sabato 2 gennaio 2010

Peppe Giudice: Il compagno Craxi

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Oggi alle 2.17
Il compagno Craxi


E’ stato il mio segretario nazionale per 16 anni. Non l’ho mai amato politicamente, ho portato rispetto, questo sì, alla sua forte personalità; ho avuto dall’inizio l’impressione che volesse portare il socialismo italiano fuori dal suo alveo storico ma forse su questo esageravo probabilmente perché confondevo le posizioni di alcuni suoi “delfini” come Martelli con le sue. Mi ha sempre irritato la sua arroganza, la sua tendenza a vedere il partito come un prolungamento della sua personalità. Ma probabilmente tale tratto della personalità era più il frutto di un carattere timido, ansioso ed insicuro che porta ad assumere toni aggressivi per difendersi dall’esterno, che di un atteggiamento intrinsecamente autoritario.
Allo scoppio di tangentopoli l’ho però veramente odiato; odiato profondamente lui ed i reggicoda. Tant’è che con altri compagni ho sperato che Martelli prendesse in mano il partito (pensate un po’!). Ma anche Formica e Ruffolo sostennero nel 92 Martelli pur essendo lontani da lui. Per tutti noi era fondamentale che abbandonasse subito la segreteria; in tal modo forse il PSI si poteva salvare.
Mi vergogno un po’ a dirlo ma, all’inizio, fui un sostenitore di Mani Pulite. Ero convinto che il pool di Milano stesse conducendo una opera di moralizzazione indispensabile per riformare la politica italiana. Cambiai idea nella seconda metà del 1993 quando quell’inchiesta apparve sempre più come un golpe strisciante diretto dai poteri forti e che faceva presa su una opinione dominata dal canagliume qualunquista; una operazione diretta a liquidare la democrazia fondata sui partiti e non a fare opera di giustizia.
Ma torniamo a Craxi. Finiì di odiarlo ed assumere sentimenti di solidarietà non certo politica ma umana dopo il vergognoso lancio di monetine del maggio 93. Un lancio che non fu certo opera spontanea di “cittadini incazzati” ma di militanti della Sinistra Giovanile diretta mi pare, allora, dal dalemiano Cuperlo (ma insieme a loro c’erano anche un po’ di fascisti dell’allora MSI di Fini) che saltavano come tanti coglioni gridando: “chi non salta socialista è!”
In tal modo non si colpiva solo Craxi ma simbolicamente tutto il socialismo italiano scavando un fossato profondo nella sinistra (non dobbiamo dimenticare che l’anno prima Craxi permise l’ingresso del PDS nell’Internazionale Socialista).
Certo oggi ragionando a mente fredda quel comportamento del PDS si inquadrava nel tentativo di sottrarre esso stesso alla ondata giustizialista e qualunquista. Non dobbiamo dimenticare che nel 1992 , a Milano, all’inizio delle inchieste sulle tangenti, furono coinvolti insieme esponenti del PSI e del PDS. Pertanto quest’ultimo per salvarsi e poter diventare socio fondatore della II Repubblica fu “costretto” a cavalcare l’ondata antipolitica: un errore tragico per le conseguenze che ha avuto sulla sinistra, ma che allora permise di salvare il PDS dalle inchieste giudiziarie (anche per il sostegno acritico dato da esso a tutte le iniziative della magistratura) ed impedire che una parte del suo elettorato potesse essere attratto dalla “Rete” di Leoluca Orlando (che svolgeva il ruolo che oggi più o meno svolge l’IDV).
E comunque non dobbiamo dimenticare che il grosso del giustizialismo stava a destra (che è la sua collocazione logica) : la Lega, il MSI, giornali come l’Indipendente diretto da Vittorio Feltri (uno dei giustizialisti più feroci e volgari), le stesse televisioni di Berlusconi che nel 93 facevano il tifo per Mani Pulite. E naturalmente il potere economico: la Fiat, la Olivetti, la Pirelli tutti a sostenere ed anzi alimentare con i loro organi di stampa l’ondata qualunquista ed antipolitica al fine di indebolire la politica e renderla subalterna all’economia.
Vi siete mai chiesti perché Mani Pulite mise al tappeto l’industria pubblica (l’IRI e l’ENI furono decapitate) e sfiorò marginalmente la grande industria privata? Non per caso.
Rino Formica così scrive: “ la II Repubblica nacque sul Panfilo Britannia, nel giugno 1992, ove fu deciso lo smantellamento del sistema delle partecipazioni statali”. Nel mese di Settembre, vi fu la forte speculazione sulla lira (con successiva svalutazione). Agli inizi del 1993 furono arrestati i presidenti di IRI ed ENI, Nobili e Cagliari (quest’ultimo poi morì suicida in carcere). Dopo l’arresto di Nobili, Romano Prodi (secondo diversi testimoni anche lui presente sul Panfilo, insieme a Draghi, attuale Governatore della B.I., ed organizzatore delle privatizzazioni selvagge sotto i governi D’Alema e Prodi) inizia lo smantellamento dell’IRI.
E’ evidente che c’è una forte connessione tra l’inchiesta Mani Pulite e gli interessi dei poteri forti interni ed internazionali. La II Repubblica segnerà di fatto la perdita dell’indipendenza economica nazionale.
Ma torniamo al filo conduttore.
Non c’è dubbio che lo smantellamento della democrazia fondata sui partiti trovò inizialmente nell’opinione pubblica un certo favore sia per lo scoperchiamento del Vaso di pandora del canagliume qualunquista sia per la legittima indignazione verso un sistema diffuso e pervasivo di illegalità e malaffare che ha segnato gli ultimi tempi della I Repubblica.
Ma Craxi come si inserisce in questo contesto?
Per spiegarlo inizierò con un confronto tra Craxi e Lombardi che hanno rappresentato due modalità diverse di concepire la funzione del PSI nella sinistra e nella politica italiana.
Craxi e Lombardi sono stati due socialisti autonomisti convinti, nel senso che entrambi ritenevano che il PSI rappresentava nella sinistra uno spazio politico ed ideologico autonomo dal PCI.
Ma era diverso il modo di intendere questa autonomia.
Per Craxi l’autonomia è un concetto “negativo” (in senso logico): essa tende a marcare la distanza dal PCI. Per Craxi è vitale che il PSI venisse percepito dall’elettorato come qualcosa di diverso dal PCI, pena la sua scomparsa.
Per Lombardi, al contrario, il concetto di autonomia era intesa in senso positivo, espressione di una autonomia di progetto, elaborazione e strategia rispetto al PCI. Tale autonomia poteva anche scontare delle fasi di polemica e conflitto politico-ideologico con il PCI ma sempre in un quadro in cui l’unità e la convergenza a sinistra rappresentassero un valore fondante.
Lombardi non credeva alla svolta di Berlinguer del 1980 quando dopo il fallimento dell’Unità nazionale propose l’Alternativa Democratica. Egli riteneva che Berlinguer non si fosse pienamente emancipato dal togliattismo (il compromesso storico era per lui una forma ammodernata della “democrazia progressiva” di Togliatti), e quindi non pensava che il PCI credesse ad un governo alternativo alla DC (semmai riteneva di riprendere il discorso dell’Unità Nazionale con De Mita). Ma al tempo stesso Lombardi diceva: “andiamo a vedere le carte di Berlinguer, vediamo in cosa consiste l’alternativa che lui propone, confrontiamoci sui progetti e sui programmi”. A questo punto secondo Lombardi sarebbero potute scoppiare in positivo le contraddizioni della politica berlingueriana.
Craxi invece che fa. Reagisce facendo tornare il PSI al governo con la DC (pur mantenendo in piedi molte giunte di sinistra, compreso Milano) in quello che poi gradualmente sarebbe divenuto il Pentapartito (e la tomba della politica socialista).
A questo punto lo scontro con il PCI diventa forte (anche se si avranno dei momenti significativi di distensione nel 1983). Craxi diventa presidente del Consiglio mantenendo la carica di segretario del partito. Qui è l’inizio della degenerazione del PSI. La logica bonapartista di Craxi è costretta a stringere un patto scellerato con l’anima governista del partito (quella che Nenni chiamava “il partito degli assessori). Al partito viene imposta una gestione peronista fondata sul culto del leader e che impoverisce il dibattito interno. L’accresciuto potere di coalizione del PSI (parallelo all’inizio della crisi del PCI) provoca, dopo il 1984 l’ingresso nel partito di faccendieri, millantatori e personaggi in cerca d’autore che formano una seconda pelle che si sovrappone a quella dei militanti che comunque resta nel “background” del partito.
In realtà quello che ha spinto Craxi a cacciarsi in un intreccio da cui lui stesso non riesce più a liberarsi è proprio quel concetto deformato di autonomia per cui mantenere le distanze dal PCI è questione di vita o di morte ed è grave che questo avviene quando le ragioni storiche di divisione (soprattutto dopo la morte di Berlinguer) tra i due partiti si vanno sempre più assottigliando ed il PCI fa proprie diverse istanze peculiari dei socialisti.
Inoltre Craxi cerca di costruire alleanze nel mondo economico (non dimentichiamo che la DC aveva un rapporto privilegiato con la Fiat e poi con De Mita con Tanzi e la Parmalat; il PCI ed il PRI guardavano a De Benedetti). Ma lo fa con un personaggio sul cui arricchimento rapido vi sono molti dubbi: Silvio Berlusconi,legando se stesso ad un personaggio quanto meno equivoco e che poi peserà negativamente.
Ma Craxi non è solo questo. E’ l’uomo che sia da Presidente del Consiglio che da Segretario del partito lavora per una politica estera più autonoma dagli Stati Uniti, che arriva fino all’incidente diplomatico (Sigonella, bombardamento americano sulla Libia), aiuta i socialisti cileni nella lotta contro la dittatura, sostiene attivamente i democratici ed i rivoluzionari del Salvador, fa entrare il Fronte Sandinista del Nicaragua nell’Internazionale Socialista.
C’è una pagina che per me resta una ferita grave a sinistra: quello dello scontro sulla Scala Mobile nel 1984. Ma da lombardiano convinto dico che lo scontro lo volle Berlinguer e non Craxi. E lo volle probabilmente per far cadere il governo prestando ascolto incautamente alle sirene della sinistra DC (che volevano far fuori Craxi e sostituirlo con De Mita).
Citerò a tal proposito dei passi di una intervista di Pierre Carniti del 2004: “«Non ci fu un taglio, ma una predeterminazione. L' accordo prevedeva una modulazione degli scatti in funzione di un obiettivo. Le cose andarono meglio del previsto. Non tanto per un miracolistico effetto macroeconomico ma perché si dimostrò che l' inflazione ha anche una forte componente psicologica. Alla fine dell' 83 avevamo ereditato un' inflazione del 13 per cento. L' obiettivo era di portarla al 10. Arrivò all' 8, per cui alla fine i punti di scala mobile che non scattarono furono tre». Lo rifarebbe? «Sì. L' alternativa reale era una politica monetaria restrittiva. Ma quello sarebbe stato l' accordo del boia». Perché il boia? «Perché avrebbe significato, con un forte aumento dei tassi di interesse, strangolare gli investimenti, ridimensionare la crescita e quindi ridurre l' occupazione».
….. “il 7 gennaio la direzione del Pci aveva definito inaccettabile lo scambio politico tra il sindacato e il governo. Era così affermata una doppia teoria: il primato del partito sul sindacato, non perché considerato cinghia di trasmissione ma perché gli si riconosceva un' autonomia limitata, e il primato del Parlamento sull' esecutivo. E' questa la sfida lanciata da Enrico Berlinguer. Dimostrare che senza il Partito comunista non si poteva fare nulla. Non credo che del merito della questione gli interessasse più di tanto»…… “La Cgil aveva delle riserve ma non sembrava una pregiudiziale insuperabile. Il confronto lo guidò il ministro del Lavoro Gianni De Michelis. Arrivammo al 12 febbraio, tutto sembrava definito e si decise di firmare due giorni dopo. Il 14 andammo a Palazzo Chigi e qui Craxi entrò in scena per la prima volta. Lama, con evidente difficoltà, annunciò che la parte maggioritaria della Cgil, cioè i comunisti, non era d' accordo. Craxi tentò un rilancio per portare a casa un risultato unitario. Lo bloccai subito dicendo che l' intesa doveva essere quella concordata. A toglierci tutti dall' imbarazzo fu lo stesso Lama, il quale specificò che loro non avrebbero firmato alcunché. Il Pci aveva messo il veto». Che fece Craxi? «Non poteva certo accettare di governare con un mandato limitato dai comunisti. E fu costretto, suo malgrado, a firmare l' intesa. L' alternativa sarebbe stata quella di dimettersi».
L’intervista di un grande dirigente del movimento sindacale come Carniti (un socialista cattolico ed eterodosso, molto amico di Riccardo Lombardi) rappresenta il modo migliore di chiarire quei fatti.
Craxi è stato certo un bonapartista, ha avuto venature peroniste e populiste ma l’accusa di liberismo non regge proprio: è una cazzata.
Craxi è sempre stato contrario alle privatizzazioni (a differenza di Amato) , non ha abolito ma riformato la Scala Mobile (essa fu abolita da Ciampi nel 93 con il consenso del PDS), ha sempre creduto nel ruolo dell’impresa pubblica (il suo punto di riferimento ideale era il programma di Bad Godesberg della SPD, come lo è di Lafontaine). Del resto questa è una delle ragioni per cui è stato fatto fuori.
Ma veniamo agli ultimi anni. Nel 1989 il sistema politico italiano entra in crisi profonda. Il nuovo assetto geopolitico ed ideologico succeduto alla caduta del Muro mette in discussione un sistema politico in larga parte disegnato sulla Cortina di Ferro.
Il PSI ha un profondo vuoto di strategia e nel partito non si riescono più a governare (parlo del Sud soprattutto) lo scontro di bande (un po’ come succede oggi nel PD) guidate da i faccendieri che in molte realtà locali hanno il controllo delle tessere. Il PCI non convince nella sua trasformazione in PDS; è un partito senza identità e senza progetto. In più una parte del suo ceto politico avverte il logoramento nel rapporto tra Craxi e la DC e si propone di sostituire il PSI (cosa che avverrà nella II Repubblica con l’Ulivo). La DC con il crollo del Muro perde il suo ruolo di baluardo verso il comunismo.
Quando scoppia tangentopoli il sistema è quindi già in profonda crisi.
I partiti sono percepiti dalla gente come macchine di potere onnivore, senza più ideali e strategie. Sono dei corpi pesanti e costosi la cui fame di finanziamento è inversamente proporzionale alla progettualità politica. E sul finanziamento si sovrappongono gli arricchimenti indebiti.
Tangentopoli fa esplodere contraddizioni preesistenti. A tali contraddizioni si poteva reagire con una ristrutturazione del sistema politico fondato sui partiti più confacente ad una democrazia dell’alternativa di tipo europeo (con PSI e PDS uniti in un soggetto socialista unitario e con una DC più simile alla CDU tedesca). Ma prevalse quella scelta fatta forse sul Panfilo Britannia: far soccombere i partiti e far governare il paese da una tecnocrazia in linea con il capitalismo finanziario globalizzato. La magistratura fu il braccio armato di tale operazione.
Il PSI fu l’obbiettivo privilegiato perché era l’anello più debole e si era per lungo tempo identificato con Craxi che agli occhi dell’opinione pubblica veniva fatto apparire come il principale attore di un sistema perverso di fare politica.
Ho già detto e ripetuto che Craxi ha gravi responsabilità ma tali responsabilità erano fortemente condivise da parte un arco vasto e pervasivo di forze. Il finanziamento illegale alla politica (dietro cui si nascondono sempre fenomeni corruttivi) non è stato inventato dal Pentapartito negli anni 80, ma molto, molto prima. Negli anni 80 è cresciuto molto perché i partiti hanno gradualmente perso la funzione di formazione degli orientamenti politici nazionali e sono sempre più diventate macchine di potere. Tutti i grandi partiti senza eccezione.
Ora fare di Craxi il capro espiatorio non è stata operazione di verità; è stata opera di mistificazione e espressione di una fortissima crisi della democrazia.
Ma, al di là di Craxi, si è demonizzata la cultura e la tradizione socialista coinvolgendo anche la più lontana a Craxi stesso. Qualche anno fa fu girato un film su Placido Rizzotto che è stato uno dei martiri socialisti della lotta alla mafia. Ebbene in tutto il film si è omesso di dire che Rizzotto era socialista, pur essendo stato il segretario del PSI di Corleone. Un po’ come nello stalinismo dove si cancellavano le foto di Trotzky al fianco di quelle di Lenin.
Ma su questa “damnatio memoriae” si è fondata la costituzione materiale della II Repubblica. L’altro suo fondamento è il liberismo.
In Italia il liberismo thatcheriano è stato applicato in condominio dall’Ulivo e da Berlusconi. Con il primo ha assunto caratteri populisti con il secondo liberal-tecnocratici. Quella che è scomparsa nella II Repubblica è stata la sinistra nei suoi tratti distintivi culturali. La demonizzazione del socialismo e la riduzione del comunismo a riserva indiana (inevitabile dopo l’89) è stato il preludio della liquidazione anche elettorale di essa.
Come Sansonetti ha giustamente scritto in Italia comandano i poteri economici internazionalizzati e la magistratura; la politica è radicalmente subalterna. Il PDL è la espressione diretta di una Lobby economica, il PD è etero diretto dalla lobby De Benedetti-Scalfari, Di Pietro è il partito della lobby giudiziaria, la Lega è una forza disgregante della democrazia nei suoi fondamenti culturali. In Puglia si vuole eliminare un governatore che reclama il sacrosanto diritto a mantenere l’acqua bene pubblico contro la volontà privatizzatrice di D’Alema e Casini.
La II Repubblica è il primo sistema politico direttamente disegnato dalla globalizzazione liberista e plasmato dai suoi paradigmi culturali. Ora che tale sistema è andato in pezzi è probabile (e ce lo auguriamo) che la II Repubblica giunga finalmente al capolinea.
E ci sarà bisogno di sinistra e socialismo. Ma perché questo bisogno venga soddisfatto occorre che la sinistra abbia la forza di riscrivere radicalmente la storia degli anni 90, anche se fa male. E forse il compagno Craxi, riavrà il suo posto nella storia della sinistra con le sue ombre e le sue luci.

PEPPE GIUDICE

85 commenti:

dario ha detto...

Anche io non amavo il craxismo, tant'è che mi mancano nella raccolta le
tessere dal 1988 al 1992.
Non mi piaceva quel modo di fare autoritario ed arrogante che
contraddistingueva molti dirigenti del PSI, che avevano grande voluttà nel
gestire il potere ma poca o nulla voglia di fare politica.
La morte del PSI avvenne proprio perchè mancarono, nel momento topico del post
1989, le grandi intuizioni e la grande capacità di analizzare la situazione
reale che portarono Craxi alla segreteria e che ci portarono al Congresso di
Torino ed al Convegno di Rimini del 1982.
Ma soprattutto il PSI morì perchè i suoi dirigenti scapparono quasi tutti.
All'inizio del 1993 mi reiscrissi al partito a Torino ed in Federazione trovai
pochi compagni/e della FGSI e pochi sindacalisti, il gruppo dirigente si era
liquefatto.
L'accusa che al gruppo dirigente craxiano ancora oggi faccio è di essere stati
come minimo degli opportunisti se non proprio dei vigliacchi.
Ai comunisti, ai fascisti ed ai leghisti imputo di essere stati degli
sciacalli che, incapaci di affrontare in campo aperto una battaglia per il
risanamento della politica, usarono il vecchio metodo del "capro espiatorio"
ed infierirono oltre ogni limite non solo contro Craxi, ma contro i
socialisti ovunque essi fossero.
I risultati di quell'incapacità di riformare la Politica si vedono ancora,
oggi rubano molto di più, ma difficilmente vanno in galera. É la
dimostrazione del fallimento del moralismo di Mani pulite.
L'atto che fece diventare umano Craxi ai miei occhi non furono però le
monetine al Raphael, ma la scena di un Craxi che alla Camera, da leader, si
assumeva la responsabilità politica dei finanziamenti illegali ed illeciti al
PSI, e di un D'Alema, torvo e con gli occhi bassi, che faceva origami.
Compresi la differenza tra un Capo (che sa assumersi le proprie
responsabilità) ed uno pseudo leader opportunista.
Quest'anno però come sempre i socialisti, ed in primis i figli di Craxi, hanno
fatto i soliti errori nel ricercare la riabilitazione di Bettino.
Errori gravi e per due motivi:
1. la riabilitazione è un metodo tipico delle culture totalitarie
(essenzialmente quelle comuniste) ed in genere è strumentale ad un utilizzo
del riabilitato a fini di meschine lotte partitiche. La rivisitazione della
Storia di un personaggio difficile e controverso come Bettino Craxi va
affidata agli storici, e non ai politicanti dell'oggi.
2. se proprio si deve parlare di "riabilitazione" si deve porre sul tavolo
la "riabilitazione" di tutta la Storia del Socialismo in Italia, che non è
solo la Storia del periodo craxiano, e di tutti i Socialisti, perchè è alla
Storia del Socialisti Italiani che deve essere riconosciuto il merito di aver
saputo sempre rinnovarsi per rinnovare l'Italia, e per questi motivi non può
essere ridotta a storia di piccola criminalità affaristica.
Ai socialisti si può imputare di non aver saputo o voluto fermare la deriva
post 1987, di essere stati troppo proni ad un capo autoritario, di aver avuto
nelle proprie file dei ladri, ma non di essere stati tutti dei ladri.
Altre culture hanno da spurgare difetti molto peggiori, ad esempio di essere
stati conniventi con partiti che hanno prodotto milioni di morti.
Fraterni saluti
Dario Allamano

sergio ferrari ha detto...

Ci sono nella politica dei personaggi che ritengono in buona fede - e non importa se si collocano a destra o a sinistra - di potersi considerare al di sopra della legge, in quanti i fini – che sono quelli per i quali sono stati eletti – giustificano, e quindi superano i mezzi. Lo dice il Macchiavelli e quindi ….. Ma il fatto che Macchiavelli si rivolgesse al Principe qualche secolo fa non li sconvolge affatto. Infatti questi personaggi, come ovvio, tendono ad imitare i comportamenti del Principe e, anzi, è attraverso questi comportamenti che si auto convincono della loro superiorità rispetto alla legge e che intendono generare un circuito di consensi e di ossequi.
L’orazione parlamentare di Craxi sul “così fan tutti” appartiene a questa scuola. Oggi ci sarebbero da citare altri esempi.
Pur troppo per Craxi quel motto machiavellico non era tra i riferimenti prediletti dalla cultura socialista che si muove su autori e su interpreti molto differenti, da Turati a Rosselli, da Nenni a Pertini a Lombardi. Il fatto è che il “cosi fan tutti” non riesce a convincere nessun socialista, non nel senso che i socialisti non sappiano come nella politica corra speso la corruzione e la svendita, ma nel senso che questo era e resta incompatibile con l’essere socialista e che, quindi il “così fan tutti”, non assolve ma anzi costituisce una aggravante per l’eventuale socialista.
Pur troppo, questo vezzo del sentirsi “principe” molte volte non resta una forma di debolezza umana sotto controllo e come tale poco rilevante sul piano, appunto, politico, ma alle volte si accompagna ad altre debolezze, apparentemente senza nessun o scarsa rilevanza penale ma molto gravi per gli errori che inducono in attori che hanno grandi responsabilità politiche. La conduzione del PSI negli ultimi anni da parte di Craxi – e cioè quella forma di gestione del partito che fece impallidire il centralismo democratico si stampo comunista—non fu certo un caso o una stranezza; la battaglia condotta all’epoca del CAF contro la DC per scalzarne e sostituirne il potere economico, non era certo senza conseguenze di varia natura, nessuna delle quali attribuibile ad una avanzamento in senso socialista della società italiana. E infine, come conclusione veramente clamorosa, l’incapacità di cogliere la guida di una sinistra allora sì, dopo il crollo del muro di Berlino, rimasta, seppur per breve periodo, in cerca di un autore per la parte ex comunista, rappresenta una condanna storica politica tale da vanificare tutti i possibili. meriti precedenti. Tra tutte queste vicende negative esiste una raccordo e una logica che le attraversa e le unifica. Che ci siano stati poteri forti che certamente hanno infierito su Craxi e sui socialisti in quanto “anelli deboli” di un degrado che non poteva più continuare se non con il fallimento del Paese, è certamente vero. Ma i presupposti di questa interferenza economico-giudiziaria stanno nel degrado insostenibile.

piero ferrari ha detto...

Buongiorno a tutti voi. Articolo bellissimo ed esemplare che condivido pienamente. Con stima Piero Ferrari

peppe giudice ha detto...

non so se l'autore ha letto il mio breve saggio su Craxi. Comunque io sono
socialista lombardiano molto critico per il modo con cui Craxi ha gestito il
partito (e che ne ha determinato la fine) e per le responsabilità che egli
ha indubbiamente avuto nei processi degenerativi che hanno portato alla fine
della I Repubblica. Ma come sono critico con Craxi lo sono anche per quello
che ne è venuto dopo (mi riferisco alla II Repubblica)
Considerare Craxi come un fenomeno squisitamente criminale non aiuta a
comprendere i processi storico-politici e la loro complessità. Innanzi tutto
le motivazioni delle sentenze di tribunale vanno riportate integralmente e
non fare delle estrapolazioni alla Travaglio. Vanno riportate integralmente
e prese dalla loro fonte originaria e non sulla base di informazione di
terza o quarta mano. Questo se vogliamo mettere in condizione il lettore di
farsi un giudizio proprio anche sugli aspetti squisitamente penali. IO non
ho a disposizione il testo integrale delle motivazioni delle sentenze e
quindi non ho gli strumenti per giudicare. Però ricordo che il coordinatore
di Mani Pulite Gerardo D'Ambrosio disse nel 1996 "-"La molla di Craxi era la
politica, non l' arricchimento personale". Detto da uno che conosceva bene
tutti i documenti relativi alle inchieste non è cosa da poco conto. Io
quindi ribadisco la critica politica a Craxi ma non mi unisco alle
semplificazioni che dipingono la sua storia come fatto gangsteristico. Anche
perchè seguendo questa logica tutti noi che siamo stati iscritti al PSI
saremmo dei complici di una banda di farbutti e basta. Ma la realtà non è
questa.

peppe giudice ha detto...

carissimo Sergio,
io quando parlo di "bonapartismo" di Craxi mi riferisco evidentemente anche alla sua gestione autoritaria del partito ed al soffocamento del dibattito interno, nonchè al flusso
di personaggi che poco avevano a che vedere con il socialismo che quel tipo di gestione ha richiamato. Sono altresì d'accordo con te che il non aver capito l'89 è stato fatale per
la politica socialista. Ho voluto scrivere questo saggio non per "riabilitare" Craxi (non credo alle riabilitazioni che fanno parte del corredo del socialismo reale) ma per mettere in evidenza
che il fenomeno craxiano va criticato secondo un'ottica politica e non considerato semplicemente come fatto criminale come fanno i vari Travaglio e C.
Ed amche per evidenaziare che non tutto che luccica è oro. Sull'inchiesta Mani Pulite e Di Pietro c'è ancora molto da scrivere come sulla storia della II Repubblica. Per costruire una nuova
sinistra socialista non dobbiamo avere nessuna nostalgia della I Repubblica ma anche dimostrare forte spirito critico verso la II.

mario ha detto...

Carissimi da molti mesi leggo silente gli scambi di mail che questa mailing ci offre. Silente spesso per il semplice bisogno di assistere al dibattito, a volte per volontà' di non entrare in dialettica critica. Su questa vicenda del tentativo di violentare i fatti al fine di "riabilitare" bettino faccio fatica a non dire la mia. Solo chi ha memoria corta,solo chi ha interessi opachi puo' cercare di rileggere craxi e il craxismo secondo modalità' che portino ad una sua "riabilitazione". Craxi come politico ha fallito buttando alle ortiche il sistema dei valori del socialismo, ha fallito perché' ha violentato i valori del socialismo attraverso la volontà' pragmatica che ne ha sempre contraddistinto l'operare. Non Machiavelli ma esempio perdente della lettura superficiale della scelta pragmatica del Principe. Come statista ha gestito la "cosa" pubblica generando le premesse per la crisi definitiva dello Stato evitata per merito di alcuni statisti - ciampi x primo- che hanno evitato che lo strabordante deficit dello stato generato dalla presidenza craxi - e dalle influenze del craxismo precedenti e successive nella gestione della pa - creasse in italia un crack argentino. Craxi ha fallito come uomo di partito accettando di imbarcare nel partito ogni genere di affarista - non solo nani e ballerine- e lasciando che chi molti tra coloro che governavano al centro o in periferia rubassero per se a nome del partito. Craxi ha fallito mettendo a tacere o isolando chi da socialista al centro o in periferia cercava di contrastare questo modo di "gestire". Craxi ha sbagliato fuggendo da imputato condannato definitivamente a più di 13 anni di galera con altri procedimenti giudiziari aperti in corso. Craxi ha sbagliato non riuscendo a dimostrare che i famosi 150 miliardi di lire trafugati non fossero finiti nella sua disponibilità' personale, non fossero serviti ad acquistare immobili in varie parti del mondo. Queste cose sono scritte nelle pagine della storia recente di questo paese ma lo sono anche nelle sentenze dei giudici. Craxi ha permesso con la sua fuga che altre vicende finissero nel dimenticatoio lasciandoci in eredita' tanti ex - e qui non solo socialisti- "riabilitati" per il solo fatto di non essere scappati. Ex che ora pontificano alcuni gestiscono, tutti vorrebbero "riabilitare" per riabilitarsi nei modi e nelle prassi -primo fra tutti il premier neo lettore superficiale del principe-. Lasciamo stare Craxi e pensiamo a Riabilitare i valori che quel periodo della nostra storia ha messo in soffitta.. Ma soprattutto se si vuole parlare di qualche cosa si usino i fatti non le emozioni. Purtroppo i fatti non si possono forzare o si raccontano o si violentano. I numeri dell'economia del governo craxi sono dati oggettivi, i numeri dei miliardi recuperati dai giudici - con abbondanti ed esplicite ammissioni degli altri condannati su fonti e utilizzo- sono dati oggettivi. La fine ingloriosa dei socialisti italiani e' 1 dato oggettivo. Insomma difendiamoci dai riabilitatori di complemento e rileggiamo i classici come suggerisce il buon Giovanni.

luciano belli paci ha detto...

Con Mario ci troviamo spesso sulla stessa lunghezza d'onda, ma purtroppo sul
"caso Craxi" continuiamo a pensarla diversamente.
Mi trovo invece d'accordo con i giudizi, a mio avviso meno manichei,
contenuti nell'articolo di Sansonetti che vi riporto qui sotto (ringrazio
Franco D'Alfonso che l'ha diffuso) e nell'articolo di Pirani su Repubblica
di oggi.
Evidentemente è più facile parlare di Craxi sine ira ac studio per chi, non
avendo militato nel Psi, non rivive le apologie o i rancori di allora.
Fraterni saluti.
Luciano Belli Paci

giovanni ha detto...

quella di sansonetti è la tipica proposta all'italiana, alla volemose bene, tarallucci e vino, un colpo al cerchio e uno alla botte, trasformando, per citare Rosselli, "una tragedia in farsa".
Non riesco tra l'altro a capire come possano essere messi sullo stesso piano personaggi vissuti in periodi storici assai diversi tra loro (nella galleria mancavano solo Giulio Cesare e Napoleone...).
Comunque: sono tanto poco giustizialista che avrei concesso subito a Craxi la grazia per motivi di salute. Ricordando però che non toglieva l'interdizione perpetua dai pubblici uffici (a proposito: a quando un parco per Cesare Previti? O il palazzo di giustizia dedicato all'incensurato Berlusconi? Se andiamo avanti così, tra trent'anni qualcuno lo proporrà).
Ciao
Giovanni

mario ha detto...

Caro Luciano l'articolo che Franco ci ha riportato commette l'errore di non definire la statura politica di Craxi come se fosse inutile farlo. Io ho sfidato da 25 anni a questa parte a definire nel concreto non nell'intervento apologico la sua statura politica. Il midas? L'autonomismo? Forse, ma un conto e' avere impostato un modello riformista - avvio del progetto craxismo- un conto avere realizzato un progetto di vero cambiamento della politica in meglio o anche solo in modo concretamente riformista. Purtroppo nel concreto, ribadisco con i dati, i numeri, i fatti, craxi falli! Se poi qualcuno volesse prendere in mano i numeri del riformismo del governo craxi o di quelli da lui ispirati si dovrebbe ancora dichiarare il fallimento di un progetto certo con alcuni risultati -ma se si studiasse con lo stesso metro di giudizio il governo Ciampi o quello Amato e persino il. Primo prodi potremmo trovare dati altrettanto significativi-.. Luciano nessun astio solo fatti. Chi dichiara senza supportare - come sansonetti- non contribuisce a fare chiarezza. Per finire dissento al 100% dall'idea che la fedina penale sporca - per concussione non per azioni rivoluzionarie- rappresenti un elemento marginale per valutare una persona che ha impegnato la propria vita alla politica - quindi alle persone, agli altri-. A sansonetti a Te Luciano e a tutti quelli che vorrebbero valutare astrattamente senza entrare nel merito chiedo di dedicare qualche giorno del vostro tempo a leggere sentenze, numeri, destinazioni dei finanziamenti. Chiunque abbia voluto leggere e conoscere i dati non potrebbe che dissentire con quanto affermato superficialmente da Sansonetti. Altro che ira o astio qui si stanno negando dati e sentenze. Certo per chi c'era, per chi vedeva e criticava e' più' facile, oggi come allora, prendere le distanze dai metodi e dall'uomo. Ma perché' ora chi c'era e vedeva, chi c'era e assecondava o spalleggiava o anche chi c'era e non riusciva senza essere correo a vedere-capire, deve portare alla negazione della verità' per giustificare quei momenti, quei metodi o quel modo di vivere la politica? Se confronto si vuole sia sui dati sia politici,sia economici e sia anche quelli delle ruberie - iniziando da quelle che secondo i giudici sono finite nel patrimonio e nelle disponibilità' personali di craxi-. Su questi dati ci si puo' confrontare non sulle solite affermazioni autocertificatorie alla Sansonetti.

giorgio righetti ha detto...

sono Giorgio Righetti, iscritto al PSI dal 1975, componente la Segreteria Provinciale di Verona e non andrò ad Hammameth.

Non ci andrò perchè ritengo che non ci sia nulla da ricordare, anzi, meglio sarebbe che gli Italiani dimenticassero un periodo fosco della politica.

Vi porto un esempio: nel 1991 gli iscritti nel comune di Verona (250mila ab) erano 12mila, nel 1993, 300. Dal 14% di voti siamo passati all'1%. In questi ultimi 17 anni nonostante tutti i nostri sforzi non siamo riusciti a far crescere il Partito di un voto, anzi, a mano mano muoiono i Vecchi Socialisti i voti calano.

Le abbiamo provate tutte, anche di rimettere assieme i Socialisti con i socialisti di dx. Peggio che peggio.

E' da 17 anni che ci fanno portare sulle spalle un macigno enorme, il fantasma di Craxi. Io non ne posso più.

E' ora di dire che il re è nudo, che Craxi (tutti) ha fatto e fa male al Socialismo italiano.

Gli eredi che ha lasciato non sono il massimo in fatto di libertà, democrazia, tutti con uno strano modo di fare i socialisti: Berlusconi, Brunetta, Bobo, ecc............. E quando questi dichiarano di essere socialisti, lo sputtanamento dell'Ideale si rinforza.

E allora basta.

Noi abbiamo bisogno di parlare con i giovani e non con i nostalgici. Dobbiamo capire e far nostri i problemi dei disoccupati, dei precari, delle donne lavoratrici e delle donne di casa, degli artigiani e di quanti onestamente lavorano per questa Italia. Solamente conquistando ai nostri principi le nuove generazioni potremo dare speranza al loro e al nostro futuro. In caso contrario tra pochi anni dentro le case di riposo ci racconteremo quanto eravamo bravi e quanto eravamo belli quando avevamo vent'anni..... ma solo gli storici sapranno che un tempo in Italia esisteva un movimento politico fatto da brava gente, da persone che si chiamavano, Pertini, Turati, Nenni, Lombardi, ...... da noi.

Per questo non andrò ad Hammameth.

Fraterni saluti. Giorgio Righetti

mario ha detto...

Diego mi auguro che i Sansonetti vari leggano questa Tua mail oggettiva e ineccepibile anche dal punto di vista formale. Da economista confermo i tuoi dati sulla "gestione" craxiana della "cosa" pubblica. Da socialista di allora e di oggi sottoscrivo le tue considerazioni e mi ritrovo nel non trovare risposte utili alle domande sui conti personali,sulle operazioni off shore, sugli investimenti immobiliari e su quelli per sostenere l'attività imprenditoriale di una signora dell'editoria televisiva romana i sulle cui motivazioni politiche già' allora i fedeli craxiani torcevano il naso - altro parallelismo con il sultanato di oggi sfuggito a troppi-! Forse ci si dovrebbe interrogare a fondo sul perché' la destra una parte della sinistra e tanti ex stiano tanto investendo nel riabilitare craxi,il craxismo e nel sotterrare la stagione di mani pulite. Forse guardandoci attorno potremmo scoprire che gli appalti ora come allora vengono pilotati? Forse potremmo scoprire che i gruppi di potere di allora sono di nuovo al lavoro oggi? Forse oltre che di leggi ad personam si vuole uccidere il paese affermando l'inutilità' di chi cerca di far rispettare le regole? Prosperini sara' il prossimo garibaldi?e la sanità' lombarda il nuovo progresso della politica del principe?

Anonimo ha detto...

Caro Riccardo (...)
Ci si rende meglio conto della serietà del pericolo che Craxi rappresenta, fingendo di offrire ricette, che non sono altro che droghe capaci di nascondere una semplice realtà, che egli si propone soltanto di inseguire la DC sul suo terreno moderato, di offrire nuove forme di protezione mafiosa a chi si affida al suo carisma, di valersene a fini che possono divenire rapidamente totalitari. Il pericolo è incombente e forse pochi se ne avvedono. E l'appiattimento nel Partito di coloro che molto spregiudicatamente hanno operato a tuo nome, coscienti o no di sostenere ben diversi obiettivi, costituisce forse il punto di non ritorno, non riuscendo proprio ad individuare altre forze che potessero vantare analogo prestigio di militanza. Se anche avessimo soltanto ottenuto di offuscare l'immagine di Craxi, sarebbe già stato un risuktato importante. Ma sono persuaso che qualcosa di più potrà essere fatto: che abbiamo aperto una strada che dovrà essere percorsa anche da altri, per la ricostruzione di quel polo socialista, la cui dialettica esistenza nei rispetti del PCI è condizione essenziale ed insostituibile di alternativa. Non so se sarà possibile ristabilire una unità operativa fra chi sta dentro e chi esce in campo aperto: alla luce dei fatti, le residue ambiguità esploderanno e renderanno questa ipotesi più attendibile. Purché non sia troppo tardi. Il degrado della democrazia interna, del costume morale, della linea politica è infatti giunto a un punto limite, oltre al quale finisce per emergere anche la corresponsabilità degli innocenti

(Tristano Codignola a Riccardo Lombardi, 1 novembre 1981, da Paolo Bagnoli (a cura di), Il socialismo di Tristano Codignola,Biblion, Milano 2009, pp. 292-293)

sergio ha detto...

Quale evoluzione del PCI: l'ombrello della Nato o l'Eurocomunismo? Oppure il giudizio sulla Socialdemocrazia europea assimilabile a quello della quarta internazionale?

Sergio Tremolada

giovanni ha detto...

Caro Sergio,
Mitterrand fece il programma comune con il PCF nel 1972...
al congresso della federazione milanese e poi al congresso nazionale di Genova dello stesso anno Lombardi fece una polemica con Craxi proprio su questo punto: un programma comune non impediva una dialettica critica, anzi. (Il testo del discorso fu pubblicato dal Ponte e lo ritrovi nell'antologia che abbiamo pubblicato e che presenteremo il 13).
Ciao
Giovanni

dario ha detto...

Condivido assolutamente il metodo che propone Peppe, l'analisi storica deve
essere la più obiettiva possibile.
Chi si propone di descrivere un periodo non deve farsi prendere dal mal di
pancia e dalle frustrazioni di chi oggi fa l'anticraxiano perchè quando Craxi
era in vita non si osava dargli contro (e ne conosco molti), o dall'isteria
della vestale (tipica della Stefania) che ancora oggi pensa che la Storia dei
Socialisti sia la Storia di suo padre e basta.
Il giorno in cui i socialisti riusciranno ad essere obiettivi ed a rielaborare
il lutto, sarà un gran giorno, sia per loro che per l'Italia, perchè si
tornerà a ragionare di ideali, idee ed opinioni politiche e non solo del
proprio ombelico.
Diverso è il discorso politico.
Sono convinto che quel partito (il vecchio PSI) non sarebbe sopravvissuto
comunque, perchè non era più un partito di socialisti, ma una confederazione
di clan e capibastone, che compravano le tessere un tanto al chilo per avere
diritto ad una quota percentuale di potere, era in sostanza una S.P.A.
Non era un male nato con Craxi, preesisteva al Midas, a Torino la quota
maggioritaria era dei Manciniani di Enrietti e c.
La mia memoria storica mi ricorda che quando io ed altri giovani cercammo di
iscriverci al PSI nel 1973, in un piccolo paese in Provincia di Torino,
cercammo la "fantomatica" sezione che però esisteva solo sulla carta, e dopo
ampia ricerca (mi è buon testimone Claudio Bellavita che dalla federazione di
Torino ci aiutò) dei fantomatici iscritti scoprimmo che i più manco sapevano
di esserlo e alcuni erano anche già morti.
Quando ricordo che nel 1993 nelle sezioni e nelle federazioni c'erano solo gli
allora giovani della FGSI e dei sindacalisti rilevo un dato di fatto: erano
rimasti gli unici che non avendo avuto potere erano anche gli unici veri
militanti rimasti.
Oggi occorre rielaborare il lutto e rivisitare la nostra storia, sapendo che
non fu sempre e solo Storia con la S maiuscola ma anche bassa cucina, ma che
comunque fu, ed è, la Storia di un Partito che ha sempre saputo rinnovarsi ed
innovare, a balzi e tentoni, ma sapendo sempre intuire il nuovo che c'era
nella società.
Questa è la nostra forza, il non aver mai avuto una chiesa a cui rispondere ci
ha aiutati a formare menti libere, la cui libertà si esprime ancora oggi e
questa discussione su Craxi ne è la controprova più evidente.
Il nostro limite è purtroppo quello di essere incapaci di trovare una sintesi
univoca tra tesi ed antitesi diverse (la dialettica), ma questo è sempre
stato il limite dei socialisti, di fronte a due tesi non fanno sintesi ma
scissioni.
Fraterni saluti
Dario Allamano

luciano ha detto...

Appunto: con il sistema proporzionale e parlamentare italiano la proposta
del programma comune col Pci era priva di senso (mentre aveva un senso in
Francia).
Quindi all'epoca Craxi aveva ragione e Lombardi torto.
Diverso il giudizio sul post 1989: finita la guerra fredda, frastornato il
Pci-Pds, bisognava cercare sul serio un'alleanza e non stare al governo con
Andreotti che "tirava a campare".
Insomma, sia Craxi sia Lombardi non hanno dato retta al compagno
Ecclesiaste: c'è un tempo per ogni cosa ...
un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per piantare e un tempo
per sradicare ciò che è piantato; un tempo per uccidere e un tempo per
guarire; un tempo per demolire e un tempo per costruire; ... un tempo per
abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; ... un tempo per amare
e un tempo per odiare; un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

A ben pensarci è proprio questa la maledizione che accompagna il socialismo
italiano in quasi tutta la sua storia: non ha ascoltato il Qoelet.
Ciao.

Luciano

diego ha detto...

Innanzitutto grazie per i vostri commenti alla mia precedente mail – in particolar modo a Mario ed a Giovanni.

Provo a rispondere ad alcune domande in merito alla mia precedente mail.

A Sergio:

Quando ho menzionato l’evoluzione del PCI degli anni 70 e 80, ovviamente facevo riferimento all’Eurocomunismo, ma non solo. Pensavo, per esempio, alla questione morale del 1981, che Craxi, per ovvi motivi, non poteva e non voleva comprendere. Oppure, pensavo al fatto che Craxi non cambiò sostanzialmente i suoi rapporti con il PCI anche dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda. Insomma, mi sembra piuttosto antistorico il fatto che più il PCI si rendeva autonomo dall’URSS, più Craxi inaspriva la polemica anticomunista, al punto da preferirgli Andreotti e Forlani. Detto questo, penso, ovviamente, ci siano molti spunti per criticare l’incompiutezza dell’Eurocomunismo e della svolta della Bolognina, oppure l’antiazionismo di alcuni comunisti, che D’Alema ha, peraltro, appena rispolverato. Penso si possa dar atto al PCI di una certa evoluzione politica senza per questo essere filo-comunista. Personalmente, credo che Riccardo Lombardi avesse ragione quando sosteneva di essere “acomunista”, ma non “anticomunista”.

Al compagno che mi chiedeva quali sono i miei referenti e che metteva in guardia sulla linea di Di Pietro:

Idealmente, mi riconosco nel socialismo liberale di Carlo Rosselli. Sono socialista perché credo nell’emancipazione dell’uomo da ogni forma di sfruttamento. Mi considero liberale in quanto credo nella relativismo dei valori di giudizio morale anche se, come Rosselli, provo un particolare rispetto per l’etica di “Socrate, di Cristo e di Kant” – con l’aggiunta della teoria dei sentimenti morali degli empiristi del ‘700. Per quanto trovo sia un esercizio intellettuale un po’ manicheo, se devo proprio elencare i nomi dei pensatori politici che mi hanno maggiormente influenzato, allora direi: i sansimonisti, Giuseppe Ferrari, Jean Jaures, Filippo Turati, Sandro Pertini eppoi i socialisti liberali ed i liberal-socialisti del Partito d’Azione (ovviamente Rosselli, Gobetti, Salvemini, Ernesto Rossi, Norberto Bobbio, Guido Calogero, Riccardo Lombardi, Tristano Codignola, Vittorio Foa) e poi rispetto Pietro Nenni, anche se non condivido molte delle sue scelte politiche.

Per essere molto onesto, devo dire che stento a trovare dei referenti nella politica italiana di oggi. Nel 1946, avrei votato PdA, dal 1948 fino ai primi anni 80 avrei senz’altro votato PSI, dopo avrei (ed ho) votato per ciò che mi appariva il meno peggio, senza grandi slanci. Ovviamente, ho sempre votato contro Berlusconi: una volta per i DS, una volta per l’Ulivo, alle ultime elezioni europee ho votato per SL – anche se, come dicevo, senza particolare trasporto. Per quanto riguarda Di Pietro: personalmente, non ho mai votato per lui e so bene che al Parlamento Europeo, L’Italia dei Valori siede con i liberisti dell’ALDE. Tuttavia, ribadendo che non sono assolutamente dipietrista, credo che Di Pietro abbia ragione quando parla del conflitto d’interessi o quando critica le derive autoritarie del berlusconismo – come penso abbia ragione chiunque evochi questi temi (vedi alcune delle istanze dei giovani del popolo viola)

---

Un cordiale saluto,

Diego

eli ha detto...

Difficile non essere d'accordo con Giudice. Gli anni, in me, hanno cancellato il livore, ma non possono cancellare quei fatti, che hanno portato la morte del socialismo in Italia. E' a questo povero deceduto che dedicherei una strada.

Anonimo ha detto...

Come contributo alla discussione di questi giorni sull'argomento ,scelgo di lasciare la parola a qualcuno molto più giovane di me .Leggetelo , è davvero fuori dalle righe . Ciao a tutti maria cipriano
CRAXI VISTO DA UNA GENERAZIONE DOPO


s-fiducia costruttiva
s-compartimento per lettori e taciturni

Craxi visto da una generazione dopo
4 Gennaio 2010
Negli Anni 80 vado al liceo, leggo romanzi, sciopero contro il nucleare, passo l’estate in Inghilterra e Craxi non mi piace per niente.
Negli Anni 90 vado all’Università, studio di brutto, continuo a leggere romanzi, in estate vado negli States ma poi arriva Tangentopoli. Arrivano le monetine. Arrivano quelli del pool. L’autorità crolla. Ma in giro non c’è affatto aria di liberazione. C’è paura. Confusione. La gente non è più la stessa. La gente che prima era con, adesso è contro.
Ma chi sarà mai sto Craxi?
E cosa sarà mai stato sto Psi che sparisce damblé manco fosse stato non un partito costituente ma una moda stagionale?
E i comunisti, ormai già ex, loro com’è che sono spariti dappertutto nel mondo, ma da noi no?
Mah, mi pare di vivere dentro Kafka.
Infatti, smetto di leggere romanzi. Leggo i giornali ché – mi dico – magari capirò. E invece no, perché li leggo tutti i giornali dell’epoca, eppure continuo a non capire. Così scappo.
Dimentico Craxi, dimentico l’Italia.
Seconda metà degli Anni 90. A Londra c’è Tony Blair.
E io vivo sulla mia pelle il new labour che, più o meno, suona così: “Datti da fare, avrai quel che meriti”. E la cosa funziona. Perché io mi do da fare, a Londra, ed in effetti ho.
segue

Anonimo ha detto...

Fine Anni 90. Torno in Italia. Applico la regola londinese ma – oops – qualcosa non torna.
In Italia adesso comandano gli ex amici di Craxi e gli ex nemici di Craxi che – bizzarro ma vero – stanno tutti con Tony. Comandano a corrente alternata, pare. Ma io continuo a non capire come funzioni questo mio paese.
Eh no, mi dico, qui s’ha da studiare. E così faccio. Studio. Cominciando dall’inizio della fine – ovvero da Craxi. E che ti scopro? Il socialismo, i dissidenti, la grande riforma, Kuliscioff, l’alternativa, il Pci, Sigonella, il Caf, la scala mobile, i palestinesi, De Mita, il primo-governo-socialista, Moro, la Dc, Scalfaro, Amato, Berlusconi. E le tangenti. Letture disordinate. Letture clandestine.
Ma alla fine la mia idea me la faccio.
segue

Anonimo ha detto...

Gennaio 2000. Craxi muore.
Lui muore, l’Italia annaspa e l’oltraggio della verità fa trend. La oltraggiano gli stessi inetti che intanto parcheggiano il paese in un’area di servizio della storia, dalla quale comodamente osservare il resto del mondo che va.
La oltraggiano quelli che Craxi, ad ogni ricorrenza, lo lodano dicendosene i continuatori.
La oltraggiano, la verità, quelli che ora (ora?) dicono che aveva ragione lui – Craxi – e torto loro – i comunisti – però così è la vita.
La oltraggiano, la verità, i free thinkers del nostro liberissimo paese che te li trovi, guardacaso, sempre dalla parte giusta. E sono proprio loro che, per esempio, dicono che Craxi era sì un capro espiatorio ma avrebbe dovuto fare come Andreotti e farsi processare.
Farsi processare? E da chi? E su quali accuse? E perché lui sì e gli altri no?
È questa la storia del nostro paese?
Ma la verità – null’altro che la verità – l’Italia se la deve dare, o no? Non per Craxi che, ormai, non c’è più. Ma per gli italiani che devono sapere chi sono e da dove vengono se vogliono farsi una qualche pur vaga idea di dove andare.
Non me frega niente di toponomasticamente beatificare Bettino Craxi.
Ma quelli della mia generazione – quelli che come me (e, lo so, non siamo affatto la maggioranza) non si sono accontentati di vivere il trapasso dalla prima alla seconda repubblica senza neppure interrogarsi sul perché – ecco noi una risposta sul perché l’Italia non sia un paese libero e giusto dieci anni dopo la morte del cinghialone, e a quasi venti dalla sua morte politica, beh, quella risposta la vorremmo.
Craxi era minoranza allora. Il riformismo è minoranza oggi.
Ma Craxi, da minoranza, vince sulla scala mobile. E la vittoria sulla scala mobile significa aver dato un bacillo di futuro ad (almeno) una generazione. La mia.
Craxi dà credito internazionale all’Italia. E l’Italia di Craxi è l’Italia cui l’Onu affida la mediazione in Medio Oriente.
Craxi è tutto fuorché un populista. Mentre è proprio il populismo irresponsabile e liberticida, quello che noi benpensanti di oggi più di tutto demonizziamo.
È chiaro o no, allora, che qualcosa non va?
Ed è chiaro o no che quel qualcosa ha a che fare col fatto che non si può scrivere la storia come fosse fiction, ritagliandola sui gusti dell’audience?
Era certo opportuno costruire una repubblica tutta nuova. Era certo opportuno, appunto, fare la grande riforma che – toh – proprio Craxi teorizzava e che ancora oggi – oh my god! – si cerca invano di inseguire facendone un paradigma modernista.
Ma quella repubblica legalitaria, giusta, libera e liberatrice ad oggi non c’è.
Ed allora è o no opportuno indagare sul perché?
Perché, invece di una democrazia liberale, abbiamo Berlusconi?
Perché Di Pietro fa la sinistra?
Perché il debito pubblico cresce, le imprese collassano, i servizi non funzionano, i partiti pasciono e il Pil si anoressizza?
Perché in galera si muore?
Perché gli stranieri sono criminali?
Perché i figli hanno meno dei padri, anche se studiano più di loro?
Perché all’estero di noi ridono?
Perché i sindacati e le corporazioni boicottano il mio futuro?
Perché la giustizia è ingiusta e la libertà è anarchia?
Già, perché?
Craxi mi interessa perché è parte di una storia patria che ha generato il paese in cui vivo oggi. Un paese che stento a comprendere. E che temo continuerò a non capire almeno finché si pretenderà che il passato non è quello che è ma è un’altra cosa. Un’altra cosa in cui Craxi – a prescindere – non c’é.

http://kuliscioff.wordpress.com/2010/01/04/craxi-visto-da-una-generazione-dopo/

marco ha detto...

CONDIVIDO IN PIENO.. ANCHE PER UNA COMUNE POSIZIONE ANAGRAFICA...
Saluti

paolo mercanzin ha detto...

Non serve andare al Barbiere di Siviglia per riscontrare che la calunnia, quando è ripetuta almeno cinque volte, apparendo verità, diventa il miglior modo per distruggere l'avversario. Sulle colpe dei socialisti è dai tempi di Turati che si continua a blaterare, attribuendo loro addirittura la colpa per il successo dei fascisti nel 21, quando fortunatamente la storia ha documentato le responsabilità di cattolici e liberali che hanno fatto liste politiche comuni. Verso i socialisti, parenti poveri dei poteri forti, questa volta, sono bastati gli avvisi di garanzia.
segue

paolo mercanzin ha detto...

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Per fortuna non c'è solo la storiografia, ma dai documenti e dal tempo si ottiene poi la storia, che normalmente è diversa da quella che sentiamo nelle osterie. L'ultima che ho sentito riferire con convinzione citava limpegno di Craxi a far approvare una legge che consentisse l'uso di eroina perché questa faceva diventare più intelligenti. D'altronde al capro espiatorio bisogna pur addebitarle tutte! A conferma che la madre degli stupidi è sempre incinta
A tale proposito ho due anneddoti, venduti copiosamente alle "masse". Potrei citare Bertrand Russel relativamente alla teoria e pratica del leninismo, ma preferisco andare alla tanto osannata vox populi:
segue

paolo mercanzin ha detto...

segue

a)Tutti per anni, tranne che in USSR, hanno creduto alla favola che in quel paese il mancato benessere era dovuto ai sacrifici conseguenti ai debiti lasciati dagli zar di Russia. Tanto che si potrebbe dedurre, con un falso sillogismo, che il crollo del comunismo fu colpa (o merito) dei Romanoff.
Il secondo riguarda un mio compagno (all'epoca achilliano), ricercatore di storia conpemporanea presso la facoltà Lettere e Filosofia dell'Università di Padova. Questo era stimatissimo ed obiettivissimo nelle lezioni in aula. Quando veniva al Partito e prendeva la parola, al contrario diventava mister Hide, andando a formulare teorie storico politiche, ovviamente contestative, risibili e fantasiose.
Perche dico questo caro giovane dottorando Diego? Perché le considerazioni si traggono sui documenti e non sul nozionismo dei "si dice" come vedo da molte tue affermazioni. I documenti storici come insegnano Gaeta e Villani, seppure storici comunisti, sono la base della conoscenza anche se non corrispondono alle nostre idee o aspirazioni. Al massimo, non si citano quelli che ci nuociono, ma non si possono falsare.
Quindi io non so dove hai rilevato le informazioni che trasporti su questo sito web, ma certo non hai i riferimenti giusti, se non alcune parti di wikipedia che nessuno ha modificato.
Dai dati ISTAT pubblicati annualmente, per esempio, risulta che il debito pubblico relativo alla presidenza Craxi fu rispettivamente di 76,00%; 82,30; 84,30; 90,50; 92,60, nel rapporto debiti/pil. Come si vede, dal momento della Presidenza Craxi l'incremento via via diminuì (da +6,3 punti dell'84/85 a + 2,1 dell'87/88) tanto che uno studio del Sole 24ORE del 2001 (certamente non amico di Craxi e dei socialisti), all'epoca dell'applicazione di Maastricht e dell'entrata dell'EURO, si affermava che il tentativo di risanamento era iniziato nel II biennio della presidenza dello stesso. Nota che, allora come ora, ma in maniera molto più incidente la quota destinata agli interessi passivi, che ai bot rendevano fino al 20%, gravava per circa l'80% del totale. Per fare un paragone quello di De Mita fu rispettivamente di 100,70 e 108,10 e quello di Ciampi 118,70 e 124,80.

Al di là di ciò, lungi da me giustificare l'operato delittuoso di Craxi, che come altri dirigenti politici ha percepito o imposto tangenti. Ma questo non mi da il diritto di affermare che tutto il male dell'Italia è dovuto a lui, unico diavolo in quest'Italia di santi. Mi avvalgo invece della facoltà di riportare un saggio proverbio: "chi ruba poco va in galera, chi ruba molto fa carriera". Difatti a tutt'oggi importantissimi dirigenti della 1^ repubblica (!), sono ai vertici anche della 2^!

Va anche detto che Craxi con la P2 e la massoneria non c'entrava (al massimo vi entrava Signorile che aveva comandato il fido Cicchitto n.d.r.), mentra Ciampi, figlio del fondatore di Mediobanca, passata poi a Cuccia, è tuttora Massone, come gran parte dei repubblicani. Tutto questo va ribadito perché, quando si discute si dovrebbe parlare di quello che faremmo noi e non esclusivamente criticare quello che hanno fatto o fanno gli altri, perché questo è fin troppo facile, ma non produce altro che effetti distruttivi.

Il paragone va quindi fatto con i medici, che hanno spesso idee politiche diverse, se non avverse, ai pazienti che trattano. Ma, professionalmente legati al giuramento di Ippocrate, non le pongono se li debbono curare. Questo è l'unico metodo che certamente avrebbe praticato Carlo Rosselli se avesse superato l'epoca fascista, allo stesso modo dell'idealista Adriano Olivetti e pochi altri. Diversamente certo dagli Agnelli o dai De Benedetti!
Paolo Mercanzin

mario ha detto...

Caro Paolo sui dati che citate occorrerebbe fare una riflessione più approfondita anche xe il tema degli influssi nefasti x l'economia italiana della politica legata al centrosinistra a guida o ad influenza socialista porterebbero alcuni contributi per capire quanto oggi si sta ripetendo. I numeri di quel periodo - come questi odierni- vanno letti,analizzati,interpretati con riferimenti ai dati ma soprattutto con attenzione al sistema di gestione. Purtroppo allora come ora vi erano, come oggi, spinte alla gestione della "cosa pubblica" orientate più al breve e ad una buona dose di populismo i cui effetti si sono visti a meta' degli anni 90 e pagheremo nel decennio appena iniziato. Sbagli secondo me i toni proprio perché' dai numeri non trai la sintesi del disastro di quel periodo - dove craxi era uno dei protagonisti non il solo, certo l'unico che ha pagato -. Infine devo anche richiamare la tua attenzione su un nesso che - ora come allora - legava - e lega- la gestione della cosa pubblica alle fortune di lobby che attraverso un modello di spesa senza controlli distribuiva - e distribuisce- prebende - tangenti allora intermediazioni, consulenze e tangenti oggi- a destra e a manca - ieri non solo ai socialisti oggi non solo agli ex socialisti-pidiellisti o ai don giussini-. Quel sistema deve essere attaccato, condannato e ricordato. Oggi si deve evitare di cadere nella trappola del recupero di craxi proprio x evitare che il colpo di spugna diventi lasciapassare x i nuovi furbetti - e i vecchi travestiti da nuovi-. E' il modello craxiano che va affossato. Due ultime considerazioni. La prima sul rubare tanto o poco. Mio nonno socialista-antifascista passato all'olio di ricino mi raccontava che rubare era rubare e quindi che craxi abbia rubato tanto o poco e' indifferente e cmq le sentenze parlano di un patrimonio di 150 miliardi se ricordo bene - poi mi farebbe piacere da socialista che qualcuno che difende craxi sulle varie condanne mi dimostrasse che i soldi ricondotti a craxi prima e dopo tangentopoli, le operazioni immobiliari in italia e all'estero a nome suo dei familiari e di prestanome sono falsità' andando a scardinare volumi di indagini che tutti possono leggere nei faldoni dei processi a bettino. Mi farebbe piacere che ci si provasse perché' qs si aiuterebbe a difendere craxi altrimenti indifendibile -. Ultimo aspetto fai un po' di confusione e usi un approccio che chiedi a diego di evitare parlando di massoneria. Confondere la p2 con la loggia del figlio di ciampi e' come accusare ogni iscritto ad un partito politico solo perché' anche in italia abbiamo un partito nazista. La p2 era una loggia segreta e criminale le logge in chiaro sono legali - condivisibili o meno ma legittime-. Craxi - e nemmeno signorile- c'entra nulla con la p2. I suoi amici oggi al governo si. Certo se vuoi approfondire l'analisi su come un certo gruppo di "gestori" della politica ha voluto evitare guai ai p2isti leggi qualche cosa scritto da tina anselmi ne ricaveresti altri buoni motivi per comprendere i lasciti negativi di quei personaggi.

luciano ha detto...

Lo so che dovrei smetterla e che a molti l'argomento è venuto a noia, ma non
mi capacito dell'indisponibilità di amici e compagni che stimo a guardare
con distacco fatti che a me appaiono di solare evidenza.
Primo fatto: il disastro dei conti pubblici italiani trae origine da molto
prima dei governi Craxi; Craxi non ha affrontato di petto il problema ma,
con una decisa politica anti-inflazionistica, ha dato un contributo positivo
(essendo la crescita del debito alimentata in larga misura dagli interessi,
trascinati all'insù per l'appunto dall'inflazione). Ergo, Craxi ed il Psi -
specie il Psi pre-1976 per la verità - rientrano a pieno titolo tra i
soggetti responsabili del dissesto economico, ma con responsabilità minori,
o se volete con meriti maggiori di altri (penso soprattutto alle politiche
assistenzialistiche ed inflazionistiche di Dc e Pci, che negli anni settanta
fecero esplodere il debito).
segue

luciano ha detto...

Secondo fatto: il sistema delle tangenti e dei finanziamenti illegali ha
coinvolto tutti i partiti del c.d. arco costituzionale e, marginalmente,
perfino partiti esterni ad esso (v. tangente Enimont alla Lega). In
aggiunta alle tangenti, spesso travestite da quota-lavori per le coop, il
Pci ha ricevuto per decenni finanziamenti ingenti dal regime dittatoriale
dell'URSS. Sarebbe stato perciò equo e giusto condannare in blocco tutti i
dirigenti di tutti i partiti percettori di "soldi sporchi" e invece questo
non è accaduto. Sul piano giudiziale non me ne lamento più di tanto,
proprio perché faccio l'avvocato e dunque so che le sentenza si basano su
presupposti tecnici. E poi leggo i giornali e vedo che anche con PM ostili
(p. es. Nordio) le responsabilità penali (dunque personali) dei capi del
Pci-Pds non sono state dimostrate. Invece, con Craxi, aduso ad una
commistione perniciosa tra amministrazione di partito ed amministrazione
personale e privato di indispensabili schermi protettivi (Balzamo è morto
prima di potersi prendere le 60 condanne che si è preso Citaristi ...), il
gioco è stato effettivamente facile. Questo "riabilita" C. ? No, non dico
questo. Sono un legalitario intransigente e condivido la condanna morale
(non si ruba, mai, e il socialista deve essere un galantuomo) ed anche,
nonostante gli eccessi e gli abusi che tutti sappiamo, le condanne
giudiziali. Però il "così fan tutti" non può non pesare, se si mantiene un
minimo di obiettività, sul giudizio storico-politico, che è diverso da
quello etico-penale. Nel giudizio storico-politico non può essere
consentito demonizzare, di un'intera classe dirigente politica nazionale, il
solo leader socialista perché per ragioni tecniche (probatorie, casuali, di
stile, di grossolanità ...) solo lui è stato colpito da condanne penali. E
dunque ha ragione Pirani. A parità di delegittimazione morale, occorre dare
a ciascuno il suo per ciò che riguarda meriti e demeriti p o l i t i c i. P
o l i t i c i ! Su quel piano il bilancio di Craxi, pur con luci ed
ombre, è di gran lunga più presentabile di quello di quasi tutti gli altri
esponenti politici che hanno avuto potere in Italia nel suo tempo.
Terzo e ultimo fatto: la pretesa di confondere i due piani e di esaurire
perciò il giudizio su C. con la fedina penale (corruttore morto latitante) è
funzionale ad uno scopo preciso. Quello di marcare alcune presunte
superiorità. La superiorità dei duri e puri, da Di Pietro alla Lega, che
alimentano antipolitica, giustizialismo, egoismi vari, personalismi ecc..
La superiorità delle altre sinistre, quella di matrice comunista e quella di
matrice dossettian-prodiana, sulla cultura socialista.
Capisco che a quei socialisti che, anche a ragione, hanno avversato C. in
vita, pesi moltissimo doverlo difendere oggi di fronte all'indebita e
strumentale demonizzazione antisocialista che dello stereotipo C. = ladro si
pasce. Però farebbero meglio ad aprire gli occhi: hic rhodus, hic salta.
Senza abbattere quello stereotipo (il che non vuol dire indulgere in
beatificazioni fuori luogo), dalla demonizzazione del socialismo italiano
non si esce.

E con ciò smetto di ammorbarvi.

Luciano Belli Paci

giovanni ha detto...

Caro Luciano,
permettimi di intervenire sul primo esul terzo punto (sul secondo, tutto sommato, sono abbastanza d'accordo con te).
Poi spero anch'io che si possa parlare d'altro, ad es. della proposta boeri.
1) Craxi condusse una politica economica di controllo dell'inflazione, in linea con le politiche monetariste di Reagan e della Thatcher, poi continuata anche dai governi laburisti. Come queste politiche si siano in realtà tradotte in una perdita del valore dei salari e in un incremento delle differenze dei redditi è sotto gli occhi di tutti
3) il tuo ragionamento può essere tranquillamente capovolto: la distinzione rigida tra piano politico e piano etico (in nome di un presunto realismo) è funzionale alla glorificazione del berlusconismo.
Ciao
Giovanni

paolo ha detto...

In merito alla spesa pubblica, mi fa piacere ricordare che con la presidenza
Craxi, si passo ai finanziamenti indicizzati e non ai rimborsi a piè di lista.
Guardate le finenziarie dell'epoca e vi renderete conto di come si tentò di
limitare le spese folli di alcune amministrazioni. L'indicizzazione, che parti
dal 1985, ridusse la forbice tra i vari EE.LL, anche se non riuscì ad
eliminarla perché dopo Craxi
cadde nel dimenticatoio. La cosa la conosco bene perché partecipai ad alcuni
dibattiti con il sottosegretario Carlo Fracanzani (DC), mio conterraneo.
Comunque compagni, sono stimolanti le vostre provocazioni perché mi fanno
ringiovanire e ricordare molte cose, che invece si vorrebbero dimenticate, di
quell'epoca.
Fraterni saluti. Giampaolo Mercanzin

mario ha detto...

Per correttezza la politica anti inflazionistica vera in quegli anni e' stata importata un piccolo contributo - piccolo come effetto sui numeri importante politicamente- l'ha dato intervenire su alcuni automatismi della scala mobile. La vera politica anti inflattiva made in italy ha avuto pochi momenti di successo fino alle drastiche scelte legate all'euro - in italia di sacrifici da sx o da dx non se ne sono chiesti fino a quando ce li hanno imposti- Per me essere socialisti vuol dire stare dalla parte delle regole non essere giustizialisti ergo invece di voler salvare bettino concentriamoci sulle regole e il loro rispetto oggi, differenziamoci dai giustizialisti evitando di cadere nella trappola dei furbetti e degli affaristi. Terzo, certo che rubavano tutti o tanti ma chi e' socialista - non solo xe allora era vessato e mandato alla gogna x qs o non lo capiva o anche non lo voleva vedere - deve difendere i valori e i principi del socialismo, ergo che rubassero i miglioristi era grave come per i dorotei li avremmo dovuti mandare in galera! Oggi pero' continuo a riaffermare che da socialista il vero rammarico e' di non esserci riuscito in primis coi socialisti. Ma chi se ne frega di chi c'era o non c'era con o contro certi modi di gestire la politica e la cosa pubblica smettiamola con craxi aspettiamo che qualcuno ci dimostri che non ha rubato e se volete entriamo nel merito del suo modo di essere pragmatico in politica - che io continuo a ritenere non coerente con i modi del socialismo- parliamo del modo di governare la cosa pubblica - che io continuo a ritenere non coerente con una visione. Programmatoria e orientato allo spending - oltretutto male e con sprechi enormi legati alle priorità' tangentare- parliamo di riforme fatte e non fatte parliamo di politica e lasciamo per sempre craxi a riposare senza che mettere nelle condizioni di usarlo da morto da parte di chi strumentalmente lo vuole a tutti i costi riabilitare.

mario ha detto...

Giusto va pero' ricordato che il tempo era maturo perché' da anni si stavano studiando modalità' ad hoc x bloccare il pie' di lista - anche in qs caso ne posso parlare x averci lavorato-. Ma attenzione - e qs punto ci riporta all'oggi e ai motivi della mia rudezza sulla0riabilitazione del metodo di fare politica di quegli anni- gli strumenti a standard o con legami ai progetti erano indicati come strumenti adatti a contenere la spesa pubblica se associati a: indicatori economici; controlli non solo ex ante,adozione di strumenti di programmazione e analisi inter settoriali. Tutti temi disciplinati da leggi - alcune della fine degli anni 70- ma mai applicate perché se applicate avrebbero immediatamente svelato i "segreti" di quel modo di spendere. Ricordo ancora lo sprezzo con il quale un noto compagno di allora etichetto un mio intervento sul tema dei controlli sui costi!! Oggi come allora si legifera buttando fumo negli occhi e si spende senza che il sistema controlli e i beneficiari sono spesso gli stessi

felice ha detto...

Nel bene e nel male il socialismo italiano non si esaurisce in Craxi. A me pare
che la discusssione su Craxi sia un modo per non affrontare la questione
socialista in Italia. La questione socialista è una questione della sinistra
tutta, non un problema (solo) socialista. I socialisti individualmente sono
sempre stati in grado di risolvere i loro problemi personali, anche
politicamente: sono sparsi un pò dovunque. E' sintomatico che il decennale
della scomparsa di Craxi abbia mediaticamente oscurato il trentennale di Pietro
Nenni. Quanto è avvenuto è ingiusto perché meriti ed errori del socialismo
italiano sono maggioritariamente rappresentati da Nenni, più che da Bettino.
segue

felice ha detto...

segue
Dopo essere stato un craxiano della prima ora, cioè quando Bettino era
minoranza a Milano, mi sono progressivamente allontanato da lui politicamente e
per questa ragione non ho accettato il posto nella segreteria del gruppo
socialista a Bruxelles, posto affidato poi al famoso Mauro Giallombardo. A
proposito Giallombardo è diventato un finanziere in Lussemburgo con molte
disponibilità monetarie ed immobili di prestigio in proprietà. Chissà da dove
arrivano i suoi soldi? Penso che il sistema Craxi abbia arricchito molte
persone intestatarie fiduciarie ed alcune destinazioni dei fondi erano di
natura privatissima non per il partito o per movimenti di liberazione nel terzo
mondo o per partiti dell'Internazionale Socialista in paesi dittatoriali, che
pure ne sono stati destinatari. Per quanto riguarda la politica economica
Craxi, malgrado il referendum sulla scala mobile, non può essere annoverato tra
i monetaristi rigidi, basta aver riguardo al tasso di inflazione e al disavanzo
primario del bilancio dello stato anche nei suoi anni.
La sconfitta giudiziaria resa possibile dalla rarità di GREGANTI nei
raccoglitori di tangenti socialisti è seguita alla sconfitta politica. Craxi
per la gestione del potere con i vantaggi economici connessi ha rinunciato al
disegno di sostituire alla centralità democristiana la centralità socialista.
Altro errore capitale è quello di non avere colto le opportunità offerte dal
crollo del Muro di Berlino per ribaltare i rapporti di forza TRA SOCIALISTI E
COMUNISTI sfidandoli su una poltica di sinistra e non puntando sul loro
sgretolamento. Il PSI non è sopravvissuto alla bufera giudiziaria, a
differenza di altri partiti socialisti, è dipeso anche dal fatto che Craxi non
ha potuto o non ha voluto separare le sue vicende da quelle del partito. Dopo
il suo discorso in Parlamento, che è stato un atto di accusa a tutta la classe
politica, cui nessuno ha osato replicare, doveva rinunciare a svolgere un ruolo
politico. Dividersi ora su Craxi tra socialisti o unirsi al PD sulla sua
riabilitazione mi paiono perdite di tempo, che non conducono da nessuna parte.
Le sfide politiche si fanno sul presente e sul futuro non sul passato. Della
politica craxiana cosa può essere utile ancora oggi? L'autonomia dai comunisti?
A me pare che non ci siano più e quelli rimasti non sono un problema.La Grande
Riforma? Un disegno di riforma costituzionale assolutamente nebuloso. Spero che
qualcuno mi aiuti a trovare un testo di un disegno di legge costituzionale
ispirato dalla Grande Riforma, io non sono stato capace di trovarlo. Craxci
oggi è ancora un alibi per non trovare una naturale collocazione a sinistra dei
socialisti, come forza motrice per una sinistra in Italia, come in Europa,
socialista, democratica, autonoma, libertaria e laica ed ora anche ecologista.
Rispetto a questo Craxi oggi non ha nulla da dire.

dario ha detto...

Caro Luciano

concordo come sempre integralmente con quanto tu dici.

Vorrei portare solo qualche ulteriore granellino alle tue tesi.

1. il debito pubblico non è il debito del Governo Italiano, ma il debito di tutte le amministrazioni pubbliche;

2. L'aumento drastico del debito in quegli anni avvenne soprattutto, come dice mi pare Paolo Mercanzin,

a- per la crescita esponenziale degli interessi, che con una inflazione (in calce riporto la sequenza della tassa sui poveri dal 1974 al 1984) a due cifre aveva costi enormi e

b- per una scelta politica precisa del Governo Craxi ( e parlo per esperienza diretta perchè essendo allora nella segreteria regionale dei chimici CGIL del Piemonte ho seguito le vicende in prima fila) di investire, e molto, per il rinnovo dell'industria italiana (ad es. l'idea di Fiat a Melfi nacque allora). Il debito per investimenti è sempre utile perchè genera sviluppo ed occupazione, per cui domanda aggregata (dice niente il Keynesismo?).

Dopo il 1993 in poi il debito cresce per l'aumento delle spese correnti dell'amministrazione pubblica, sia con governi di CD che di CS (questo si che è un delitto);

dario ha detto...

segue

3. tangenti è proprio vero che così facevano tutti, e tutti continuano a fare proprio perchè Mani pulite non ha generato una nuova etica politica, ma semplicemente sostituito gli attori, senza incidere a fondo nel grumo di illegalità che coinvolgeva tutti i partiti. La questione irrisolta, come dice sovente Somaini nelle riunioni del Gruppo di Volpedo, è l'aver confuso, volutamente, da parte dei magistrati-pasdaran il giustizialismo con la legalità, ed il pretendere di procedere su quella strada senza fare i conti con il fallimento di Mani Pulite che ha generato un monstrum, che non ha portato il sol dell'avvenire, previsto dalla gioiosa macchina da guerra, ma il Berlusconismo, sistema a cui il PDS-DS-PD si è rapidamente acconciato.

Oggi quei magistrati dovrebbero farsi una doverosa autocritica sul perchè hanno fallito.

É peraltro vero che noi socialisti dovremmo rielaborare il lutto, per superare la vulgata, speculare alla tesi dei pasdaran di Tangentopoli, che Craxi era il bene, BC era un uomo politico e come tale ha fatto degli errori anche rilevanti.

Oggi però è tempo di riportare nell'agenda politica la questione centrale: La questione Socialista e la ricostruzione onesta e veritiera di una Storia che non fu solo delinquenziale, ma una Storia nobile ed in grado ancora oggi di offrire basi solide per costruire l'avvenire dell'Italia.

Ognuno di noi ha della propria famiglia un ricordo mediato da affetti e odi, ma rielaborando il lutto ha saputo scindere il buono dal cattivo, dobbiamo fare lo stesso con l'epoca craxiana del PSI, anche quella era, nel bene e nel male, la nostra famiglia, e molte volte non abbiamo saputo/voluto vedere le distorsioni che c'erano.

É certo invece come dici tu che oggi Craxi ed il PSI sono difesi soprattutto dai socialisti che negli anni 80 erano i più duri avversari dei craxiani, anche perchè i craxiani nell'attuale PSI non ci sono quasi più, si sono già ampiamente riciclati nel PDL o nel PD (per non dire dell'IDV o di AN).

Fraterni saluti

Dario Allamano


Anno 1974 Inflazione media = 19.2%

Anno 1975 Inflazione media = 17.0%

Anno 1976 Inflazione media = 16.7%

Anno 1977 Inflazione media = 17.1%

Anno 1978 Inflazione media = 12.1%

Anno 1979 Inflazione media = 14.8%

Anno 1980 Inflazione media = 21.2%

Anno 1981 Inflazione media = 18.1%

Anno 1982 Inflazione media = 16.5%

Anno 1983 Inflazione media = 14.7%

Anno 1984 Inflazione media = 10.8%

Anno 1985 Inflazione media = 9.2%

Anno 1986 Inflazione media = 5.7%

Anno 1987 Inflazione media = 4.7%

peppe ha detto...

Giovanni scusa se intervengo (sinceramente credo che su Craxi la discussione
non avrà mai fine in quanto la figura resterà per lunghissimo tempo
controversa).
Su una cosa dissento da te. La politica di controllo dell'inflazione di
Craxi non fu di carattere monetarista (drastica riduzione della massa
monetaria in circolazione e conseguente crollo della produzione ed
occupazione). Io ho citato Carniti nel mio saggio per evidenziare tale dato.
Potrei citare pure Ruflolo (che come me) è un critico del craxismo e mise
allora in evidenza (lui era nel 1984 deputato in Lucania) come la politica
dei redditi tentata dal governo Craxi era alternativa a quella monetarista
poichè si basava su una evoluzione programmata e controllata della dinamica
dei redditi piuttosto che sulla deflazione selvaggia. Insomma era la ricetta
di quegli economisti progressisti che Ruffolo chiama "Istituzionalisti
Post-keynesiani." Craxi applicò nel decreto dell'84 una proposta di
Tarantelli (poi uccsiso dalle BR) e fatta propria da Carniti. Tarantelli
votava per il PCI, fra l'altro. A sostenere la deflazione (alla Thatcher ed
alla Reagan ) fu allora Beniamino Andreatta consigliere di De Mita, amico
dei salotti della finanza internazionale e mentore di Prodi.
Craxi (nonostante Martelli - ostacolato da Formica - volesse la scissione
nella CGIL) ricostruì il rapporto con la stessa compnente comunista della
CGIL e si giunse all'ccordo sulla semestralizzazione della contingenza, una
proposta del resto fatta anni prima anche da economisti seri vicini al PCI
come Claudio Napoleoni. Per dire che vi fu una battgalia strumentale del PCI
(su questo punto specifico). Riccardo Lombardi nella sua ultima intervista
nel Giugno 84 e quindi poco dopo il decreto sulla Scala Mobile così si
esprimeva: "Lo abbiamo detto all'inizio: il momento attuale non è di agevole
lettura. Quanto più i partiti della sinistra si affannano nella ricerca di
una politica, tanto più si accentua la crisi di rappresentanza, il distacco
tra società civile e poteri politici. Il che vale anche per i sindacati,
perché non ci sono dubbi che lo scontro di oggi sui punti della scala mobile
nasce soprattutto da un ritardo dei vertici sindacali ad interpretare le
esigenze nuove del mondo del lavoro. Tanto è vero che si è accentuata la
tendenza, da aperte dei sindacati, a delegare ai partiti l'elaborazione di
una politica. La pretesa del PCI, o di chiunque altro, a rappresentare la
maggioranza delle masse lavoratrici è in stridente contrasto con la diffusa
crisi di fiducia dei lavoratori nelle loro organizzazioni, che è poi
peculiare a quel distacco o disincantamento della popolazione verso i
partiti." Lombardi coglieva in senso vero del problema. Comunque la vera
politica thatcheriana è stata applicata con rigore e con il concorso dei
nipotini di Togliatti nella II Repubblica. La disinformazione attribuisce a
Craxi l'abolizione della Scala Mobile mentre essa fu fatta dal governo
Ciampi nell'Agosto del 93 con l'accordo di tutti i sindacati e del PDS (e
l'opposizione di Rifondazione). Negli anni 80 i salari hanno retto. E' negli
anni 90 che è iniziata la rovinosa discesa dei salari reali e lo spaventoso
aumento delle diseguaglianze che fa dell'Italia il paese con i salari più
bassi ed uno degli indici di diseguaglianza più alto. E non solo per opera
di Berlusconi. Del resto quamdo nel centrosinistra si cerca di mandare a
casa un presidente di REgione che ben ha governato come Vendola per
sostituirlo con uno gradito all'asse D'Alema-Casini-Caltagirone che premono
per la privatizzazione dellì'Acquedotto Pugliese, vuol dire che siamo alla
frutta dal punto di vista politico e morale! Io sono d'accordo con te per la
maggior parte delle critiche fatte a Craxi, ma come dire: diamo a Cesare
quel che è di Cesare!

stefano ha detto...

Pur non essendo mai stato socialista in senso partitico sono molto interessato a questo dibattito su Craxi e farei molta fatica a prendervi parte seriamente, sia per una sorta di rispetto verso le sensibilità di tanti di voi che hanno investito una buona parte della propria esistenza nella militanza (come anch'io ho fatto, in piccolo, nel PRI, fino alla metà degli anni ottanta), sia perché sono molto combattuto.
Se dovessimo semplificare in "vittime o carnefici" non me la sento proprio di annoverare Craxi fra le prime.
Ma concordo pienamente sul rifiuto di considerarlo come unico "carnefice".
Ricordo anche di averlo spesso ammirato, nel suo ruolo di autonomista, per aver portato il proprio Partito fuori da una sorta i "buco nero" di sudditanza sub-comunista.
Chi conosce quegli anni sa quanto questo giudizio sia stato atipico, per un repubblicano.
Non credo comunque nemmeno giusto ergere un muro di intransigenza etica per cui gli illeciti sono tutti uguali.
Finanziamento illecito è come divieto di sosta - Corruzione è come passare col rosso - Concussione guida pericolosa in stato di ebbrezza.
Un conto poi è una mazzetta da cento milioni di lire, un conto è far sparire una parte ancora non ben quantificata dei fondi per la cooperazione allo sviluppo (dodicimla miliardi a fondo perduto in un piano triennale della seconda metà degli anni ottanta, di cui non ho mai capito se si possa dire che siano tutti arrivati dove avrebbero lecitamente dovuto arrivare).
Ho l'impressione che la parte grossa del "malloppo" (non certo solo craxiano), non mai stata trovata, ma su questo mi rimetto a chi ricorda meglio, o è più documentato.
Pur non concordando con Benedetto Croce, nel ritenere che l'onestà di un politico abbia lo stesso valore di quella di un chirurgo, sono comunque favorevole, nel metodo, a dare un giudizio storico-politico sull' opera di Craxi, che, almeno in parte, prescinda dalle sue vicende giudiziarie, o meglio, che tenga conto del "così fan tutti", che è coumuque un dato politico importante.
Lasciatemi correggere di sfuggita il "tutti" in "quasi tutti", dato che non ho memoria di illeciti (di carattere economico) accertati sui radicali.

Ma dopo avere sfiorato in punta di piedi questi temi voglio fare un'autocritica, doverosamente non in punta di piedi.
Non so se questo paese sia pronto per dare un giudizio sereno su Craxi, ma alla luce delle dichiarazioni di D'Alema sull'azionismo (come goccia che fa traboccare il vaso, non certo come sorpresa), direi che possiamo tranquillamente annoverare il togliattismo (antico e contemporaneo, orgogliosamente rivendicato) come un male politico ed etico peggiore di qualsiasi lato negativo del craxismo.
In che senso è un'autocritica?
Perché per troppi anni mi sono fatto (sia pure in parte) affascinare dalla professionalità di alcuni togliattiani come D'Alema.
Ma la professionalià al servizio di idee sbagliate e della doppiezza tattica è un male perfino peggiore della sciatteria e del dilettantismo (proprio, per esempio, di molti politici della sedicente seconda repubblica).
Ritengo oggi molto probabile che Craxi sia stato vittima, oltre che dei suoi illeciti, anche di questo neo-togliattismo.

Leggere la mailing list del Rosselli ha contribuito ad aprirmi un po'gli occhi socchiusi, e di questo vi ringrazio.

Stefano Bazzoli

luigi ha detto...

Lungo e istruttivo dibattito, però, quando si mescolano questioni
etiche (le tangenti programmate da Craxi in ogni amministrazione
pubblica) e le politiche di Governo (esteri, economia, debito
pubblico, ecc.) e il riformismo socialista ovvero "riforme di
struttura" (Lombardi) invero piuttosto indistinte (sempre
Lombardi, il modello URSS no, la socialdemocrazia no,
assolutamente no quello all´opposto il modello USA) mai, non
dico messe in pista da Craxi ma nemmeno immaginate, tanto
che, in questo Lombardi era chiaro, "non ha più senso il Psi" di
Craxi che pensava bene di crogiolarsi nella "governabilità per la
governabilità" senza progettualità di sinistra, ecco con tutto
questo nel calderone se ne esce frastornati.
Che Craxi come capo del Governo abbia avuto gioco facile a fare
qualche atto di governo in ambito di politica estera (arraffò a
piene mani le indicazioni di Achilli e lo liquidò bellamente) niente
da dire anzi se si pensa a Sigonella, ma per i missili di Comiso ?
Comunque sia mi avete ricordato che anche prima di Craxi
c'erano le correnti DeMartino Mancini, e correntini locali di
singolo personaggi onorevoli, presidenti di provincia, di Regione (da
noi il famigerato Teardo condannato per tangenti dalla Giustizia
molto prima di Craxi) ma almeno il dibattito tra queste
impersonificate da De Martino, Nenni, dal nostro Lombardi e
Mancini, qualche atto di politica socialista era presente. Al
governo con DC per fare le riforme come la nazionalizzazione
dell´energia elettrica, mantenimento di economia mista, welfare
municipale assicurato alla mano pubblica dei comuni, statuto dei
lavoratori, riforma della scuola media inferiore (c'era a tiro anche
quella della media superiore, io psicologo di équipe
sociopsicopedagogica della Provincia di Genova fine
degli anni 76-77-78) andavo nelle terze medie a portare l'annuncio
della prossima riforma. Mai però attuata. Legge sui consultori
familiari, la riforma degli ospedali psichiatrici, la riforma
sanitaria.
Insomma prima di Craxi comunque siano stati i giochi di potere
tra correnti almeno c´era da parte di tutte un filo rosso
liberalsocialista che si stava svolgendo. Il filo rosso del
riformismo dei diritti sociali (riforma sanitaria) ha continuato a
essere tessuto con il primo periodo di Craxi, ma che si è
improvvisamente interrotto aprendo la strada al neoliberismo e
con il corteggiamento nei confronti della chiesa cattolica.
Lasciando il PSI senza alcuna progettualità socialista. Poi
tangentopoli con il suo effetto Pandora ha fatto dimenticare che
eravamo rimasti orfani di progettualità socialista e così è
attualmente. Con l´aggravante che dopo il 1989 le pratiche
liberiste hanno infettato le socialdemocrazie europee avallando il
posizionamento neoliberista anche in Italia con i governi Amato,
D´Alema, Ciampi, Prodi, omologandosi alle posizione
neoliberiste di destra.
E dunque di quale riformismo socialista dobbiamo ritrovare il
bandolo del filo rosso interrotto?
Caro compagno Tremolada, sei l´unico che ha risposto alla mia
citando il piano Meidner svedese. Per ricordarmi però che in
quella occasione, correvano gli anni 70 il partito
socialdemocratico svedese perse le elezioni. Perché secondo
te c´è causa-effetto tra la proposta di governo socialdemocratico -
piano Meidner - che avrebbe dovuto fare passare il capitale
delle imprese dal capitalista ai lavoratori e la sconfitta elettorale
?
segue

luigi ha detto...

segue
Penso di si ma non so se sono stati gli elettori svedesi che si
sono impauriti di questa misura riformistica radicale, il capitale in
mano ai lavoratori. O se sono stati i capitalisti che si sono
talmente impauriti da fare assassinare prima Olof Palme e poi
fare campagne elettorali talmente efficaci e distorsive
dell´opinione pubblica da fare perdere le elezioni ai
socialdemocratici.
Ricordo come detto a Genova nella mia relazione "Nel solco del
riformismo socialista quale modello di economia per il terzo
millennio." che è in quel periodo che è stato sferrato l´attacco
mondiale dei neoliberisti in combinata con il conservatorismo
religioso negli USA con Reagan e con Thatcher Inghilterra ) che
con il crollo dell´URSS hanno fatto passare per miracoloso il libero
mercato anche nei paesi europei.
Continuo a ritenere valido il Piano Meidner, nonostante che i
compagni socialdemocratici svedesi abbiano perduto in quel
tempo le elezioni, così come continuo a ritenere valido il
manifesto socialdemocratico di Bad Godesberg, così come
ritengo decisamente valida la Costituzione Italiana in particolare
quello che qui ci riguarda, il "Titolo III Parte Economica".
Eppure le elezioni varie e avvenute nel tempo non ci abbiamo
consentito di attuare granché di tutto questo. Certo con avversari
come l´impero mondiale delle multinazionali con annesse banche e
finanza e istituti mondiali fautori di politiche liberiste è
difficile riuscire a fare - posto che recuperiamo il filo rosso della
sinistra - campagne elettorali che ci consentano di governare i
paesi, mi contenterei per i prossimi dieci anni di quelli europei e
fare le riforme strutturali di cui parlava Lombardi a partire però
dal, mi ripeto, punto archimedico di fare passare di mano il
capitali al mondo finanziario diffuso e anonimo ai lavoratori delle
loro aziende di cui il piano Meidner è da ritirare fuori dagli
armadi.
Oggi dovrebbe riprendere tale piano ed approfondirlo in ogni
dettaglio.
segue

luigi ha detto...

segue

Così come dovremmo cominciare a proporre ai lavoratori delle
aziende che attualmente se ne stanno sulle gru o occupano gli
uffici di diventare padroni della loro azienda come è stato fatto in
Argentina, una citazione per tutte la fabbrica di piastrelle Zanon
che attualmente dopo varie vicissitudini giudiziarie è di proprietà
dei lavoratori.
Se le imprese sono dei lavoratori non c´è possibilità alcuna di
essere delocalizzaza o di essere smembrata e venduta.
Certamente questa possibilità deve essere accompagnata con
misure governative di politiche del lavoro in tal senso
predisposte.
Questo il punto archimedico del riformismo socialista che intacca in
radice il capitalismo così come si è sviluppato fino alle aberrazioni
dell´attuale capitalismo finanziario anonimo che non consente ai
lavoratori di farsi controparte.
Purtroppo non sento neanche Vendola parlare di questa
fondamentale questione. Ovviamente non si sente parlare di
questo radicale riformismo neanche da parte dei comunisti
italiani né da rifondazione comunista non essendo il riformismo
far parte del credo comunista.
Personalmente con tanti compagni socialisti mi farò parte attiva
perché diventi ipotesi da espletare da parte di SEL.
Luigi Fasce
www.circolocalogerocapitini.it

mario ha detto...

segue

Carissimi io credo che questo dibattito possa portare a qualche cosa di utile soprattutto se riusciremo ad orientarlo in modo risoluto al di fuori delle secche sulla possibilità o meno di "riabilitare" Bettino Craxi e se lo orienteremo (come ho avuto modo di dire più volte) su dati oggettivi e non su emozioni o parziali ricostruzioni. Infine penso che lo stesso dibattito potrà avere un senso se la smetteremo di rincorrere il "così facean tutti" questo è un tema di altra natura che meriterebbe un altro tipo di discussione che potrebbe anche portare alla richiesta di qualche ammenda da parte di alcuni magistrati miopi di allora (attenzione non tutti sarebbe sciocco tacciare di giustizialismo o di parzialità tutto il movimento di magistrati che ha dato vita all'inchiesta di mani pulite e a quelle correlate), o a qualche mea culpa di chi in quegli anni investiva il proprio tempo nel "far politica".
A mio avviso vi sono alcuni elementi oggettivi a cui far riferimento, il primo è che la questione etica e quella delle regole non possono che essere centrali nel dichiararsi e nell'agire "socialista" ieri, oggi e spero domani.
Da questo punto di vista l'esperienza di quel periodo è un'oggettiva sconfitta del socialismo e chi ne è stato responsabile giustamente ne deve (o avrebbe dovuto) rispondere. Il fatto poi che le "ruberie" fossero "per il partito" non deve modificare di una virgola questo giudizio. In più (direi in modo tombale) su questo tema delle ruberie rimane senza alcuna risposta il mio appello affinchè ci si possa adoperare per smentire i dati delle sentenze passate in giudicato sulla destinazione ultima dei famosi (se ricordo bene ora scrivo dall'università e non ho con me i dati) 150 miliardi di lire finiti sui conti personali o ricondotti a Bettino Craxi (e visto che ci siamo sulle fonti finanziarie che hanno permesso allo stesso di investire in varie parti del mondo e di farlo per se e per i suoi familiari - sempre da sentenze passate in giudicato-).
segue

mario ha detto...

segue
Questo dovrebbe essere un punto "tombale" sul tema etico e mi piacerebbe che da socialisti si evitassero una volta per tutte i ma e i distinguo per evitare che i ma e i distinguo finiscano per il legittimare in corso d'opera quello che altri oggi stanno facendo (e qui ricordo quanto ho scritto ieri sui modelli normativi che dichiarano di intervenire in un determinato modo, ma che vengono applicati al fine di sostenere le ruberie - ieri erano quasi sempre legati a tangenti pagate in nero oggi si usano, oltre alle tangenti, strumenti un po' più sofisticati come gli incarichi professionali, le consulenze, le valutazioni etc etc etc.).
Allora dichiaravo ai quattro venti (compreso in occasioni di convegni universitari) che i controlli su alcune (quelle che io avevo avuto modo di analizzare) strutture pubbliche o loro emanazioni avrebbero messo in luce situazioni drammatiche di gestione delle risorse pubbliche, mi spiace che il ricordarlo possa portare qualcuno a pensare ad un mio risentimento, avevo ragione e questo mi basta, vorrei che oggi si evitasse di rifare lo stesso errore partendo dalla base ossia dall'accettare il modello (e non è un caso che molti dei protagonisti di allora siano i protagonisti di oggi sia tra i "politici" sia nel mondo dell'imprenditoria).

mario ha detto...

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Risolto il tema etico rimarrebbe la necessità di entrare nel merito della politica, socialista e non , di quegli anni. Ancora una volta a mio avviso si dovrebbe evitare di affrontare il tema da posizioni aprioristiche ma provando ad entrare (come in effetti qualcuno sta cercando di fare) nel merito delle questioni. Ma per farlo si deve accettare di approfondire (magari separandoli) i singoli punti e carotarli.
Faccio un esempio legato al dibattito scatenato da Diego sul tema inflattivo.
E' sbagliato elencare l'inflazione italiana e da questi numeri trarre giudizi tout court, se si vuole davvero capire se le scelte del governo sul fronte inflazionistico hanno pesato e quanto abbiano pesato si deve partire da un assunto: In italia l'inflazione dagli anni 60 in poi ha avuto tre fonti, una legata alle scelte della politica, una legata ad influenze esterne e una legata alle scelte del mondo industriale più o meno condivise dalla politica (che tanto hanno agito sull'export ma tanto hanno influenzato l'economia italiana anche negativamente.
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mario ha detto...

segue
Quindi per leggere i dati inflattivi si deve assolutamente andare a vedere cosa succedeva negli stessi anni in altri paesi di quella che allora si chiamava CEE, annotare il differenziale inflattivo iniziale e notare quello finale.
Mi scuso per non averlo fatto (sono un po' sotto pressione tra esami e tesi) ma certo chi tra di noi ha un po' di tempo può farlo e darci questi elementi. Vedremo come la componente preponderante della curva inflattiva sarà da attribuire ad andamenti esterni alla nostra gestione politica. Analogo discorso sarebbe da fare andando ad analizzare i flussi di spesa (ma non chiamiamo politica keynesiana l'investimento in melfi o nel sostegno di certi settori industriali per favore!!) per infrastrutture (certo di pancia mi verrebbe da dire che sarebbe utile provare a vedere quegli indicatori di efficacia degli investimenti e tirare fuori qualche dato serio sul costo per opera per dimostrare, come fecero molti studiosi di quegli anni, che una scelta di investimento in infrastrutture ha senso se genera crescita negli anni e va valutata anche sul costo della stessa - a meno di non ritenere keynesiane anche quelle quote di "investimenti" che finivano nelle tasche dei tangentari - anche qui si possono andare a recuperare i costi per investimenti in opere pubbliche negli anni successivi a tangentopoli e parametrarli a quelli di quel periodo...-).
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mario ha detto...

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Insomma si possono fare delle serie analisi e richiamarne altre serie rintracciabili negli studi di chi ha voluto analizzare tutto questo.
A questo punto la domanda di Felice potrebbe avere una risposta che ci può riportare alla sua genesi. Erano politiche socialiste quelle? Sono state efficaci come politiche? E sono state efficaci - quando lo sono state - per affermare un progetto socialista?
Quante di quelle scelte (efficaci o meno) possono tornare utili come traccia per una riflessione intorno alle nuove ragioni del socialismo?
Faccio un esempio di oggi per spiegarmi, quanto possiamo rintracciare di "socialista" nella mancata capacità di attuazione della legge di riforma della sanità pubblica votata nella seconda metà degli anni 80 e mai resa operativa da allora? Dove per rendere operativa una riforma bisogna risalire ai suoi principi base (quelli si socialisti) che vedevano nella gratuità, nella universalità, nell'uguaglianza di fronte alla malattia e soprattutto nella prevenzione (quindi non cura come obiettivo ma stato di salute) .
Quanta responsabilità hanno i governi degli anni 80 nell'affossamento di quella riforma? Ha senso dichiarare il fallimento di quella riforma e rilanciarla oggi (ovviamente riveduta e corretta alla luce di quanto abbiamo imparato in più di 30 anni?).
Insomma da lavorare ne avremmo molto, io preferirei lavorare così che dovermi dedicare alla difesa di principi etici o ai richiami ai rischi di certe facili assoluzioni post mortem.
Qualche tempo fa in un dibattito sull'etica ricordavo che nel passato (anche recente) molti artisti sono stati valutati (positivamente e negativamente) per le loro opere d'arte nella assoluta certificazione dei loro comportamenti sociali (qualcuno era un assassino, altri pedofili e via di questo passo). A nessuno nel mondo dell'arte è mai venuto in mente di assolvere gli assassini o i pedofili negando i loro reati (o riportandoli ad una scarsa attenzione al valore della vita di quei tempi) ma a nessuno è mai venuto in mente di non dichiarare le loro opere valide o orrende partendo da una lunga discussione sulla necessità di riabilitarli socialmente.
Io suggerirei di smetterla con il tentativo di assolvere Bettino sui suoi comportamenti "etici" accettando quello che la storia e purtroppo le aule dei tribunali ci hanno certificato (fino a dimostrazione contraria che, ribadisco, celebrerei come spero di celebrare Ottaviano Del turco se le cose scritte oggi dalla STAMPA si riveleranno vere) e concentriamoci sui dati oggettivi per provare a ragionarci sopra.
Ovviamente personalmente continuo a fare fatica a trovare nei dati oggettivi numerosi spunti a sostegno di una politica socialista ma sono sempre interessato a cambiare idea.
P.s. è più socialista intervenire sugli automatismi della scala mobile o sulla mancanza di controlli sui meccanismi di mercato? Ossia da economista posso dire che l'automatismo era un errore, ma che ho alcuni dubbi sul fatto che l'effetto di medio periodo abbia fatto bene alle modalità con le quali la "ricchezza" e la "povertà" sono state distribuite nel nostro Paese? Allo stesso modo quanto ha inciso la volontà di non creare meccanismi di regolamento (e se esistenti di non applicarli) nella stessa direzione?

diego ha detto...

Cari compagni,

Scusate se intervengo ancora una volta sulla questione Craxi che molti di voi considerano, a giusto titolo, esaurita. In realtà vorrei giusto rispondere, nel modo più sintetico possibile, ad alcune osservazioni puntuali che sono state fatte a partire dalla mia prima mail.

Su Craxi e la P2:

Non ho mai sostenuto che Craxi facesse parte della P2. Ho semplicemente detto che le riforme costituzionali che propose (per esempio, per un esecutivo più forte, una magistratura meno indipendente dalla politica, ecc.) assomigliano a quelle contenute nel Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli, e tralaltro sono simili a quelle proposte, da anni, da Berlusconi e D’Alema. Sostenere questo parallelo, non significa affatto accusare Craxi di piduismo - fino a prova contraria, non si hanno le prove di una sua eventuale iscrizione alla loggia massonica P2. Al massimo, si può sostenere come Mario, senza possibilità di smentita, che Craxi era amico intimo del piduista Berlusconi e, se si vuole scavare nel torbido, basta rileggersi alcune delle carte del processo Conto Protezione, sui finanziamenti di Roberto Calvi e Licio Gelli ai conti svizzeri del PSI alla fine degli anni 70/inizio anni 80 – ad onor del vero, in quel processo, Craxi venne condannato in appello, ma la sentenza fu annullata con rinvio in Cassazione nel 1999 e Craxi morì pochi mesi dopo.

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diego ha detto...

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Sul debito pubblico:

Anch’io ho citato i dati dell’Istat, che poi sono tratti dagli studi della Banca d’Italia. Per chi vuole verificare, basta consultare pagina 10 del documento Istat, ivi allegato, sui conti pubblici: il 1/1/1984, il debito pubblico sul Pil era pari al 74,4 percento – Craxi entrò in carica, come Primo Ministro, il 4 Agosto 1983 ed allora il debito era al 70 percento – l’1/1/1988, il debito pubblico ammontava al 90,5 percento sul Pil – e, come é stato rilevato anche da Giampaolo, quando il 17 Aprile 1987, Craxi lasciò Palazzo Chigi, il debito era al 92,60 percento. Ora, si può discutere di decimali, ma é sotto gli occhi di tutti che vi é stato un aumento sostanziale del debito pubblico italiano negli anni dal 1983 al 1987. Qualcuno mi spieghi, come é stato possibile un aumento di tale portata, se non tramite il sistema di finanziamenti illeciti e di corruttela che, sfortunatemente, ha caratterizzato la gestione dello stato negli ultimi anni della Prima e, senz’altro, anche della Seconda Repubblica.

É stato poi rilevato che il debito pubblico é continuato a salire anche dopo la partenza di Craxi da Palazzo Chigi e che i finanziamenti illeciti riguardavano non solo il PSI, ma praticamente tutti i partiti (Lega Nord e PCI inclusi). Tutto ciò é vero e non sarò certo io a contestarlo. Tuttavia, sono d’accordo con Mario quando sostiene che non si possono legittimare i finanziamenti illeciti del PSI sulla base del “così fan tutte” di mozartiana memoria. Scusate, ma se tutti adottano le solite pratiche disinvolte nella gestione del denaro pubblico, allora perché andare a votare? Se fosse vero il postulato che “tanto tutti rubano”, allora, quale alternativa esiste per l’elettore? Pensate davvero che la tesi del “tanto tutti rubano” sia un argomento sufficiente, se non addirittura controproducente, nel convincere la gente a votare socialista? Porsi queste domande, forse, può aiutarci a comprendere come mai, in questi ultimi venti anni, una fetta così importante dell’elettorato (soprattutto quello popolare) si é astenuta dal voto oppure l’ha consegnato a movimenti giustizialisti e demagogici quali la Lega Nord e l’Italia dei Valori.

Credo, come Riccardo Lombardi peraltro, che l’esercizio del potere non debba essere fine a sé stesso, ma debba essere accettato solo quando rappresenta un’alternativa concreta, un mezzo per cambiare in profondità la società e, perché no, anche certe pratiche nella gestione della cosa pubblica. D’altro canto, non dobbiamo dimenticarci del fatto che, per quasi un secolo, i socialisti hanno condotto in Italia alcune memorabili battaglie per il rispetto della legalità. Chi non ricorda le campagne di Filippo Turati contro gli scandali della Banca Romana, che implicarono buona parte della classe politica italiana della fine del XIX secolo? Vogliamo dimenticare i compagni socialisti come Placido Rizzotto, che pagarono con la vita la loro intransigenza nella lotta contro la mafia? Oppure possiamo scordarci l’appello ai giovani del presidente Pertini, quando proclamò che “la politica deve essere fatta con le mani pulite [...] se c’é qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i suoi sporchi interessi, deve essere denunciato”? Non fu, per concludere, proprio Carlo Rosselli a sostenere che “il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale e in secondo luogo trasformazione materiale” (Scritti dall’Esilio 1929-1933, Einaudi 1988: p.5)?

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Un cordiale saluto a tutti,

Diego

dario ha detto...

Caro e diletto Diego
sul debito la spiegazione è abbastanza semplice.
1. Da alcuni anni, precisamente dal 1974 (in calce ti riporto i dati ISTAT)
l'inflazione in Italia era a due cifre, per cui i tassi con cui si
remuneravano i titoli di Stato era superiore al 20-23%, dal che si evince che
una gran parte dell'aumento del debito derivava dalle risorse necessarie per
pagamento interessi;
2. nel 1982, allorchè Craxi entrò a palazzo Chigi, quel Governo fece una
scelta politica, magari mal gestita ma importante: investire consistenti
risorse pubbliche per rinnovare l'industria italiana, soprattutto nel sud,
che era reduce da un decennio disastroso (è di quegli anni ad es. l'avvio di
Fiat Melfi) , e il debito pubblico se usato per investimenti è da valutare
positivamente,
3. infine ti ricordo che il debito italiano non è il debito del Governo
italiano, ma il debito di tutte le amministrazioni pubbliche. Ti garantisco,
per esperienza personale (ai tempi ero consigliere comunale), che dal 1975 al
1982 gli Enti locali non hanno certo brillato per parsimonia nella spesa.
Come dice Paolo Mercanzin "tanto i debiti venivano ripianati a piè di lista".
Invece di pasciarti di teoremi astrusi prova a chiarirti le idee con uno
studio serio sui docuimenti ufficiali e non sugli articoli di propaganda.
Un cordiale saluto anche a te
Dario Allamano

diego ha detto...

Carissimo Dario nonché alla mano,

sei liberissimo di credere che citare dati puntuali dell’Istat e della Banca d’Italia, oppure sentenze di processi già celebrati fino in Cassazione equivalga a “pasciar[si] di teoremi astrusi”. Per quanto mi riguarda, mi permetto di farti osservare che un’interpretazione troppo teleologica della storia (di Craxi) rischia di farti incappare, per quanto in buona fede, nello stesso errore metodologico del tizio che ragiona dicendo “non voglio ammalarmi/il termometro segna 40 di febbre/quindi dev’esserci per forza un problema con il termometro”. Detto questo, vorrei fare tre considerazioni a partire dai punti da te sollevati nella precedente mail.

1) Senz’altro l’aumento dell’inflazione negli anni 70 e nei primi anni 80 ha concorso ad incrementare il debito pubblico, ma questo fenomeno non basta a spiegare econometricamente un aumento di più di 20 punti del debito pubblico nell’arco di soli quattro anni. Qualunque economista ti dirà che i conti non tornano comunque. Eppoi, se Craxi si diede davvero “da fare” a ripagare gli interessi sul debito, come mai tra il 1983 ed il 1987 il debito sul Pil aumentò così tanto tenuto conto, peraltro, che il tasso d’inflazione cominciò a scendere già a partire dal 1980? Bada che mi baso sulle cifre dell’inflazione che tu stesso hai fornito nella tua precedente mail...



2) Perdona la mia puntogliosità, ma Craxi entrò a Palazzo Chigi nel 1983 e non nel 1982, e lo stabilimento FIAT a San Nicola di Melfi fu costruito dal 1991 al 1993 e non negli anni della Presidenza del Consiglio di Craxi. Inoltre, se gli investimenti del governo Craxi nel Sud fossero stati quantitativamente così importanti da concorrere seriamente ad aumentare il debito pubblico di più di 20 punti nell’arco di soli quattro anni, allora, altro che Piano Marshall, con tutte queste “risorse pubbliche [investite] per rinnovare l'industria” il Sud dovrebbe oggi assomigliare a Silicon Valley. Ebbene, viaggio spesso in Sicilia e, purtroppo, non scorgo particolari somiglianze tra il Nord della California ed il catanese – se non la folta vegetazione mediterranea. Forse, più realisticamente, si può affermare che gli investimenti del governo Craxi nel Sud Italia, per quanto rilevanti, non furono poi così determinanti nell’aumentare il debito sul Pil.



3) Caro Dario, non ho mai preteso che il debito sul Pil fosse determinato solo dalle spese del governo – ci mancherebbe altro! Peraltro, sono assolutamente d’accordo con te sul fatto che gli Enti locali “non hanno certo brillato per parsimonia nella spesa.” Però é innegabilmente che il governo dispone circa le orientazioni del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, in primis, tramite la legge finanziaria. Inoltre, una parte dei fondi delle Regioni e degli enti é stanziato direttamente da Roma. Insomma, é chiaro che il governo ha una responsabilità molto importante – anche se ti accordo che non é totale – sull’entità del debito pubblico.

Detto questo, penso sia chiara a tutti la mia opinione circa l’azione politica di Craxi e credo oramai di conoscere, perlomeno a grandi linee, quella di coloro che sono già intervenuti al riguardo. Concordo con chi ha scritto che “la questione Craxi é stata esplorata [dal Circolo] in tutta la sua interezza” quindi traggo le conseguenze non pronunciandomi più nei prossimi giorni né su Craxi, né sul craxismo.

giampaolo ha detto...

Una cosa mi fa immensamente piacere e, se sono rose, le fara fiorire.

Ormai da tempo si parla di Bettino Craxi, secondo la logica: parlatene bene, parlatene male, purché ne parliate! Non è cosa da poco se a 10 anni dalla morte la sua figura è oggetto quotidiano di studi e dibattiti che devono farci riflettere intensamente

Molte di queste "chiacchere" sono fatte da personaggi che hanno non poco rimorso del proprio comportamento passato e presente e probabilmente stanno verificando sulla loro pelle che "governare l'Italia" non è proprio facile, tanto che preferiscono gridare, criticare, ma lasciare la responsabilità ad altri. Sono praticamente coloro che hanno fatto il giro del mondo, ma non si sono mai mossi dal tapis roluant della loro palestra!

Altre sono fatte, non per "riabilitare", perchè altrimenti dovremo cominciare da Adamo, o dalla sua consorte che, con quella mela, ci hanno lasciato il peccato originale, ma per "RIVALUTARE" Craxi e quello che egli ha innovato.

Mi fa piacere ricordare un fatto dei suoi anni di governo, riguardante la libertà di stampa e l'obbligo della notizia. In nome del diritto all'informazione fece sospendere, comandando in servizio i giornalisti, uno sciopero totale delle reti RAI scatenando ovviamente le ire dei soliti noti. Questo è coraggio e rispetto dei diritti dei cittadini oltre che degli obblighi dei dipendenti pubblici a tutti i livelli, come dovrebbe insegnare Onorè de Balzac.

Questo non lo possiamo pretendere dagli altri (molti dei quali lo stanno facendo) ma deve essere un obbligi morale di tutti noi, in quanto Egli fa parte a pieno titolo della nostra storia. I socialisti difatti non sono mai stati favorevoli ai "progrom", trista storia di chi, perseguendo i propri interessi, venduti per interessi collettivi, ha DAVVERO distrutto le speranze di socialismo.

E probabile che questo diventi un valido argomento per un recupero di quel filo interrotto 16 anno fa!

Anonimo ha detto...

In merito alla questione debito pubblico vi invito a leggere la risposta di Sergio Romano ad un lettore del Corriere della Sera. Accusare Craxi di tutti i mali italiani è solo sintomo di faziosità e disinformazione.
Certamente durante il Governo a guida socialista il debito è aumentato, ma l'incremento era già eredità del passato ed è proseguito durante i governi successivi, compresi i governi di risanamento (Amato, Ciampi, Dini). Si da più risalto all'aumento avvenuto durante il Governo Craxi per il semplice fatto che la durata del Governo è stata la più lunga in assoluto.

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Anonimo ha detto...

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STORIA DEL DEBITO PUBBLICO GLI IMPUTATI, IL COLPEVOLE



Chi le scrive «fa» politica a livello locale. Sono consigliere comunale della città in cui abito e dove sono nato dal 1995, e sono stato per otto anni, fino al maggio scorso, assessore provinciale all'ambiente. Ho militato dal 1995, iscritto nel 1994 nella Lega Nord sulla spinta delle denunce, condivisibili, sostenute da Umberto Bossi.
Dal marzo scorso, dopo essere stato per circa 6 anni segretario provinciale del partito summenzionato, ho lasciato volontariamente (dimissioni) per motivazioni locali e sono stato accolto fra le file di An. Ho letto sul Corriere del 31 dicembre 2007 l'intervista con il ministro Padoa-Schioppa e ho ricavato, come per altro già noto, il dato del debito pubblico che produce una spesa ogni mese di oltre 6 miliardi di euro. Vale a dire ogni 30 giorni circa 12.000 miliardi di vecchie lire.
Quando si forma un debito, in questo il debito pubblico, è perché le entrate sono inferiori alle uscite e il tutto è generato da atti e decisioni assunte in precisi momenti storici, avallate da firme di presidenti, ministri e quant'altro. È possibile avere da lei una sorta di analisi, seppur sintetica, delle cause «aritmetiche e non» che hanno originato il debito pubblico?



Francesco Borasio, | francesco.borasio@libero.it




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Anonimo ha detto...

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Caro Borasio,
La sua lettera mi permette di rispondere anche ad altri lettori che hanno sollevato il problema negli scorsi mesi e soprattutto a coloro che hanno attribuito a particolari governi (quelli di Bettino Craxi ad esempio) la responsabilità del vertiginoso aumento del debito pubblico. Mi servirò di una tabella riassuntiva preparata da un gruppo di analisi e riflessioni, «The European House», costituito per iniziativa dello Studio Ambrosetti.
Nel 1965, dopo l'impetuosa crescita economica degli anni precedenti, il debito pubblico ammontava al 35,02% del Pil (Prodotto interno lordo). Da allora cominciò crescere, sia pure gradualmente, sino a toccare il 57,59% quindici anni dopo. Nel 1980, quindi, l'Italia aveva un debito pubblico inferiore al 60% del Pil e compatibile con i parametri che sarebbero stati fissati dal trattato di Maastricht nel 1992 per l'unificazione monetaria dei Paesi membri dell'Unione. Ecco lo sviluppo della crescita negli anni seguenti.
Nel 1983 (in quell'anno vi furono due governi: il primo «elettorale» di Amintore Fanfani, il secondo di Bettino Craxi), il debito raggiunse il 69,93%. Nel 1984 (governo Craxi): 74,40%. Nel 1985 (governo Craxi): 80,50%. Nel 1986 (governo Craxi): 84,50%. Nel 1987 (governi Craxi, Fanfani e Goria): 88,60%. Nel 1988 (governi Goria e De Mita): 90,50%. Nel 1989 (governi De Mita e Andreotti): 93,10%. Nel 1990 (governo Andreotti): 94,70%. Nel 1991 (governo Andreotti): 98%. Nel 1992 (governi Andreotti e Amato): 105,20%. Nel 1993 (Amato e Ciampi): 115,60%. Nel 1994 (governi Ciampi e Berlusconi): 121,50%.
Da allora il debito ha cominciato a scendere: 121,20% nel 1995 (governo Dini); 120,60% nel 1996 (governi Dini e Prodi); 118,10% nel 1997 (governo Prodi); 114,90% nel 1998 (governi Prodi e D'Alema); 113,70% nel 1999 (governo D'Alema); 109,20% nel 2000 (governi D'Alema e Amato); 108,70% nel 2001 (governi Amato e Berlusconi); 105,55% nel 2002 (governo Berlusconi); 104,26% nel 2003 (governo Berlusconi); 103,90% nel 2004 (governo Berlusconi). Da allora ha ripreso a salire: 106,60% nel 2005 e 106,80% nel 2006. I dati definitivi del 2007 sono migliori: qualche decimale in più del 104%.
Come vede, caro Borasio, è difficile attribuire la responsabilità del debito pubblico a un particolare governo o a un particolare uomo politico. Il vero colpevole è il sistema politico, una formula che esige continui patteggiamenti e compromessi, in cui ogni decisione comporta spossanti negoziati e viene raggiunta soltanto dopo una distribuzione di compensi a tutti coloro di cui è necessario ottenere il consenso. Speravamo che i costi della democrazia consociativa fossero stati drasticamente ridotti dal bipolarismo della «Seconda Repubblica», ma abbiamo dovuto constatare che l'eterogeneità delle coalizioni produce, nel campo della economia e della finanza, gli stessi danni dei governi della Prima Repubblica. Abbiamo fatto progressi considerevoli in materia di deficit perché è quello il dato su cui Bruxelles ha gli occhi puntati. Ma il debito pubblico è una roccia a cui nessun governo italiano, sinora, ha saputo dare un decisivo colpo di scalpello.

claudio ha detto...

Caro Diego , Dario, e craxologi.,
temo ci sia un equivoco di fondo. Se gli interessi sono alti, è perché c'è una inflazione alta, che a sua volta gonfia il valore monetario del PIL, perche gli stessi beni nominalmente valgono di più. Storicamente parlando, il tasso reale di interesse è costante, e si aggira sul 2/3 % come ben sanno gli amministratori di patrimoni che cercano di non mangiarsi il capitale..
Quindi, se nel periodo Craxi il rapporto debito/PIL è passato dal 70 al 90%, cioè è aumentato del 30%, si tratta di un incremento reale, in cui gli interessi non c'entrano. Anzi: l'aumento del PIL può essere in buona parte dovuto all'inflazione, mentre il valore del debito resta costante, l'inflazione aiuta molto i debitori. Quindi, se mai, è stato un periodo di doppio spreco. All' inizio avevo un debito di 70 su un PIL di 100. Dopo 4 anni mi trovo con un PIL di 200, di cui 60 /70 aumento nominale dovuto all'inflazione. E con un debito di 180 (90% di 200). le finanziarie Craxi_de Mita erano il festival dello spreco.

giampaolo mercanzin ha detto...

Ma scusate compagni: perché non lo chediamo a Rino Formica che, sprezzantemente, uno che ha usato il debito pubblico e svincolato il tesoro dal controllo della Banca d'Italia, quale è stato Beniamino Andreatta, padrino del tuttologo Prodi (padrone di "NOMISMA (dice niente?), chiamava "il commercialista di Bari", che certamente queste cose le ha vissute da Ministro delle Finanze (cioè quello che doveva procurare i soldi che il cattolico trentino trapiantato a Bologna spendeva e spandeva a piene mani!), cosa succedeva in quegli anni?. Inutile che ci accapigliamo noi, magari con riferimenti non ideali ma ideologici, per non cavarne un ragno dal buco?

Perché qui, giocando allo scaricabarile, rischiamo che la colpa è del bambino mai nato, mentre il Britannia continua a navigare in acque sempre tranquille!

mario ha detto...

Ma chi se ne frega di andreatta e formica? Si stava cercando di essere oggettivi su craxi e craxismo se vuoi lancia una discussione su rino formica. Ma possibile che non si riesca ad essere concreti? Vuoi che diciamo che sul debito pubblico oltre al craxismo hanno mal governato anche altri? Ok detto! Questo cambia la valutazione sul cuore dell'argomento? No! Perfetto. Se ti fa piacere ribadisco quello che scrivo da giorni: sul debito, sulla lotta all'nflazione, sulle riforme NON ci sono oggettivi elementi che portino craxi,il craxismo, il governo di quell'epoca sugli altari che che se ne voglia dire parlando senza oggettivare. Quindi prendiamo spunto anche da questi elementi per ragionare sugli errori e prospettare idee! Ps anche su nomisma etc se vuoi lancia un post ma smettiamola di far sempre casino con i nostri dibattiti se si parla di un contenuto approfondiamo quello senza fare i soliti minestroni. Se no alla prossima vi ammorbo con balotelli

peppe ha detto...

la critica al governo Craxi fatta sulla questione del debito pubblico è fuorviante. Il rapporto debito-PIL è iniziato a crescere già alla fine degli anni 70 e negli ani 80 ha seguito un andamento costante fino a che nel 1992 (crisi della I Repubblica è giunto al 105%. Craxi inizia con un debito al 69% e termina con un debito all'85% (nel 1987 Craxi governò per soli due o tre mesi). C'è un dato strutturale nel'aumento del debito che è stato ultilizzato per finanziare la crescita negli anni 80. Negli anni 90 il debito è rimasto alto ma in più abbiamo avuto la deindustrializzazione, la svendita dell'impresa pubblica, l'assenza di qualsiasi politica industriale, il crollo dei salari reali ed uno spaventoso aumento delle diseguaglianze. La critica a CRaxi va fatta e severamente ma va fatta contestualmente alla II Repubblica.

DARIO ha detto...

Caro Diego
Ti rispondo per punti

Punto 1
il costo per interessi incomincia a calare di norma dopo alcuni anni perchè
buona parte del debito è coperto con titoli con scadenze a medio termine (5
anni), e titoli a breve (BOT), per i quali il tasso però era ancora più alto,
perchè doveva invogliare le famiglie italiane a investire per sostenere le
loro emissioni, tant'è che Amato nel 1993 dovette fare sforzi inumani per
spostare la sottoscrizione dei titoli dalle famiglie ai cosiddetti
investitori istituzionali.
E con tassi al 25% in quattro anni si raddoppia il debito.

punto 2
guarda che sulla questione di Melfi ti posso parlare da persona informata sui
fatti perchè nel 1984 (se ricordo bene l'anno) ero in una riunione a Palazzo
Chigi (all'epoca facevo il sindacalista in CGIL) ed avevo ottimi rapporti con
la segreteria di Giuliano Amato ed ero a palazzo Chigi quando Romiti telefonò
per verificare la fattibilità di un progetto per la FIAT nell'Italia del sud.
Sul fatto che poi quel progetto politico (industria al sud) non funzionò te
l'ho già scritto, non sempre e non tutti volevano fare investimenti credibili
e sostenibili, ma solo trasferire al sud tecnologie vecchie facendosele
pagare come nuove (anche in questo caso parlo come persona informata sui
fatti, sempre nella mia veste di ex sindacalista)

Punto 3
Peccato che tutti ytendano ad addebitare solo al governo di Craxi l'aumento
del debito, tu compreso (vedi punto 1)
Cari saluti
Dario

dario ha detto...

Caro Claudio
la matematica non è una opinione, ti faccio un esempio:
se c'è un debito di 100 euro (attualizzati) ed una inflazione del 20% si
emettono titoli di Stato per il pagamento del debito con un tasso del 23%
(20+3) bene l'interesse che io Stato pago non è di 3 euro ma di 23 euro e
dopo 4 anni il mio debito si è raddoppiato.
Per cui dopo 4 anni, pagherò interessi su 200 euro.
L'unico modo di fermare questa spirale perversa fu quello adottato dal Governo
Craxi: ridurre drasticamente l'inflazione (con una politica dei redditi come
giustamente dice Peppe Giudice, che non è sospettabile di simpatie Craxiane,
e non con politiche monetariste, che sono quelle adottate dai Governi della
seconda repubblica)
Mi stupisce che un ex bancario sia così superficiale
Dario
PS
É ovvio che i gestori dei patrimoni verificano il rendimento relae, perchè per
avere un utile devono prevedere un provento superiore alla cifra che si
mangerà l'inflazione.

mario ha detto...

Ma Dario tecnicamente quelli che tu chiami TUTTI hanno semplicemente ragione solo che non si può attribuire SOLO al suo governo ma ANCHE al suo governo e sicuramente al periodo in cui l'influenza dei socialisti giudati (diciamo guidati perché un giorno mi piacerebbe che si parlasse delle forme democratiche che in quegli anni si usavano quando in sezione arrivavano iscrizioni a decine di persone mai viste che venivano esclusivamente a votare, magari dandoti del Lei e arrivando con un fogliettino in mano...) dal Craxismo.
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mario ha detto...

segue

Su Melfi la mia affermazione continua a riportare al richiamo letto su questo tema alle politiche di Keynes che poco a da spartire con quel tipo di scelte (pro la solita grande industria automobilistica italiana).
Infine il tema degli interessi sul debito ha certamente una sua rilevanza ma suggerirei di smetterla di trattare gli ingredienti di una torta separandoli uno alla volta, se serve il tema sono gli interessi che hanno effetti "lunghi", altra volta è l'inflazione interna separata dal trend europeo, un'altra volta è il Pil.
Come già detto si devono prendere i dati (tutti) si leggono magari facendosi aiutare da chi un po' li mastica (e magari non li mastica per partito preso) e si trae un giudizio (guardate che il gioco che stiamo facendo è esattamente quello che permette di nascondere la drammatica situazione dell'economia italiana in questi mesi mentre Bersani si diletta su Boccia e Bonino il debito pubblico impazzisce, il sistema perde completamente ogni momento di verifica - e il neo tangentismo dilaga -la distanza tra chi ha e chi non ha aumenta e via di questo passo.
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mario ha detto...

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Ma intanto si discetta su Craxi e sulla veridicità delle ferite del "povero"silvio).
Infine, sempre per dare un senso al motivo per cui io continuo ad imperversare su questo tema, vi invito a leggere due articoletti pubblicati questa settimana da panorama (il che dimostra la concertazione tra le uscite della moratti e il sistema comunicativo del cavaliere) dove prima un mesto e commosso Ferrara ricorda l'amico bettino dimenticandosi di rammentarne metodo (anzi celebrandoli come "innovativi seppur sbrigativi"), poi celebra risultati importanti in economia (senza portare uno straccio di dato a supporto) e infine cita una fonte del gruppo dei magistrati di mani pulite (senza citarla) che gli avrebbe assicurato che Bettino "intascava per il partito e mai per arricchimenti personali" dimenticando di citare le sentenze passate in giudicato che dicono proprio cose diverse.
Il secondo articolo è del censore Feltri il quale dimentico di quello che scriveva una ventina di anni fa (ma se volete basta andare a riprendere un po' di articoli dell'allora pro mani pulite Feltri) scrive un articoletto celebrativo del migliore ossia di Bettino.
Quello che non riesco evidentemente a fare emergere da questi post è che esiste un parallelismo impressionante tra quell'epoca e questa, non solo legata al fatto che molti dei protagonisti sono gli stessi (sicuramente moltissime delle strutture imprenditoriali che si stanno arricchendo con grandi e piccole opere sono le stesse come sono le stesse le lobby che ruotano attorno a questi affari, spesso sono gli stessi i politici - non solo past socialisti - che su quelle azioni mantengono il controllo e ne ricavano prebende), il modello che porta a celebrare i "fasti" e le capacità "innovative" è lo stesso con la sola differenza che oggi non abbiamo i Feltri e i Montanelli che allora sparavano a zero contro certe tendenze e modalità e ci rimangono pochi strumenti di contrasto.
Non riconoscere gli errori di quel periodo storico (in economia e nella mancata capacità riformatoria - che è diverso dall'annuncio riformatore che poi si lamenta per l'impossibilità di farle le riforme perché "gli altri" le boicottano), non ribadire con forza l'inganno dell'abbattimento delle regole, non difendere il valore dell'etica e dell'onesta' diventa un drammatico modo attraverso il quale legittimare un periodo (oggi) dove non si è in grado di riformare, non si rispettano le regole (anzi si pratica l'ad personam) e si praticano comportamenti truffaldini con un approccio tanto arrogante quanto era quello di alcuni politici tangentari di quegli anni.
Io partecipo al dibattito nella speranza di portarlo su questi punti sinceramente stanco di dover chiarire che il dito dello 0,7 p dello 1,5% finisce con il distrarci dalla luna della riabilitazione di un modello davvero drammaticamente lontano dai valori socialisti (e mi dispiace davvero che invece di discutere di questi valori si continui a parlare di chi ha determinato l'affossamento di una storia).
Vorrei davvero che di Bettino si smettesse di discutere, semmai parliamo delle politiche di quegli anni senza per questo sperare di erigere un monumento o di affossarne ulteriormente l'immagine.
Per me Bettino è un uomo morto (sul quale umanamente non credo si debba più imperversare e che avrei preferito fosse curato in questo paese e che avrei preferito si fosse difeso in questo paese)morto da condannato per ruberie varie che ha governato l'italia e il partito socialista contribuendo a creare qualche problema alla prima (anche solo per il fatto di aver sostenuto forzando le leggi l'ascesa di Silvio) e portando allo disfacimento il secondo. Punto

lorenzo borla ha detto...

Cari compagni,

credo che sarebbe opportuno, nel definire la figura di statista di Craxi, lasciar fare alla Storia il suo mestiere. Dieci anni dalla scomparsa sono una prospettiva troppo breve per un ponderato giudizio. Come mai allora l’eccezionale contributo di opinioni che questo dibattito ha suscitato? Ecco, questo flusso di missive mi fa un pò l’effetto, senza voler mancare di rispetto a nessuno, delle confessioni degli alcolisti anonimi: perché in realtà più che fare i conti con Craxi, stiamo facendo i conti con noi stessi.



Nessuno che abbia dedicato al Partito socialista fede e passione (parlo degli anni Cinquanta e Sessanta), comunque dedizione, tempo, lavoro, può essere passato impunemente attraverso la fine del Partito. Ma credo ci sia di più. Ciascuno di noi ha la propria storia politica (io ad esempio sono sempre stato lombardiano). Ma è innegabile che il partito di Craxi ci abbia, tanto o poco, per breve o lungo tempo, di caso in caso, intrigato, affascinato, attratto e anche indotto in tentazione (di fare quello che facevano gli altri). E allora stiamo facendo non i conti con Craxi, ma con la nostra coscienza.



Se c’è una responsabilità per me evidente di Craxi non solo verso la politica (la politica come scambio, in cui era degnamente accompagnato da tutti gli altri partiti, e che forse non differiva di molto dal passato), ma nei confronti della società tutta, ebbene, questa responsabilità è stata quella di iniziare il degrado dei valori civili e morali di un Paese già di per sé non troppo virtuoso, di abbassare non il comune senso di decenza ma di abbassare il livello di vergogna. Questo degrado è andato crescendo negli anni ed è stato portato avanti in perfetta continuità e coerenza dal suo compare Berlusconi, del quale ha contribuito molto al sostegno e al rafforzamento.



C’è anche un legame abbastanza stretto fra il degrado della società politica e civile e l’esplosione del debito pubblico. Craxi, per istinto o per calcolo, adottò un modo semplicissimo e tutt’altro che nuovo per rafforzare il suo potere. Semplicemente comprò tutti, a cominciare dai colonnelli lombardiani di belle speranze che rappresentavano forse il futuro del partito. Li comprò con il potere, e poi con i soldi, liberando tacitamente l’istinto peggiore, quello di potersi arricchire senza faticare accettando denaro contro la prestazione di favori. Dalle Alpi alla Sicilia, il partito socialista, con pochissime eccezioni, diventò un partito di profittatori e di ladri. C’è un tallone di Achille secondo me nel discorso di Craxi in Parlamento: non tanto il fatto che rappresentasse una implicita ammissione di reato, ma che tirava a mettere tutti e tutto sullo stesso piano. Ora, è una caratteristica delle civiltà giuridiche commisurare la pena all’entità del misfatto. I socialisti rubavano allo stesso modo, ma proporzionalmente di più, degli altri.



Ma Craxi fece di peggio: comprò l’intero Paese, che stava uscendo da una situazione economica non brillante e dai cupi anni di piombo della lotta armata. Con l’espansione delle spese pubbliche finanziate dal debito, tutti quelli che erano in condizione di approfittarne, lo fecero. In questo modo contribuirono anzitutto a una ingiusta distribuzione di quel ben di dio pubblico preso a prestito dal futuro a favore dei più spregiudicati, ma suscitarono in definitiva l’ira degli dei, ovvero l’invidia degli esclusi, che sfociò poi simbolicamente nel pubblico linciaggio del 1993.

Cari saluti a tutti.

Lorenzo Borla

felice ha detto...

Il primo statuto del PSOE, Partito Socialista Operaio Spagndiceva che l'obitetivo del partito era quello di costruire una socità senza classi di uomini liber, uguali, onorati ed intelligenti. Il discorso di Craxi in Parlamento è stata una forte denuncia politica del " così fan tutti2, tanto che stettero tutti zitti, ma resta il fatto che il PSI non è sopreavvisuto a Tangentopoli se non come testimonianza e ciò non sarebbe successo se i socialisti non avessero fatto quello che tutti facevano

dario ha detto...

Caro Mazzoleni
guarda che stai dicendo esattamente quanto io sostengo da mesi e che provo a
riassumerti:
1. la questione Mani Pulite non ha ripulito per niente la politica italiana,
non ha creato una nuova etica, tant'è che oggi rubano molto di più,
semplicemente i giustizialisti hanno sempre meno credibilità (basta vedere il
flop di ieri a Milano di Dipietro e grillini vari, La Stampa dice 100
persone, ma anche se fossero 500 0 1000 sarebbe comunque un flop);
2. hanno sempre meno credibilità perchè ormai è evidente che i socialisti
hanno pagato per tutti (Il Gattopardo "Cambiare tutto affinchè nulla cambi")
segue

dario ha detto...

segue
3. la situazione politica oggi è al livello più basso di sempre, in questi
giorni a Rosarno (comune il cui Consiglio è stato sciolto per infiltrazioni
mafiose) è successo di tutto e la cosiddetta sinistra non ha banfato, da buon
laico dico meno male che ci sono il Papa e Casini, che hanno qualche
riminiscenza di cosa significano le parole "Libertè egalitè fraternitè"
(tant'è che è un articolo dell'Avvenire titola "il sonno della legge (Ragione)
genera mostri), tutti gli altri zitti;
4. La situazione economica è molto peggio di quindici anni fa, il debito
nonostante non ci sia più Craxi, veleggia ormai verso 1800 miliardi di euro
(3.600.000.000.000.000 di vecchie lire tanto per capire il livello);
5. a fronte di questo debito (che costa 80 miliardi di euro di interessi
anno), Il Governo propone demagogicamente di procedere alle riduzioni delle
tasse a due aliquote, 23% fino a 100.000 euro di reddito e 33% sopra,
spostando la fiscalità sull'aumento dell'IVA, il che significa far pagare la
crisi ai consumatori;
6. A domanda rispondono "taglieremo delle spese" che significherà tagliare
ulteriormente le spese sanitarie, sociali ed assistenziali.
Bene in questi quindici anni è nata una nuova sinistra degna di tal nome? NO
non esiste più nessun pensiero progressista (non dico neppure socialista) da
nessuna parte, mi accontenterei anche solo di un serio recupero del pensiero
liberale (quello di libertè... ) ma ormai le uniche culture (quella liberale
e quella socialista) in grado di Governare seriamente questa fase di
transizione tra liberismo sfrenato e qualcosa di nuovo semplicemente non
esistono più e non esistono più perchè dal 1993 la cultura dominante (il
democraticismo liberista che ha permeato il PD) in Italia ha creato
il "mostro", non Craxi, ma l'idea di un Nuovo Socialismo democratico,
liberale e riformatore.
Non vi dice niente lo scoppio improvviso della bolla Craxi? Pensate per
davvero che la questione sia riabilitare Bettino?
Craxi purtroppo è solo uno strumento che i poteri forti stanno agitando perchè
la pseudo seconda Repubblica sta finendo e loro hanno bisogno di scaricare
tutti quegli pseudo partiti che ormai hanno esaurito il loro compito di
killer della democrazia in Italia (a partire da Di Pietro, per proseguire con
il PD e finire con il PDL).
Cari compagni la fine della cosiddetta seconda Repubblica sarà durissima, e
solo se sapremo scindere il grano dal loglio dell'epoca Craxi, se sapremo
ricostruire un Nuovo Movimento politico dei Socialisti in Italia, recuperando
il meglio della nostra Storia (non casualmente il titolo del primo convegno
di quello che poi è diventato il Gruppo di Volpedo a Galliate nell'ottobre
2008 fu "Noi socialisti: La Storia e l'avvenire"), solo se sapremo fare
sintesi tra tesi e antitesi diverse ma tutte provenienti dalla medesima
cultura, potremo per davvero dare un piccolo contributo per salvare questo
paese dalla brutta deriva verso cui si sta avviando.
Tutto il resto è un gran baccano senza costrutto.

Fraterni saluti
Dario Allamano

peppe ha detto...

su un punto ga ragione Dario (che fral'altro non credo sia un difensore
acritico di Craxi).
Il debito pubblico di oggi è molto più alto di come lo lasciò Craxi nel 1987
e questo dopo
varie Mani Pulite e storielle che ci hanno raccontato sui partiti e sul
fatto che si doveva rivalutare
la società civile (quale?), che bisognava liberare l'economia dai vincoli
imposti dalla poltica.
Risultato: ad un debito pubblico altissimo si aggiunge la
deindustrializazione provocata anche
dalle privatizzazioni in svendita e senza criteri, i salari che sono tra i
più bassi d'Europa, diseguaglianze
spaventose. Con il contorno di una politica penosa fatti di partiti
non-partiti espressione o di plutocrati megalomani
o di cialtroni che si travestono da Zorro. Per non parlare del PD che è
ormai un pubblico orinatoio.
Vogliamo parlare di questione morale oggi? Si legga il libro di Salvi sui
costi della politica, sulla moltiplicazione
degli istituti di sottogoverno, sull'aumento delle indennità a tutti i
livelli. Sulle società miste. Su come vengono nominati i dirigenti
delle ASL, i primari e via dicendo. Un'etica pubblica ridotta i minimi
termini. Non mi si dirà che tutto questo, a dieci anni dalla
morte ed a 16 anni dalla scomparsa del PSI è tutta opera di Craxi! Sono un
severo critico di Craxi, ma quando vedo che qualcuno
lo vuole mantenere come capro espiatorio o specchietto delle allodole, mi
incazzo!
Il socialismo italiano deve liberarsi totalmente dal craxismo ma potrà
rinascere quando cadrà il grande imbroglio della II Repubblica.

francesco ha detto...

Indirizzi male gli strali, compagno. Non è colpa di Mani Pulite se dopo è
accaduto quello che dici tu. La politica, dopo Mani Pulite, ha escogitato un
ingegnoso sistema per consentire ai politici e ai loro famigli di
arricchirsi a man bassa sulla pelle dei cittadini senza pagare dazio.
Pensiamo all'aumento vertiginoso delle indennità, agli incarichi esterni ,
alle privatizzazioni dei servizi pubblici e a tutte le rivoluzionarie
"riforme" varate dopo le inchieste di Milano, a cominciare dal federalismo
all'amatriciana oggi imperante e dalla separazione della politica dalla
gestione negli enti locali. In teoria, una nobile riforma. Nella pratica, un
mezzo che permette agli amministratori locali di continuare a fare i cavoli
propri senza rischiare le manette, perchè gli atti amministrativi li firmano
i responsabili di area. Responsabili di area che, pur di non essere rimossi
e perdere l'indennità, firmano ad occhi chiusi tutto quello che gli viene
suggerito o imposto dall'amministratore locale.
Questo non vuol dire, però,che dobbiamo assolvere il craxismo o sminuirne le
responsabilità, che sono e restano enormi nell' incancrenimento del sistema
Un saluto

Giampaolo ha detto...

Diavolo, avevamo lucifero e non lo sapevamo!

Ma vi rendeto conto, che qui si stanno incriminando tutti i socialisti, dei quali Craxi sarebbe stato il peggiore?

Non vi passa per la testa che la differenza nostra con i grandi "collettori" di massa (dall'industria al commercio all'agricoltura; dalle organizzazioni sindacali padronali a quelle dei lavoratori - avemmo un piccolo peso sindacale con la UIL, su pretesa di Craxi che volle Benvenuto al posto di Vanni e Ravenna, pagandoli con la presidenza dell'INPS e altre "piccolezze "), ma anche i piccoli, tranne i socialdemocratici portatori del nostro stesso peccato, era che noi i funzionari pubblici, i professionisti, i giornalisti ecc., non li avevamo perché erano funzionali al sistema che i socialisti non sono mai riusciti a scalfire e l'art. 7 Cost. (in nuce compromesso storico) aveva gia definito le VERE ALLEANZE? Che le stesse organizzazioni partigiane erano spartite tra la DC ed il PCI (Taviani e Boldrini).

Ma, visto che qui abbondano gli universitati: quante terne avete superato? Io conosco decine di compagni universitari delle varie discipline, erano assistenti prima; contrattisti e ricercatori poi, ordinari mai!. Lo stesso Codignola non è mai riuscito ad essere Chiar.mo, né vi pote accedere il suo fido scudiero. E chi ha vissuto il mondo universitario dell'epoca sa che Tristano era schernito ed anche ridicolizzato dai colleghi che gli rinfacciavano di non essere riuscito a vincere il concorso. Quiesto proprio nel periodo che fu sottosegretario al'istruzione e, con i provvedimenti urgenti, tento di svecchiare la sclerotica Università. I primi contro furono proprio i (pochi) docenti CGIL.

Lo stesso dicasi nei rapporti pubblici. Non avendo forti legami con le categlrie professionale gli amministratori socialisti caddero nella rete della corruzione (raramente concussione): erano corrotti, non CORRUTTORI! e quando qualcuno tiro la rete dei pesci ci cascarono loro: I PESCI PICCOLI!

Vogliamo fare una indagine approfondita? Nel dopoguerra: gli unici ordinari nelle università provenivano dall'università della riforma Gentile; non esistevano dirigenti pubblici, segretari comunale, ecc. socialisti, nei concorsi al massimi si riusciva a piazzare qualche bidello o qualche impiegato d'ordine. Ma non vi ha insegnato nulla Wilfredo Pareto?.

Non facciamoci accecare dell'autoantropofagismo, ma ragioniamo a mente sgombra. Si DICIAMOLO PURE A GRAN VOCE. CRAXI HA PRESO I SOLDI, CRAXI HA RUBATO. Bene una volta accettato questo cosa abbiamo risolto? che se c'era Lombardi al suo posto avremmo avuto un partito del 30%? Che gli elettori si sarebbero affezionati a noi e non alle clientele e alle corruttele a cui erano stati abituati,. dentro le piccole cosche o logge locali, nascoste in correnti politiche che si spartivano denaro, funzionari, assessori ecc. Avete verificato quanti consiglieri di amministrazione socialisti vi erano nelle casse di risparmio e nelle grandi banche nazionali?

Compagni: suvvia facciamo i seri e guardiamo oggettivamente la societa. l'autoflagellazione serve a ben poco. Non guadagniamo alcun paradiso, ma forse qualche malcelata commiserazione.

E finché noi siamo i primi a sparlare di noi stessi gli altri godono e prosperano.

Ciao a tutti, fraternamente.

franco ha detto...

La discussione su Craxi così infervorata fra noi a volte potrebbe essere il segno del tempo che passa inesorabile : ci accaloriamo perchè l'argomento ci rimanda agli anni nei quali eravamo certamente più giovani , forse più belli , certamente con maggiori speranze .
Il più grave errore che commettiamo è quello di pensare all'attualità politica di una discussione di questo genere, che è invece del tutto priva di senso in questa ottica.Io penso che abbia ragione Claudio Martelli quando afferma che è difficile, per non dire impossibile, che la Sinistra italiana rinasca e si unisca intorno alla figura ed alla politica di Craxi , perché le battaglie e le divisioni sono state troppe e troppo profonde per pensare di poter dirimere per di più a posteriori questioni di tale portata e l’esercizio non sarebbe particolarmente produttivo per l’oggi . Ma Martelli , come tutti noi , non dice che il pensiero di Craxi è inattuale perchè il mondo è talmente cambiato in venti e più anni che la "ricetta" politica craxiana non ha alcun valore pratico e praticabile .
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franco ha detto...

segue

Senza entrare nel merito dell'interessante disputa storica sul ruolo di Craxi sull'andamento del debito faccio notare una delle tante ragioni di inattualità poltica di tale disputa : Craxi era un politico della sinistra del Novecento , nella quale le argomentazioni come quelle che , per esempio, Mario Mazzoleni portava allora ed oggi venivano liquidate - con progressiva difficoltà , è vero - come "economiciste" e si ribadiva la supremazia del politico sul tecnico e della politica come valore primario per la Sinistra ( e non solo) . Il politico Craxi prendeva decisioni , più o meno ascoltando quanto gli diceva Giuliano Amato ( peraltro più con il tono e lo spirito di Tigellino che con quello di Neckar..) Oggi siamo nella situazione per certi versi opposta, con un rovesciamento della scala dei valori che vede ora la teorizzazione dell'impotenza della politica di fronte alle "regole" dell'economia , al punto che il problema vero è la ripresa del ruolo della politica e di una "visione" non deterministica del mondo: Berlusconi cerca di dire che "il padrone sono io" alzando i toni e riparlando del taglio delle tasse, ma sia ora che nello scorso governo B. è Tremonti che mena la danza , quale che essa sia. Se aggiungete la rete mondiale, la velocità dei mercati , lo scontro di civiltà ( al tempo di Craxi era ancora tutto dentro Gerusalemme) , si arriva all'inattualità politica di Craxi che vale quella di Nenni o Berlinguer .
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franco ha detto...

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Lo si voglia o no , Craxi è un personaggio della Storia italiana e su quel piano occorre discutere. Come ci insegnano gli storici di professione che certo non mancano tra noi ( anzi direi sono tra i migliori in circolazione) , i testimoni dell'epoca ed i compagni d'arme sono fonti di conoscenza da prendere con le pinze per operare un giudizio storico , perchè sono (siamo) fuorviati dall'esperienza e dal sentimento - più spesso risentimento - personale
Il periodico riemergere del “caso Craxi” è opera di un centrodestra in gran parte formato dagli agitatori di cappi in Parlamento o di lanciatori di monetine ora convertiti alle virtù dell’immunità parlamentare che può impunemente permettersi di dichiararsi erede e continuatore dell’opera di uno dei maggiori leader della sinistra italiana del Novecento perché la sinistra di oggi priva di leadership e di consapevolezza di sé non è in grado di affrontare né da un punto di vista politico né da uno culturale le questioni di un rinnovamento e di una modernizzazione ( il vero valore politico del personaggio, a mio avviso) che Bettino Craxi pose all’ordine del giorno in altra era poltica , assieme ai leaders socialisti europei di una straordinaria stagione che vide contemporaneamente attivi uomini come Mitterrand, Helmuth Schmidt , Felipe Gonzales, Mario Soares . Non ci si interroga sul perché l’assenza di rilievo e proposta politica della sinistra italiana anche in campo europeo, negli anni dell’euro, di Maastricht, dell’allargamento della Ue e della nuova Costituzione coincida proprio con la crisi del Psi e la cancellazione di Craxi dalla scena politica , si preferisce avvitarsi in provinciali ed irrilevanti valutazioni sulla vicenda giudiziaria del 92-94 che , comunque la si voglia valutare, rappresenta una parte minima e non certo fondamentale della vita politica di Craxi e dei socialisti . E’ come se si volesse dare un giudizio sulla intera vicenda politica di Giovanni Giolitti esaminando solo la vicenda della Banca Romana o, se vogliamo prendere un esempio classico, giudicare l’impatto di Cesare sulla Roma repubblicana sulla base della questione del bottino di Gallia utilizzato per pagare le legioni a lui fedeli e la conseguente volontà del Senato di metterlo sotto processo, motivo per il quale passò il Rubicone in armi !
Ma nessuno a sinistra ha avuto il coraggio e l’autorevolezza necessaria per rivendicare al proprio campo per intero sul piano storico la figura di Craxi , intimoriti come sono tutti dalle pallottole mediatiche di Di Pietro , Travaglio e compagnia, che impediscono alla parte politica nella quale si sono insediati senza averne mai fatto parte per origine politica e culturale l’esercizio di quella che è stata sempre la forza della sinistra stessa: il libero dispiegarsi di un dibattito su idee e modelli al proprio interno prima ancora di proporli all’intero Paese . Ma fino a che a sinistra prevarrà l’incapacità stessa di affrontare il tema , ancora una volta facendo prevalere le tifoserie più o meno rumorose ed attempate , sarà certificata anche l’incapacità di esistere di una Sinistra italiana forte ed autorevole , in grado di fare i conti con sé stessa prima che con gli avversari politici.

.

lamberto ha detto...

Forse da ingenuo ma mantengo tuttora la convinzione che Mani Pulite, brutto
termine mediatico, non sia responsabile di alcunché che non fosse già
presente nella società e nella politica. Ogni ulteriore tentativo di dare la
responsabilità a questi giudici, allora osannati da tutti coloro che
curiosamente (...) oggi li avversano, della caduta di Craxi e del sistema
politico che nel bene o nel male su di lui girava, è solo funzionale ad
altro.
D'altra parte la giustizia penale ha il compito di accertare l'esistenza dei
reati e i loro autori, non ha altri scopi, e se ci sono giudici che non
seguono questa linea non fanno sistema certamente. Si crede che non siano
stati imparziali? Non mi sembra di avere mai visto prove certe a
dimostrazione di questa tesi.. Come anche la cosiddetta confusione tra
giustizialismo e legalità (ma cos'è il giustizialismo, qualcuno lo può
definire meglio?). Io non credo che per un giudice scoprire che uno è un
ladro sia essere giustizialista perchè ci dovrebbero essere valutazioni
politiche a giustificazione di questi atti. Ricordo che c'è una
Costituzione, secondo la quale da una parte l'azione penale è obbligatoria,
e dall'altra tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Il
tentativo quasi riuscito di sovvertire tutto questo è in atto ed è vincente.
Quasi quasi d'ha da difendere Di Pietro, almeno parla chiaro di legalità e
diritti, anche se nei suoi modi e toni (apprezzati comunque da una quantità
enorme di italiani, quindi meritevole dello stesso rispetto invocato da chi
pretende essere stato innalzato dal voto popolare al Soglio).

francesco ha detto...

No, avevamo Lucifero e lo sapevamo... Che Craxi avesse un'idea disinvolta del partito e un'opinione molto opinabile della moralità degli uomini pubblici era cosa nota fin dal suo insediamento nella segreteria del PSI. Sono stato trascinato un giorno dentro una segreteria del partito da uno zio che era invasato di Craxi (ma per motivi di opportunismo carrieristico all'interno dell'amm.ne nella quale lavorava, perchè prima di Craxi non era mai stato socialista...). Avevo vent'anni, ero socialista (e sono rimasto socialista) ma con un'idea di socialismo diametralmente opposta a quella propagandata dai craxiani. Ho visto una sezione piena di abiti firmati, fighetti figli di papà e discussioni accanite su tutto, tranne che su temi squisitamente socialisti. In parole povere, parlavano d'affari in ambito locale. Non mi sono sorpreso più di tanto, perchè già lo immaginavo. E' inutile qui invocare la solita litania dell'accordo scellerato tra dc e pci alle spalle dei socialisti. Era uno che giustificava le ruberie, a qualsiasi livello, purchè funzionali al suo disegno. E non mi si venga a dire che rubava per il partito, quando ormai è notorio che le tangenti finivano pure dentro le sue tasche. Finiamola, per cortesia.
Non solo, era anche uno che ha intruppato dentro il partito gente di ogni risma, lontana anni luce dal socialismo classico. Prova ne sia che era diventato un idolo della destra. Ancora oggi, parlando con certe persone, sento dire che i socialisti non sono di sx. E' forse questo il danno maggiore che ha provocato il craxismo, ha rubato l'anima al socialismo italiano e l'ha sostituita con qualcos'altro di molto meno nobile.

peppe ha detto...

Mani Pulite è stata perfettamente funzionale al disegno
di smantellamento di una democrazia fondata su partiti
(che andavano profondamente riformati ma non distrutti). Io, agli inizi sono
stato un sostenitore di quelle
inchieste perchè speravo che aiutassero a riformqare la politica, ma nel
1993 mi resi conto che l'obbiettivo era un altro. A
meno che noi non consideriamo la magistratura come un momdo angelicato e
tutto intento a far rispettare la legalità. La morte
di magistrati come Falcone (che non era ben visto da Borrelli che contrastò
la sua nomina a capo della DIA) non assoove la
magistratura italiana che è parte di un sistema di intrecci di potere che
non hanno certo fatto bene alla democrazia italiana. O pensiamo
che il Pool di Milano era un'isola felice? In realtà se andiamo la leggere
attntamente gli atti e la sequenza storica negli anni 93 e 94 ci accorgiamo
che
molte sono le cose non chiare. Basti pensare al ruolo svolto da faccendieri
amici di Di Pietro come l'avvocato Lucibello ed il finanziaere Pacini
Battaglia.
Quest'ultimo fu indagato insieme a Craxi per la vicenda ENI nel 1993.
segue

peppe ha detto...

segue
Ma
mentre per Craxi nel 1996 c'era già la sentenza definitiva di Cassazione (un
record
per l'Italia dove tra inizio dell'indagine e cassazione passano mediamente
10 anni) Pacini Battaglia ancora doveva essere sottoposto all'udienza
preliminare
per decidere o meno il suo rinvio a giudizio (dopo tre anni!). Di Pietro non
ha mai chiarito il perchè ha abbandonato la magistratura. E ci sono tante
altre cose
che in uno spazio ristretto non possono essere riportate. Le privatizzazioni
sono state favorite dalla decapitazione delle partecipazioni Statali fatte
dalla Procura di
Milano (mentre la grande industria privata fu solo marginalmente sfiorata
dalle inchieste). E si capisce. Il megafono mediatico del pool milanese era
rappresentato
dai giornali (Corriere della Sera e Repubblica) proprietà della Fiat e della
Olivetti. DEl resto lo stesso Berlusconi con le sue televisioni sostenne nel
93 Mani Pulite.
Alla fine l'unico che è andato in galera è stato Cusani, gli imprenditori si
sono salvati con il patteggiamento.
Quelli che chiami i miei strali (ma sono ragionamenti) non sono mal
indirizzati. Perchè se è vero che non si può addossare a Mani Pulite lo
sfascio della II Repubblica.
è anche vero che Mani Pulite ha fatto parte di quell'intreccio sistemico che
ha determinato ed indirizzato lìevoluzione della politica fino a quello che
poi è diventata oggi.
Se hai letto quello che ho scritto, carissimo compagno, il mio problema non
è affato quello di assolvere il crazismo verso il quale ho più volte
indirizzato una approfondita
e severa critica politica, ma non l'ho mai considerato un puro fenomeno
criminale. DEl resto il craxismo non è stato l'unico fenomeno degenerativo
della I Repubblica. ma
corresponsabile insieme ad un vasto e pervasivo sistema di responsabilità
politiche di quello che è indubbiamente stato un sistema perverso. Ma da
questo sistema perverso
non solo non siamo mai usciti ma siamo precipitati in un sistema peggiore.
Non mi piace l'idea demagogica di intestare una via a Craxi. Ma credo che
una riflessione
sulla storia degli ultimi venti anni vada fatta senza conformismi di sorta.
Ti saluto con affetto.

Peppe

giovanni ha detto...

Il TG5 (!) ha appena mandato in onda, nel TG delle 13, un servizio che spiega come, a differenza della Calabria, in Puglia stiano tentando di risolvere il problema dell'alloggio degli extracomunitari che lavorano stagionalmente nei campi. Attraverso un accordo tra le associazioni dei coltivatori e la Regione Puglia sono stati ristrutturati una serie di casolari (alberghi diffusi) dove i lavoratori stagionali trovano un vitto dignitoso a tre euro per notte.
Se vogliamo parlare di un socialismo del 2000, parliamo di queste iniziative, che ricordano le migliori tradizioni del socialismo, e intoniamo il parce sepulto per stagioni decisamente meno brillanti.

Un cordiale saluto
giovanni

francesco ha detto...

Ammettiamo pure che sia come dici tu. In Italia non c'è mai nulla, neppure
ciò che apparentemente sembra limpido come acqua di fonte, che non mostri
prima o poi un suo lato oscuro. Ma resta il fatto:
-1 che Craxi NON è stato un socialista (io non l'ho mai considerato tale);
-2 che Craxi ha snaturato il partito, facendolo diventare un comitato
d'affari (per tacer di tutto il resto);
-3 che Craxi ha allontanato il partito dalla famiglia della sinistra (sì,
per me sì);
-4 che Craxi ha coltivato nel suo seno Berlusconi, il quale oggi annovera
tra i suoi luogotenenti molti craxiani (a conferma che costoro erano
socialisti come mio nonno era Napoleone) e che persegue, a parte quelli
della P2, gli stessi progetti di (contro)riforma costituzionale che
perseguiva Craxi e dei quali francamente non si è mai avvertita, a livello
di pubblica opinione, tutta questa necessità
segue

francesco ha detto...

segue
Questo per dirti che Craxi per me era già Craxi ben prima di Mani Pulite (io
ho 48 anni, precisiamolo) e che la mia antipatia verso il fenomeno era già
nata nei primi anni ottanta. Insomma, non mi sono accorto che "i socialisti
rubavano" solo nel 1992. Lo sapevo già da molto prima, tant'è che, da
socialista, rifiutai l'offerta di alcuni amici craxiani di far politica col
PSI di allora. Quando arrivò Mani Pulite, dissi solo:"Era ora!" Dopo? Dopo è
arrivato un certo signor Berlusconi, il cui ruolo in mani pulite è ancora
tutto da chiarire (se cerchi qualche misterioso burattinaio, guarda pure da
quella parte, dalla parte del "caro amico" di Bettino), e il craxismo è
ricominciato, peggio di prima. Perchè almeno Craxi non pretendeva di essere
amato e non rincogl. la popolazione col Drive In e il Grande Fratello. E
perchè soprattutto Craxi in fondo un certo senso dello Stato ce l'aveva e la
Repubblica per lui non finiva al Raphael.
Un affettuoso saluto anche da parte mia

P.S. Ho letto sul sito il tuo ricordo di Lombardi: molto bello e soprattutto
molto utile a chi, preso dall'uzzolo della toponomastica, avesse voglia di
intitolare strade e piazze...

dario ha detto...

Caro peppe
dovrei sempre iniziare i miei scritti con la dichiarazione asseverata da un
notaio che negli anni forti del craxismo io non ero craxiano, e soprattutto
che dal 1988 al 1992 non mi iscrissi a quel partito perchè non mi piaceva
(non mi iscrissi peraltro a nessun altro partito, nonostante molte ed
interessate pressioni del PCI-PDS del mio paese e della mia zona.
Detto ciò condivido pienamente quanto tu scrivi, con l'obiettività di un
compagno serio, così come condivido quanto scrive Franco D'Alfonso su un
altro post in cui dice che sarebbe tempo di passare alla politica presente.
Direi per sintetizzare il mio pensiero: lasciamo a degli storici obiettivi
(non militanti) la ricostruzione di quegli anni e vediamo di utilizzare al
meglio le tante risorse che ci ha lasciato la nostra Storia per cercare di
capire come Governare il cambiamento.
Ad esempio i prossimi mesi/anni saranno difficilissimi, finora abbiamo
galleggiato sulla crisi, ma la massa di denaro messa in circolo dalle Banche
Centrali prima o poi dovrà rientrare e rientrerà con aumenti di imposte che
colpiranno soprattutto i ceti percettori di redditi fissi.
La pseudo-riforma che sta proponendo il duo Tre-Ber (due aliquote 23- 33 ed
aumento dell'IVA) va esattamente in quella direzione.
I socialisti hanno nella loro Storia la Progressività delle imposte dirette,
rispolveriamola e vedrete che si tornerà a parlare di cose serie.
Questo a me interessa: rivalutare la Storia dei Socialisti, di cui fa parte
anche Craxi, ma non solo lui.
Dario Allamano

peppe ha detto...

Carissimo Francesco che Craxi abbia radicalmente snaturato il PSI negli
anni 80 è fuor di dubbio.
Io mi sono iscritto al PSI nel 1974 (avevo 18 anni) e nel periodo tra il
1981 e il 1984 si avvertiva che il partito stava profondamente mutando in
peggio. Non a caso nel 1983 Rino Formica disse (riferendosi ad uno scandalo
scoppiato a Torino ) : "il convento è povero ed i frati sono ricchi". Ma a
parte questo si avvertiva un'aria diversa rispetto a quella degli anni 70.
DEvo anche dire che la primissima fase della segreteria Craxi (1976-1981) fu
positiva in quanto attivò un grande dibattito culturale e politico nella
sinistra.
Craxi era personalmente di sinistra ma la sua concezione secondo la quale il
partito doveva aumentare i consensi elettorali ad ogni costo e con qualsiasi
mezzo ha portato nel partito un'orda di avventurieri e profittatori. Sui
rapporti con la P2 andrei cauto. In realtà i tre dirigenti del PSI trovati
negli elenchi (Manca, Cicchitto e Labriola) non erano vicini a Craxi. Tra
l'altro in quegli elenchi furono trovati anche i nomi di Claudio Villa,
Alighiero Noschese e Roberto Gervaso (nonchè Maurizio Costanzo)che non mi
sembrano personaggi in grado di partecipare ad un colpo di stato. Molti
hanno rilevato che in quegli elenchi mancavano tutti i nomi di quella che
poteva essere la vera e propria "cupola" della P2 .
Le "riforme istituzionali " di Craxi erano solo un fatto propagandistico. In
realtà il PSI non ha mai presentato un progetto concreto di riforma. Un
bluff insomma..
Io del Craxi di quegli anni salvo solo la politica estera, coraggiosa ed
innovatrice rispetto agli schemi atlantici.
Per finire, hai ragione tu, se si deve intestare una via la si deve
intestare a Riccardo Lombardi. Comunque la mia avversione verso Craxi si è
ridotta nel tempo, dopo aver militato per sette anni nei DS (dopo aver fatto
l'esperienza laburista con Spini). Ti posso assicurare che gli stessi
processi degenerativi (magari con un pò di ipocrisia in più) si sono
registrati nel partito dei nipotini di Togliatti e Berlinguer. E poi,
D'Alema! A questo punto preferisco Craxi!

sergio ha detto...

L'anno dopo della fase di maggior successo di "mani pulite" il Procuratore
generale della Procura di Milano nella sua relazione di fine anno gelò tutti
esponendo i dati dei reati di concussione eccetera, eccetera: erano ancora
superiori per numero e per quantità a prima della crisi.

La classe politica era allora ancora fuori gioco; si era spostata su altri
canali la corruzzione!

Sergio Tremolada

mario ha detto...

E se invece di smazzarci con un signore che comunque ha fatto tanti danni provassimo a riprendere (anche dopo mercoledì) a parlare di Riccardo? Ovviamente errori ne ha fatti tanti anche lui, però care compagne e compagni da giovane galoppino nella sua ultima campagna elettorale (ricordiamoci tutti a cosa fu costretto già malato dal despota!!) ricordo Lui e la moglie affaticati e non ho mai dimenticato le sue scarpe bucate, certo è un piccolo piccolo ricordo ma caspita non sono mai riuscito a dimenticarle e sono passati secoli!!

giampaolo ha detto...

Finalmente qualcuno che tocca punti qualificanti, e lascia stare Craxi, che
deve essere criticato esclusivamente per le proprie colpe. Giusto anche
uscire
dal craxismo, dallo yuppismo, ecc. Tenendo presente invece che Craxi fa parte
a
pieno titolo della nostra storia. Nostra: mia, di tutta la mailing.list
rosselliana e socialista, di tutti i socialisti - italiani e non -
dell'Italia, esclusi i fomentatori.
Cosa volete invece che importi al mondo d'oggi sapere se noi siamo Nenniani
o
Lombardiani(tradotto in libertari od operaisti), visto il confuso e
deprecabile accasamento
dei nostri ex dirigenti!
Sul ragionamento innestato da Peppe Giudice vorrei portare una riflessione
sulle imprese ed aziende pubbliche - che, secondo i ragionamenti di
macroeconomia dei nostri migliori studiosidel passato, dovevano interessare
i settori TRAINANTI dell'economia e quindi dare all'Italia un indirizzo
economico/sociale e non la Jacorossi per i jeans o i panettoni, o altre
stupidaggini simili, Irizzate solo per compiacere uscite di comodo di
proprietari fraudolenti.
Portiamo ad esempio la chimica e il credito: trascuro la prima perché è un
peso che ci portiamo dalla fraudolenta gestione CEFIS (qualcuno ha memoria?)
e pensiamo al secondo.
Lo Stato ha venduto le grandi banche: Credito Italiano, Commerciale, Bnl:.
Poi sono cominciate le Popolari e le Casse di Risparmio finite non si sa dove
e
con quali rientri. Porto ad esempio due grandi banche Padovane ed una
Veneziana, finite rispettivamente nelle mani dei direttori: Cassa di
Risparmio
di PD e RO divenuta proprietà del direttore Bussolotto e finita al S.Paolo
di
Torino a finanziare la FIAT; l'Antonveneta nata dalla fusione della Popolare
di
Pd e l'Antoniana, il cui direttore Ceola l'ha portata, dopo una baraonda
indescrivibile, che conoscete meglio di me col Banco di Lodi, ad essere
Montepaschi di Siena; la Cassa di Risparmio di Venezia, di proprietà invece
del
presidente Segre, che ha fatto tanti di quei valzer, finendo poi, lei
pureessendo divenuta merce della CARIPARO, al
Montepaschi. A noi veneti, forti risparmiatori ed investitori, sono rimaste
le
ex casse rurali, divenute "banche di credito cooperativo", cioè piccole
"casse
peote" solidariste da parrocchia o osteria! Sappaimo tutti come è successo.
Gli interessati hanno chiesto prestiti alle stesse ed hanno acquistato le
azioni o le quote. Cosa illecita, ma di cui nessuno ha parlato: interessava di
più tangentopoli!
Altro che le responsabilità di Craxi: qui siamo SOLO nell' araba fenice
della II^ Repubblica.
Qualcuno mi dirà che io cambio argomento. Ma credo che siano proprio questi
gli argomenti che ci devono interessare e che dobbiamo analizzare se
vogliamo
uscire con delle capacità di rientro nell'agone politico.
Grazie Giudice per, l'imbeccata!
Fraternamente