SE PROPRIO NON CI CAPISCONO NIENTE, MEGLIO I TAGLI LINEARI….
pubblicata da Pierpaolo Pecchiari il giorno sabato 11 febbraio 2012 alle ore 11.52 ·
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Alienare il patrimonio del Comune per rimediare allo squilibrio tra entrate e uscite è sbagliato. Il compito della politica: reperire e allocare risorse scarse. Ma a quanto sembra nessuno ha capito quale sia la composizione della spesa del Comune. Quanti anni ci vogliono per una “spending review”? Se non ci capiscono nulla, meglio una politica di tagli lineari su tutti i comparti e le funzioni del Comune. Effetti irreversibili della cessione delle partecipate, strumento per realizzare una visione di città in realtà come la mobilità, l’ambiente, l’energia. Chi si lagna per il fatto che la giunta Moratti ha imbellettato i conti, c’era (in Consiglio Comunale) ma probabilmente o dormiva o non ci arriva…
Secondo molti, per salvare i conti del Comune di Milano sarebbe meglio puntare alle “privatizzazioni” di partecipate e controllate.
Un’idea sbagliata, al punto da poter essere definita scellerata per le conseguenze che potrebbe avere e per le logiche che sottende. Un’idea da contrastare con tutta la forza che il partito può mettere in campo.
I sostenitori della svendita di partecipate e controllate si illudono che questo possa dare respiro ai conti del Comune. In realtà si tratta di un’illusione vuota.
Lo squilibrio strutturale tra entrate e uscite nel bilancio del Comune (la cui stima è cresciuta dai 300 milioni di Giugno 2011 ai 500 e rotti di qualche giorno fa) si può solo risolvere con operazioni di aumento delle entrate o di riduzione delle uscite.
Il partito di maggioranza relativa, tramite la sua loquace capogruppo, sostiene che un aumento delle entrate (tasse, imposte, tariffe e addizionali) sia politicamente improponibile, e che una riduzione delle spese non possa essere fatta, perché questo significherebbe ridurre il livello dei servizi ai cittadini e intervenire su una realtà tanto ingarbugliata, da essere praticamente inestricabile.
Personalmente trovo questo modo di ragionare bizzarro. A chi governa si chiede soprattutto di saper reperire e indirizzare risorse scarse secondo ragioni di priorità politica. Se membri della giunta ed esponenti del partito di maggioranza relativa si dichiarano incapaci di fare questo, ci si chiede per quali ragioni abbiano ritenuto di candidarsi alla guida della città.
Tralasciando questa facile ma interessante polemica, ma rimanendo su un piano di ragionamenti elementari, la logica vorrebbe che oggi le uscite delle diverse funzioni della macchina comunale fossero preventivate utilizzando un metodo che è detto “budget a base zero”, chiamando i responsabili politici e amministrativi a ragionare sul bilancio 2012 senza cercare facile giustificazione alle loro richieste nei “dati storici”. Qualora anche questo fosse uno sforzo eccessivo per le anime semplici che gestiscono il Comune di Milano, rimane un’unica soluzione – che però rappresenta la definitiva abdicazione della politica alla ragioneria: seguire una politica di “tagli lineari”, come quelli applicati da Tremonti al bilancio dei diversi ministeri.
Una politica impotente per sua stessa ammissione, perché non fa scelte; ma che nel breve periodo può essere sopportabile, a patto di adottarla indicando chiaramente i responsabili politici della situazione che si è venuta a creare per le finanze locali, non solo quelle Milanesi.
Perché l’idea che si possano rimettere in ordine i conti dello Stato centrale scaricando competenze su regioni e comuni in nome di un malinteso federalismo, ma privando questi enti delle risorse finanziarie per svolgere i loro nuovi compiti, è un’idea truffaldina, che può aver suscitato entusiasmi solo tra i “federalisti” che affollano grotti e osterie delle valli alpine e prealpine.
Il taglio dei trasferimenti agli enti locali avrà anche fatto bene ai conti pubblici, ma ha di fatto paralizzato gli enti locali.
In queste condizioni, persone intellettualmente oneste dichiarerebbero l’inutilità e l’impossibilità di soddisfare i propri programmi elettorali. Meglio mettere la doppia freccia e fermarsi in corsia di emergenza. La politica dei tagli lineari rappresenta la corsia d’emergenza delle finanze locali disastrate. Tuttavia è assai opportuno spiegare chi ha messo lo zucchero nella benzina, perché sarebbe assurdo passare per fessi e assumersi responsabilità non proprie.
Perché la politica dei tagli lineari dovrebbe essere preferibile a una politica di alienazione di parte del patrimonio del Comune? Innanzitutto perché non si fanno operazioni sullo stato patrimoniale per tamponare le falle di un conto economico. Inutile vendere i gioielli di famiglia se da qui al 2016 la stessa situazione continuerà a ripresentarsi all’infinito. Con questo andazzo, si comincia con SEA e si finirà con il tentare di vendere la Galleria o il Duomo ai turisti giapponesi…
Il secondo ottimo motivo per non vendere è che partecipate e controllate sono lo strumento principale attraverso cui una giunta può realizzare la sua visione del futuro della città.
Partecipate e controllate operano in settori come quello della mobilità, della gestione ambientale e dell’energia. Visioni diverse si possono tradurre immediatamente in indirizzi che determinano le scelte di queste aziende. Senza leve su cui agire, le scelte di indirizzo politico di una giunta rimarrebbero vuote chiacchiere da convegno, o da incontro-dibattito cui invitare “cittadini attivi” che, dopo una biciclettata, potrebbero rifocillare la mente con discussioni stimolanti e il corpo con torte salate e vinelli giovani.
Il terzo motivo per non vendere, o comunque per pensarci tre volte prima di farlo, è che a differenza di una politica di riduzione delle spese - che può essere temporanea, limitata a una fase emergenziale e comunque è una scelta reversibile - perdere il controllo delle partecipate e delle municipalizzate è una scelta irreversibile, e implica privarsi degli strumenti per realizzare buone politiche nei settori della mobilità, dell’energia e della gestione aziendale, per rimettersi al “buon cuore”, e soprattutto ai calcoli costi/opportunità, che faranno in futuro operatori privati.
Se proprio si dovesse fare qualche ragionamento, meglio partire dal patrimonio immobiliare del Comune – di cui ci si accorge che esiste solo in occasione dello scoppio delle bombe scandalistiche delle varie Affittopoli - e al massimo ipotizzare per partecipate e controllate la cessione di quote di minoranza ad un azionariato diffuso, tramite la quotazione.
In nessun caso, comunque, il Comune dovrebbe andare sotto la quota di maggioranza.
Dovessimo entrare nel dettaglio, se proprio fossi messo alle strette giudicherei accettabile, oggi, solo la cessione di quote minoritarie di MM e ATM.
MM soprattutto potrebbe giovarsi della collaborazione pubblico-privato per realizzare gli interventi necessari per gestire il flusso di persone quotidianamente in entrata e uscita da Milano.
L’idea che MM possa finanziare i nuovi progetti in coincidenza di grandi eventi come Expo si è rivelata errata, vista la situazione della finanza pubblica a livello centrale. E solo persone del tutto digiune persino dei rudimenti dell’aritmetica possono immaginare di finanziare interventi di peso con i proventi di Ecopass-Area C. Una semplice divisione tra il costo per la realizzazione di un chilometro di metropolitana e proventi annui stimati da Ecopass-Area C è illuminante...
Una giunta che si privasse del controllo di aziende strategiche per finanziare la spesa corrente si renderebbe colpevole di una scelta irresponsabile, che per di più comprometterebbe le possibilità – anche alle giunte future – di intervenire sul governo del territorio e dei processi di trasformazione della città.
E la scusa che la Moratti ha truccato i conti non regge più. Il partito di maggioranza relativa è presente a Palazzo Marino ininterrottamente dalla Liberazione, nella sua veste attuale o con i partiti che ne sono stati suoi predecessori e precursori. Un tempo sufficiente per maturare esperienza e affinare l’intuito. Evitiamo, perciò, i discorsi sulla Moratti che truccava i conti; in questo modo potremo evitare di chiederci in quali attività abbiano impiegato il loro tempo i consiglieri di opposizione nei cinque anni della precedente amministrazione.
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