Il Giornale, 18 febbraio 2009
Un finale scritto due anni fa per un partito inutile
di Peppino Caldarola
Soru ha trascinato nel burrone Veltroni. La caduta di Walter rischia
di far cascar per terra l'intero castello di carta chiamato Pd. Si
apre uno scenario di difficile decifrazione. Forse Veltroni si è
dimesso alla Occhetto, sperando di esser richiamato da una base
arrabbiata e attonita. Forse accetterà un direttorio per restare,
coinvolgendo tutti nell'insuccesso di giugno.
Forse ha proprio detto «basta». È il finale che molti si aspettavano,
ma non con così grande anticipo.
Neppure i più accesi avversari avevano immaginato un rapido crollo
strutturale del partito nato dalla fusione fra Ds e Margherita.
Assediato dai magistrati, con la periferia in rivolta, il disordine
nei gruppi parlamentari, la dissociazione dei sindacati, anche di
quello più a sinistra, la frattura fra laici e cattolici, il
discredito che si legge nei commenti dei quotidiani amici, la rissa
interna fra vecchi dinosauri, l'esodo degli apolidi di sinistra: per
il Pd sembra scoccata l'ora X, quella del «rompete le righe», ovvero
1'8 settembre della sinistra o, se preferite, la sua Caporetto
politica e morale.
Il finale era scritto due anni fa. Il Pd non è mai stato un
partito «necessario». I suoi ideatori l'hanno giustificato perché
sentivano che la vicenda della componente ex popolare e di quella
post comunista era arrivata al capolinea. Invece di convocare gli
stati generali della sinistra e di avviare la più grande operazione
revisionistica della storia italiana, hanno pensato di mettere
assieme le due debolezze. Nel nuovo partito hanno trasferito tutti i
difetti antichi e persino i rancori. È nato un partito che non è né
carne né pesce, che Veltroni ha proclamato riformista e poi ha legato
a filo doppio al giustizialismo di Di Pietro. Un partito che non è
più di sinistra ma neppure di centro. Non è praticamente nulla. La
vera vittima è la sinistra. La storia che si sta concludendo in
queste ore, anche se l'agonia sarà lunghissima, è quella degli ex
comunisti. Sopravvissuti alla grande marea di Tangentopoli, hanno
(abbiamo, c'ero anche io) assistito al crollo degli avversari
trovando spalancata davanti l'intera scena politica.
Dovevano scegliere di essere socialisti ma non hanno voluto farlo.
Potevano scegliere di diventare una moderna e democratica forza
anticomunista ma non hanno voluto consumare l'abiura fondamentale. In
mezzo al guado, senza andare né avanti né indietro, hanno sperato che
laruota della fortuna girasse a loro favore. Ora non gira più. Il
panorama è spettrale. Non c'è più la sinistra, né quella radical né
quella riformista. C'è il partito dei feudi e dei feudatari,
impazienti solo di affilare le sciabole l'uno contro l'altro.
Il destino di Veltroni si è compiuto. Ma anche quello dei suoi
avversari interni è segnato. Forse non ci sarà neppure bisogno di una
scissione per rompere il matrimonio fra Ds e Margherita. Se ne
andranno alla spicciolata militanti e dirigenti. Dopo il Pd non ci
saranno da capo Margherita e Ds. Il progetto di D'Alema è quello di
rifare un partito di sinistra con Nichi Vendola e Franco Marini. Una
forza che si collegherà al sindacato ma che appare vecchia prima
ancora di essere scesa in campo. Nascerà uno Stato maggiore romano
che sarà forte là dove il dalemismo è forte, ma che non riuscirà a
tenere assieme tutti i pezzi del partito che sognava di battere
Berlusconi. A sinistra crescerà invece una nuova forza comunista, di
scarso peso ma compatta, perché la crisi rilancerà in alcune aree
della sinistra la nostalgia della «falce e martello». Il fenomeno più
vistoso sarà la balcanizzazione di tutto ciò che un tempo abbiamo
chiamato «centrosinistra». Alcuni abbandoneranno il campo della
politica, altri guarderanno con occhi diversi al Cavaliere, altri
ancora, e fra questi i cacicchi e i feudatari, manterranno la vecchia
ditta «Pd» come àncora di salvataggio per il potere locale.
In questo momento al Pd servirebbe un dirigente giovane che non c'è o
un anziano e saggio personaggio che curi le ferite mortali, amputando
qualche ramo secco e pronto anche a staccare la spina. A quelli di
sinistra, a questo mondo di gente generosa e spesso arrogante, che ha
creduto di essere il centro del mondo e il baluardo della democrazia
serve uno choc, un'emozione forte che rimetta in circolo il sangue.
Non basta l'abbandono di Veltroni. Solo le dimissioni in massa
dell'intero gruppo dirigente possono dare forza all'idea di un nuovo
inizio. In tutti i Paesi occidentali chi perde si fa da parte. Solo
in Italia chi perde processa gli altri e, spesso, i vincitori. Ora
non si può più fare.
1 commento:
Il miglior articolo uscito finora. Ovvero, non sempre unendo 2 zoppi vien fuori un maratoneta. Da notare he il buon Caldarola manco nomina i socialisti. Probabilmente ci dà per inclusi nel progetto D'Alema. brrr: andateci voi e mandatemi una cartolina...(claudio bellavita)
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