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giovedì 6 giugno 2013
Francesco Maria Mariotti: Turchia
No, non chiamiamola "primavera turca", è giusta la prudenza che viene suggerita dal dossier dell'Ispi che vi segnalo. Anche perché con la Siria nella situazione che sappiamo, non possiamo augurarci una crisi totale del sistema turco (che è comunque fondamentalmente democratico) simile a quella c'è stata in altri paesi; una situazione di emergenza rischia di suggerire mosse avventate a un Erdogan che ha dato spesso l'impressione di voler forzare la mano, in casa e all'estero.
Epperò, il segnale che arriva dalla Turchia è comunque importante e da guardare con (prudente) simpatia; proprio perché sembra significare il fatto che c'è una "consapevolezza democratica" e anche "laica" (ma soprattutto democratica, gli articoli di Torelli e Dacrema spiegano bene come la questione islamismo/laicità sia forse "in secondo piano", in questo momento) che non viene meno, e che manda un preciso segnale contro un certo metodo di governo.
Situazione ambigua, come sempre in questi casi, su cui è meglio non semplificare; ma comunque importante anche per noi: da non perdere di vista.
Forse dalle ferite di questi giorni può venirne una democrazia più sana, capace di guarire da alcune malattie e mancanze che si trascinano da tempo; forse potrebbe venirne uno stop a quel desidero ambiguo di staccarsi dall'Occidente, che ha segnato molti passi di Erdogan.
Forse. Speriamo.
Francesco Maria
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[consiglio di ascolto: Vivaldi: la Follia ]
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Iniziata come manifestazione pacifica per contestare la cementificazione di un parco pubblico a Istanbul, il moto di protesta ha presto assunto un carattere politico e antigovernativo coinvolgendo altre 67 città tra cui Ankara e Smirne. I contestatori accusano il premier Erdogan di aver assunto caratteri autoritari e di voler imporre pratiche e valori islamici in una nazione orgogliosa della sua laicità. Negli scontri la polizia ha arrestato più di 1700 persone, riferiscono fonti del ministero dell’Interno, e un manifestante è rimasto ucciso. Un ruolo importate in questa protesta lo hanno avuto i social media, principale veicolo di informazione mentre i media tradizionali hanno prestato scarsa attenzione a questa protesta.
Alcuni commentatori hanno accostato questi eventi alle proteste che hanno interessato la sponda meridionale del Mediterraneo arrivando a parlare di una “Primavera Turca”. (...) questo paragone potrebbe apparire fuorviante. Nonostante le critiche, la Turchia è e rimane un esempio virtuoso di sistema democratico e liberale all’intermo del quadro mediorientale; Erdogan non può essere paragonato ad Assad o a Gheddafi e risulta difficile immaginare una reazione del governo che vada oltre il livello di repressione – di per sé già inaccettabile per gli standard europei – già dimostrato. Non sembra essere in pericolo la tenuta della Turchia come sistema democratico, quanto piuttosto i metodi politici adottati dal partito di maggioranza. Ciò che viene criticato dai manifestanti e che, da anni, viene denunciato da molte organizzazioni non governative e percepito da molti cittadini turchi, ha a che fare con il metodo di governo. Quel 50% di voti totali guadagnati dall’AKP alle ultime elezioni del 2011 rappresenta un’arma a doppio taglio, in quanto da un lato legittima il partito di Erdogan con delle cifre che non hanno eguali in tutto il mondo europeo. Dall’altro, invece, l’alto indice di popolarità rischia di far cadere lo stesso Erdogan nella facile tentazione di governare a colpi di grande maggioranza, proprio forte del risultato ottenuto. (...)
La protesta scuote la Turchia di Erdogan - Esempio virtuoso di sistema democratico ma il metodo di governo è inaccettabile (Ispi online)
(...) Non sembra essere in pericolo la tenuta della Turchia come sistema democratico, quanto piuttosto i metodi politici adottati dal partito di maggioranza. Il Primo Ministro ha dovuto difendersi da accuse come quella di essere un dittatore, ancor prima che un islamista e, in questo contesto, la polarizzazione tra laici e sostenitori dell’AKP torna, ma solo a un livello secondario. Ciò cui si assiste sembra essere la crisi di un partito e di un modello di governo, più che di un paese, ma allo stesso tempo va detto che l’opposizione, attualmente concentrata soprattutto intorno al CHP, deve dimostrarsi capace di rappresentare una valida alternativa all’AKP, altrimenti continuerà ad esservi quella mancanza di copertura del vuoto creatosi intorno al partito di governo che ha caratterizzato gli ultimi 10 anni di vita politica turca.(...)
Turchia, la deriva autoritaria e le falle sistemiche (S.Torelli, Ispi online)
(...) A Taksim ci sono kemalisti, anarchici, nazionalisti, islamisti di sinistra e gli ultras del Galatasasay del Fenerbaçhe e del Besiktas, nemici giurati negli stadi, ma uniti nella protesta contro la polizia. Perfino diversi sostenitori ed esponenti dell’AKP chiedono a Erdogan di dialogare con i manifestanti e invitano la polizia a cambiare la gestione dell’ordine pubblico (...)
Turchia, le ragioni della protesta (M. Colombo, Ispi online)
(...)In questi giorni molto commentatori hanno cercato le radici della crisi del modello turco nell’“islamizzazione strisciante” operata dall’Akp, il quale negli ultimi anni avrebbe lasciato prevalere i suoi connotati islamisti al di sopra della propria fede democratica. Farne un problema di islamismo eccessivo o di fallimento dell’Islam politico può però essere fuorviante e lasciare in ombra alcuni aspetti molto importanti della questione. (...)
Proteste, cosa succede in Turchia (E.Dacrema, Linkiesta)
(...) Il primo ministro vorrebbe che l’assenza di qualunque critica che caratterizza il suo partito si estendesse all’intera società. Non vuole neppure sentire le obiezioni di conservatori, musulmani osservanti e liberali, che peraltro lo hanno sostenuto a lungo. Rifiuta di vedere il profondo malcontento di settori molto diversi della società, che ha provocato l’affermazione del suo autoritarismo. Eppure Erdoğan aveva la possibilità di creare l’unico regime democratico del mondo musulmano capace di destare interesse sul piano internazionale.
Non ha capito che scendere a compromessi con la minoranza, anche se si dispone di una solida maggioranza, non è il segno di una mancanza di potere ma una prova di virtù e che fare mostra di flessibilità quando è necessario non è un segno di debolezza ma di grande intelligenza politica.
Ma anziché fare autocritica, Erdoğan getta benzina sul fuoco e sembra sperare che il movimento di protesta sia strumentalizzato da organizzazioni radicali per meglio screditarle. Dichiarando di voler distruggere il centro culturale Atatürk [Akm, centro congressi, sala per concerti e musica lirica in piazza Taksim] e costruire al suo posto una moschea, il primo ministro spera di ottenere l’appoggio dei musulmani osservanti, ma così facendo rischia di radicalizzare la società e si lancia in un’impresa estremamente rischiosa.
Erdogan Assediato Nella Sua Torre D'Avorio (Presseurop)
Antonio Ferrari (video - Corriere.it) - Erdogan ha un solo nemico. Se stesso
MILLE E UNA TURCHIA, il blog di Marta Ottaviani
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1 commento:
Ci sono ragionamenti da politica estera statuale per la quale i ragionamenti di Francesco vanno benissimo e poi dovrebbe esserci un internazionlismo solidario che non si fa condiziobare dai raguionamenti di litica ester: IL REALISMO SI IMPONE DA SOLO PERCHé è FORZA, MA, SENZA CREARE ILLUSIONI, CHI SI BATTE PER CAUSE GIUSTE DEVE SENTIRE CHE MILIONI DI ALTRE PERSONE SONO CON LUI
Felice Besostri
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