sabato 26 marzo 2022

Franco Astengo: Parlamento

LA VISIONE DEL PARLAMENTO di Franco Astengo “Dalla democrazia parlamentare al (semi) presidenzialismo”: in Italia la modifica della forma di governo sta proseguendo ormai da molto tempo e, dopo vari tentativi falliti, sta accelerando grazie all’avvento di governi guidati in forma extra-parlamentare e la modifica di ruolo e funzioni della Presidenza della Repubblica ben evidenziato dall’andamento delle votazioni presidenziali, sia nel 2013 sia nel 2021. Molte le concause del fenomeno, prima fra tutte lo svilimento del Parlamento (nel frattempo demagogicamente ridotto nel numero dei componenti, anche grazie a una conferma da parte del corpo elettorale in un referendum condotto effettivamente con un grado molto intenso di volgarità populistica); svilimento della funzioni Parlamentari dovuto, in gran parte, da una legge elettorale sostanzialmente “fabbrica” di nominati; nominati privi di alcuna base di formazione e aggregazione del consenso; e dal mutamento strutturale nella funzione dei partiti passati celermente dalla condizione di “catch all party” a soggetti di supporto alla “democrazia recitativa” sviluppata in esclusiva funzione del potere. Non a caso la prima vittima è stata il dibattito politico ormai ridotto, come scrive Nadia Urbinati, a “mostrarsi più concentrato a soddisfare il piacere gladiatorio dei suoi organizzatori e protagonisti che a comprendere quel che sta avvenendo e a orientare l’opinione pubblica”. Adesso in conclusione della XVIII legislatura siamo ad punto in cui la posizione dell’Italia rispetto al conflitto armato scoppiato in Europa per via dell’invasione russa dell’Ucraina è stata assunta per via decretale senza che, in effetti, alla Camera e al Senato si siano discusse cause e ragioni dell’evento bellico e ci si sia confrontati sulla politica estera, nel frattempo assunta “ad interim” dal presidente del Consiglio “tecnico” che la esercita attraverso una personale presenze nei consessi internazionali e nei propri contatti bilaterali. Intanto si fa il conto dell’insieme dei provvedimenti che sono rimasti fermi alla Camere, per alcuni dei quali è prevedibile una risoluzione dell’iter legislativo attraverso un frettoloso voto di fiducia (sarà così per la riforma del CSM), oppure un rinvio “sine die” (regolamenti parlamentari, cannabis, DDL Zan, tanto per fare degli esempi). Però in ballo ci sono delle vere e proprie emergenze: 1) L’aumento delle spese militari (misura del tutto irragionevole che stanno assumendo Paesi Europei che dovrebbero lavorare per la pace in via diplomatica) produrrà, alla fine, uno spostamento nei termini concreti dell’attuazione del Recovery Fund ideato per fronteggiare la crisi derivante dall’emergenza sanitaria e che in Italia si vorrebbe attuare attraverso il PNRR; 2) Di conseguenza si verificherà quello che, semplicisticamente, può essere definito “arretramento” rispetto alle due grandi transizioni, quella ecologica e quella digitale (potrebbe trattarsi anche di un’opportunità ma per economia di discorso in questa occasione ci si limita all’enunciazione del solo titolo); 3) Del tutto dimenticata la modifica della legge elettorale. Un punto davvero prioritario se sul serio si volesse intendere una restituzione della potestà di scelta dei parlamentari ad elettrici ed elettori. Tra l’altro sulle “liste bloccate” in vigore dal 1994 (corte o lunghe a seconda dei casi) si stanno preparando ulteriori ricorsi alla Corte Costituzionale che, come già accaduto in occasione della legge del 2005 e poi di quell’Italikum di marca renziana mai entrato in vigore, potrebbero avere effetto deflagrante. A pochi mesi dallo scioglimento della legislatura se si intendesse compiere un passo verso il recupero di un ruolo parlamentare risulterebbe allora importante l’elaborazione di una mozione di carattere generale da presentare alle Camere che, complessivamente, contenesse un indirizzo al governo sui temi appena enunciati. Si tratterebbe di una sorta di tentativo di recupero del dibattito, dimostrando una “visione complessiva” delle Camere per ostruire la strada a questo possibile – deleterio – passaggio già pericolosamente in corso di trasformazione nella forma di governo.

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