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domenica 12 gennaio 2025
Franco Astengo: Siderurgia
SIDERURGIA: NO A FONDI E ALLO SPACCHETTAMENTO di Franco Astengo
E' il caso di soffermarsi con attenzione sulla prospettiva di vendita del gruppo "Acciaierie d'Italia": premessa la strategicità della produzione siderurgica in una situazione italiana di deficit sul piano della programmazione industriale; considerata la necessità di un riferimento europeo; ricordato il passaggio di privatizzazione del settore avvenuto negli anni'90 e i fallimenti di Riva e di Arcelor Mittal tanto per citare due esempi e il ritorno al pubblico degli stabilimenti di Taranto, Cornigliano e Novi Ligure con la formula - appunto - di Acciaierie d'Italia.
La situazione in itinere vede tre società straniere in lizza per l'acquisizione dell'intero complesso: l'azera Baku Steel Company; gli indiani di Jindal, e il fondo statunitense Bedrock che punta su metalli ed estrazione.
Sono state inoltre avanzate proposte di acquisto per assett parziali da diversi gruppi tra i quali Marcegaglia, Eusider e Sideralba.
Al di là del facile ottimismo ministeriale e delle riflessioni aperte nel Sindacato vanno poste immediatamente in essere alcune proposizioni di principio:
a) no a fondi d'investimento che naturalmente lavorano in funzione dei sottoscrittori e non della produzione nella sua dimensione d'interesse nazionale e sovranazionale;
b) no a spacchettamenti molto pericolosi che frazionerebbe l'indispensabile unità del ciclo produttivo: unica garanzia questa per la conservazione (e sviluppo ) della presenza del settore.
Il tutto si colloca in un quadro complessivo già ricordato ma che vale la pena di ribadire:
Il tessuto produttivo nazionale attraversa, da anni, una crisi strutturale che condiziona l'economia del Paese e non si riesce a varare un’efficace programmazione economica.
Una programmazione che funzioni da vettore per selezionare poche ed efficaci misure, in grado di incrociare la domanda di beni e servizi e promuovere una produzione di medio e lungo periodo.
Appaiono in forte difficoltà anche gli strumenti di rapporto tra uso del territorio e struttura produttiva, ideati allo scopo di favorire crescita e sviluppo: il caso dei distretti industriali, appare il più evidente a questo proposito.
Da più parti si sottolinea, giustamente, il deficit di innovazione e di ricerca.
Ebbene, è proprio su questo punto che appare necessario rivedere il concetto di programmazione e di intervento pubblico in economia: un concetto che, forse, richiama tempi andati, di gestioni disastrose e di operazioni “madri di tutte le tangenti”.
Emerge, infatti, la consapevolezza di dover finanziare l'innovazione produttiva.
Mentre il mercato internazionale si specializzava nei beni di investimento e intermedi, con alti tassi di crescita, l'Italia si specializzava nei beni di consumo, con bassi tassi di crescita.
Nel 1990 (queste le responsabilità politiche vere del pentapartito che si riflettono ancora adesso sulla realtà attuale, assieme al peso dell’aver sottoscritto trattati europei pesantemente vincolanti in assenza di una qualsiasi prospettiva plausibile di tipo politico) i paesi europei erano tutti in condizione di debolezza e tutti, tranne Portogallo, Grecia, e Italia, avevano saputo modificare le proprie capacità tecnico – scientifiche diffuse, al fine di agganciare il mercato internazionale poi posto in crisi dal 2007 in avanti e ancora dalla crescita cinese e adesso nella prospettiva dell'isolamento di marca trumpiana e dall'aggressività di Musk e dagli altri padroni delle "over the top".
In allora i Paesi europei seppero costruire una ripresa industriale portata avanti anche grazie al supporto e all'intervento diretto del settore pubblico, mentre l'Italia ha dovuto importare l'innovazione da altri rinunciando anche allo sviluppo di segmenti alti del mercato del lavoro, dall'informatica, all'elettronica, alla chimica, addirittura all'agroalimentare.
Adesso di fronte alle difficoltà è il momento di rilanciare proprio nella dimensione europea ponendo a quel livello Il nodo della programmazione, dell'innovazione tecnologica ( si pensi ad esempio rispetto al tema dei satelliti il lavoro di Sitael), dell'intervento pubblico potrebbe rappresentare la base di un programma di alternativa rispetto a quello di un governo in apparenza. sovranista ma che sta cedendo a privati stranieri i punti definitori una possibile identità nella comunicazione, nella tecnologia, nella produzione industriale.
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