giovedì 28 luglio 2011

Franco Astengo: Diversità e questione morale

DIVERSITA' E QUESTIONE MORALE
Il segretario del PD, Bersani, ha cercato di affrontare con grinta e generosità il difficile nodo della "questione morale" che sta stringendo anche il suo partito in una dimensione sicuramente rilevante.
Premesso che non può che essere condivisibile l'affermazione riguardante l'impossibilità della "diversità genetica", rimane sul campo il tema della "diversità politica": ed è questo il punto sul quale il segretario del PD si è inoltrato, a nostro giudizio, su di un terreno sbagliato, quello della "certificazione dei bilanci" invece di affrontare il tema della conformazione "strutturale" di un sistema politico, naturalmente rivolto alla possibilità di un ingresso massiccio della corruzione (come la storia, più o meno recente, ci insegna).
Prescindiamo dal passaggio riguardante le mancate spiegazioni relative al "caso Puglia", sul come si arrivò alla formazione della prima giunta di centrosinistra nel 2005 e alle successive candidature parlamentari (determinati elementi diciamo così di "pericolo" erano ben presenti da subito, mentre curiosamente viene tenuto al riparo dal "nocciolo duro" delle responsabilità politiche il Presidente della Regione, sempre attento alla propria posizione personale, come del resto gli è di abituale costume) e andiamo ad esplorare il merito.
Si tratta del tema della "struttura" del sistema politico e dell'incapacità e/o della "non volontà" del PD (ed anche di altri soggetti della sinistra) di contrastarla decisamente, di porsi cioè su di un diverso terreno proprio sul "piano sistemico".
Si ricorda la "diversità" berlingueriana: una "diversità" che nacque, è bene ricordarlo, non tanto per rivendicare una "alterità" nei fini (che rimanevano comunque rivoluzionari) ma soprattutto dalla presa di distanza, secca ed inequivocabile, dalla degenerazione che il sistema dei partiti stava attraversando, dopo che erano entrate in scena "decisionismo" e "personalizzazione", si prospettava una grande riforma in senso presidenzialista e si attaccava direttamente il sistema politico fondato sui grandi partiti di massa (emergevano già allora fenomeni di corruzione in sede locale, da Torino a Savona, dovuti proprio all'iniezione, nel corpo dei partiti, e segnatamente del PSI, il più debole economicamente, di quei virus della "antipolitica" che abbiamo appena citato).
Virus dell'antipolitica il "decisionismo" e la "personalizzazione" ? Molti avranno da obiettare.
Eppure è da questo elemento che è necessario partire per riflettere al meglio sull'intreccio perverso tra questione politica e questione morale.
Il cedimento più evidente è avvenuto nella fase di avvio della infinita "transizione italiana", all'inizio degli anni'90, quando si scambiò l'idea della "governabilità" con quella della "rappresentanza", consentendo - al momento dell'implosione dei grandi partiti di massa - l'entrata in scena del soggetto "partito-azienda" che ha stravolto completamente il quadro, trasformando il denaro nel fattore esaustivo dell'agire politico (non che in precedenza il denaro non fosse importante, eccome: ma si trattava di "una" delle componenti, e, dalle nostre parti dal punto di vista politico, del tutto "laterale" alla vita privata dei singoli. Basta riandare con la memoria e confrontare..).
Non ci si è accorti di questo mutamento del tutto - ripetiamo - strutturale e del fatto che i punti di trasformazione del sistema, dalla formula elettorale maggioritaria, alla personalizzazione, all'elezione diretta, al "partito liquido", alla "vocazione maggioritaria" si collocavano, nello specifico del "caso italiano" in maniera affatto diversa da altri sistemi in cui certi meccanismi erano vigenti (non certo il partito "liquido": non sono liquidi i democratici USA, né tanto meno tories e laburisti britannici).
Non si sono affrontati i nodi che, sciolti, avrebbero potuto davvero "occidentalizzare" il sistema politico italiano (dato e non concesso che questo fatto potesse risultare positivo) come quello "macroscopico" del conflitto di interessi e ci si è incamminati sulla strada di una progressiva "orientalizzazione" nel senso indicato dal prof. Sartori, del "sultanato".
Adesso il PD dovrebbe fare autocritica su questi punti, che sono stati quelli sui quali si è avventato un vortice di denaro, sono saliti all'inverosimile i privilegi del ceto politico (che doveva essere "assimilato" in questo modo, almeno per la sua maggioranza, sempre sensibile a questo tipo di sirene) e riflettere non tanto sul come inoltrarsi ulteriormente all'interno del disastro che si è costruito, invertendo la rotta nel senso del radicamento sociale, della costruzione di un gruppo dirigente per via di crescita culturale e politica e non per via di "cooptazione" personalistica, di un ritorno serio a quella Repubblica parlamentare che la Costituzione indica come forma del nostro stato repubblicano.
Poi, che ci sia chi potrebbe essere rimasto invischiato in un giro di tangenti riguardanti il classico meccanismo "deindustrializzazione/ speculazione edilizia" è un segno di vetustà politica, di legame ad antichi schemi che andrebbe anch'esso riflettuto e approfondito.
Savona, li 28 Luglio 2011 Franco Astengo

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