venerdì 6 febbraio 2009

Paola Meneganti: E' morto un partigiano

... Carlo Lajolo. Poco a poco se ne vanno tutti. Se ne vanno da un Paese che riuscirà a equiparare, per legge, i ragazzi e le ragazze partigiane e i fascisti di Salò. A noi resterà solo la memoria, come dice quel bel racconto yiddish. "Basterà?"



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MORTE ALLA GOLA
Memoria di un partigiano deportato a Mauthausen 2 dicembre 1944 - 29 giugno 1945

"Non vorrei suscitare compassione ed odio per chicchessia, nemmeno per i tedeschi, ma vorrei ribadire che la sopraffazione a la malvagità portano inesorabilmente l'uomo a distruggere i suoi simili"
Carlo Lajolo
E' il diario di un giovane partigiano internato nel Lager di Mauthausen. Scritto pochi mesi dopo la liberazione e il ritorno in Italia, è una testimonianza immediata ed efficace, costruita con espressioni sintetiche e pregnanti e non risente ovviamente di altri libri di memorie e di saggistica scritti e pubblicati dopo.
La narrazione è fluida, ordinata in senso cronologico con un'esposizione precisa e puntuale, tutta tesa a descrivere i fatti, secondo l'andamento del racconto contadino, senza commenti o giudizi, senza enfasi o retorica. Non c'è commiserazione per se stesso, nè ritorsione per chi anche inconsapevolmente può aver agevolato la sua cattura, ma rimane inalterarata l'esecrazione dei boia, che controllavano la vita e la morte nel Lager.

SOPRAVVIVERE AD OGNI COSTO
Saggio introduttivo di Laurana Lajolo
Nell'agosto 2001 andai da Carlo Lajolo, per raccogliere la sua testimonianza sulla deportazione a Mauthausen. Carlo mi accolse nella sua casa di Vinchio e cominciò a raccontare dettagliatamente le tappe del suo tragico viaggio . Registrai tutto e poi gli dissi di scrivere quello che mi aveva raccontato, anche gli episodi più crudi che ancora si ricordava e di cui quel giorno non mi aveva parlato. Carlo mi guardò con un sorriso un pò sornione: appena tornato dal campo di concentramento, nell'autunno del '45, mentre ero da mio fratello prete ad Asti.
Gli chiesi di leggere le sue memorie. Carlo si fece portare il diario dal figlio dalla casa di Imperia, ma mi consentì sotanto una rapida lettura, lui presente. Quella lettura mi emozionò molto. Poi, sempre sotto la sua vigile presenza, mi autorizzò a fare le fotocopie e a ricopiare al computer il manoscritto. Quando rilesse le pagine dattiloscritte, mi confesssò che qualche volta doveva interrompere la lettura, perchè gli veniva da piangere e nella notte gli tornavano gli incubi del Lager.
La memoria di quei mesi Carlo la conserva inalterata ancora oggi: gli episodi che mi ha raccontato a voce, più di cinquant'anni dopo, coincidono con quello che ha scritto nel '45. Il suo ricordo della deportazione risulta incancellabile e ineludibile, nonostante Carlo non abbia mai fatto attività pubblica, dopo la Liberazione. Soltanto due anni fa, ha accettato di andare nella classe del nipote e raccontare qualcosa. Carlo è ritornato una volta sola a Mauthausen, nel 1974, per far vedere alla moglie Adele Visone e al figlio Lorenzo, allora tredicennne, dove era stato rinchiuso. All'entrata si mise a cercare con impazienza una anello d'argento nascosto al suo arrivo nel Lager in un anfratto del muro, fino a demolirlo in parte, ma non ritrovò più quel caro ricordo. Nel museo del campo gli parve, poi, di riconoscere la sua casacca esposta, ma, all'improvviso gli venne una crisi di panico: la grande paura di dover di nuovo soffrire la fame terribile del Lager e si allontanò da lì precipitosamente. Non ci volle più andare.
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