domenica 9 novembre 2008

Salvi-Tamburrano: Per un socialismo del terzo millennio

Uno spettro si aggira per il mondo: il socialismo. Un’ondata di nazionalizzazioni si abbatte su banche e imprese che cadono nelle mani dello Stato con la rapidità con cui è caduto il Palazzo d’Inverno nelle mani di Lenin. Ma le mani non sono del proletariato: sono dello Stato borghese-capitalistico. I vedovi del “mercatismo” gridano: “Al lupo! Questo è socialismo!”. Ma la differenza è enorme perché lo Stato usa il denaro dei cittadini per salvare imprese che sono state gestite da avidi avventurieri. Non è il socialismo: è il salvataggio del sistema. E tuttavia è una rivoluzione, perché quel capitalismo è finito: imploso. E il nuovo capitalismo sarà totalmente diverso. E’ quella diversità che apre la prospettiva del socialismo, quello vero.
Insieme con il capitalismo deregolato è caduto un dogma: la sovranità del mercato. Ed è salito sugli altari quello che era un tabù: lo statalismo. Il nuovo credo è: il mercato va regolato. Ma questo credo, se preso sul serio fino in fondo, è il nocciolo del socialismo, di quello vero che vuole la mano pubblica operare nell’interesse non del sistema, ma della collettività.
Questa rivoluzione dovrebbe aprire gli occhi alla sinistra, riempiti, accecati dall’ammirazione per il liberismo e la globalizzazione, per i nuovi manager che cliccando pulsanti telematici spostano montagne di denaro nel mondo e dirigono l’economia planetaria. Quel liberismo “mercatista” e quella globalizzazione americana sono in declino: avanza la Cina, avanzano l’India, il Brasile, il Messico, i paesi produttori di energia. E il capitalismo occidentale parla, per difendersi, di OPA ostili. Mentre nel mondo degli esclusi i poveri aumentano di cento milioni in pochi mesi e cresce la fame da crisi alimentare. E anche in quello dei “privilegiati” del primo mondo sono sempre più numerosi i “non capienti” (15 milioni in Italia), i precari, i lavoratori a rischio occupazione, i dipendenti con sempre più magre retribuzioni, i pensionati indigenti, le famiglie della terza settimana, gli extra-comunitari irregolari: insomma i più deboli.
La globalizzazione liberista, al tempo stesso, mette a rischio i beni comuni a tutta l'umanità: l'ambiente, l'acqua, l'uso ragionevole delle fonti di energia.
Il livello globale della crisi del capitalismo richiede risposte politiche, istituzionali, democratiche allo stesso livello. Il rinnovamento e il rilancio del socialismo europeo e internazionale ne costituiscono elemento essenziale.

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“Il socialismo è rivoluzionario perché è riformista, ed è riformista perché è rivoluzionario”, disse Turati a coloro che inneggiavano alla violenza levatrice della “nuova società”. Il riformismo socialista è la vera rivoluzione, non la destra neostatalista di Bush e Berlusconi, e nemmeno le suggestioni della "terza via" e del "nuovo centro"Il mercato non è sovrano; sovrano è lo Stato democratico che risponde non agli interessi degli speculatori o dei padroni, ma a quelli dei cittadini, dei lavoratori, che decide i fini e gli obbiettivi dell’attività economica e sociale, stabilisce le regole e lascia libertà al mercato di operare, a scopo di profitto, nel quadro di quelle regole, di quei fini: la mano pubblica e la mano invisibile coesistono, ciascuna con le sue caratteristiche, e operano, ciascuna nel suo ambito.
Stato+mercato; socialismo e libertà economica; diritti civili e tutela dei beni collettivi sono i fondamenti di una giusta società globale.
La crisi attuale deve riaprire gli occhi alla sinistra e riconvertirla alla lotta per il socialismo moderno. La vera crisi della sinistra è culturale, è ideale: la perdita dell’identità.
E’ grande il lavoro da fare per ricostruire il nuovo socialismo. La sinistra è al suo anno zero e la sua denominazione è diventata in Italia solo un reperto storico. Ma ora si può riprendere la marcia nel deserto. Ed è ciò che vogliamo tentare noi con l’ambizione di essere stimolo, provocazione, spinta di idee, ricerche, confronti: in due parole, approfondimento e dibattito. Senza finalità politiche se non quelle che potranno scaturire dalle idee, dalle ricerche, dai confronti.


(a cura di Cesare Salvi e Giuseppe Tamburrano)

1 commento:

Anonimo ha detto...

calma e gesso...non basta che lo Stato si rimetta nel sistema economico per fare il socialismo.Lo aveva fatto Mussolini con l'IRI, i giapponesi prima e dopo la guerra, e credo anche Hitler: ma non mi sembra che abbiano costruito il socialismo...
Mi acconteterei già se si mettessero le risorse dello stato nell'economia in mano a persone competenti e per bene, come è avvenuto con la nascita del'Iri, e non in mano ai capitani coraggiosi, che con la complicità di Prodi e D'Alema l'IRI lo hanno saccheggiato sul letto di morte