venerdì 29 luglio 2016

Peppino Caldarola: Solo un nuovo socialismo potrà salvare l'Occidente

Solo un nuovo socialismo… …potrà salvare l’Occidente (Peppino Caldarola, Lettera43) Alcuni filosofi - Roberto Esposito, Giacomo Marramao e Biagio De Giovanni - si stanno interrogando pubblicamente sul senso da dare a questa crisi globale. De Giovanni sull’Unità pronuncia la sentenza più amara: siamo di fronte a una crisi del liberalismo come frutto del fallimento della seconda globalizzazione (la prima fu alla fine dell’Ottocento). L’analisi di De Giovanni è dura e convincente, non contiene nostalgie né propone l’abbandono dei traguardi raggiunti dal liberalismo, tuttavia prende atto che quella prateria di diritti nella quale tutti, dopo l’89, saremmo stati più liberi, più felici, più cosmopoliti - soprattutto noi europei avviati verso l’unificazione - si è rimpicciolita al punto da non intravvedersi più. Il tema è centrale, anche se la politica lo ignora. La peggiore politica da 70 anni. La critica vera da fare alla politica di oggi, che in questo senso è la peggiore degli ultimi 70 anni, è che non solo non si interroga sugli scenari dell’economia ma li subisce; non solo non si pone il problema della crisi della democrazia, occupandosi invece di questioni regolamentari o procedurali (le primarie, il voto in Rete, la riforma in senso governista delle assemblee legislative), ma soprattutto non sa dare un senso a se stessa. Quando De Giovanni proclama la crisi strutturale del liberalismo, molti avranno il timore che il filosofo stia per pronunciare parole palingenetiche che alludano a esperimenti sociali improponibili (per tacere di quelli che stiamo già vivendo con l’estremizzazione islamica del mondo arabo-mussulmano e la fascistizzazione dei movimenti populistici in gran parte dell’Europa). Invece De Giovanni ripropone il liberalismo, anche se non ci dice come ridare linfa a questa straordinaria conquista del pensiero politico. Una sinistra moderna. Dovrebbe invece porsi il tema di come si può andare oltre la crisi del liberalismo e quella della democrazia. La frase è impronunciabile oggi perché già sento il borbottio dei benpensanti, di destra e di sinistra, ma va detta: dobbiamo tornare a ragionare su come superare le colonne d’Ercole del capitalismo. Ovvero, se il tema messo così appare esposto alla critica di essere nostalgico, su come si possa immaginare un’altra storia per un capitalismo che sappia rinnovarsi, come del resto ha fatto in questi tempi, avendo, come diceva una vecchia battuta, i secoli contati. Comunismo morto e sepolto. È del tutto evidente che sono improponibili soluzioni palingenetiche intese a creare l’uomo nuovo dentro società autoritarie in cui il bene comune è nelle mani di una casta burocratica che soffoca gli individui. In questo senso il comunismo è morto e sepolto. Dobbiamo però avere l’ardire di pensare che oltre il liberalismo, nella ricerca di un capitalismo riformato, non ci imbatteremo nel faccione di Stalin e neppure in quello sorridente e imbelle di Gorbaciov. Oltre quelle colonne d’Ercole potremmo-dovremmo imbatterci in un nuovo socialismo, cioè in una nuova idea comunitaria in cui libertà economica, ruolo dello Stato, rafforzamento delle misure anti-diseguaglianza, libertà individuale, progetto di comunità capaci di privilegiare il “con” nel definire il vivere collettivo, possano prendere il sopravvento. I tre volti della crisi. È una idea che va lavorata e messa alla prova, ma che parte dalle migliori esperienze riformistiche del socialismo e le cala in un mondo, soprattutto europeo, che fa i conti con l’intreccio fra crisi dell’economia, crisi di valori e crisi della democrazia. È per questa esigenza di dare una risposta all’altezza della crisi dei tempi che il dibattito di oggi, sul referendum, su Renzi, su Di Maio, lascia il tempo che trova. Se posso dirlo così, ci stiamo occupando de minimis, di fenomeni passeggeri, privi di spessore, che saranno travolti da altri fenomeni similari fino a che non entreranno in campo una destra che ci spiegherà come salvare il liberalismo politico e una sinistra che ci dirà (era la domanda di Aldo Moro a Berlinguer) quali sono gli elementi di socialismo da introdurre nella società. La destra e la sinistra moderne devono partire da qui. La destra, ignorando Brunetta e Salvini. La sinistra considerando Renzi e l’antirenzismo ormai anticaglie. Decenni fa si diceva che chi ha più filo tesserà più tela: io penso che oggi si dovrà dire che chi avrà più capacità di unire le società, lasciando intatte dialettica e conflitti, potrà alla fine vincere.

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