L' impiccagione di un patriota nella sede del comando della Brigata Nera a Varese. Davvero si vorrebbe assegnare ad entrambi l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine del Tricolore”?
Milletrecentosessanta sono le ragioni per cui vi scrivo questa lettera. Ma non preoccupatevi: non ve le esporrò tutte; sarete voi a raccontarle se avrete la pazienza di leggermi ed eventualmente di rispondermi.
Di altro mi preoccupo: della proposta di legge n. 1360 [tutti questi collegamenti si aprono premendo insieme il tasto CTRL + il clic del mouse] che a giugno dello scorso anno è stata presentata alla Commissione Difesa della Camera. Da quel 23 giugno 2008 nessuno ne ha fatto il benché minimo cenno. Solo una iniziativa dell’ANPI, a Roma il 13 gennaio 2009, ha cominciato ad affrontare il problema[1]. Ma le cose non sono cambiate granché: qualche articoletto di cronaca, qualche considerazione di Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi, di Walter Veltroni (PD), di Riccardo Nencini (PSI), di Rosa Villecco Calipari, della presidenza dell'ANEI, oltre che del presidente nazionale dell'Arci Paolo Beni, e poi il quasi generale silenzio.
Si tratta di una proposta di legge che equipara i combattenti partigiani della Resistenza con i miliziani della Repubblica Sociale Italiana. Lo intende fare tramite l’istituzione di una onorificenza: l’”Ordine del Tricolore”. Il Capo dello Stato, in questo frangente temporale Giorgio Napolitano, dovrebbe insignire del titolo di “Cavaliere dell’Ordine del Tricolore” indistintamente agli uni e agli altri, con il conferimento di un piccolo, ma significativo anch’esso, assegno pensionistico.
Negare l’evidente e inequivocabile differenza tra i due schieramenti vuol dire negare la verità incontrovertibile, dimenticare che i partigiani, nella Resistenza, combatterono insieme agli alleati anglo-americani per sconfiggere il nazismo e il fascismo e liberare l’Italia dai suoi occupanti, che i repubblichini pervicacemente sostennero condividendone gli orrori. La proposta di legge n. 1360 equipara quelli che facevano i rastrellamenti per conto dei nazisti a chi è stato internato nei campi di concentramento e a chi ha fatto la Resistenza. La proposta di legge n. 1360 esprime una convinzione negazionista della storia: disconosce infatti che la Repubblica Sociale Italiana, costituitasi il 23 settembre 1943 (http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_Sociale_Italiana), nacque con intenti ostili nei confronti del governo Italiano, e dimentica quindi che, alla caduta del governo di Mussolini e del fascismo, già dal 22 luglio del 1943 in Italia era operante il nuovo governo guidato da Badoglio (www.it.wikipedia.org/wiki/Governo_Badoglio_I). Potrei, seppur con molti sforzi, anche accettare che qualcuno possa avere l’idea che chi scelse di schierarsi con l’una o l’altra parte lo abbia potuto fare “in buona fede”. Ma dalla “buona fede” al riconoscimento onorario e al titolo di Cavaliere per chi si è chiamato fuori dallo stato italiano, e gli si è schierato contro, criminale nemico della patria, che ha fatto la guerra ai partigiani, all’esercito di liberazione, ai militari agli ordini del generale Badoglio, alle forze alleate e alle truppe che combatterono contro l’esercito nazista in ritirata, che ha fiancheggiato fino all’ultimo i nazisti e i torturatori delle popolazioni civili, proprio non riesco ad adattarmi. Insomma, è ben peggio che se la Germania decidesse oggi di assegnare un uovo cavalierato, e la pensione!, a Goebbels, Eichmann, Rauff, Saewecke, Kesserling, ... E dico questo volendo prescindere dalle mie premesse ideologiche, ma proprio guardando al succedersi dei fatti. Considerando poi quale fu l’operato della RSI, complice attiva e spietata di Hitler & C. nelle deportazioni e nello sterminio di ebrei, e di partigiani, omosessuali, rom, politici, deportati e non, valdesi, protestanti, testimoni di Geova, di ogni genere, di ogni sesso, di ogni età, italiani e stranieri, il mio disadattamento si trasforma in sdegno, in obbrobrio. Sia per il fatto in sé, sia perché questa proposta di legge vuole intaccare le stesse basi fondanti della Repubblica Italiana, che sulla Resistenza contro ciò e sulla costruzione della Democrazia si è fondata. Possibile che questi sentimenti non sfiorino i presentatori della proposta di legge n. 1360? Ovunque nel mondo una proposta di legge del genere verrebbe respinta sul nascere, tra la derisione comune e la fermezza della democrazia. E invece le cose, a me sembra, qui stanno diversamente.
Questa proposta di legge n. 1360 nasce con l’intento di vincere, di superare gli ambiti della Commissione Difesa della Camera dei Deputati presso la quale è in discussione dal 12 novembre 2008, per essere presentata e andare trionfalmente al voto vittorioso in Parlamento:
- cominciamo dai firmatari della proposta di legge n. 1360: tra quei quarantadue nomi spicca quello di DE CORATO che, a prescindere dalla sua collocazione partitica e parlamentare, è il vice Sindaco della più grande città d’Italia insignita della Medaglia d’Oro della Resistenza: Milano. Cosa vuol dire? Che il vice Sindaco di Milano intende portare a sostegno della proposta di legge n. 1360 di cui è firmatario tutta l’enormità quantitativa (e i numeri contano in democrazia, spesso più delle idee) di voti che ha determinato la maggioranza amministrativa nella “capitale morale ed economica” del Paese;
- continuiamo con i firmatari della proposta di legge n. 1360: quei quarantadue nomi appartengono a diversi schieramenti politici (le provenienze politiche dei firmatari sono: 15 da AN, 132 da FI, 6 da UDC, 2 da PSI, 3 da PDS, 4 da autonomi vari). Cosa vuol dire? Che c’è una sorta di trasversalità politica unificata (consapevole o no) sul tema della negazione della storia e della esaltazione del tradimento e della violenza;
- proposte politiche del genere si erano già viste in precedenti legislature, ma non erano mai state così articolate, e sembravano frutto di dilettantismo strategico a fronte di questa, tanto che sono tutte cadute nel vuoto. Questa volta la proposta di legge n. 1360 è stata presentata all’inizio della legislatura. Cosa vuol dire? Che i suoi firmatari hanno deciso di darsi quanto più tempo possibile, cinque anni, per portarla al voto in Parlamento.
Questa proposta di legge n. 1360 potrebbe davvero diventare legge: si tratterebbe di un punto di non ritorno nella storia della democrazia italiana. Per cercare di evitare questo rischio bisognerà che ci sia un impegno di vigilanza, di attenzione, alto, costante, fino all’ultimo momento dell’esistenza di questa legislatura.
I media sembrano non essersene accorti, né i partiti, né i parlamentari: il silenzio è quasi assoluto. La rassegna stampa[2] di quanto è stato pubblicato è scarna, nella maggioranza dei casi distante dal problema, a parte rarissimi esempi. Un po’ più sensibile sembra la rete che in parecchi blog e in facebook ospita interventi di diverse corposità. E invece sarebbe necessario informare, informare, informare i cittadini, i parlamentari, i partiti, le associazioni, le istituzioni in primo luogo, tutto il Paese insomma, di quanto sta succedendo sotto il suo naso.
Certo, si potrebbe far partire una petizione, una raccolta di firme che tentasse di bloccare l’iter della proposta di legge n. 1360. Ma sarebbe poco, comunque poco, milletrecentosessanta volte poco, anche se si raccogliessero 35 milioni di adesioni, a confronto di tanto sistematico, lucido cinismo anti-istituzionale, anti-repubblicano ed eversivo.
Che fare allora per difendere il Tricolore Repubblicano, Democratico e Antifascista? Il Tricolore è l’emblema della Liberazione, della Costituzione e della Democrazia, e non può essere confuso con quello di chi ha seminato terrore, razzismo e morte negando ogni libertà.
I fascisti di Salò hanno levato le armi a sostegno dei nazisti occupanti e contro la Patria democratica nata dalla Resistenza e dalla Liberazione. Questa è una realtà storica che nessuno può rivedere o negare. Se questa proposta di legge dovesse avere l’approvazione del Parlamento, verrebbero intaccati i fondamenti su cui si basa la nostra democrazia. E’ dovere morale, oltre che politico, di tutti i cittadini della nostra Repubblica prendersi cura delle sorti della propria Patria, impedendo, con la determinazione delle Leggi e la fermezza della Democrazia, che questa provocazione insensata possa giungere in Parlamento.
Io credo che si debba iniziare daccapo, rigenerare il clima unitario che si era determinato nella Resistenza cui parteciparono tutti i colori dell’antifascismo, liberali, comunisti, cattolici, socialisti, anarchici, monarchici, indipendenti, bianchi, rossi, azzurri, cattolici, musulmani, protestanti, ebrei, zingari, popolani, aristocratici, coraggiosi, paurosi, uomini, donne, civili, militari, laici, religiosi, europeisti e indipendentisti, … Credo che si debbano scuotere le coscienze democratiche intorpidite, che poco stupore (sic!) hanno mostrato di avere di fronte a provvedimenti come il lodo Alfano, ad esempio; credo che si debba arrivare ad organizzare una iniziativa nazionale guidata da tutte le organizzazioni di partigiani, di deportati, dai sindacati, dai partiti, dalle associazioni anche più minuscole, che organizzino, e promuovano, e curino la tempesta di messaggi di dissenso che dovrebbe riversarsi innanzitutto sul Presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati, e sul Presidente della Camera dei Deputati, e sul Presidente della Repubblica, e sul Parlamento Europeo.
Perché anche il Parlamento Europeo? Consideriamo per un attimo come in Europa il fascismo sia un fenomeno estraneo alle attività istituzionali e governative; consideriamo che le destre, in Spagna, in Germania, in Inghilterra, in Francia, in Olanda, ovunque insomma, non si sognano nemmeno da lontano di rifarsi ai fascismi del passato. Ve la immaginate una Merkel, o un Sarkozy, o un Gordon Brown che provassero simpatie per una proposta di legge del genere? Bisogna che anche dall’Europa vengano le espressioni del dissenso nei confronti dell’involuzione italiana. Bisogna creare un clima di isolamento nei confronti di questo cinismo antidemocratico tale che, se un giorno Obama dovesse incontrare il nostro premier, per prima cosa gli dovrebbe dire: “Caro Berlusca, ma che caspita succede nel paese che governi?”
Bisognerebbe quindi costruire almeno un sito web che abbia la funzione di coordinamento unitario delle iniziative, e che informi e documenti sulla storia della nascita della Repubblica Italiana. Tutto un percorso, cioè, di ri-creazione della cultura democratica. A partire dalla proposta di legge n. 1360, che deve diventare l’argomento guida del dibattito per i prossimi anni.
Ogni cittadino italiano che abbia a cuore le sorti del suo Paese dovrebbe sollecitare gli organi collegiali (nei posti di lavoro, associazioni politiche, sindacali, culturali, ecc.) di cui fa parte e quelli rappresentativi/amministrativi (Consigli Comunali, Consigli di Zona, Consigli Provinciali, Consigli Regionali, Comunità Montane, ecc.) ad adoperarsi perché essi esprimano il dissenso per conto dei milioni di cittadini che essi rappresentano ed invitino le autorità competenti ad avvalersi della forza delle Leggi per impedire il compimento del disegno.
Una valanga di democrazia dovrà opporsi alla proposta di legge n. 1360. Il Paese dovrà far sentire ai suoi estensori l’orgoglio repubblicano e democratico dei suoi cittadini. Bisogna fare presto però, prima che la proposta di legge arrivi in Parlamento. Se ci arrivasse sarebbe già una vergogna! Milletrecentosessanta vergogne!
Spero di non avervi annoiato. E se non vi ho annoiato, o infastidito, perché non farla girare questa provocazione al dibattito? Ne potrebbe nascere qualcosa.
marco cavallarin
6 febbraio 2009
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