martedì 20 novembre 2012

Lanfranco Turci - Fabio Vander: Una alternativa per l'Europa

da l'unità 17 novembre Lanfranco Turci, Fabio Vander Una alternativa per l’Europa Nei giorni scorsi sono usciti, in contemporanea, alcuni ‘strani’ articoli. Strani per il taglio: al tempo stesso anti-europeista e anti-montiano, ma soprattutto per il dove, cioè rispettivamente su “Sole 24 ore”, “Corriere della Sera” e “Repubblica”. Il più inatteso è probabilmente quello di Marco Fortis sul “Sole”. Un attacco senza sconti all’Europa, che ha deciso “irrazionalmente” di imporre all’Italia “la stessa cura da cavallo applicata a paesi sostanzialmente falliti come la Grecia e l’Irlanda” e “disastrati” nei fondamentali come la Spagna. Gli strali si concentrano soprattutto sul “famoso obiettivo del pareggio di bilancio anticipato al 2013: un vero e proprio esperimento da laboratorio” (voluto da Berlusconi ma portato avanti da Monti), che ha determinato “una recessione senza precedenti nel Dopoguerra” e fatto dell’Italia “l’unica cavia al mondo in questa particolare fase della storia”. Tanto più, aggiunge Fortis, che certe ‘cure’ da cavallo in termini di “rigore estremo” non sono affatto giustificate anche semplicemente stando alle statistiche ufficiali, ad esempio quelle relative a risparmi e consumi privati, disoccupazione e persino rapporto debito pubblico/PIL, che semmai è peggiorato proprio con Monti. Con lui, incalza Fortis, l’Italia “è andata indietro visibilmente”. Sul “Corriere della Sera” è Giovanni Sartori a prendersi la libertà di dire che l’Europa della moneta unica è un “animale assurdo”. Un sistema con una moneta unica fuori del controllo degli Stati, ma senza uno “Stato federale” continentale è esattamente l’assurdo. L’esempio recente dell’Alcoa e sintomatico, dice Sartori, abbiamo perso migliaia di posti di lavoro e un settore strategico come quello dell’alluminio per rispondere agli assurdi diktat delle autorità europee. Il cerchio si chiude con l’articolo di Ilvo Diamanti su “Repubblica”. Senza mezzi termini viene detto che Monti è la prosecuzione di Berlusconi, nel senso proprio che il governo dei tecnici ha “realizzato i principali punti delle politiche (solo) annunciate dal governo Berlusconi”. Monti ha fatto bene quello che Berlusconi faceva male. Quel ch’è peggio è che ha preso decisioni strategiche “su indicazione (imposizione?) della UE e della BCE”, perché “a scrivere, a dettare quel programma sono ambienti finanziari e istituzionali”. È normale ciò? È democratico? Aspettando che risponda il centro-sinistra italiano (ed europeo), risponde Diamanti: no, non lo è. Il governo dei tecnici non fa che perpetuare una vecchia tara italiana, quella del governo delle elites (“quelli che si distinguono dal popolo”, dice Diamanti), dove il potere è del “Migliore”, del “Tecnico”, del “Non-Politico”, soprattutto del “non eletto”. Il problema del consenso e della legittimità intendono risolverlo non favorendo una normale dialettica dell’alternativa, ma al contrario impedendola e lavorando per maggioranze tanto ampie quanto subalterne, subordinate. Il destino ancora oggi è il “governo di larghe intese”. Diamanti richiama a ragione la prima Repubblica con “il Centro che teneva dentro tutto e tutti”. E del resto è noto che il “decisionmaking” dell’UE è basato sul “consensus”, cioè la regola è l’unanimità e comunque maggioranze assai ampie. Concludendo, che i giornali dell’establishment si esprimessero così nettamente contro il governo in carica, di moderati e “tecnici”, oltre che contro l’Europa non s’era mai visto. È un fatto grave e sintomatico. La politica non può non vedere, non capire, non rispondere. Non realizzare che la società civile ci segnala in mille modi da Grillo, a Renzi, appunto ai giornali che c’è un problema enorme di democrazia, di giustizia, di relazioni internazionali, di senso per l’Italia e per l’Europa. Paolo Soldini sull’“Unità” nota che in vista del vertice europeo del 22 e 23 novembre è in corso uno scontro sul bilancio dell’Unione, contro i governi conservatori che vogliono “riaffermare la logica monetarista e ultraliberista”. È dovere della sinistra italiana e di un nuovo centro-sinistra segnare uno stacco e una inversione di tendenza rispetto a Berlusconi, a Monti e alla tecnocrazia europea.

2 commenti:

franco ha detto...

Mi permetto sull'argomento di rinnovarvi l'invio di un mio articolo del 12 Novembre, relativo all'argomento sollevato da Lanfranco Turci Grazie per la vostra attenzione. Franco Astengo

ARISTOCRAZIA DEMOCRATICA

“Aristocrazia Democratica”: il termine con il quale Ilvo Diamanti oggi, lunedì 12 Novembre, sulle colonne di “Repubblica” definisce – con un brutto, davvero brutto, termine giornalistico – il cosiddetto “montismo”, inteso come :” l’élite non elettiva, il ceto degli Eletti non eletti “(le “e” risulta maiuscola o minuscola non a caso).

E premette: “ non è il leader eletto dal popolo che si presenta al popolo come uno di voi…non finge nemmeno di assomigliare agli elettori… perché è diverso e lontano rispetto ai cittadini. Migliore. Un Aristocratico. Competente e accreditato negli ambienti che contano. In Italia. Ma soprattutto in Europa e nel mondo”.

Conclude “..la difficile ricostruzione della democrazia rappresentativa. Logorata da vent’anni di democrazia im-mediata (mediata esclusivamente dai “media”). E da partiti ridotti a oligarchie senza fiducia”.

In realtà il primo pensiero che mi è corso alla mente, nel leggere queste frasi, è stato rivolto alla Repubblica di Venezia, quale esempio vero di oligarchia posta al riparo dal giudizio del popolo e su questa base ho avviato una riflessione che qui schematizzo al massimo: siamo davvero ridotti in questo stato, a questa ipotesi terribile del governo dei “Migliori”(una ipotesi terribile almeno per chi ha vissuto la grande stagione dei soggetti politici di massa, della partecipazione, della presenza politica sotto ogni campanile) .

Il contraltare di questo ritorno Aristocratico, quasi pre-secolo dei Lumi, sarebbe rappresentato questi partiti altrettanto oligarchici, impegnati oggi in una mediazione per loro difficile tesa a conciliare sotto l’ombrello del sistema elettorale (fulcro ricordiamolo delle dinamiche dei sistemi politici: fu l’estensione del suffragio la grande battaglia democratica al tempo della nascita dei partiti operai e socialisti) il mantenimento e la legittimazione di questa Aristocrazia e il mantenimento delle loro uniche ragioni di esistenza: i poteri di nomina e di spesa.

Non solo quale delle due ipotesi potrebbe essere preferibile: il governo del Migliore non eletto, e quello di questi partiti, voraci di incarichi e di finanziamento pubblico, con tutti i parlamentari “nominati” dall’alto.

Quando cerchiamo di scrivere sui temi della difesa della Repubblica Parlamentare, di sistema rappresentativo, di forze politiche di massa sentiamo il brivido dell’isolamento, dell’estraneità anche a sinistra dove tutto è stato sacrificato in nome di governabilità e personalizzazione.

Nessuno ha voglia di riflettere e di cercare di non lasciare in un canto i valori fondamentali di quella che è stata, nella definizione dello stesso articolo la “Democrazia del Pubblico”?

Siamo di fronte ad un’alternativa secca, cerchiamo ancora, almeno in una parte di quella che è stata la sinistra, di costruire la possibilità di poterci dirigere verso ciò stabilisce la nostra Costituzione Repubblicana.

Savona, li 12 novembre 2012 Franco Astengo





claudio ha detto...

chissà: anche i ministri delle finanze che Luigi XVI chiamava uno dopo l'altro per risolvere il buco finanziario del suo regno pensavano di esssere democratici e soprattutto tecnici massoni. Ci giunge notizia che il popolo di Parigi, sempre deplorevolmente intemperante, ha invece preferito prendere la Bastiglia, tanto per accelerare il corso delle vicende. Noi prenderemo Equitalia?