venerdì 16 aprile 2021

Franco Astengo: Sinistra e strategie dell'avversario

SINISTRA E STRATEGIE DELL'AVVERSARIO di Franco Astengo Paolo Franchi ( “Corriere della Sera” 15 aprile) è tornato sull’analisi del sistema politico e sulla prospettiva di quello che definisce “un nuovo bipolarismo, stavolta civilizzato”. E si rivolge a “chi ha a cuore il ripristino, ma su basi nuove della democrazia dell’alternanza. Ma, è la cosa meno ovvia di quanto possa sembrare, per metterla davvero in cantiere servono due campi, naturalmente plurali, naturalmente ancora in costruzione, dei quali però si intravedano quanto meno i confini, le idee, forze comuni, i progetti, i programmi, e anche quello che unisce e quello che divide i loro leader potenziali. Di tutto questo non ci sono tracce visibili a sinistra, e quelle che parevano esserci a destra sono meno nitide di quanto si pensasse. Non è un buon viatico”. Lo stesso quotidiano nell'edizione del 16 aprile ospita un intervento di Valerio De Molli, amministratore delegato di "The european House - Ambrosetti" che presenta una proposta di riforma elettorale (e del martoriato titolo V) del tutto dedicata al tema della governabilità (senza alcuna citazione della rappresentanza) che prevede una quota maggioritaria del 50%, lo sbarramento al 4% e addirittura il sorteggio per 1/3 dei seggi disponibili. Sorteggio eseguito pescando da un albo di "cittadini disponibili". In sostanza, alla fine della favola, alla rappresentanza delle forze politiche capaci di superare il 4% resterebbero a disposizione circa 130 seggi alla Camera, con i "sorteggiati" assolutamente decisivi per la formazione di nuove maggioranze (per formare le quali andrebbe in vigore il meccanismo della "sfiducia costruttiva"). Ci troviamo quindi di fronte a un'evidente offensiva mediatica al riguardo di una nuova tornata di modifiche costituzionali, di tensione "governista", di vocazione presidenzialista, di riduzione drastica nei possibili margini di esercizio delle funzione di rappresentanza e di libera associazione dei cittadini secondo l'articolo 49 della Costituzione, di istituzionalizzazione dell'antipolitica. Però è il caso di ricordare come il tentativo di stringere i cerchi della democrazia rappresentativa sull'asse "personalizzazione/governabilità" sia già stato compiuto, dal termine della fase della "Repubblica dei Partiti" in avanti, e sia sempre fallito. Un fallimento sul quale non ci si sta interrogando a fondo e dal quale è derivato l'esito delle elezioni del 2018: una sorta di grande confusione (dopo un periodo di crescita dell'astensionismo, di estrema volatilità elettorale, di perdita di funzione e ruolo dei corpi intermedi) che ha portato l’elettorato a non organizzarsi più sulla polarizzazione destra/sinistra, ma in uno spazio definito da divisioni tra europeisti e nazionalisti, cosmopoliti e identitari, federalisti e sovranisti; divisioni che escludevano del tutto quelle derivanti dalla condizione sociale, economica, per dirla all'antica "di classe". Dall’esito delle elezioni del 2018 è così emersa una maggioranza sociale eterogenea, variamente aggregata attorno al rifiuto della casta, all’ostilità nei confronti dell’euro o a uno slancio nazionalista tinto di xenofobia. L’emergenza sanitaria ha modificato alcuni aspetti di approccio a questo stato di cose dando spazio al governo Conte due ( non dimentichiamo che a Febbraio 2020 la crisi di governo era pronta e, con ogni probabilità, si sarebbe arrivati al passaggio delle elezioni anticipate) ma certo non ha modificato la sostanza delle cose. La risposta a questa situazione confusa è stata data con l’emergere del governo Draghi: se pensiamo al punto di partenza, rappresentato dalla lettera congiunta Draghi/Trichet dell’estate 2011 che rappresentò l’avvio della fase di liquidazione del governo Berlusconi V, e verifichiamo oggi come l’ex-banchiere sia stato accolto quale uomo provvidenziale, non solo dai partiti che attuando il suo programma (tra il 2011 e il 2018) sono crollati ma anche da quelli che opponendovisi (a partire dalla Lega che non votò la fiducia al governo Monti) si erano poi imposti sulla scena politico – elettorale abbiamo la dimostrazione della debolezza strutturale del sistema politico italiano. Non si è trattato soltanto di trasformismo (pure costante leit-motiv della debole democrazia italiana) ma di una vera e propria resa all’apparizione sulla scena del nuovo “Lord Protettore” (come era già accaduto con Monti). Di fronte a questo stato di cose appare del tutto fuori tempo la ricostruzione di uno schema bipolare d’alternanza al governo o la stessa esaltazione del meccanismo di governabilità accompagnata dalla codificazione dell'antipolitica realizzata attraverso il sorteggio. Entrambe le strade appaiono pericolose e fallimentari. L'analisi della crisi del sistema politico italiano deve partire, invece, dalla constatazione dell'evidente assenza di soggettività e di espressioni di radicamento sociale senza la cui ricostruzione sarà impossibile riequilibrare il sistema. Per queste ragioni l’idea da sostenere deve essere quella di una formula elettorale proporzionale attuato con lo stesso spirito con cui quella formula fu adottata nell'immediato dopoguerra: si tratta, infatti, anche adesso di ricostruire un sistema di identità, di riferimenti sociali, di rappresentanza istituzionale. La governabilità sarà assicurata da alleanze strette in Parlamento in un quadro di recupero (per quanto possibile) di capacità di rappresentanza politica da parte dei diversi soggetti. Queste soggettività, in buona parte da ricostruire/costruire, dovranno fare i conti con il lascito dell’emergenza quando questo si evidenzierà e dalle nuove priorità economiche e sociali che ne sortiranno. Per la sinistra la strada sembra essere obbligata: dipenderà dalla capacità dei suoi imprenditori politici di opporsi alla ripresa delle riforme neoliberiste che sicuramente accompagneranno la fase successiva alla stretta emergenza sanitaria. Si tratta di mettere al centro le conseguenze concrete di questa fase drammatica in termini di precarizzazione del lavoro salariato, di esplosione delle disuguaglianze, di riduzione della protezione sociale, di peggioramento del servizio pubblico. Com’è stato detto: la sinistra deve saper attaccare i punti alti della ferocia della ristrutturazione capitalistica (che punta ad annettersi, come stiamo vedendo anche la soluzione delle nuove contraddizioni affrontandole in chiave tecnocratico/autoritaria, in particolare attorno ai due temi emergenti della salute pubblica e dell'ambiente). In questo contesto però serve un soggetto autonomo e organizzato capace di esprimere di nuovo e ancora egemonia sociale. La linea di frattura tra governabilità e rappresentanza deve significare per la sinistra il recupero di una capacità di schieramento sul fronte del riferimento costituzionale che può rappresentare (come ha dimostrato anche lo stesso esito del referendum del settembre scorso sulla riduzione del numero dei parlamentari) la possibilità di intercettare una consistente “massa critica” sulla quale poggiare una adeguata edificazione politica.

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