Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
martedì 30 settembre 2025
FrancoAstengo: Numeri dalle Marche
NUMERI DALLE MARCHE di Franco Astengo
Ancora una volta è necessario segnalare che tra le forze politiche, nell'occasione delle elezioni regionali delle Marche 2025, si discute di vittorie e di sconfitte trascurando un dato che - invece - testimonia il progressivo infragilirsi del sistema politico italiano.
L'unico dato che risulta davvero in movimento (stabilizzatasi abbastanza la volatilità elettorale tra candidati e liste) è quello dell'astensione al voto che nessuna forza politica riesce a frenare e intercettare.
Ostinatamente, infatti, ci permettiamo di considerare questo dato come elemento fondamentale per giudicare gradimento e produttività di un sistema politico nel suo complesso.
Dunque le Marche: prendiamo il voto per i candidati presidenti tra il 2020 e il 2025.
5 anni fa erano in lizza 8 candidati presidenti e sui loro nomi furono espressi 735.200 suffragi da 1.310. 843 elettrici ed elettori iscritti nelle liste elettorali di cui 783.173 votanti.
Oggi i candidati presidenti erano 6: elettrici ed elettori assommavano a 1.325.689 unità e i voti validi espressi in questo ambito 647.912. In conclusione 677.777 marchigiane e marchigiani non hanno espresso il loro voto o astenendosi dal recarsi al seggio oppure depositando nell'urna un voto nullo o bianco.
Di conseguenza il confermato presidente Acquaroli è stato eletto con il 25,47% del totale degli aventi diritto mentre il suo competitor Ricci ha avuto il 21,58%. Nell'occasione delle elezioni regionali 2020 Acquaroli era stato eletto con il 27,55% sul totale degli aventi diritto,mentre Mangialardi per il centrosinistra (che già comprendeva Italia Viva) ottenne il 20,91% sul totale degli iscritti nelle liste. Da ricordare che era presente anche una candidatura Mercorelli per il M5S che ottenne il 4,83% sul totale degli aventi diritto.
Soltanto a titolo di cronaca ricordiamo che nell'occasione delle elezioni politiche 2022 i voti validi per i candidati al Parlamento nei collegi uninominali (e di conseguenza per le liste, considerato il trasferimento automatico del voto) furono 761.144 su 1.165.397 elettrici ed elettori (le liste elettorali per le elezioni politiche sono depurate dall'elenco degli iscritti all'estero).
Quindi la percentuale di effettiva partecipazione al voto risulta essere così distribuita: Regionali 2020 (voto presidenti) 56,08%, Politiche 2022 65,31%, Regionali 2025 48,87%. Un calo tra regionali e regionali del 7,21%, a dimostrazione - tra l'altro - del costante calo di interesse per le elezioni regionali nonostante il potere che l'Ente detiene in particolare su di un tema così delicato come quello della sanità.
Esaminiamo allora l'andamento di coalizioni e liste, ponendo i dati in relazione alla crescita del profilo bipolare del sistema (ovviamente per quel che può valere un test in un a piccola regione come le Marche).
Nell'occasione delle elezioni politiche 2022 si registrò un profilo coalizionale appoggiato su 4 principali poli: centro-destra con 341.016 voti (pari al 29,26% sul totale degli aventi diritto) centro.sinistra con 200.465 voti ( pari al 17,20% sul totale degli aventi diritto) M5S con 104.970 voti ( pari al 9,00% sul totale degli aventi diritto) Centristi -Azione-Italia Viva con 56.492 voti (pari al 4,15% sul totale degli aventi diritto). L'insieme dei 4 schieramenti principali aveva raccolto nelle elezioni politiche 2022 il 59,61% sul totale degli aventi diritto.
Elezioni regionali 2025: i profili coalizionali si riducono a 2 essendo il M5S e i centristi confluiti nel cosiddetto "campo largo". Centro-destra 305.104 voti ( 23,01 % sul totale degli aventi diritto) Campo Largo 247.053 voti ( 18,63% sul totale degli aventi diritto). Il complesso della capacità di consenso dei due principali profili coalizionali si riduce al 41,64% sul totale degli aventi diritto rispetto al 46,46% del 2022. Una riduzione di percentuale interamente acquisita dalla crescita dell'astensione. In particolare per quel che riguarda il cosiddetto "Campo Largo" l'incremento fornito dalla presenza del M5S e dei centristi è stato - rispetto al totale degli iscritti nelle liste - dell'1,40% rispetto ai consensi ottenuti dal solo centro-sinistra nel 2022. Ne consegue, almeno per quel che riguarda l'esito del voto marchigiano, una necessità di urgente ripensamento nella costruzione di uno schieramento alternativo: sicuramente non basta, come hanno già fatto notare autorevoli commentatori, sbandierare il vessillo palestinese nell'ultimo giorno di campagna elettorale.
Dal punto di vista delle singole forze politiche registriamo ovviamente un generalizzato calo di consensi (tenendo conto anche della presenze di liste dei candidati presidenti e più o meno civiche)..
Dal punto di vista del centro-destra le liste del presidente e civiche hanno assommato 49.617 voti (3,74% sul totale degli aventi diritto). Tra le politiche 2022 e le regionali 2024 i partiti del centro destra accusano queste perdite di consenso: Fratelli d'Italia meno 69.037; Forza Italia meno 932; Lega meno 18.993; Noi Moderati una crescita per 2.662 voti. In totale la somma delle liste di centro destra perde 88.962 voti, compensati parzialmente dai 49.617 voti delle liste del presidente e civiche e dall'incremento di 2.662 voti di Noi Moderati. Il saldo delle liste è quindi negativo per 36.863 voti (pari al 2,78% sull'intero corpo elettorale).
Nelle liste del "Campo Largo" troviamo questi riscontri tra le elezioni politiche del 2022 e quelle regionali 2025: Il PD flette di 24.139 voti, AVS perde 1.226 voti, il M5S cala di 76.134 suffragi (nel 2022 il M5S non faceva parte dell'Alleanza con il PD). L'insieme delle liste civiche a sostegno della candidatura Ricci hanno assommato a 60.838 voti. Da tener conto che nelle elezioni politiche 2022 la lista di Italia - Viva e Calenda aveva ottenuto 56.492 voti. Della coalizione del "Campo Largo" faceva parte anche la lista Pace, Salute, Lavoro che comprendeva il simbolo del PRC: 6.392 voti rispetto ai 10.019 ottenuti nel 2022 dalla lista Unione Popolare (anch'essa fuori in quel momento dal perimetro del Campo Largo), quindi una flessione di 3.627 voti.
Sarebbe sbagliato da parte nostra sommare questi dati in un'unica analisi essendo il "Campo Largo" frutto di una costruzione non coerentemente articolata sul piano politico generale ma raccolta - in questo caso - esclusivamente attorno al programma del candidato Presidente. Il dato complessivo però non può che far registrare un processo di arretramento generale tenuto conto che la somma delle liste a sostegno di Ricci hanno ottenuto 247.053 voti pari al 18,63% sul totale degli aventi diritto come abbiamo già segnalato poco sopra.
In conclusione:
1) Acquaroli è stato eletto con il 25,47% sul totale degli avanti diritto, le liste a suo sostegno hanno avuto il 23,01% sempre rispetto al totale degli aventi diritto;
2) Ricci è stato sconfitto con il 21,58% sul totale degli iscritti, le sue liste a confronto sul medesimo dato hanno avuto il 18,63%
3) L'astensionismo è cresciuto rispetto a qualsiasi altro dato precedente si voglia considerare. Nessuna forza politica appare in grado di drenare il fenomeno alimentato in particolare dalla caduta del M5S
4) Il bipolarismo (forzato su entrambi gli schieramenti e in particolare su quello del centro-sinistra meno legato alle logiche semplificatorie della destra) lascia sempre più spazio in un sistema politico nel quale il 50% di astensione appare ormai quasi normale. Come invece non dovrebbe essere in un quadro storicamente articolato come quello italiano.
5) Anche le elezioni regionali delle Marche confermano la complessiva fragilità del sistema: sicuramente il centro-destra ( e segnatamente FdI) non può considerarsi egemone e neppure costruttore di una coalizione dominante. I successi elettorali ormai si verificano in "discesa" e il centro-sinistra o campo largo non appare in grado di offrire una alternativa consistente. Verificheremo se questa analisi offerta dal quadro emerso dalle elezioni marchigiane sarà confermata dalle prossime tornate.
lunedì 29 settembre 2025
Franco Astengo: Socialismo, ritorno all'umanesimo
SOCIALISMO: RITORNO ALL'UMANESIMO di Franco Astengo
L'immane tragedia di Gaza ci ha fatto un regalo restituendoci il concetto di umanità come valore morale: quel concetto di valore morale che muove le persone sulle piazze del mondo, d'Europa e d'Italia in una forte richiesta - prima di tutto - proprio di "ritorno all'umanità"
Dal valore morale discende però direttamente la necessità di recuperare i fattori decisivi di una concezione diversa della politica da quella oggi dominante intrisa di senso di dominio e di sopraffazione.
L'umanità quale fattore politico: questo può essere il punto di svolta di questa asfittico sistema politico italiano ormai stretto nello pseudo-valore di una governabilità fondata sui principi estremistici dell'egoismo, dell'individualismo competitivo, di una destra definibile semplicisticamente "di potere".
La traduzione del concetto di umanità in fatto politico è la grande sfida di questa modernità: ci sarebbe bisogno di un universalismo radicale fondato su di una comune umanità come origine delle nostre norme e quindi in grado di opporsi ai nazionalismi reazionari e ai riduzionismi identitari.
Sovrasta la domanda: cosa rimane dell'universalismo, al di là delle petizioni di principio di chi ancora crede che l'Occidente abbia identità e valori sottintesi come buoni da essere esportati al resto del mondo? Dell'universalismo ci è rimasto il volto predatorio: l'Antropecene, che coincide piuttosto con il volto violento ed aggressivo di un nuovo capitalismo alla ricerca forsennata di nuove risorse da sfruttare.
Continua a rilevarsi un vuoto: quello della rappresentanza politica di quei valori di solidarietà e di uguaglianza che un tempo avremmo definito "socialismo". Socialismo che dovrebbe coincidere con "pace": Sarebbe necessario che pace e politica si trasformassero in un binomia inscindibile partendo proprio da un recupero da una visione del futuro attraverso l'elaborazione di una necessaria Utopia da considerare veicolo per rendere possibile un progetto. La coscienza della propria appartenenza e la volontà politica di determinare il cambiamento rimangono fattori insuperabili e necessari come motore di qualsivoglia iniziativa della trasformazione dello stato presente delle cose. Attenzione però lo stato presente delle cose va cambiato sia nel senso della condizione oggettiva della nostra esistenza sia in quello dell'assunzione di una consapevolezza soggettiva del vivere con gli altri. Da questa consapevolezza tra individuale e collettivo "si realizza la vita d'insieme che è solo la forza sociale, si crea il "blocco storico"" (Gramsci Quaderno 11). Come auspicava Luckas "la coscienza di classe trova il suo superamento nell'universale riconoscimento della propria appartenenza al genere umano". La coscienza della propria appartenenza deve così sfociare nella coscienza di un'umanità che richiede uguali diritti per tutte e per tutti. La volontà politica del"soggetto" va allora impegnata nella ricerca di un socialismo possibile nella forma di un nuovo umanesimo rimanendo fedeli ad un'etica della trasformazione in quanto opposizione allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo , dell'uomo sulla donna.
La politica non riesce a fare quella che dovrebbe essere la propria parte: elaborare strategie adatte ad evitare l'imbarbarimento generale. Ed è su questo punto che la politica dovrebbe essere richiamata da un'idea di ritorno all'umanità e rimane il bisogno di umanesimo socialista
domenica 28 settembre 2025
venerdì 26 settembre 2025
giovedì 25 settembre 2025
Maria Cecilia Guerra: Salari bassi e innovazione
https://www.italianieuropei.it/it/italianieuropei-32025/item/4985-salari-bassi-innovazione-e-politiche-del-governo.html
lunedì 22 settembre 2025
Franco Astengo: Giunio Luzzatto
E' MANCATO GIUNIO LUZZATTO di Franco Astengo
E' mancato a Genova all'età di 90 anni Giunio Luzzatto, professore universitario specchiata figura di socialista d'antico stampo.
I giornali lo ricordano specificatamente come assessore regionale alla cultura nella giunta Mori, primi anni'90.
Giunio Luzzatto va ricordato però prima di tutto come un socialista capace di contrapporsi con grande fermezza alla deriva clientelare che il PSI aveva subito in Liguria con l'avvento di Alberto Teardo: conclusasi con l'arresto di Teardo in quel momento ex-presidente della Regione e candidato al Parlamento (giugno 1983) e poi condannato per corruzione assieme ad altri sodali con i quali aveva conquistato l'egemonia nel PSI ligure.
Giunio aveva combattutto una dura battaglia nel partito fin dalla metà degli anni'70 fino a convincerlo ad aderire alla rottura verso Craxi realizzata nel 1981 dal gruppo che faceva capo a Tristano Codignola (scomparso proprio nei giorni in cui fu consumata l'uscita dal PSI) che comprendeva Franco Bassanini, Elio Veltri e altri e che sfociò nell'adesione alla Sinistra Indipendente.
In Liguria la Sinistra Indipendente rappresentò, assieme al Pdup, il punto di riferimento politico di una "questione morale" condotta in anticipo rispetto a "Tangentopoli" : Giunio fu l'animatore di questa iniziativa assieme a Giovanni Burzio e a Carlo Trivelloni intesi come protagonisti di un'area politica diffusa e culturalmente di grande spessore.
Giunio fu poi eletto in Regione Liguria nelle liste del PCI con le elezioni del 1985 e confermato nel 1990, quando - appunto - svolse l'incarico di assessore.
Personalità di altissimo livello culturale e di grande moralità si era dedicato molto ai problemi dell'Università e più in generale della scuola e -ancora - ai temi istituzionali di cui era cultore nel senso della difesa della centralità delle assemblee elettive contrastando qualsiasi segnale di deriva personalistica e autoritaria.
Davvero è il caso di dedicare a Giunio un pensiero quale protagonista per un lungo periodo della parte migliore della nostra vita pubblica e di esempio di grande rigore nell'esercizio delle funzioni istituzionali.
Franco Astengo: Economia e industria
ECONOMIA E INDUSTRIA di FRANCO ASTENGO
Riportiamo dall'inserto economia del "Corriere della Sera" (22 settembre 2025), la parte iniziale di un articolo che illustra la classifica delle prime 500 aziende a livelo globale secondo l'analisi di Kpmg sui fatturati:
"Prendiamo l'Italia. Le uniche cinque imprese nella classifica dei 500 big mondiali esprimono due settori, energia e servizi finanziari e vengono dopo centinaia di altre aziende d'altra geografia".
Constatato che le due aziende energetiche rappresentano derivati delle antiche nazionalizzazioni facciamo un salto all'indietro di 25 anni: all'epoca le presenze italiane nelle prime 500 posizioni erano 10 e fra queste 4 rappresentanti di settori industriali strategici (Fiat, Olivetti, Iri, Montedison: auto, elettronica, siderurgia, chimica) e due nel campo energetico (sempre Enel ed Eni) mentre le aziende di servizi finanziari si trovavano in ben altra posizione di classifica (nel corso di questi 25 anni Generali è scesa dal 35° posto al 104°).
Nel frattempo il fenomeno si è ripercosso a livello mondiale: il primato infatti è passato dalla General Motor a Walmart (distribuzione) seguita da Amazon, State Grid Corporation China (la più grande distributrice di elettricità nel mondo) e Saudi Aramco (petrolio).
Le ragioni di questo mutamento sono dovute sia al fattore finanziarizzazione dell'economia (protagonista della grande crisi 2007-2008) sia al fattore "energivoro" reso sempre più strategico nella transizione digitale (non sviluppiamo qui, per ragioni di economia del discorso, la riflessione sulle esigenze idriche che saranno moltiplicate dall'avanzata dell'IA).
L'Italia con l'UE si trova ormai ai margini dell'economia globale: altro che "pranzo della domenica" e "made in Italy", anche il "militare" dalle tecnologie più sofisticate ormai è compreso all'interno di intese con Stati a democrazia limitata come la Turchia (succede con evidenza nell'industria militare ligure e a livello strategico nelle principali reti di relazione stabilite da Leonardo).
In questi 25 anni abbiamo vissuto la vera e propria tragedia della privatizzazione della siderurgia, la completa sparizione degli altri settori dell’industria di base ad alta concentrazione di mano d’opera dalla chimica all’elettromeccanica all’elettronica.Appare ormai completo il depauperamento di una realtà che era fatta di produzione, know-how, ricerca. Pensiamo soltanto alla proprietà della rete digitale, con il passaggio alla KKR della maggioranza nella rete TIM (KKR è un fondo di investimento USA),
E' interamente vincolato dall'esportazione (e quindi oggetto la cui stabilità è derivamente dalle impennate daziarie) il “secondo modello” della nostra produzione industriale: quello geograficamente concentrato sulla dorsale adriatica e nel Nord – Est, fatto di medie aziende, di prodotti manifatturieri finiti, di marchi di grandissimo prestigio.
E’ la fine di un modello sul quale da più parti ,nella politica come nel sindacato, si era molto forzato fin dagli anni’80: quello dei “distretti”, della specializzazione, dell’intensificazione esasperata dello sfruttamento operaio, tragicamente beffato con “chiusure” meramente speculative e “delocalizzazioni” (anche fatte alla chetichella, di notte, trasferendo i macchinari in condizioni analoghe alla fuga della Casa Reale a Brindisi dopo l’8 Settembre).
Da Natuzzi a Berloni a Ideal – Standard, a tantissimi altri, le nuove condizioni di competitività internazionale e la complessità della crisi colpiscono il lavoro operaio risparmiando soltanto la voglia di profitto dei soliti “padroni del vapore”. L’attenzione su questi fatti è intenzionalmente resa minima, del tutto insufficiente rispetto alla loro gravità: l'establishment al comando della politica e dell'economia sembra proprio non avere la capacità di vedere le grandi questioni nella loro interezza, nella loro prospettiva nazionale e internazionale nel frattempo resa ancora più complessa dalla crescita dei pericoli di guerra in un quadro complessivo di vera e propria tragedia ancora sul piano umanitario
Premessa la necessità di una quadro di riferimento a livello europeo potrebbe apparire velleitario proporre una "Vertenza Industria" fondata su di un ruolo diverso dello Stato attraverso una ripresa "forte" di capacità di coerente programmazione prioritariamente rivolta alle infrastrutture, all'utilizzo delle aree industriali, all'innovazione tecnologica, alla competitività di settori strategici nei quali la mano pubblica svolga davvero una funzione di regia e di propulsione produttiva?
sabato 20 settembre 2025
venerdì 19 settembre 2025
Roberto Biscardini: Milano, la questione urbanistica
MILANO, LA QUESTIONE URBANISTICA
Ridateci Fanfani e i sindaci socialisti
di Roberto Biscardini
Ridateci Fanfani, Ministro del Lavoro del Governo De Gasperi nel 1949, ed i sindaci socialisti che hanno governato per decenni a Milano con lungimiranza e buon senso.
Riusciremo così a dare una casa popolare a chi non ce l’ha e a chi non ha i soldi per comprarsene una. Riusciremo a ridare a Milano, non un modello per soli ricchi, ma quell’anima che fece Milano unica non solo in Italia, ma anche in Europa: una città per tutti aperta ed accogliente, una città delle opportunità, che consentiva a chi veniva qui di trovare lavoro e di avere un reddito con il quale poteva sperare di acquistare una propria abitazione, mettere su famiglia, ma soprattutto usufruire di servizi pubblici efficienti e di qualità; trasporti, sanità, istruzione e cultura.
Una città ricca per tutti, non ricca per i soli ricchi.
Come è stata trasformata negli ultimi decenni secondo un modello costruito concretamente, e nell’immaginario collettivo, nella comunicazione, per non essere più la città inclusiva di un tempo, ma semplicemente una città ricca.
La città che attraeva più capitali finanziari che persone, con l’ambizione di essere la città più ricca di Europa. La patria del “Bengodi”.
E così è stato. Le ultime giunte (a trazione PD) ed in particolare le giunte Sala, hanno costruito questa immagine e questa drammatica realtà.
Una città non più attrattiva e delle opportunità. Non più attrattiva nemmeno per gli studenti, per i quali studiare qui è molto più costoso che farlo a Londra, a Monaco o a Berlino. E non è più giusta nemmeno nei confronti dei tanti abitanti dei comuni dell’hinterland, e dell’area urbana lombarda che avevano in Milano, come ha scritto più volte l’architetto Giorgio Goggi “un patto sociale che si è rotto”.
“Un patto sociale tra la città e i suoi cittadini, non solo milanesi, ma anche e soprattutto con gli abitanti di tutta la regione urbana milanese-lombarda, che non sono mai stati solamente city-users, ma partecipanti a pieno titolo di questa cittadinanza allargata. Il patto consentiva, e consente ancora, ma con maggiori limiti, agli abitanti della città metropolitana di operare con le stesse prerogative della città centrale (accesso al lavoro a tutta l’area, trasporti pubblici ed infrastrutture, accesso alla cittadinanza politica nei loro comuni di residenza); chi non disponeva del reddito per risiedere al centro poteva, con le stesse prerogative, salvo il tempo di pendolarismo, partecipare al benessere milanese.”
Il patto si è rotto. E la città ha iniziato ad espellere le famiglie più povere e meno abbienti. Negli ultimi dieci anni, 40.000 cittadini milanesi all’anno hanno lasciato la città, sostituiti con 600.000 nuovi arrivi. Un’operazione scientificamente voluta in nome di una città per soli ricchi.
In questo quadro fortemente modificato il “modello Milano” si è trasformato nel modello del mattone, o del vetro-cemento, il modello del “grattacielificio” e dell’architettura ridotta a pura oggettistica, le architetture delle archistar, che hanno trasformato il progetto in immagine e che con la storia del paesaggio urbano di Milano e della città europee non c’entrano nulla.
Tutto al semplice e puro servizio della rendita e del profitto. Della speculazione immobiliare, negli interessi del capitale finanziario e delle banche amiche.
Ma veniamo al punto. Dietro ai fatti di cronaca, anche giudiziaria, che hanno coinvolto Milano negli ultimi mesi, al centro c’è il tema della città e la grande questione sociale di cui nessuno sembra più occuparsene.
A Milano, per fare solo un esempio, la grande questione sociale è la questione della casa, per chi non ce l’ha e da anni aspetta nelle liste di attesa del comune di Milano.
Per questo “ridateci Fanfani e i vecchi sindaci socialisti che le case le costruivano e sapevano assegnarle a chi ne aveva bisogno” e che, insieme ad uno sviluppo ordinato della città, sapevano con lungimiranza programmare gli investimenti infrastrutturali per garantire a tutti l’accessibilità a Milano dal resto della Lombardia. È il caso del Primo passante ferroviario realizzato negli anni ’80 e del progettato Secondo passante, poi cancellato dalle giunte della seconda Repubblica.
Era questa la politica della casa come servizio sociale, che nulla ha a che fare con l’annunciato Piano casa né della Meloni, né di Sala.
La bufala del housing sociale proposto oggi a livello nazionale, e dal comune di Milano nel bel mezzo del bailamme della vicenda urbanistica più recente.
Case a prezzi cosiddetti concordati, che fanno un’altra volta gola ai soliti costruttori (sempre gli stessi) e alle banche che una volta esaurita la grande abbuffata dell’iniziativa privata già realizzata, con la complicità e l’assenso del Comune, fuori dalle regole urbanistiche più elementari, adesso trovano un'altra fascia di mercato e nuove agevolazioni su cui buttarsi.
Come era assolutamente prevedibile, bastava alzare lo sguardo al cielo, il grande imbroglio di Milano non poteva reggere. E il castello di carte è crollato al suolo.
Non ha retto l’imbroglio di costruire in deroga alla legislazione nazionale corrente, in modo irregolare o illegale, per poi pensare di ottenere dal parlamento, con il consenso di tutto l’arco costituzionale da destra a sinistra, la grande sanatoria.
È questa la storia del “Salva Milano”. Una proposta di legge pensata da Sala, fatta passare come un provvedimento circoscritto a Milano, interpretativo della legislazione vigente, transitorio, quando la sua vera pericolosità se non il suo vero obiettivo, stava invece nel tentativo di far credere ai senatori (che questa volta non ci sono cascati) che la decisione di Milano di realizzare grandi interventi, senza approvare piani attuativi, sostituendo cascine o capannoni industriali con dei grattacieli, non rispondeva solo agli interessi dei costruttori di aumentare le volumetrie esistenti, cambiando contemporaneamente a basso costo la destinazione d’uso dei fabbricati, ma era il frutto di una precisa scelta politica adottata dalla amministrazione comunale (quella di favorire lo sviluppo verticale degli edifici in nome di una falsa minore cementificazione del territorio), che avrebbe potuto essere fatta propria da tutti gli altri comuni italiani.
Tesi sostenuta dal secondo imbroglio, per il quale dopo l’approvazione del “Salva Milano” si sarebbe dovuto approvare a breve una riforma organica della legislazione urbanistica.
Altra bufala gigante! Che solo l’arroganza del sindaco Sala poteva far credere al Parlamento: approvare a breve, in quatto e quattr’otto, una riforma organica della disciplina urbanistica. Questione aperta e non risolta dal 1963 quando, già allora, la DC impallinò la riforma Sullo per sposare gli interessi della rendita fondiaria.
Il tentativo maldestro del “Salva Milano” e le recenti vicende dimostrano che il cosiddetto “modello Sala” non poteva reggere.
Ma questo, fuori dai facili slogan, mette al centro il tema della città, in un momento di forte regressione politica e culturale. In un momento in cui l’urbanistica sembra non esistere più come strumento infradisciplinare per migliorare le condizioni di vita dei cittadini, anche alla grande scala, e le loro relazioni economiche e sociali. E in un momento in cui si è persa la consapevolezza che almeno le scelte localizzative delle grandi funzioni urbane in rapporto al sistema della mobilità, competono esclusivamente alla politica. Per evitare che la pianificazione la facciano direttamente i fondi di investimento e i grandi promotori immobiliari.
Ridateci i Sindaci socialisti che mai avrebbero pensato di svendere lo stadio di San Siro per fare un favore ai fondi proprietari delle società di calcio, consentendo loro di abbattere uno stadio di proprietà comunale, per costruirne un altro. Il cavallo di Troia di una delle più grandi operazioni immobiliari con la pura finalità di consentire alle squadre di fare business e ripianare i propri debiti sulle spalle della collettività.
Infine ridateci Fanfani perché non si fanno le nozze con i fichi secchi.
Un grande piano casa per l’Italia ha bisogno di risorse, almeno pari a quelle che il paese ha avuto a disposizione fino all’arrivo della Seconda repubblica, quando furono annullati i finanziamenti biennali che consentivano la riqualificazione dell’edilizia economica e popolare esistente e la costruzione di nuove abitazioni. Consentivano l’applicazione della legge 167 che nemmeno le giunte di sinistra come quella di Milano da anni vogliono più applicare, nonostante la legge sia vigente e nessuno l’abbia mai abrogata. Una legge figlia di tante battaglie socialiste culminate con l’approvazione della Legge sulla Casa del 1971.
Basterebbe ripartire da qui!
giovedì 18 settembre 2025
mercoledì 17 settembre 2025
martedì 16 settembre 2025
domenica 14 settembre 2025
mercoledì 10 settembre 2025
martedì 9 settembre 2025
Franco Astengo: Lavoro e sfruttamento
LAVORO E SFRUTTAMENTO di Franco Astengo
Torino, Monza, Roma e Catania: quattro morti sul lavoro in 24 ore
Questa è di gran lunga la notizia più importante di oggi
Lavoro, sfruttamento, morte : una triade che sembra inscindibile nel tempo nonostante il ritmo vorticoso dell'innovazione tecnologica.
Una triade lavoro - sfruttamento - morte sempre incombente nel ciclo capitalistico, indipendentemente dalle condizioni materiali nelle quali via via lavoratrici e lavoratori si trovano costretti ad agire.
Nel grande dolore del momento è necessario ancora un volta ribadire alcuni elementi di fondo che vanno essere presi in considerazione proprio attorno al tema della concezione del lavoro. Nel tempo trascorso senso e concezione del lavoro sono stati sottoposti a troppi fraintendimenti e sovrapposizioni al punto da far smarrire, per gran parte dell'opinione pubblica, la nozione di sfruttamento. Si tratta di prendere in considerazione un dato di fondo : l’uomo non è più il prodotto del suo lavoro, come si pensava cinquant'anni fa, e neppure la dimensione umana si trova ancora al centro della subalternità al comando del profitto. Oggi l’uomo (nel senso di genere umano, senza distinzioni) non è null'altro che l’espressione del suo consumo, della sua capacità di corrispondere in ogni momento della sua vita e non soltanto in fabbrica all’egemonia del comando del profitto. Dentro lo stridore sociale dominante è il comando del profitto che ormai si è esteso sull’insieme di contraddizioni che la modernità presenta, assumendo l'egemonia di tutte le innovazioni che via via si stanno presentando sulla scena sia sul piano tecnologico, sia economico, sia politico. Ogni nostro atto, ogni nostra possibilità di visione, è compiuto in funzione dell’apparire quasi sempre pubblicitario del combinato disposto tra reale e virtuale sul quale la logica del profitto si espande e si afferma. Così si è arrivati più ancora che alla negazione al considerare superfluo il conflitto, sia nel sociale sia nel politico. Il conflitto è considerato ormai marginale, momento di turbamento dell’ordine costituito. E' giusto lottare per una possibilità di migliore remunerazione del lavoro ma la condizione per ottenere ciò non può essere quella di continuare ad esercitare una funzione di mera riproduzione del consumo come fattore egemonico, pagando il prezzo dello smisurato allargamento delle disuguaglianze su tutte le basi: individuali, collettive, planetarie con la guerra tornata sovrana a regolare la storia. Ricordarsi le condizioni di allargamento del concetto di sfruttamento alienante a categorie diverse da quelle del lavoro subordinato (ambiente, genere, tecnologia) potrebbe rappresentare la possibilità di compiere dopo tanto tempo un nuovo passo in avanti almeno dal punto di vista della nostra capacità di riflessione
lunedì 8 settembre 2025
domenica 7 settembre 2025
sabato 6 settembre 2025
venerdì 5 settembre 2025
mercoledì 3 settembre 2025
martedì 2 settembre 2025
lunedì 1 settembre 2025
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