lunedì 9 maggio 2011

Peppe Giudice: Oltre il racconto, il progetto

Oltre il racconto: il progetto.
pubblicata da Giuseppe Giudice il giorno lunedì 9 maggio 2011 alle ore 15.24
Oltre il racconto: il progetto.







Da socialista ho aderito con convinzione a SeL (forse con maggior convinzione rispetto a quando, sciolti i laburisti, aderiì ai DS). In essa ho letto la concreta eventualità di ricostruire una speranza per la sinistra italiana. In verità in Sinistra Democratica avevo già intravisto la possibilità concreta di costruire un nucleo fondante di una sinistra socialista anti-blairiana. Sd avrebbe dovuto accollarsi essa l’onere di costruire una Costituente per il Socialismo Europeo e non lasciare la parola socialista in mano all’opportunismo postcraxiano di Boselli. Ma, da un lato le elezioni anticipate (che tagliano le gambe ai migliori progetti politici) , dall’altro il post-berlinguerismo, forte in dirigenti come Mussi e Fava (sì al socialismo europeo – no al socialismo italiano) hanno mandato all’aria un progetto interessante. E costretto me ed altri ad aderire all’ennesima mascherata dello SDI – la improbabile Costituente Socialista (che pretendeva di mettere insieme Spini ed Angius da un lato e De Michelis dall’altro!!!). Fortunatamente per me quella esperienza durò pochi mesi (rientrai in SD sia pur in posizione criticamente socialista).

Ma con SeL si riapriva la possibilità concreta, soprattutto dopo la liquidazione della sinistra voluta da Veltroni, di poter ricostruire una sinistra aliena sia dall’antagonismo improduttivo che dal moderatismo subalterno . Certo SeL si è finora basata su due elementi che sono estranei al mio modo di concepire la politica: il leaderismo mediatico e la mitizzazione delle primarie. Essendo contrario al maggioritario sono contrario alle primarie.

Ma nella grave eccezionalità della situazione italiana l’esposizione mediatica di Vendola e l’uso “di sinistra” delle primarie sono servite comunque. Intanto a spostare il voto critico verso il PD dal qualunquismo sguaiato di Di Pietro ad una posizione politica di sinistra (ed è un grande risultato). In secondo luogo Vendola è l’unico, sia pur nella forma letteraria del suo “racconto” , che ha parlato al paese della condizione dei lavoratori, della povera gente, dello stesso ceto medio impoverito, quando questi temi sembravano del tutto spariti dalla agenda di tutte le forze politiche (tranne che di Rifondazione, che li affronta però con un linguaggio astrattamente ideologico da anni 50). Certo porre i temi della gravissima questione sociale generato dal liberismo condiviso della II Repubblica, con una chiave di lettura moderna, avrebbe dovuto essere compito di un partito che si dichiara socialista. Ma sappiamo tutti che il nencinismo è la forma più penosamente perversa di post-craxismo, tant’è che si colloca a destra del PD (con il direttore di una testata gloriosa come Mondoperaio che firma un manifesto comune con un liberale di destra ammiratore di Bush e della sua guerra preventiva!).

Ecco l’importanza di SeL in questa fase.

Ma oggi SeL, soprattutto dopo le amministrative dovrà sciogliere dei nodi seri. Le primarie sono un’arma spuntata; il leaderismo rischia di ritorcersi contro se stesso. Insomma SeL, anche se si definisce come formazione provvisoria, non potrà non definire il suo profilo identitario, e non è cosa semplice. Il problema di fondo della sinistra italiana è quello di ridefinire il suo rapporto con il socialismo (cosa diversa dalla semplificazione della “questione socialista”). Non si sfugge a questo nodo.

La crisi del capitalismo liberista rende superate le derive liberaldemocratiche della sinistra (solo il PD ci crede o fa finta di crederci). Il comunismo (figlio degenere del socialismo) si è rivelato poco più che un mito (da progetto liberatorio si è presto trasformato in un incubo totalitario piena negazione di socialismo e democrazia).

L’esaurimento delle esperienze socialdemocratiche del 900 (dovuto a processi di mutamento strutturale) non elimina affatto il valore fondante per la sinistra (anche quella del nuovo secolo) del socialismo democratico, umanistico e libertario. E comunque non ci fa partire da zero, perché le conquiste storiche di fondo della socialdemocrazia sono una base di partenza da collocare in un contesto nuovo. Il socialismo deve ritrovare se stesso come critica democratica al capitalismo e progetto di trasformazione sociale. Passare dal racconto al progetto; cioè dall’evidenziare i mali ai metodi per combatterli è la vera sfida per la sinistra.

In una fase in cui il PD è muto ed incapace di esprimere una posizione che vada al di là della pura e semplice denunzia dei guasti della destra, occorre una sinistra di ispirazione socialista e popolare in grado di innescare quel processo di scomposizione e ricomposizione (parole forse abusate) su cui fondare qualcosa di serio ed importante.

Come Network ci stiamo impegnando in un lavoro di ricostruzione culturale della sinistra. Un lavoro importante perché la II Repubblica ha svolto un ruolo distruttivo in tal senso. Liberare la sinistra ed il socialismo dall’ulivismo, dal postcraxismo, dalle ipoteche politiche e culturali delle lobby (in primis Scalfari e De Benedetti), dal qualunquismo e dal giustizialismo è una opera forse titanica ma che val la pena di intraprendere. Anche perché, in caso contrario, saremo irrimediabilmente sconfitti.





PEPPE GIUDICE

11 commenti:

gim ha detto...

Caro Giudice,

A volte, forse ti fai prender dalla foga e, se posso permettermi, Ti faccio osservare che una maggior attenzione nell’uso delle parole eviterebbe forse cadute di stile e di rigore concettuale. Se invece tutto quanto scrivi corrisponde a tutto quanto pensi, allora occorre un chiarimento. Passi la Tua affermazione sbrigativa sull’incompatibilità tra liberalismo e socialismo: questione che meriterebbe ben altri approfondimenti, e che sarebbe più corretto esprimere come “incompatibilità” tra particolari modi di vedere il liberalismo e particolari modi di vedere il socialismo, e viceversa, posto che solo una visione dogmatica può dare, sia del pensiero liberale, che di quello socialista, interpretazioni univoche e non storicamente relativizzata.

Ma quando leggo, come oggi, che “la crisi del capitalismo rende superate le ‘derive’ liberaldemocratiche della sinistra”, vorrei ricordarTi che è grazie a queste derive che si è affermata la democrazia, o comunque si è passati da regimi autoritari a regimi più aperti. Se ben Ti ricordi, nella conferenza-stampa di presentazione di SeL (non SEL), a marzo 2010, Achille Occhetto affermò che la libertà precede la democrazia, e quest’ultima l’eguaglianza: profonda verità storica ed anche concettuale. Nessuna eguaglianza, cioè nessun socialismo, è possibile se non nella democrazia.

Ed allora, se il “lavoro di ricostruzione culturale della sinistra” su cui il network, o suoi esponenti, si impegnano, dovesse partire dal considerar come “deriva” superata la liberaldemocrazia, vorrei capire di quale socialismo si parla: Ti piaccia o meno questo termine, la liberaldemocrazia è la forma politica di tutte le democrazie oggi (e ieri) esistenti, tutte ispirate ad un processo che ha avuto avvio con la Rivoluzione Americana, e che è proseguito nelle esperienze europee dei due secoli trascorsi. Negare ciò è un falso storico e culturale, a meno che ci si intenda ispirare ad altri modelli, che non mi pare abbiano dato prove esaltanti, ivi comprese le cosiddette democrazie popolari, anche quelle più lontane dal modello della Grande Madre Russia, come fu quella jugoslava (Milovan Gilas ne seppe qualcosa).

Allora, sembrandomi che una discussione su questi temi sia di fondamentale importanza per passare, come dici Tu, dalla “narrazione” al “progetto”, è opportuno che questa discussione vada fatta senza ricorrere ad affermazioni che rischiano di inficiare il rigore dei ragionamenti.

Cordialmente,

Gim Cassano

giovanni ha detto...

Personalmente, credo che valga sempre il vecchio motto rosselliano: socialista nei fini, liberale nel metodo. Certo, c'è metodo e metodo (come ci sono liberali e liberali e socialisti e socialisti...). Ad esempio, anche Piero Ostellino pensa di essere il detentore dell'unico metodo liberale....

mario ha detto...

Personalmente, caro Cassano, da socialista "occidentale" e rosselliano, ho sempre dato per scontato che il Socialismo o comprende democrazia e liberalismo (da quello illuminista a quello di Stuart Mills....non oltre) o non è.
Nessuno può negare (e non lo negava neppure Marx) che l'idea liberale manifestatasi fino alla Rivoluzione industriale ottocentesca avesse un senso ed una forza autenticamente democratica, repubblicana antireazionaria ed antiautoritaria..... ed in tal senso prodromica dello stesso Socialismo democratico europeo.
Ma dalla Rivoluzione industriale in poi non è stato più così....o almeno, non è stato più così in netta prevalenza, fatte salve ovviamente quelle correnti di pensiero liberale molto minoritarie che poi abbiamo inteso definire con una certa approssimazione "liberalismo di sinistra" (a tali correnti ascriviamo tuttora il corposo ma negletto pensiero di un Gobetti, di un Calogero...per fare solo qualche esempio italiano).
La casa liberale è insomma diventata sostanzialmente la casa "liberista" o meglio "iper-liberista" con tutte le sue degenerazioni, contraddizioni e potenziale antidemocraticità.
So bene che molte delle nazioni moderne basano la loro forma di governo sui principi liberaldemocratici......ma è qui che bisognerebbe approfondire il senso ed il significato storico dei concetti!
Ed allora chiedo: perché continuano a definirsi liberaldemocratiche quelle società e quegli Stati che permettono ed anzi incentivano lo sfruttamento ed il deterioramento progressivo e "ad libitum" del Pianeta nel nome di un consumismo sfrenato e disumanizzante?
Perché in molti casi le stesse società e Stati, in nome sempre della liberaldemocrazia (e con buona pace - è il caso di dirlo - di pensatori liberali come Aldo Capitini), continuano a praticare la tortura, la pena di morte e soprattutto a proporre, appoggiare e propagandare presunte "guerre preventive di esportazione della democrazia e di garanzia della sicurezza internazionale" che in realtà rappresentano quasi sempre e solo ipocrite coperture di volontà egemonico-imperial-economiche globali?
Perché in nome della stessa liberaldemocrazia molte società e Stati non ostacolano ed anzi incentivano le crescenti diseguaglianze socio-economiche mondiali prodotte dalla globalizzazione liberista?
Le domande potrebbero continuare a lungo. Ma le risposte convincenti in difesa di "questa" liberaldemocrazia dubito che arriveranno.
Mario Francese

felice ha detto...

Il Network per il Socialismo Europeo nella sua dichiarazione di intenti riconosce gli apporti liberali e libertari al socialismo democratico. Nel XXI° secolo non ci si può limitare ead essere liberaldemocratici o socialdemocratici come nel XX° soltanto in questo senso sono superati
. Paradossalmente è più attuale il manifesto liberalsocialista del 1941

luigi ha detto...

Dalla lettura del contributo di Giudice qui sotto riportata a cui si
riferisce Cassano non ritrovo, sarò cieco, la frase incriminata
"incompatibilità tra liberalismo e socialismo"
forse in un'altra esternazione del Peppe ?
Ci devo credere se Cassano lo riporta.
Comunque sia io personalmente con tutta la simpatia per Peppe, su
questo prunto non ci passerei proprio sopra, essendo per me
perfettamente compatibile liberalismo (non certo il liberismo la
deriva criminale del liberalismo in economia) e socialismo, essendo
il liberalismo pilone centrale del liberalsocialismo di Calogero-
Capitini, superamento del marxismo in quanto materialismo storico,
in quanto socialismo scientifico, ecc. L'ho anche ribadito a Livorno
nel nostro convegno.
Per quanto riguarda invece le cosiddette
" derive liberaldemocratiche della sinistra", non posso che essere
d'accordo con Cassano, mi è testiomone Turati!
Bunon dialogo a tutti.
Luigi Fasce

peppe ha detto...

io credo nella profonda autonomia del pensiero socialista sia rispetto al comunismo che al pensiero liberaldemocratico. Che io non disprezzo, ma che non mi appartiene. Il socialismo è il superamento storico (e non la negazione) del liberalismo. Come ha ben messo in evidenza Massimo Salvadori il socialismo ha operato una rivoluzione coperanicana nel concetto di cittadinanza estendendolo dalla sfera politica a quella sociale ed economica. Otto Bauer e George H Cole sostenevano che il socialismo è l'estensione della democrazia dalla sfera politica a quella sociale ed economica. E ciò comporta un salto di qualità rispetto alla vecchia democrazia liberale. Quindi io rivendico la piena autonomia culturale socialista. IL fatto che Occhetto abbia detto quelle cose, mi rafforza nelle mie convinzioni. Del resto Occhetto è l'inventore dell'"oltrismo" rispetto al socialismo. Per me libertà, eguaglianza e solidarietà sono legate in modo sistemico, come mette in rilievo il programma di bad Godesberg. La discussione "sul chi viene prima" non ha senso perchè riflette una visione atratta ed astorica del rapporto tra libertà e giustizia.
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Giovanni ha detto...

L'egualitario chiede l'eguaglianza di tutti in tutto. Il liberale e il socialista si trovano insieme nel chiedere eguaglianza di tutti in qualche cosa. La differenza tra il liberale e il socialista è in quel "qualche cosa". Socialista è colui che tende a chiedere l'eguaglianza di tutti in qualche cosa di più, convinto che in certi casi chiedere più eguaglianza significa anche chiedere più libertà (Bobbio)

luciano ha detto...

Nonostante la mai sopita passione per i temi ideologici, questa volta faccio
fatica a seguire il dibattito innescato da Giudice.
La "parentela" tra socialismo e liberalismo, valorizzata in termini ancora
oggi attualissimi da Carlo Rosselli (tanto che appare surreale che proprio
sulla m.l. del Rosselli si possa svolgere questa discussione), trova i suoi
fondamenti ideologici nella bernstein-debatte di fine ottocento.
Riaprirla oggi come se nulla fosse mi ricorda, perdonatemi, la grottesca
riproposizione della disputa tra creazionisti ed evoluzionisti che ogni
tanto si produce per le uscite del De Mattei di turno (per chi non lo
sapesse abbiamo un vicepresidente del CNR che contesta Darwin ...).
Ovviamente si può sempre tornare a rivangare vecchie diatribe e noi
revisionisti, per definizione, non ci stanchiamo mai di farlo. Però alcune
cose, almeno quando siamo tra di noi, forse potremmo cominciare a darle per
acquisite, o no ?
Ad esempio, che il compito della socialdemocrazia (che è il socialismo
calato nella pratica di governo dei paesi ad economia di mercato) sia quello
di "inverare" le libertà dei liberali mi pare un punto fermo.
Che dunque per la socialdemocrazia siano imprescindibili sia il rifiuto
della negazione di quelle libertà, dunque il rifiuto del comunismo, sia il
rifiuto dell'assolutizzazione di una sola tra esse (quella di iniziativa
economica) a scapito delle altre, dunque il rifiuto del liberismo, mi pare
altrettanto pacifico.
O no ?
Luciano Belli Paci

felice ha detto...

L'uguaglianza deve esserel'obiettivo inun processo di riduzione progressiva delle diseguaglianze, che vanno rimosse specialmente quelle che derivano dal colore della pelle o dall'origine familiare o addirittura del luogo di residenza o dall'accesso ai servizi pubblici universali. Come rimuoverle, a quali diseguaglianze dare priorità deve essere una scelta democratica e nondelle decisioni di un Pol Pot di turno e senza una Stasi, CEKA, KGB che abbia il compito di reprimere le diseguaglianze e di coservare gli orwelliani più uguali degli altri

lanfranco ha detto...

si potrebbe anche cavarsela con la distinzione fra liberta negative e libertà positive.ma non mi convince in generale questo approccio che prescinde dai meccanismi economico-sociali che creano e aggravano le disuguaglianze.basterebbe ricordare l'impostazione di marx che sottolinea la compatibilità e anzi la funzionalità dell'uguaglianza dei citoyens e la disuguaglianza dei bourgeois.In questo trovo giuste ma di seconda istanza o meglio derivate le disuguaglianze di cui parla besostri.Il richiamo alle dittature orwelliane è sempre valido,ma forse potrebbero sorreggerci nella nostra battaglia di più i riferimenti alle clamorose diseguaglianze evidenziate dalla crisi in atto e anzi alla base della sua stessa esplosione.

antonio ha detto...

Credo che l'ircocervo del socialismo liberale, per usare l'ironica definizione di Benedetto Croce, possa dare il senso.
La "liberta" non e' un concetto astratto o addirittura metafisico.
Si ancora nella storia.
Se la mia liberta' possa diventare, in concreto e non in astratto, liberta' dell'altro, di tutti gli altri, ne derivera' il limite (l'altro) e il fine (la liberta' "di "e "da" che riguarda tutti).
La liberta' essendo indivisibile, che' altrimenti non e' liberta' ma "dominio" su altri e contro altri, si realizza epistemologicamente nel metodo della laicita'.
Sul terenno economico-sociale, nell'aspirazione all'uguaglianza, che e' Giustizia e dunque pari opportunita', non discriminazione, perequazione distributiva delle risorse, accesso ai beni pubblici, tutela dei diritti fondamentali della persona, del cittadino e dell'uomo.
Insomma: GIUSTIZIA E LIBERTA'.
Attenzione, come ricordava Emilio Lussu a proposito della fondazione dello storico Movimento a Parigi nel 1929: Giustizia viene prima di Liberta':
Fu la ragione storica per cui si chiamo' cosi' e non LIBERTA' E GIUSTIZIA., l'associazione fondata nel 2002 sotto la spinta di Carlo De Benedetti che e' un'altra cosa.
Antonio Caputo