domenica 23 aprile 2017

Paolo Bagnoli: La Brigata ebraica e il problema di Israele

LA RIVOLUZIONE DEMOCRATICA NEWS - 22 aprile 2017 "LA BRIGATA EBRAICA E IL PROBLEMA DI ISRAELE" di PAOLO BAGNOLI Diciamo subito: ci auguriamo che nei cortei del 25 aprile, tra le altre, ci siano anche le bandiere della Brigata Ebraica che fu un reparto combattente presente anche sul fronte italiano formato esclusivamente da ebrei; un reparto inquadrato nell’esercito inglese esercitando, allora, l’Inghilterra, un mandato sulla Palestina. Diciamo altresì che plaudiamo alla presentazione di un disegno di legge – prima firmataria la deputata pd Lia Quartapelle – per il conferimento della medaglia d’oro al valor militare alla bandiera della Brigata che, nell’ultima parte della guerra, si batté duramente e con onore nei combattimenti che portarono allo sfondamento della Linea gotica. Auguriamoci che il Parlamento non faccia candire la questione e proceda velocemente. Nei cortei del 25 aprile, oltre a chi ha il titolo storico per esserci, c’è sempre un po’ di tutto. E’ difficile impedire la presenza di chi voglia parteciparvi, ma ciò non significa che debba essere subita l’intolleranza e la violenza di taluni gruppi verso altre presenze più che legittimate a esservi. Contro questa intolleranza e questa violenza occorre reagire con fermezza. Non sempre purtroppo lo si fa. La bandiera della Brigata è quella che, dal 1948, è la bandiera dello Stato di Israele. Anche quest’ anno, un movimento filopalestinese il Bds – attivo dal 2005 - ha annunciato che parteciperà alla sfilata con cartelli recanti i nomi dei villaggi distrutti da Israele dal 1948 a oggi. L’intento è chiaro. Come ha scritto Paolo Mieli: “Un modo per riproporre la rappresentazione (non nuova) degli israeliani di oggi come gli eredi dei nazisti di ieri.” La risposta dell’ANPI di Milano è stata ferma e chiara a sostegno delle ragioni della partecipazione della Brigata al corteo. L’ANPI milanese, per bocca del suo presidente, ha dichiarato di impegnarsi a “isolare e respingere le provocazioni”, chiarendo come le ingiurie contro la Brigata, le sue insegne, siano un’ingiuria contro “l’intero patrimonio storico della Resistenza italiana” per cui gli iscritti all’ANPI di Milano sono invitati a respingere l’invito del Bds. Ineccepibile. A Roma, ove il clima è molto diverso, la presidente della Comunità ebraica romana – Ruth Dureghello - ha dichiarato che le insegne della Brigata non sfileranno nel corteo della capitale. Il risultato è che in alcune città la ricorrenza della Liberazione sarà unitaria, in altre no. Non è bello. Infatti, perché il 25 aprile, risponda in pieno al suo significato occorre che tutte le insegne dei reparti combattenti nella guerra di Liberazione siano presenti; se la Brigata Ebraica non è messa nelle condizioni di poterci essere la ferita non è solo un colpo di striscio. Dietro le contestazioni squadristiche contro la Brigata sta, come è facile capire, ben altro: la contestazione alla legittimità dello Stato di Israele, al suo diritto di essere. Possibile che non si riesca a ragionare sul fatto che una cosa sono le politiche che, nel contesto particolare della sua condizione storica e territoriale, i governi che democraticamente governano il quel Paese attuano e una cosa, ben altra cosa, è il diritto di quello Stato a esistere? Crediamo che il comportamento della destra israeliana sia sbagliato e intriso di pericolosa provocazione, ma non per questo contestiamo la legittimità di uno Stato nato per volontà della comunità internazionale la quale, non dimentichiamolo, nel maggio 1948 non solo sanzionò la nascita di Israele, ma, contestualmente anche quella di uno Stato palestinese. Il mondo arabo dichiarò subito guerra e ciò fu l’inizio di un lungo doloroso calvario nel quale i palestinesi sono ancora immersi; ancora senza quello Stato cui hanno diritto, ma più deboli, nonostante tutto,di quanto lo erano allora. Tra l’altro sono sempre sotto schiaffo di coloro che si dichiarano loro “fratelli”, ma che usano la causa palestinese per altri fini rispetto alla soluzione della questione palestrinese. Nonostante i non pochi sbagli compiuti dalla democrazia israeliana è innegabile che essa si trovi a dover essere sempre all’erta per garantire la sopravvivenza dello Stato e spesso in guerra per difendersi visto che, fino ad oggi, non ha mai dichiarato guerra a nessuno. Si è sempre e solo dovuta difendere. Si ripete spesso: due popoli due Stati. La risoluzione delle Nazioni Unite del maggio 1948 ne prendeva atto: di due popoli che erano, e continuano a essere, l’uno dentro l’altro. Infine, un’ultima considerazione. Nella contrarietà a tutto quanto vede sulla scena della Storia gli ebrei sentiamo il sapore acre e nauseante del razzismo; abbracciare la causa palestinese per combattere Israele è, nei fatti, pratica militante di antisemitismo; un sentimento ben più forte e diffuso di quanto si immagini. Il problema non riguarda solo gli ebrei, ma va al cuore della nostra civiltà liberale, di quanto l’Occidente rappresenta anche se ci pare troppo timoroso, di fronte ai vari attacchi che riceve, di rivendicare la propria identità storica, morale, culturale e civile. In questa vi è la democrazia, naturalmente; quale conquista, valore e fatto concreto. Dentro la civiltà occidentale sta la legittimità delle storie e della libertà, degli uomini liberi e tolleranti nonché il canone dei diritti che sanzionano norme e pratiche di tolleranza. Vi sta la comunità di popoli che sono diversi e che, nel riconoscimento delle loro diversità vivono insieme in quanto Umanità protesa all’incivilimento.

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