venerdì 29 luglio 2011

Dario Allamano: Riflessioni politiche

Care compagne e cari compagni
la situazione politica sta subendo sull'onda della crisi economica, una
accelerata degna del 1992. La Magistratura ormai indaga a 360° e tutti i
Partiti della cosiddetta seconda Repubblica vengono colti con le mani nella
marmellata. É la fine di una ipotesi politica nata nel 1993 che si basava su
un teorema: "mandati in galera i socialisti l'Italia sarà più bella, più
ricca e più pulita", così non è stato, il nostro Paese oggi è più brutto, più
povero e più sporco.
Oggi ci sarebbe più che mai bisogno di un partito socialista autonomo ed
innovatore, ma questo partito non c'è, ne esiste solo più un simulacro chiuso
ed autoreferenziale ed ormai ampiamente subalterno al PD, un Partito che ha
completamente dimenticato le lezioni sull'autonomia dei socialisti di
Lombardi, Nenni, Jacometti ecc.
Oggi in Italia manca una vera e forte CULTURA socialista che funga da argine
alle derive populistiche demagogiche che imperversano sia a destra che a
sinistra. Il PD non è in grado di farlo, la sua ansia di tornare al potere lo
porta a disegnare astruse ipotesi di alleanze elettorali per tenere assieme
il terzo polo, Di Pietro e Vendola, dimenticando le esperienze delle
precedenti coalizioni di Governo.
É la dannazione di chi si rende conto che non sarà mai autosufficiente per
governare da solo, che per raggiungere il 51% deve mettere assieme cani e
porci, ben consapevole peraltro che che con questa compagni di giro non potrà
mai governare, ma che sa che senza questa "santa alleanza", tenuta assieme
dallo sputo, è condannato a restare all'opposizione nei secoli a venire.
Mettere assieme alleanze eterogenee, utili per vincere le elezioni ma incapaci
a governare, ha ormai dimostrato la sua inconsistenza. L'idea di un Governo da
Casini a Vendola (tanto cara a d'Alema) ormai è quasi fuori dal gioco, il
terzo polo si tiene le mani libere per tornare nel suo naturale alveo di
centro destra, ma anche l'ipotesi di un Governo da Casini alla Lega non
reggerebbe l'urto della crisi.
É la dannazione della cosiddetta Seconda Repubblica, che ha costruito un
sistema bipolare autoritario, che però non sa più rappresentare una vasta
area di elettorato, che ormai si chiama fuori, e che inizia a cercare una
qualche forma di " nuova rappresentanza".
Per fortuna qualcosa si sta muovendo, l'appello delle organizzazioni
imprenditoriali e dei sindacati, purtroppo senza la UIL, affinchè si realizzi
un nuovo "patto per lo sviluppo" (vedi in calce) individua una strada che noi
socialisti di Labouratorio Buozzi indichiamo da tempo: una temporanea
alleanza tra le forze vive e produttive dell'Italia, che sia in grado di
governare una delicata fase di transizione e che porti questo paese al di
fuori della palude malmostosa in cui l'ha cacciato una politica (sia di CD
che CS) priva di valori ideali, di idee e di proposte utili per i cittadini
italiani e non solo per una ristretta casta di super-ricchi.
Si apre una fase nuova, sotto l' "alto patronato" ormai evidente del
Presidente della Repubblica, fase che non sarà nè breve nè semplice, i primi
segnali sono comunque positivi.
I leaders di PD e PDL (Berlusconi, Tremonti, Bersani, d'Alema) sono
visibilmente zoppi, le fratture dentro la Lega sono evidenti, il limite
populistico-demagogico di Vendola e DiPietro è ormai evidentemente incapace
ad offrire risposte adeguate.
Sta tornando di moda l'esempio del Governo Amato del 1992, taluni iniziano a
proporre esplicitamente Giuliano quale Presidente del Consiglio, il quale
(orrore!!!!!!!) riprende vecchie bandiere socialiste (che anche lui aveva
lasciato cadere) e parla di Imposta Patrimoniale per salvare l'Italia, senza
che i grandi detentori di questi patrimoni facciano subito "tintinnare le
sciabole" (come disse Nenni al tempo della legge di Riforma Urbanistica di
Fiorentino Sullo).
Non dobbiamo sognare il ritorno al vecchio PSI, che ormai non esiste più, ma
il ritorno a delle culture politiche che sappiano a Governare per davvero uno
Stato ormai ampiamente allo sbando.
Non è tempo nè di Governi tenuti assieme dallo scotch a sinistra nè di Governi
di destra tenuti assieme dai soldi di Berlusca, ma non è neppure tempo per
uno pseudo Governo dei Tecnici o dei Migliori, che non è mai chiaro quali
interessi rappresentino.
All'Italia occorre un Governo Politico che Governi il Cambiamento, sulla base
di un "Patto politico" in grado di ricostruire l'Unità tra gli Italiani,
magari con un Progetto di Stato che, in un quadro unitario e solidale,
rafforzi le autonomie regionali, che sappia premiare realmente i meriti e
sostenere i bisogni. Un Patto a termine (3-5 anni), al termine del quale ogni
forza politica riassume la propria autonomia e ci si torni a dividere tra
destra e sinistra, tra conservatori e socialisti, così com'è in ogni
democrazia seria. L'esperienza del Governo CDU-SPD in Germania potrebbe
insegnarci qualcosa.
É forse solo una speranza, quella di vedere tornare al Governo quelle culture
liberali, democratiche e socialiste che hanno costruito l'Italia migliore, ma
è la mia speranza e penso che lo sarà anche per molti italiani, allorchè si
risveglieranno dall'ubriacatura di un ventennio scellerato sia a destra che a
sinistra.
Fraterni saluti
Dario Allamano

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Guardiamo con preoccupazione al recente andamento dei mercati finanziari. Il
mercato non sembra riconoscere la solidità dei fondamentali dell'Italia.
Siamo consapevoli che la fase che stiamo attraversando dipende solo in parte
dalle condizioni di fondo dell'economia italiana ed è connessa a un problema
europeo di fragilità dei Paesi periferici. A ciò si aggiungono i problemi di
bilancio degli Stati Uniti.

Ma queste incertezze dei mercati si traducono per l'Italia nel deciso
ampliamento degli spread sui titoli sovrani e nella penalizzazione dei valori
di Borsa. Ciò comporta un elevato onere di finanziamento del debito pubblico
ed un aumento del costo del denaro per famiglie ed imprese. Per evitare che
la situazione italiana divenga insostenibile occorre ricreare immediatamente
nel nostro Paese condizioni per ripristinare la normalità sui mercati
finanziari con un immediato recupero di credibilità nei confronti degli
investitori. A tal fine si rende necessario un Patto per la crescita che
coinvolga tutte le parti sociali; serve una grande assunzione di
responsabilità da parte di tutti ed una discontinuità capace di realizzare un
progetto di crescita del Paese in grado di assicurare la sostenibilità del
debito e la creazione di nuova occupazione.


Abi, Alleanza Cooperative italiane (Confcooperative, Lega cooperative, Agci),
Cgil, Cia, Cisl, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confindustria,
Reteimprese Italia (Confcommercio, Confartigianato, Cna, Casartigiani,
Confesercenti), Ugl

19 commenti:

franco ha detto...

Care Compagne e cari compagni,
Purtroppo l'occasione è buona per ripetere cose già scritte e dette tante
volte. Serve un nuovo soggetto della sinistra italiana, capace di superare
le antiche appartenenze, nel quale si ricostruisca un gruppo dirigente,
centrale e periferico, attraverso un confronto sull'intreccio tra progetto e
programma (progetto di nuova società, programma basato sulll'Europa
politica, l'intervento pubblico in economia, il welfare universalistico, il
ripristino dei diritti dei lavoratori,la difesa della Costituzione, la
Repubblica parlamentare, l'adesione al PSE) e strutturato sulla base di un
"agire politico" diverso dal meccanismo perverso della personalizzazione,
dell'elezione diretta, dall'acquiescenza al falso bipolarismo. Tutto questo
non lo si mette in piedi in cinque minuti, occorre un lavoro di lunga lena,
di recupero assieme culturale e politico. SeL ha perso una grande occasione,
acconciandosi al personalismo e all'obiettivo di "primarie" che portano il
soggetto politico ad inseguire un modo di far politica assolutamente
sbagliato e perdente. In quel partito (se vogliamo definirlo così) deve
aprirsi una battaglia politica, che non si è voluta fare al congresso
escludendo la possibilità di diverse mozioni (anche questo un errore: ci si
blinda, si rifugge dal confronto nel nome del "partito personale"). Il PD
non è recuperabile su questo terreno e colgo l'occasione per invitare i
compagni che intendono, in quel partito, mantenere una posizione di sinistra
di riflettere al meglio. Mi ripeto, serve il nuovo e servono le tradizioni
comunista, socialista, azionista con l'idea di un nuovo soggetto politico a
dimensione di massa. Il resto sono schermaglie da primadonna (con tutto il
rispetto per la memoria di Anna Fougez o di Lina Cavalieri). Grazie per
l'attenzione Franco Astengo

franco ha detto...

mi piacerebbe molto che il quadro delineato da Dario fosse realistico. Purtroppo dalle crisi tipo il 1992 nascono sistemi regimi e sistemi peggiori del precedente, è sempre stato così.
Penso che non sia possibile "stare in posizione" e pensare che la storia porti a quello che speriamo e ci dia ragione. Occorre lavorare e "muoversi" non in senso organizzativo ma politico : quello che è avvenuto a Milano con il "movimento arancione" di Pisapia, per esempio, è la nascita di qualcosa di realmente nuovo, che va "oltre" senza dimenticare e senza perdere niente delle tradizioni che hanno contribuito a farlo nascere.
Ma una "cosa" politica, un movimento quando è tale prescinde da chi ne è stato l'ispiratore, il progenitore e perfino il leader ( nel caso di Giuliano Pisapia è addirittura palese) , in qualche modo non "appartiene" più a nessuno ( nelle rivoluzioni si è pensato bene di far fuori i rivoluzionari per essere sicuri..) ed è tale solo se ed in quanto produttore di nuove idee e nuove prassi.
Da tempo ritengo che il ruolo dei socialisti in Italia sia quello di "seminare" idee e progetti e contribuire a farle crescere, anche il campo non è più il nostro ed i tempi e le stagioni non sono più quelle di una volta . La solidarietà tra i socialisti deve essere ideale e , nel nostro caso, anche personale , ma la contaminazione politica è l'unica via perchè il Dna socialista sopravviva e si riproduca. Ecco, più che sognare i bei campi arati dove cresceva il farro è meglio se stiamo nel movimento e proviamo a vedere se le nostre idee sono realmente così vive e vitali e comunque hanno una platea un po' più ampia dello zerovirgola delle liste tracciate sulla carta bagnata degli ultimi tempi ( anche recenti..)
Franco D'Alfonso

francesco ha detto...

Sull'analisi di Dario penso che siamo tutti d'accordo: la crisi
italiana necessiterebbe di un serio e forte partito socialista.
Questo partito però al momento non c'è. Ed il giudizio che tutti noi,
iscritti o non iscritti, diamo sul PSI nenciniano è fortemente
critico.
A parte infatti le valutazioni su certi modi non sempre cristallini
di conduzione di quel partito da parte del suo gruppo dirigente, e a
parte le considerazioni di fondo sul fatto che ci si potrebbe chiedere
se abbia ancora senso spendere sforzi ed energie per tenere in piedi
un'organizzazione che nella migliore delle ipotesi (e con molto
ottimismo) non può oggi sperare di ottenere più dell'1 o 2 % dei voti
su scala nazionale, mi sembra ormai sufficientemente acclarato che il
PSI nenciniano sia oggi, nei fatti, un partito vassallo del PD.

francesco ha detto...

Un partito siffatto, condannatosi a vivere nell'orbita e nella sfera
del partito "dominus", potrà certo di quando in quando cercare di
distinguersi con posizioni (magari anche apprezzabili) su singoli temi,
ma non potrà mai permettersi di andare realmente a "disturbare il
manovratore" su questioni di vera sostanza politica. Di fatto, per come
oggi stanno le cose, il partito di Nencini è cioè uno strumento
politico non solo fragile ma anche spuntato, perchè quella che è stata
operata - per riprendere il titolo di un celebre articolo di Nenni del
gennaio del 1923 sul partito di Serrati - è stata in definitiva una
vera e propria "liquidazione sottocosto del PSI".

francesco ha detto...

Gli altri soggetti organizzati del Centro-Sinistra - dal PD a SEL
(per non parlare dell'IDV) - non ci paiono (per varie e diverse ragioni
su cui è inutile stare a dilungarsi) all'altezza della situazione. Mi
pare ormai sempre più difficile che si possa davvero pensare di
riconoscere in una di queste formazioni il nostro "ubi consistam"
(anche chi ha compiuto, con generosità, la scelta di puntare su SEL
credo si stia ormai rendendo conto dei limiti seri di
quell'esperienza).

francesco ha detto...

Che fare dunque? Dario suggerisce di guardare a soluzioni come quella
prefigurata del recente documento delle parti sociali, che se non ho
inteso male viene vista da lui come la possibile base di una sorta di
"grosse koalition" in cui i socialisti potrebbero essere chiamati a
svolgere un qualche ruolo.
Franco propone invece di investire su esperienze come quella del
movimento arancione che a Milano ha svolto un ruolo politico che
possiamo ben definire essenziale (al di là del risultato non dirompente
della lista civica) nel consentire la vittoria di Pisapia.

francesco ha detto...

A Dario, personalmente, posso rispondere con due osservazioni: la
prima è che il documento delle parti sociali - come ha ben illustrato
proprio oggi sul Manifesto Luciano Gallino - in realtà appare
politicamente piuttosto ambiguo, perchè al di là della critica da tutti
condivisa all'inettitudine di questo governo, non si capisce in realtà
in quale direzione dovrebbero essere svolte le politiche per far
ripartire la crescita del Paese. Si vuole andare infatti nella
direzione di chi fino ad ora ha sempre detto di voler tagliare salari e
ridurre le spese sociali; o in quella di chi dice di colpire l'evasione
fiscale e tassare le rendite? Mi pare che su questo terreno ci si trovi
di fronte ad alternative non facilmente conciliabili.

francesco ha detto...

Certo, è ben vero che di fronte al rischio di attacchi speculativi
sempre più aggressivi, occorre sbarazzarsi al più presto di questo
governo ormai ridotto al puro galleggiamento. La richiesta di
discontinuità è dunque assolutamente condivisibile. Ma l'ambiguità di
fondo del documento delle parti sociali non mi sembra un buon punto di
partenza per impostare una risposta politica credibile. Nè le grandi
coalizioni mi sembrerebbero la risposta che ci vorrebbe.
Inoltre - ed è questa la seconda osservazione - va anche detto che in
ogni caso non si vede perchè coloro che hanno sottoscritto il suddetto
documento dovrebbero mai avvertire l'impellente bisogno di riconoscere
in noi socialisti degli interlocutori cui prestare particolare
attenzione.

francesco ha detto...

Un conto, cioè, è il possibile ripescaggio con un qualche
ruolo di responsabilità politica di singole figure (a mio avviso un po'
cotte) come quella di Giuliano Amato. Un altro conto è immaginare che
esperienze di "governissimi" di quel tipo possano costituire la base
per la valorizzazione politica delle nostre idee e della nostra area.
Nel complesso, quindi, la soluzione che si va forse prefigurando a me
non pare particolarmente esaltante. E se questo deve essere il "Patto
per la Crescita" di cui si parla, devo dire che francamente farei una
certa fatica a riconoscermi tra i più accesi sostenitori di un esito di
quel tipo.

francesco ha detto...

Più interessante, dal mio punto di vista, è semmai il discorso di
Franco, sull'opportunità di svolgere un lavoro di contaminazione in
senso socialista di realtà come quella del movimento arancione,
sviluppatosi a Milano a latere dell'elezione a sindaco di Pisapia. In
effetti anche io trovo che l'esperienza arancione sia una realtà
interessante e da approfondire, e lo sforzo di "seminare idee e
progetti" di segno socialista in quel contesto mi pare possa essere
perseguita. Anche qui vanno fatte però due precisazioni: la prima è che
va pur detto che il "movimento arancione" ad oggi sembra avere un
connotato molto milanese, e che non sembra facile immaginarne
l'esportazione ad un contesto più ampio. Si tratta cioè di una
soluzione che al momento può forse funzionare per Milano, ma che per
l'intanto sembra difficile pensare come esportabile in altre situazioni
(e tanto meno in un contesto di tipo nazionale).
In secondo luogo, non è affatto detto che realtà come questa, segnate
da un tasso significativo di spontaneismo politico, siano
effettivamente suscettibili di essere davvero "contaminate" in senso
socialista e riformista. Se non sbaglio c'è stato ad esempio a Milano
un voto in Consiglio Comunale sulla solidarietà al soldato israeliano
prigioniero di Hamas in cui nella stessa lista civica sono emerse
alcune ambiguità, che ricordavano certi soliti riflessi condizionati
della Sinistra.Non è detto cioè che il "movimento arancione" sia
davvero permeabile a diventare un terreno di elaborazione di proposte
politiche di tipo socialista.
Il che mi fa pensare che l'ipotesi di lavorare sul consolidamento del
"movimento arancione" sia sì un'idea interessante (e da non lasciar
cadere), ma sia anche una proposta con dei limiti e delle incognite (da
non sottovalutare). Insomma, a parte il fatto che oggi questa
prospettiva potrebbe riguardare solo i Milanesi, mi sembrerebbe
comunque un errore se la nostra piccola galassia di circoli e di
persone di ispirazione socialista e libertaria pensare di dissolversi
completamente in quel tipo di dimensione.
Al contrario, io troverei invece opportuno che questa nostra area
cercasse di acquisire una maggiore compattezza e visibilità, a
cominciare dal fatto di compiere uno sforzo per mettere maggiormente in
rapporto tra loro realtà che oggi sono ancora troppo scoordinate
(quando non gelose l'una dell'altra) come il Gruppo di Volpedo (che
abbisognerebbe anche di un certo rilancio), il Network per il
Socialismo Europeo, la Lega dei Socialisti, l'Alleanza Lib-Lab, la rete
che gravita attorno ai vari circoli Rosselli, ecc.
E poi, una volta che si fosse riusciti a dare a quest'area dispersa
una maggiore coesione, si potrebbe cercare di entrare in modo
costruttivo in relazione con tutte quelle realtà (settori del PSI,
pezzi del PD, settori di SEL, le varie realtà locali di carattere
civico e, appunto, "arancione"...) che potessero risultare interessate
e sensibili alla prospettiva di dar vita ad una prospettiva politica di
tipo socialdemocratico.
Svolgere un lavoro di questo tipo non mi parrebbe tempo perso. E in
una fase in cui si dovrà comunque navigare a vista ancora per diverso
tempo, credo che quello di rimettere insieme la piccola galassia
dell'area socialista diffusa sia comunque un primo obiettivo su cui ci
si potrebbe concentrare : fermo restando che, soprattutto a Milano, il
rapporto fecondo, nel senso indicato da Franco, con la realtà
"arancione" mi sembra un discorso da tenere comunque in piedi (il che
non sarebbe secondo me incompatibile con quest'altro tipo di sforzo).
Non trovate?

Un saluto,
Francesco Somaini

felice ha detto...

PER ESSERE SINTETICO: CONCORDO AL 95% CON FRANCESCO. AGGIUNGO CHE ABBIAMO
BISOGNO DI FAR CONOSCERE LE NOSTRE PROPOSTE ALTRIMENTI CI AUTO CONTAMINIAMO.
PENSO AL RIFORMISTA IN UN RAPPORTO DI SCAMBIO. GdV, Network, Leghe dei
Socialisti potrebbero trovare un'occasione di incontro con questi vincoli: 1)
non dar vita ad una nuova sigla 2) non costituire embrioni di Politburo, con le
inevitabili esigenze di primati. Discutere, invece, di proposte e programmi da
lanciare a tutta la sinistra e al PD e a quei settori di IdV, che scalpitano.
Grosse Koalition in Italia non esiste nei presupposti politici, Non c'è un
partito come la CDU e nemmeno come la SPD. La formula CLN neppure perché chi fa
il PNF?Fino all'arancione arrivo oltre nello spettro dei colori NO

roberto ha detto...

Tutto bene, Felice, ma ciò che proponi non lo sta già facendo il network (
anche con il giusto riconoscimento al ruolo che sel può svolgere), di cui
GdV e LdSL sono parte integrante? Poi se ci sono occasioni d' incontro con
altre realtà associative, nei termini e con i vincoli che giustamente
indichi, è senz' altro politicamente positivo coltivarle, nella chiarezza
del progetto di ricostruzione della sinistra italiana, in un contesto
europeo, cui tutti noi miriamo.

franco ha detto...

tendelzialmente concordo con Francesco, soprattutto con il carattere "milanese" del movimento arancione e di Pisapia. Vi ricorderete che all'indomani delle elezioni sono stato forse il primo a dire che occorreva "capire" prima di esportare e probabilmente (sicuramente) non è esportabile il "prodotto". Ma forse il metodo sì : ripartire dall'individuazione dei bisogni e dei temi politici di interesse e di traino, poi individuazione dei "leader" , candidati , militanti , magari attraverso primarie o votazioni congressuali attraverso le quali si confrontino chiare ipotesi politiche alternative, costruzione della coalizione e.... Però non contate su di me, io sto a Milano !
Ciao Franco

dario ha detto...

Caro Franco,

condivido molto del tuo pensiero, ma quel che a te sfugge è che oggi per noi socialisti non è più solo tempo di semina, i tempi si stanno rapidamente e drammaticamente accorciando. La crisi finanziaria del 2008, come scrico da tempo, si è trasformata prima in crisi economica (che ha coinvolto migliaia di aziende produttive a causa del blocco dei finanziamenti bancari) e poi in crisi sociale, che in Italia non si è molto percepita fino ad alcuni mesi fa, essendo stata "ammortizzata" negli anni 2009/ 2010 è dalle casse integrazioni (ordinaria prima e straordinaria poi) e dall'espulsione dei precari (il cui "ammortizzatore" sono state le famiglie).

Come ho detto la scorsa settimana durante una riunione dei circoli torinesi del GdV "siamo agli anni trenta del novecento", dopo la crisi del '29 America ed Europa si stavano acconciando ad uscirne con due diverse politiche, il new deal negli USA, la guerra in Europa (quella di Spagna del '36 ne fu la prova generale). Oggi dobbiamo scegliere se sostenere un new deal del XXI secolo, o avviare una nuova guerra (tra nord e sud d'Europa) i cui prodromi già si vedono nella crescita dei movimenti xenofobi europei.

Oggi siamo arrivati all'ultima stazione, gli ammortizzatori vengono sostituiti dalle chiusure e dai licenziamenti ed anche le organizzazioni sociali (di Industria e sindacati e coop) assumono finalmente la consapevolezza che il governo B. non è in grado di governare, ma che neppure un Governo di CS lo saprebbe fare, e si propongono quali "supplenti" (al posto dei Procuratori come avvenne nel 1992) in grado di sostenere un Governo di transizione con pochi punti per il rilancio dell'economia e del lavoro (la vecchia politica Keynesiana per capirci).

Lo capisco che non è un'idea immaginifica, tant'è che l'extrasinistra italiana tende a snobbarla, ma è un'idea concreta ed i socialisti debbono avere il coraggio di sostenerla.

Fraterni saluti e buon lavoro

Dario

dario ha detto...

Caro Francesco

Mi fa piacere aver provocato una tua risposta, era da troppo tempo che non ti sentivamo più e la cosa ci preoccupava un po'. Come sempre, sarà perchè per un anno abbiamo lavorato bene assieme, condivido ampiamente il tuo pensiero, voglio solo fare alcuni chiarimenti.

Non so dove andrà la grosse koalition anche perchè e formata da organizzazioni che hanno obiettivi e interessi diversi (il fatto che ci sia l'ABI di Mussari non mi pare molto buono), noi di Labour Buozzi da un anno stiamo lavorando a Torino su questo tema "una temporanea alleanza dei produttori" per rimettere in piedi l'Italia e poi ognuno per la sua strada.

Io ritengo che in questa vera "scomposizione/ ricomposizione" della politica ci sia molto spazio per il movimento socialista, che deve uscire però dalla sua frantumazione attuale. Anche noi pensiamo sia tempo di rimettere assieme la galassia delle organizzazioni che è nata a seguito della costituzione del GdV (Lega dei socialisti, Network, ecc), d'altronde il Patto di Volpedo 3 proprio questo prefigurava.

Per quanto riguarda il PSI dopo l'ultima triste esperienza di Torino notiamo ormai con evidenza la volontà del Partito di chiudersi nel ridotto della Valtellina per arrivare al 2013 con questo gruppo dirigente e così poter contrattare 4-5 posti in Parlamento, ergo il PSI nonostante tutta la nostra buona volontà è ormai un'organizzazione destinata ad una trista e lunga agonia.

Ciao

Dario

pier Paolo ha detto...

Caro Francesco,

condivido la tua analisi quasi su tutto, meno che sul giudizio che dai di SEL.

SEL in questo momento è ingiudicabile, perché è un partito "allo stato nascente", crogiolo di esperienze diversissime e magari, se vogliamo dare retta alla Bindi, pure "refugium peccatorum" - se non a Milano, certo in molte parti d'Italia, dove settori delusi dal PS nenciniano e diffidenti verso il PD sono confluiti in SEL.

Io vi ritrovo l'atmosfera che si respirava in certe sezioni del PSI prima del governo Craxi, quando il partito era ancora vivo e vitale.
La maggior parte delle persone che ho conosciuto - per non dire tutte - sono su posizioni che trovo, anche quando non le condivido, ragionevoli e ragionate.
Inoltre la totalità di quanti hanno assunto incarichi elettivi dopo le amministrative milanesi - o stanno supportando l'azione dei nostri gruppi nei consigli di zona e in quello comunale - mi pare stia dimostrando giorno per giorno di avere quella che noi chiameremmo "cultura di governo".

Peraltro a SEL guarda con attenzione la maggior parte di quella "cittadinanza attiva" che tanta parte ha avuto nel successo di Pisapia, e qualche motivo dovrà pur esserci. In effetti anche a livello nazionale sia il potenziale elettorale di SEL che le intenzioni di voto, almeno secondo gli ultimi sondaggi, sono impressionanti, e porterebbero questo partito a cavallo del 10%. Nulla a che fare con le formazioni settarie e residuali che hanno infestato - più come la gramigna che come dignitosi cespugli - la sinistra italiana.

I limiti di SEL sono, almeno per quel che ho visto, soprattutto legati alla giovane età, e al fatto che non sia ancora emerso un gruppo dirigente nazionale riconoscibile all'opinione pubblica, per cui per adesso quel partito è soprattutto il partito di Vendola. Ma a questo si andrà a ovviare con la battaglia politica condotta nelle grandi metropoli del Nord, che sappiamo tutti durissima: l'ideale per formare gruppi dirigenti autorevoli, agguerriti, credibili.

Peraltro se dovessi dire quale formazione, tra il PD e SEL, ha maggiori rapporti con il PSE al momento, credo che avrei una bella sorpresa.

Insomma: piaccia o non piaccia, oggi SEL - con tutti i suoi limiti, ma anche con le sue enormi potenzialità - rappresenta l'unica alternativa credibile a sinistra rispetto al PD.

Fraternamente,

Pierpaolo

giovanni ha detto...

In un paese normale, dove il combinato disposto del crollo del muro, della corruzione e dell'insipienza della classe politica, della strategie del resto della classe dirigente (magistratura, poteri economici e finanziari, giornali) ha prodotto la scomparsa non solo di un partito, ma dell'idea stessa che ad esso si rifaceva (insomma, lo stesso film del '92 che ci apprestiamo a rivedere) i desiderata di Dario (e di molti di noi), sarebbero tutt'altro che illusori.
Purtroppo, invece, viviamo in Italia, il paese delle "felici" anomalie che piacevano tanto a Michele Salvati all'epoca della nascita del PD e che invece, più tristemente, sono nuovi capitoli di un'eterna "autobiografia della nazione" (dal fascismo a Berlusconi).
Un acuto ricercatore di filosofia alla Normale di Pisa, ha scritto di recente (per le edizioni del Manifesto...) un'intelligente analisi del berlusconismo, che vi invito a leggere durante le vacanze (Che cos'è il berlusconismo, pp. 143, 16 euro).
Alle pp. 124-126 possiamo leggere:

Forze che ovunque in Europa sarebbero tra loro alternative, in Italia sono costrette, per contrappeso sistemico alla deformazione populistica, a coalizzarsi o addirittura a convivere nello stesso partito (il PD), con la conseguenza di aggrvare la crisi d'identità della sinistra sotto il vento neoliberista che spira da qualche decennio. Non ci sono differenze sostanziali tra il "cattivo" liberismo neopopulista, basato sui tagli alla spesa pubblica, e il "cattivo" stato sociale di un centrosinistra che non riesce a progettarne né la riforma né il rilancio. Le politiche economiche dei due schieramenti si assomigliano molto. La flessibilizzazione e la precarizzazione del lavoro, per esempio, sono accettate, sia pure con sfumature diverse, sia dalla destra sia dalla sinistra. I ciò si può toccare con mano la paralisi della politica

e prosegue, in uno scenario che riprende osservazioni di Dario, Franco e Francesco:

Un modello di democrazia partecipativa deliberativa e consensuale, fondato sulla ricerca dell'accordo per giungere a delle decisioni collettive, non è affatto in contrasto con un modello più dinamico e conflittuale, quello di una democrazia radicata nel conflitto sociale, in cui individui e gruppi d'invidui si associano per determinati obiettivi di lotta in aggregazioni anche temporanee. I due modelli sono complementari e tra loro integrabili. Ma affinché tutto questo possa fare massa critica è necessario che - sulla base delle residue e anzi sempre più scarse risorse dell'autonomia della politica - ci sia dall'altro lato un partito (non per forza di cose un interlocutore, persino soltanto un punto di riferimento antagonistico dei movimenti sociali) che, dall'interno delle istituzioni, soprattutto quando il conflitto sociale ristagna, ponga il problema di una costante riforma della democrazia rappresentativa. Non semplicemente, quindi, nel senso della difesa della costituzione repubblicana, sottoposta all'attacco e all'erosione populistica, ma in quello di una sua realizzazione, di uno sviluppo, di un ampliamento e rafforzamento dei diritti di cittadinanza. Un partito che sia pure lontanamente si avvicini a qualcosa del genere, e che non esiterei a chiamare socialdemocratico, oggi in Italia non c'è. Ed è un effetto non secondario della deformazione della democrazia.

Scusate la lunga citazione, ma mi pare che colga bene i punti centrali della nostra agenda politica e che, come vedete, integra perfettamente le posizioni di Dario e Franco che, in questo modo, non risultano in contraddizione, anzi...

Un caro saluto a tutti
Giovanni

luigi ha detto...

Caro compagno e amico Dario,
mi fa piacere assai di questa tua condivisione.
Penso che sia arrivato il momento di cominciare a interpretare come
GdV il ruolo di regista delle dinamiche interne a PSI PD e SEL
diventando punto di riferimento dialogante dei socialisti bene
intenzionali, come per es. Claudio, colà collocati.
Però sono dell'avviso che bisogna svolgerlo in sinergia con il
Network per il socialismo europeo.
C'è una importante proposta all'interno del Network sul sito
www.melogranorosso.eu
di Peppe Giudice che ti riporto a cui faccio seguito con mio
commentoper comodità qui sotto.

< ....Ma è in quella direzione che occorre andare se non vogliamo che
nei prossimi venti anni vi sia una sinistra residuale e marginalizata
totalmente. Come Network ed Associazioni, dobbiamo essere pronti a
lanciare una campagna per costruire una Costituente del Socialismo
Europeo. E´ l´unico modo per offrire una sponda alla crisi di PD e
SeL.

Nel nome dei giovani socialisti norvegesi martiri. Sinceramente a me
il nome di sinistra indeterminata non dice proprio niente. Quello di
socialismo democratico, molto.

Peppe Giudice
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Commenti

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+1 #3 Luigi Fasce 2011-07-29 15:43
"Costituente del Socialismo Europeo"
Titolo ineccepibile, assolutamente condivisibile.
"La Costituente perciò dovrebbe tradursi in un percorso politico che
il Network propone, organizza e definisce insieme alle personalità
del PD e di SEL che ne condividono lo sbocco: la nascita di un
partito del Socialismo democratico ed europeo." Alleanza necessaria,
che però non può essere stanata dalle loro comode nicchie (dentro il
PD molto comode, dentro SEL molto scomode) se non con una
dichiarazione sui principi e i programmi di questo percorso che
vogliamo proporre.
Un socialista fraterno dialogante saluto.
Luigi Fasce - cell.3391904417>

Questo rivolto a PD e SEL ma penso che possiamo anche concordare con
i compagni volpediani iscritti al PSI, ma anche con la Lega dei
socialisti, cosa andare a proporre ... non certmente l'iscrizione al
PSE cosa già fatta, fiore all'occhiello, di Nencini, ma proporre i
contenuti della dichiarazione sui principi e sui programmi che
chiaramente sono altro rispetto alle posizioni attuali del PSI di
Nencini anche se mi pare che ci sia qua e là qualche segnale di
ripensamento che con nostro documento dovremmo incentivare per fare
riprendere la via aurea socialdemocratica al PSI.
Cosa ne pensi ?
Un socialista fraterno dialogante saluto.
Luigi

angelo ha detto...

Ogni tanto provo a farmi sentire anch'io...credo di conoscere abbastanza bene soltanto pochissimi di voi, tra i quali franco d'alfonso con il quale mi sono trovato spesso d'accordo. Vi leggo comunque tutti e sempre con attenzione. La mia realtà è profondamente diversa dalla vostra: io vivo al sud e precisamente a Salerno; ho vissuto a Como per cinque anni, ma dall'ormai lontano 1993 al 1998! In primo luogo, concordo sul fatto che il modello milanese non sia
esportabile ... d'altronde è stato subito evidente che, come di fatto è oggi, lo stesso de magistris a napoli avrebbe governato malgrado e nonostante il Pd (come dire: la gran parte teorica dell'ancora più teorico attuale centrosinistra). In secondo luogo, i governi attuali locali confermano essere associazioni di notabili autoreferenti in grado di sopravvivere in base non a scelte politiche o al consenso bensì in base al potere che è attribuito loro dal successo e dai meccanismi di governo insiti nelle leggi elettorali di riferimento per comuni, province e regioni. Per terzo, ripartire come si dice dal basso è essenziale ma a mio giudizio anche insufficiente, e quindi sono d'accordo sull'idea di seminare le idee in associazioni movimenti o quant'altro, ma mi sembra che non si possa affatto prescindere dai partiti (siano essi in forme più o meno tradizionali) in sinergia con i poteri economico-finanziari (anch'essi, in forme più o meno tradizionali) e
pertanto concordo senz'altro sul fatto che sia tempo perso affannarsi nella costruzione di schieramenti compresi tra lo 0,1 e il 2-3% A presto, Angelo