecnica precisa, che ha il pregio, dal punto di vista di chi la avvia, di dettare non solo l’agenda del dibattito, ma anche le argomentazioni e le vie per … sviare il confronto sul merito e buttare tutto in chiacchiere da bar e vociare da stadio, allineando tutti al livello minimo di competenza e pensiero. L’innalzamento dei toni e degli annunci serve a coprire, con difficoltà ovviamente crescente essendo al governo e dunque dovendo prima o poi fare e non dire, l’impossibile coesistenza di due linee politiche inconciliabili, quella di ispirazione liberista dello Stato minimo, diventata in Italia dello “Stato inutile” e del “non pagare le tasse è giusto” per ..merito del suo vero iniziatore, Silvio Berlusconi; e quella di ispirazione neo-statalista, versione arretrata del centralismo dirigista di una sinistra anni Cinquanta, che sogna il ritorno all’assistenzialismo mascherato da flexsecurity , pensando di risolvere la crisi del welfare socialdemocratico riportando indietro le lancette dell’orologio della storia.
La tuttora disorientata opposizione di centrosinistra ( della quale chi scrive sente di essere parte, disorientamento compreso) è caduta subito nella trappola e si è tuffata nella discussione basata sul nulla, finendo per ripresentare come valide solo le fallimentari ricette del recente passato e di arrestare sul nascere le ancora embrionali ricerche di una nuova proposta politica.
Il flebile suono delle voci che si intuiscono provenire dal campo di Agramante della sinistra sembra sempre il medesimo : da una parte quelle convinte della giustezza delle politiche dei recenti governi pd, che si centrano sull’irrealizzabilità delle promesse carioca e sulla speranza che sia ancora una volta il voto dello spread a far passare il mazzo di mano; dall’altra i cultori dell’anima di sinistra del populismo, che considerano i Cinquestelle “compagni che sbagliano” da far prima ricredere e poi redimere. In pratica, le stesse illusorie e fallimentari idee che hanno portato alla sconfitta contemporanea e definitiva delle “due sinistre” alle elezioni del 4 marzo ed il pensiero che la tattica delle alleanze - gli uni con il centro-destra, gli altri con una sinistra di popolo sempre immaginata e mai palesatasi – possa sostituirsi alla strategia ed alle idee di una politica chiara e comprensibile .
Non si è ancora capito, probabilmente, che il connubio gialloverde si è ormai ritrovato su un piano politico stabile ed irreversibile : le convergenze sulla politica populista, antieuropeista, sovranista si inseriscono in un filone internazionale che va da Trump a Putin passando per Boris Johnson e tutti i movimenti “sovranisti” europei e, come le tempeste tropicali, attinge forza dal calore del mare e dal freddo dell’aria e si può esaurire solo scaricandosi, non certo retrocedendo a forti venti e mare calmo. I gialloverdi prendono forza proprio scaricando il giusto e l’ingiusto sui vecchi nemici, sui governi Pd e sull’Europa, risultando nel breve periodo sul piano dei consensi assolutamente e nuovamente vincenti. Sono andati troppo avanti per pensare che le contraddizioni interne possano portare alla spaccatura, ormai i gialloverdi “simul stabunt, simul cadent”.
Meglio faremo, a sinistra, a fare i conti con il fallimento simultaneo che c’è già stato, quello delle politiche dei governi Pd e quello della sinistra che non c’è mai ma sempre per colpa degli altri .
Personalmente credo che il fallimento delle “due sinistre” abbia un elemento comune, la cieca fiducia nel ruolo di Governo nazionale e nell’Europa come frutto di accordo fra Governi. Il non aver capito che il centralismo, a tutti i livelli, non è una soluzione che permetta di affrontare i problemi indotti da una globalizzazione che ormai salta completamente le dimensioni degli Stati nazionali e proietta effetti diversissimi su territori contigui è uno degli errori che abbiamo commesso.
La sconfitta nel referendum costituzionale , al netto di tutti gli aspetti legati alla personalizzazione, rappresentò il fallimento dell’ultimo tentativo possibile di dare una soluzione centralista , guidata da un leader forte e determinato, alla crisi italiana. Ad essere bocciati nuovamente il 4 marzo furono poi gli elementi-cardine della politica del Pd “renziano”: la distruzione sistematica delle autonomie locali in favore di un rafforzamento senza precedenti del potere di Palazzo Chigi, nemmeno dei ministeri ; riduzione delle tasse “lineare” unita alla politica di elargizione di “bonus” sostanzialmente indiscriminata, alla ricerca del rilancio dei consumi interni ; incremento dei trasferimenti alle imprese come misura di rilancio degli investimenti. Questa politica è stata sostenuta da una utilizzazione di fondi pubblici, questa sì “senza precedenti” almeno recenti : si tratta di almeno 44 miliardi di euro in tre anni, di cui più o meno la metà ricavata da un taglio di risorse al comparto degli enti locali ed i restanti utilizzando i margini di flessibilità (anch’essi senza precedenti). Ma l’azione più decisamente mirata ha riguardato la definitiva alterazione dei meccanismi legislativi di gestione ordinaria, trasformando ogni finanziaria, milleproroghe etc in una “roulette” dalla quale potevano uscire i numeri vincenti senza alcuna logica apparente ed al contempo portando a regola l’intervento eccezionale e fuori schema, generalmente annunciato dal premier prima del lavoro degli uffici in una sorte di regime “de iure condendo..” . La nascita e l’uso dell’ Anac di Cantone come garante di questi processi extracorporei - inizialmente per gli appalti e poi anche su altri settori – ha completato sul versante giuridico l’impianto “commissariale” affermatosi in quegli anni.
Per nemesi storica, i gialloverdi oggi al Governo utilizzano , maldestramente sul piano amministrativo, magistralmente sul piano della comunicazione elettorale, proprio l’impianto che il centrosinistra di governo ha costruito in questi anni .
L’altra sinistra, quella che non c’è, non è mai riuscita a capire ( o più probabilmente non poteva capire ) che il problema non era e non è Renzi ed il suo carattere più o meno simpatico, ma è proprio quello di cambiare il paradigma centralista.
Mi si perdoni l’autocitazione, ma le parole che scrivevo nel novembre 2014, in un articolo dal titolo “Cambio di vento o giro di valzer” , sono state purtroppo profetiche e nello stesso tempo sono attuali : “La finanziaria contiene cose di buon senso , qualche utile correzione, qualche nuovo errore ma è sostanzialmente in linea con tutte le ultime finanziarie….. Per ricostruire (..) l'unica via è un grande piano di investimenti pubblici, (…) esattamente come successe nel dopoguerra .
Le nuove infrastrutture ed i nuovi investimenti riguardano il risanamento ambientale, idrogeologico , il recupero del patrimonio edilizio esistente, il trasporto su ferro (…) Occorre farlo prima che si disperda la risorsa principale di cui disponiamo in Italia , la cultura delle arti e dei mestieri. E la dimensione di investimento non è quella dei Piani Marshall nazionali , ma è quella dei territori , quella "locale" che sviluppa le tendenze esistenti e non ne inventa di nuove .”
Ecco , la ricostruzione di una nuova politica della sinistra, in Italia ed in Europa, o riparte dai territori o sarà velleitaria e destinata a soccombere come avvenne, tragicamente, nel secolo scorso.
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