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Cefisi: La Francia e le radici socialiste
venerdì 6 febbraio 2009, 21.23.55 | admin
LRDS del febbraio 2009
Dopo il congresso di Reims di metà novembre, che non aveva espresso una maggioranza tra le 6 mozioni concorrenti, il Partito socialista francese si è rivolto agli iscritti per un ballottaggio tra le due candidate ancora in corsa, Aubry e Royal. Due donne, ma non due donne scelte dagli uomini: tutt’e due con legami familiari importanti (Aubry è figlia di Jacques Delors, Royal a lungo compagna di Hollande) ma quel che hanno e che sono è tutto guadagnato con il lavoro. Il metodo di scelta è diverso e migliore di quello delle primarie all’italiana: quando l’elezione avviene per davvero, cioè non ha un esito stabilito in anticipo, la definizione di chi ha diritto a parteciparvi non è cosa banale: possono esservi chiamati dunque solo gli iscritti al partito, iscritti veri di un partito vero. Alla fine, la Aubry è stata proclamata vincitrice per un pugno di voti.
La differenza tra Royal e Aubry era sostanziale, non di messinpiega. Royal, postmoderna, cerca di interpretare quel che la gente vuole, o sembra volere, secondo le regole del marketing politico e del glamour comunicativo. Aubry rappresenta una cultura riformista che non rinuncia a cambiare la società, secondo un progetto ambizioso di cui si assume responsabilità e rischi di fronte agli elettori: come ministro, ha legato il suo nome alle 35 ore, alla copertura sanitaria per chi risieda in Francia da tre mesi, alla protezione del reddito degli anziani non autosufficienti. Il conflitto tra le due candidate è stato aspro, ed ha appassionato i militanti, ma ha avuto un riscontro negativo nell’opinione pubblica, che non apprezza le diatribe, neppure quando giustificate da sostanziali differenze politiche, e richiede leadership e messaggi univoci. Nella sinistra europea si sta assistendo ad una divaricazione culturale: da un lato il “nuovo centro” degli Schroeder e Muentefering della Spd, di Veltroni, della Royal (che più volte ha espresso simpatia per l’esperienza veltroniana). Dall’altro, coloro, Aubry in testa, che rivendicano serenamente il ruolo dei socialisti alla sinistra dello schieramento politico. Neppure le ricorrenti sconfitte elettorali sembrano sufficienti ad emettere sentenza: per i primi, vuol dire che non si è cambiato abbastanza, e occorre proseguire con ancor maggior vigore nella direzione di un cambiamento postsocialista; per i secondi, si tratta di un accanimento ideologico che non ammette che è proprio la rincorsa al centro e alla leggerezza postmoderna ad alienare la sinistra dalle sue radici e dai suoi elettori.
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