martedì 14 giugno 2011

Franco Astengo: Primavera elettorale

PRIMAVERA ELETTORALE: ALCUNE PRIME PROVVISORIE RIFLESSIONI
Possiamo ben definirla, questa del 2011, come una vera e propria “primavera elettorale”, dal punto di vista della ripresa della democrazia in questo nostro martoriato Paese.
Senz'altro l'esito delle elezioni amministrative e quello referendario non risolve i gravissimi problemi economici, sociali, istituzionali che anni di malgoverno della destra e di adeguamento del centrosinistra hanno arrecato alla qualità del nostro agire politico collettivo e delle condizioni materiali di vita della gente: l'Europa politica appare sempre più in difficoltà, siamo impegnati in guerre neo-coloniali, i diritti dei lavoratori sono calpestati, gli attacchi alla Costituzione si sono, in questi ultimi anni moltiplicati per cercare di affermare una sorta di “Costituzione materiale” fondata su personalismo e populismo cui non si è saputo dare, fin qui, una risposta adeguata.
L'esito elettorale, apre, però la porta ad un mutamento di scenario possibile: certo non immediato, di difficile esecuzione, richiedente passaggi molto complessi ma possibile.
Proviamo, allora, nell'immediato del risultato sui quattro quesiti referendari (e senza entrare nel merito di ciò che hanno rappresentato, sotto l'aspetto della richiesta di un diverso modello di sviluppo e di nuova legalità, di pieno rispetto dell'articolo 3 della Costituzione) a sviluppare alcune considerazioni di prima mano, sicuramente abbisognevoli nei prossimi giorni di approfondimenti e di messe a punto, anche in relazione ad una più attenta lettura dei dati scomposti territorialmente:
1) Per la prima volta da molti anni abbiamo la conferma che l'elettorato è in movimento. Su vari fronti: nelle amministrative ha valso ancora, almeno sulla base delle analisi fin qui compiute, il vecchio discorso relativo al peso dell'astensione che è risultata determinante per l'esito complessivo in alcune situazioni di grandissima importanza, con una relativa volatilità elettorale. La composizione “politica” dell'elettorato che si è recato alle urne in occasione del referendum ci indica, invece ( il 40% dell'elettorato di PDL e Lega ha disatteso l'indicazione di astensione venuta dai massimi vertici dei due partiti) l'emergere di una “trasversalità”, che certo si dimostra – come cercheremo di argomentare meglio- attorno a “single issues” e non su istanze complessive, potenzialmente propedeutica ad una ripresa di mobilità nelle scelte elettorali come ormai non si ravvedeva più almeno dal 1994, con la modifica della legge elettorale nel post-Tangentopoli e la sparizione dei grandi partiti di massa;
2) Nell'afflusso alle urne e nella composizione per il voto al “SI” emerge sicuramente (avremo dati più certi nei prossimi giorni) un peso rilevantissimo del voto giovanile: quello “vero”, delle ragazze e dei ragazzi tra i 18 e i 25 anni ( non i “falsi” giovani quarantenni, tanto per intenderci). Non possiamo intendere immediatamente questo segnale come una richiesta di “ritorno alla politica”. E' evidente, però, che questo elemento si misura, prima di tutto, con la concretezza del dato rappresentato dai quesiti referendari e, di conseguenza, misura già l'idea di un diverso modello di sviluppo (come accennavamo poc'anzi) quale nuovo “cleavage” (frattura sociale) generazionale. E' la prima volta in assoluto che ciò accade in Italia. Così come, in relazione al voto amministrativo espresso da generazioni di maggiore età abbiamo assistito all'approvazione di meccanismi nuovi sul terreno della personalizzazione della politica e del rapporto con i soggetti organizzati: ci riferiamo, in particolare, a Milano laddove toni e contenuti della campagna elettorale sono stati ben diversi da quelli usati dalla sinistra e dal centrosinistra in situazioni precedenti;
3) Il voto referendario ha offerto, infine, un panorama di “riunificazione” del Paese. In un primo tempo i dati della partecipazione al voto avevano fatto pensare all'emergere di una profonda spaccatura tra le diverse aree geografiche. Alla fine, però, pur nelle differenze evidenti il “quorum” è stato raggiunto pressoché dappertutto. Un dato per nulla scontato, anche perché è bene ricordarlo, il sistema politico italiano è privo di partiti “nazionali”, capaci cioè di essere diffusi omogeneamente su tutto il territorio ed avere, pur nelle logiche difformità, un radicamento territoriale adeguato. Un segnale importante questo della lettura del voto sul terreno geo-politico che dovrebbe essere raccolto con attenzione.
Ci rivolgiamo, infine, alla sinistra.
Appaiono evidenti due cose: la prima che il tema più urgente è quello di rispondere alle esigenze di “azione politica” oggi identificata attraverso questioni specifiche e concrete, come quelle poste dai quesiti referendari, in termini di traduzione possibile in un praticabile progetto di alternativa.
Questo progetto di alternativa ha bisogno di una adeguata soggettività politica, unitaria, rappresentativa, capace di modificare seriamente l'orrendo “agire politico” che ha albergato in Italia nel corso di questi ultimi anni.
Potrebbe aprirsi, questa è l'indicazione, una inedita “fase di transizione” alla quale attrezzarsi e per la quale tutti gli attuali soggetti appaiono inadeguati.
Non servono, a nostro giudizio, improbabili rimescolamenti sulla base di “leadership” personalistiche, ma una rivalutazione seria delle idee di unità, di progetto, di programma, di capacità di rappresentanza politica che stanno nella nostra storia e che vanno riprese ed aggiornate, per ricostruire la nostra identità.
Il tema della qualità della democrazia, così come descritta nella Costituzione Repubblicana, deve essere considerato centrale, rappresentando così il punto di riferimento per il futuro.
Savona, li 13 Giugno 2011 Franco Astengo

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