domenica 4 gennaio 2009

Ruffolo: "il neoliberismo con l'ambulanza"

Il Riformista, 03/01/2009

intervista. Giorgio Ruffolo spiega perché Napolitano e Ratzinger
dicono le stesse cose

Siamo al «neoliberismo con l'ambulanza»
E il Pd sbaglia a tacere

PARADOSSI. «Dopo aver picconato lo Stato per anni, adesso lo invocano
per salvarsi. Mentre un partito senza idee si fa scavalcare dal Papa».

di Tonia Mastrobuoni

«Noto con dispiacere che la sinistra italiana non riesce a dire
ancora una parola critica sul modello neoliberista con l'ambulanza».
Giorgio Ruffolo è un grande affabulatore, quando posa lo sguardo su
un'epoca, che sia l'Età del ferro o il Rinascimento, ne fotografa
l'anima. Anche in quest'intervista con il Riformista, all'indomani
delle convergenze parallele nei discorsi di fine anno di Giorgio
Napolitano e del Papa con i loro accenti critici sul modello di
sviluppo attuale, l'economista sfodera la lucidità di sempre.
Padre nobile e poco ascoltato della sinistra italiana, Ruffolo è un
narratore talmente abile che Luca Ronconi si innamorò due anni fa di
un suo libro, Lo specchio del diavolo (Einaudi) e lo trasformò in uno
spettacolo teatrale. Il fondatore del Cer ha condensato in quel libro
qualche divertente considerazione, molto attuale. Almeno quanto
il «neoliberismo con l'ambulanza». Il mercato, scrive, non è mai
stato «la piazza d'armi delle geometriche manovre che la teoria
dell'equilibrio economico ha rappresentato; ma fin dall'inizio, un
campo di battaglie violento, talvolta truculente». Dunque, è «molto
più simile a un romanzo d'avventura che a un modello matematico».
Oggi siamo al capitolo più movimentato di questo romanzo, nel bel
mezzo della più grave crisi economica globale da un secolo a questa
parte. Schiere di economisti si affannano a dimostrare che avevano
previsto il disastro dei subprime oppure glissano imbarazzate.
Ruffolo predica inascoltato da anni che il modello di sviluppo
attuale è devastante, che la "teologia dei mercati" è pericolosa
perché le sue divinità abitano un Olimpo «indecifrabile, capriccioso
e inesorabile». Ma non ha la sindrome della Cassandra.
In Quando l'Italia era una superpotenza (Einaudi), notava, alla fine
di viaggio attraverso oltre due millenni di storia, che «quello della
finanza è l'autunno opulento di tutte le egemonie: italiana,
olandese, britannica. Americana?». È evidente, per l'ex ministro
dell'Ambiente, che nelle convergenze nei discorsi di fine anno di
Benedetto XVI e del presidente della Repubblica c'è la consapevolezza
di «un grande momento storico». Ma sugli esiti, sulla possibilità che
sia l'epilogo del "turbocapitalismo", Ruffolo non è molto ottimista.
«Noto intanto che dopo aver predicato per anni che lo Stato non è la
soluzione ma il problema, i paladini del libero mercato lo hanno
invocato tutti a gran voce per rimediare ai disastri fatti», osserva.
Ora è «piuttosto prevedibile» che «scapperanno con i soldi e che
tenteranno di tornare il prima possibile ai loro vecchi affari, alle
vecchie logiche». Ruffolo è convinto che «gli Stati sono attualmente
chiamati a pagare il conto, ma questi ideologi del mercato non vedono
l'ora di dimenticarsene, di tornare al lavoro per preparare la
prossima catastrofe».
In Italia, l'ideologia neoliberista ha trovato nella sinistra una
sponda un po' troppo ampia, osserva l'ex parlamentare. Anzi,
è «davvero imbarazzante», secondo Ruffolo, che il primo a spendere
una parola esplicita e netta di condanna contro il sistema imperante
sia stato il Papa. «Diciamo che il pontefice non è esattamente un mio
punto di riferimento, ma è evidente che così riempie un vuoto
lasciato dalla sinistra». Ed è altrettanto imbarazzante che ancora
nessuno, nel Pd, avanzi dubbi sulla validità "nel neoliberismo con
l'ambulanza", che ha nutrito una violenta ideologia antistatale e ora
ricorre ai soldi pubblici per risolvere catastrofi private.
All'ultima direzione nazionale del Pd, venti giorni fa, queste
riflessioni erano state esplicitate da Ruffolo ancora più
nettamente: «Non dovremmo abbandonare a Giulio Tremonti il compito di
ragionare e arrischiare risposte alle paure e alle speranze di quel
secolo». Sono problemi che riguardano le generazioni future, aveva
aggiunto, chiosando che «non credo che dovremmo rispondere come Woody
Allen: i posteri? Ma che hanno fatto per noi?»
Dunque, delle analisi del Papa e di Napolitano non va ascoltata solo
la diagnosi su «una malattia organica e non un'influenza», ma va
anche raccolta l'esortazione forte a cambiare. Per l'economista «è
triste che serva un disastro di queste proporzioni per capire cose
che erano sotto gli occhi di tutti. Ora bisogna riflettere su una
prospettiva di sviluppo più equo ed equilibrato. Dobbiamo ascoltare
Napolitano, che ci ha regalato un discorso asciutto e appassionato,
dal tono grave ma senza drammatizzazioni inutili».
Ha ragione il presidente della Repubblica, sottolinea Ruffolo,
soprattutto quando esorta il Paese a ritrovare un clima di unità e ad
essere più solidale. «Il nodo del problema sta nell'attuale modello
di sviluppo, basato sulla distruzione dell'ambiente e su enormi
diseguaglianze sociali». Chiosa l'economista: «il modello di sviluppo
attuale ha generato continue crisi e continuerà a farlo, se non
interveniamo in profondità».

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Colgo subito l'invito di Giovanni per invitarvi a leggere il programma di Obama relativo ad ambiente e energie rinnovabili, che troverete al link http://my.barackobama.com/page/content/newenergy

Cito qui solo l'introduzione al piano, che mi torna utile per fare questo confronto.

In Italia, quando va bene, la nostra classe politica vaneggia di ritorno nucleare (il più delle volte senza sapere bene di che cosa parla); mentre quando va male cerca e trova facile pubblicità organizzando tumulti contro discariche, parchi eolici, inceneritori, ferrovie e chi più ne ha più nè metta...

In America, invece (ma per quel che ne so anche in Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Spagna, in Scandinavia... cioè in tutti gli altri paesi civili) si è capito che dalla crisi economica si esce con forti investimenti per evitare un'altra crisi, quella dovuta al degrado delle condizioni ambientali. Insomma, il classico caso in cui si possono prendere due piccioni con una fava.

E siccome in America i contribuenti-elettori sono attenti al dollaro, e quindi devono esserlo anche i loro eletti, ecco che una proposta politica si traduce immediatamente in numeri. Numeri che identificano obiettivi ambientali, occupazionali, industriali. Numeri che in Italia non sentiremo mai abbinare ad alcuna proposta politica, perché costituirebbero una precisa indicazione dei risultati che si vogliono ottenere. Che il cittadino qualunque potrebbe persino confrontare con l'esito dell'azione di governo dopo 5 anni di mandato...

Fraternamente,

Pierpaolo Pecchiari



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New Energy for America
5 Million Green Collar Jobs
A Bold New National Goal on Energy Efficiency

American Energy

Read the New Energy for America plan

Watch Barack's speech in Lansing, MI on his new energy plan:


The Obama-Biden comprehensive New Energy for America plan will:

Provide short-term relief to American families facing pain at the pump
Help create five million new jobs by strategically investing $150 billion over the next ten years to catalyze private efforts to build a clean energy future.
Within 10 years save more oil than we currently import from the Middle East and Venezuela combined.
Put 1 million Plug-In Hybrid cars -- cars that can get up to 150 miles per gallon -- on the road by 2015, cars that we will work to make sure are built here in America.
Ensure 10 percent of our electricity comes from renewable sources by 2012, and 25 percent by 2025.
Implement an economy-wide cap-and-trade program to reduce greenhouse gas emissions 80 percent by 2050.

Anonimo ha detto...

Cari Compagni

Il vero problema oggi è la comunicazione, tra le generazioni a causa della velocità dei cambiamenti e della pigrizia mentale. I rapporti, già allentati tra le persone, diventano sempre più tenui tra "le Istituzioni e i loro destinatari per la diversa percezione delle rispettive finalità". I figli di questa Società non possono e non devono permettersi il comodo isolamento ma percorrere per intero la strada della responsabilità e dell'impegno.Oggi, difatti, possiamo senza dubbio affermare che" la comunicazione è confusa, disturbata, esposta all'ambiguità per eccessivo rumore, per la molteplicità dei messaggi ma, soprattutto, per la mancanza di sintonia tra emittente e ricevente". Viviamo la contraddizione del nostro tempo; preoccupa l'incomprensione, il silenzio l'ascolto limitato e selettivo, la "comoda tranquillità" e il "lasciar stare". Tutto ciò vanifica di continuo lo sforzo di pochi teso a trasmettere valori, impegno e responsabilità.La vita politica è specchio responsabile delle difficoltà del nostro quotidiano. Non esiste dibattito politicamente corretto, il momento istituzionale si richiude su se stesso, purtroppo nell'indifferenza dei ruoli, ed il rumore eccessivo registra soltanto scontri di acceso personalismo,facendo degradare l'interesse pubblico a semplice ornamento di uno scenario caratterizzato sempre più da rivendicazioni di primogenitura o di "comparata" bravura. La realtà socio economico della nostro paese, sempre più allarmante, è ora diventata potenzialmente pericolosa! Non ho certamente la panacea per risolvere problemi così importanti e gravi ma intendo sollecitare le sensibilità serie e culturalmente capaci che albergano nella nostra realtà ed in tutte le forze, politiche nel tentativo di abbandonare paure e "cultura esasperata" dell'appartenenza privilegiando una comune terapia politica nell'interesse del popolo. Tutto ciò richiede, naturalmente,un forte e vigoroso richiamo all'eticità della politica, privilegiando uomini donne e giovani non per la loro storia o per la loro tessera partitica ma per la capacità di vivere insieme momenti di proposta comune per iniziare un percorso di risanamento socio culturale e politico. Soltanto il coraggio dei pensieri liberi, di persone disposte a lavorare al servizio di una "solidale" esperienza con un rinnovamento globale di qualità che, scevro di indicare alla storia vincitori e vinti, privilegi, attraverso una "trasversale collaborazione trasparente" tra tutte le forze politiche, le associazioni ed i singoli cittadini i problemi del paese, potrebbe essere oggi l'unico modo per ridare slancio e serenità sociale oggi fortemente minata. Tale percorso non deve naturalmente disperdere l'esperienza di tutti coloro che hanno attivamente amministrato la cosa pubblica, di ogni colore ed appartenenza, ma che testimonino fattivamente, facendo un passo indietro, che la politica intesa come servizio richiede lavoro ed impegno per la cosa pubblica, ma non necessariamente nella cosa pubblica; è opportuno,a tal fine, porsi al"servizio" della nuova cultura della solidarietà e della libera collaborazione per una nuova stagione politica fatta di reale rinnovamento, ponendo i "veri" giovani al centro di tale percorso, soggetti attivi e protagonisti della rinascita della città. Soltanto una trasversalità trasparente, condivisa, motivata ma soprattutto accettata senza riserve da tutti attraverso continui e seri dibattiti, e confronti anche forti ed accesi,potrà ridare al paese, proposte amministrative, risveglio economico e pace "ambientale". Ai destinatari di questo mio invito, di inizio di un percorso di incontri e di scambio di idee, non chiedo di condividerlo forzatamente né di leggerlo soltanto come una riflessione seppur modesta ma, al contrario, chiedo risposte, contestazioni, critiche; qualunque cosa che serva a scuoterci per parlarci e per ridare voce al paese ed in particolare ai giovani, guadagnando la loro fiducia, incoraggiandoli ad essere sempre più "presente" e non soltanto futuro.

Anonimo ha detto...

Caro Claudio e care e cari compagni,
ricordo che se tutto va bene ho già preso accordi con la segreteria
di Ruffolo (lui d'accordo) che sarebbe venuto a Genova in gennaio a
presentare il suo libro "Il capitalismo ha i secoli contati".
Trovo un po' strano che questo ultimo intervento di Ruffolo
sembri a tanti di voi una sorpresa. Sono anni che scrive articoli
su La Repubblica e batte sempre sullo stesso tasto, quello che
faccio anche io e mi scontro con i socialisti-liberisti, non solo del
PD, ma sotto l'ala SDI prima PS ora.
Mi rendo conto che le mie sono una goccia nel vostro mare
di e-mail ma sarebbe bene leggersi almeno l'ultima che tocca
riassuntivamente l'argomento del chi siamo a partire dalla lettura
del Manifesto di Madrid che qualcosa la indica sulla linea da darsi
per uno nuovo sviluppo, giusto e verde.
Dialogare è faticoso ma necessario.
Battendo e ribattendo può darsi che socialisti-liberisti che sono
ancora prevalenti e che non hanno prima voluto intendere
Ruffolo, ma anche Sartori (seppure dice di essere di destra!) ma
anche Rifkin, ecc., ecc. almeno leggendo il Manifesto
di Madrid - valido per tutti i socialisti europei - e dunque cogente
per chi si ritiene socialista, comunque aggettivato, si converta alla
nuova linea ... "Noi crediamo in un'economia di mercato sociale",
traduco, quella tradizionalmente socialdemocratica prevista
peraltro dalla nostra carta costituzionale.
Non sarà facile visto che l'attuale bozza di statuto del PS sembra
non recepire il rinnovato corso socialdemocratico europeo.
Sono in procinto di inviare una proposta di modifica all'art.1 ...
troppo generico ... quasi sul tipo PD, ed è un bel paradosso!
Buon dialogo a tutti e Avanti!.
Luigi Fasce

Anonimo ha detto...

la cosa più bizzarra dell'attuale crisi economica è che era stata annunziata molto tempo del suo acme e ,malgrado ciò, non c'è stato nessun intervento per cercare di arrestarla.il professor sartori scrisse un fondo sul corriere in cui sosteneva che gli economisti non avevano saputo prevedere la crisi,ebbene questo mi sembra errato perchè erano un paio di anni e forse più che si prevedeva lo scoppio della bolla immobiliare.e allora mi domando perchè non c'è stato nemmeno un solo tentativo di intervento e oggi gli stessi sostenitori della crescita senza regole invocano lo stato?lo slogan di tremonti sul mercato se possibile e lo stato dove è necessario non significa forse lo stato quando fa più comodo cioè quando deve riparare i danni cagionati da chi ha voluto solo vantaggi e non ha saputo assumersi responsabilità.
negli anni 50' i partiti socialisti e radicali si battevano per regolamentazioni e contro i monopoli arrivando a sostenere nazionalizzazioni e proponendo strategie per affrontare la questione meridionale.mi domando ancora cosa sia rimasto oggi a sinistra se non la rassegnazione all'esistente,rassegnarsi a quelle leggi del mercato che vengono considerate quasi leggi divine.e mi domando ancora perchè i riformisti non facciano sentire di più la loro voce attraverso una cultura politica capace di proporre alternative senza lasciare all'estremismo il compito di coalizzare lo scontento :figure come giorgio ruffolo servono perchè nel corso della loro vita hanno studiato in modo razionale la società e l'economia per poi fare scelte politiche pratiche.dove sono finiti i grandi obiettivi di lungo periodo? io sono un ragazzo di 22 anni e non mi piace l'appiattimento sul presente degli attuali partiti di sinistra,il loro rinunciare a proporre soluzioni diverse (e se ci sono nessuno se ne accorge)
si parla tanto di nuove regole e di nuovo modello di sviluppo,ma quale modello e quali regole?uscire dall'ambiguità e parlar chiaro è forse quello di cui ci sarebbe bisogno assieme ad un maggior radicamento sul territorio ,alla capacità organizzativa e alla conoscenza approfondita delle questioni sociali,conoscere per agire