lunedì 26 settembre 2011

Claudio Bellavita: Ritorniamo all'eresia socialista

Dopo anni di crescita ininterrotta, il movimento socialista si sfasciò all'inizio della prima guerra mondiale, adeguandosi alla cultura dominante del nazionalismo che stava precipitando l'Europa nella catastrofe in nome dell' automatismo degli ultimatum e delle mobilitazioni.
Era la cultura dei monarchi, dei diplomatici e dei generali e dei loro corifei nella stampa, che erano il vertice dominante della società, così come lo sono oggi i banchieri centrali e i grandi finanzieri, banchieri e assicuratori che predicano i dogmi del liberismo assoluto.
Che sono tanto fasulli quanto lo erano quelli del nazionalismo: il liberismo basa le sue regole matematiche sulla concorrenza perfetta e sulla ricerca della massimizzazione dell'utile.
La concorrenza perfetta non esiste in nessun posto del mondo, ovunque il capitalismo senza regole sfrutta le posizioni dominanti e il controllo di una politica asservita.
La massimizzazione dell'utile ha subito un'accelerazione con la separazione della proprietà dalla gestione, e l'introduzione dei bonus che impongono la massimizzazione dell'utile a breve termine, per premiare i manager con i bonus, mentre la proprietà cercava il consolidamento a lungo termine.
Così ogni giorno si inventano prodotti finanziari sempre più elaborati e lontani dalle esigenze quotidiane dei mercati, che quando scoppiano come tante bolle consecutive si rivelano alla fine come varianti della proposta del gatto e della volpe di seminare le monete d'oro per fare un albero. I grandi economisti e i banchieri centrali fanno sempre più spesso la figura di Pinocchio, ma continuano a essere considerati degli oracoli infallibili dall'unanime martellamento mediatico, che accetta senza replicare le loro terapie: in sintesi bisogna che i lavoratori e i poveri saltino un pasto al giorno per rimborsare i banchieri che han giocato al casinò e hanno perso.
Eppure la finanziarizzazione liberista dell'economia ha già dato prove disastrose, portando alla bancarotta il Cile (dove i capiscuola di Chicago han fatto la loro prima esperienza) e l'Argentina, e consegnando alla mafia la Russia di Gorbaciov.
Di fronte a questa colossale presa in giro, che si è accelerata anche dopo il "crollo del muro" di Wall Street (Wall vuol dire muro, ma il sistema mediatico non ha rilevato che la crisi del 2008 era tanto esplosiva ed evidente quanto la caduta del muro di Berlino), purtroppo non c'è stata una risposta di sinistra, salvo la squallida disponibilità di alcuni a offrirsi come più efficienti gestori del liberismo imperante.
Anzi, ora sta passando nel carrozzone mediatico la cultura della globalizzazione, che in sintesi suona: "siccome i paesi in via di sviluppo stanno crescendo impetuosamente perché i loro lavoratori non hanno pensioni, sanità e salario garantito in caso di disoccupazione, bisogna che anche in occidente i lavoratori accettino di tagliare il loro welfare".
Nessuno a sinistra ha neanche pensato che si potrebbe anche replicare con il protezionismo sociale, applicando un dazio alle importazioni da quei paesi pari al differenziale di welfare, che è una conquista da estendere a tutti, e non da lasciar tagliare dai Sacconi di turno. Forse le anime belle della sinistra occidentale han paura di passare per eretici: ma il socialismo è nato come eresia possibile, e dobbiamo riprendere l'orgoglio di predicare le eresie e la tutela dei beni comuni, anziché, come fa la sinistra italiana, limitarsi a parlare di manette e di scandali personali.
Anche perchè la mancanza di una risposta ai problemi reali, e la mancanza di democrazia all'interno dei movimenti politici "di sinistra", sta pericolosamente azzerando la partecipazione politica, che ormai si canalizza attraverso i movimenti spontanei gestiti da volontari che rifiutano di farsi inglobare dai partiti. Ma che, come nel caso dei referendum italiani, riescono ancora a ottenere strepitose vittorie nonostante il sabotaggio dei partiti e dei media, sabotaggio che continua anche per cancellare gli effetti della vittoria.

Insomma, per la sinistra del mondo si ripropone l'alternativa. O tornare a parlare di socialismo, o perire.
Nessuna delle ricette che rimbalzano tra i soloni accreditati dal circuito mediatico internazionale prevede una strada per la ripresa economica. Non vorrei che, come nel 1914, la strada fosse quella di una guerra mondiale, che magari cominci tra Pakistan e India.

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