giovedì 31 marzo 2011

Peppe Giudice: Il "Network" quale interlocutore per il socialismo nella sinistra

IL “NETWORK” QUALE INTERLOCUTORE

PER IL SOCIALISMO NELLA SINISTRA







E’ una fase politica in cui le espressioni associative possono svolgere un ruolo più importante di quelli che definiamo partiti.

Nella II Repubblica è difficile definire tali quelli esistenti, dai più grandi ai più piccoli. Si tratta di agglomerati di ceto politico che tende alla riproduzione della miseria intellettuale e politica di cui sono rappresentanti.

E’ inutile piangerci addosso: questa è l’Italia della II Repubblica.

Ma è ovvio che tra gli aderenti ed anche tra i dirigenti dei suddetti partiti c’è chi avverte tutta la precarietà della condizione attuale.

Il Network per Il Socialismo Europeo è nato per mettere in rete, con forme anche innovative, individui ed associazioni regionali e locali, che sono legati dal minimo denominatore di voler costruire in Italia un partito del socialismo europeo che superi a sinistra il PD e sia il perno della sinistra popolare e di governo di cui questo paese ha grande bisogno.

Per cui ci siamo ritrovati iscritti a SeL, al Ps, al PD a nessun partito, tutti accomunati da un obbiettivo che nessuno dei partiti attuali è in grado di garantire.

Non è in grado di farlo il PD che nasce da una fuoriuscita a destra dal socialismo europeo (ma nel cui corpo c’è comunque il grosso dell’elettorato progressista). Non SeL finora; se non si libera dei residui di movimentismo gruppettaro (ma su SeL voglio fare un discorso più ampio alla fine). Non assolutamente il PS+I di Nencini il quale sbandiera il marchio socialista per una politica di centro (tra PD e UDC).

Ma a parte la perversione politica nenciniana di cercare uno spazio a cavallo tra Centrosinistra e III Polo, è evidente che quello è un ectoplasma politico in fase di decomposizione. Se avvenisse (a mio avviso personale) sarebbe la fine meritata del grande equivoco di una costituente miserabile.

Anche chi troverà eccessivi e forti i miei giudizi, converrà però con me che il socialismo in Italia non lo può rappresentare il partito di Nencini. Non lo può rappresentare nella interlocuzione politica, non lo può rappresentare nel suo progetto.

Anche perché la definizione di una sinistra socialista è cosa che riguarda tutta la sinistra e non solo i socialisti “biografici” (come il sottoscritto).

Per questo abbiamo ritenuto importante (avendone ottenuto positivi riscontri) che tutti costoro che anelano ad una sinistra con certe caratteristiche si mettessero in rete, si confrontassero ed iniziassero a lavorare su un progetto politico di largo respiro. La strutturazione del sito (che tra pochi giorni sarà operativo) ci aiuterà ancora di più.

Ma dobbiamo cercare di allargare quanto più è possibile questo Network, sia per chi sta in rete, sia tramite le nostre personali relazioni.

Finora come Network abbiamo stabilito positive relazioni con pezzi significativi del gruppo dirigente nazionale di SeL, con la sinistra del PD, con settori della stessa FDS. Ora noi dobbiamo essere in grado di stabilire tali rapporti con gli iscritti, gli elettori di queste forze.

Ad esempio c’è tutta la vasta area ex SD in SeL che è nettamente favorevole ad una sinistra collocata nel PSE. Il network può dare loro voce. Idem per la sinistra PD. Dalla capacità di coinvolgere il maggior numero possibile di persone ed associazioni politicamente consapevoli, dipenderà la nostra forza di incidere nel dibattito politico.

Gli inizi sono promettenti. Il Network è nato a Dicembre 2010. Esso ha associato realtà importanti come il Gruppo di Volpedo e la Lega dei Socialisti di Livorno (con queste due realtà abbiamo costruito l’ottimo convegno del 19 Febbraio). E noto un certo entusiasmo.

Ma essendo aderente a SeL, mi preme di dire qualcosa in più su di essa.

SeL nasce come soggetto transitorio in vista di una più vasta aggregazione per confluire in un nuovo soggetto della sinistra. Che si caratterizzasse come sinistra popolare e di governo. Su questo credo che Vendola sia stato chiaro nel suo intervento a Firenze nell’Ottobre scorso.

Quindi non una sinistra confusamente movimentista erede di quella mentalità gruppettara e “post-maoista” che ha caratterizzato l’esperienza di Rifondazione (come ha riconosciuto le stesso Bertinotti, a Livorno).

Ora l’idea di un soggetto transitorio, era in qualche modo legato alla certezza delle elezioni anticipate e fondato sulla capacità di Vendola, alle primarie, di sfondare tra l’elettorato PD.

Le elezioni non si faranno. A questo punto si potranno fare a scadenza naturale nel 2013. Ciò è buono per chi deve lavorare sul medio periodo come noi (Network). Non è buono per una forza che aveva tutto scommesso sulla capacità del leader di scompaginare le carte.

Per cui oggi SEL vive il forte scarto tra un leader che comunque riesce a trainare consenso (forse un po’ meno di qualche mese fa, ma comunque SeL è sopra l’8%) ed un partito che non è riuscito a strutturarsi come tale. E che sconta la forte incomunicabilità tra le componenti che l’hanno formato – SD e ex rifondaroli in particolare. La capacità aggregante di Vendola è paradossalmente molto più forte fuori del partito che in esso.

Gli ex rifondaroli in realtà all’ombra della popolarità di Vendola, stanno tentando di ricostruire una forza movimentista, quando Vendola punta a qualificarsi come leader di una sinistra di governo. SD è quella che ha più creduto nel progetto SeL come capacità di superare le vecchie appartenenze. Ma con il senno di poi ha peccato di ingenuità che le è costata in molte realtà locali.

La verità è che molto forte è scarto politico e culturale tra chi vuole una sinistra di governo, ancorata al socialismo come SD (ed anche qualche singola personalità ex Rifondazione) e gli orfani di un movimentismo gruppettaro che alla sinistra non serve proprio. Alla sinistra oggi serve un grande progetto socialista (che implica cioè la critica al capitalismo) in grado di aggregare un consenso sociale e politico maggioritario su come uscire a sinistra dalla crisi del capitalismo neoliberale. Non ci serve né una sinistra declassata e storpiata alla Covatta né il movimentismo inconcludente dei Paolo Cento o delle Elettra Deiana. Certo oggi di mezzo ci sono le elezioni comunali e provinciali; dopo Maggio Vendola dovrà fare delle scelte forti. L’entrata di SeL nel PSE è di quelle che possono avere forte impatto.

Per tali ragioni mi auguro che il maggior numero possibile di compagni di SeL diano forza al discorso che come Network abbiamo iniziato.





PEPPE GIUDICE



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20 commenti:

felice ha detto...

Sul risultato finale di costruire anche in Italia una forza di sinistra socialista e popolare, che si proponga di governare con propri programmi e leader siamo d'accordo. Non ritengo che una scomparsa del PSI prima che sia pronta la ristrutturazione della sinistra faciliti il compito. Nel Network, nel Gruppo di Volpedo ci sono tanti compagni iscritti al PSI che non possono essere messi in un angolo o considerati come figli di un dio minore. Se cadono effettivamente barriere anti-socialiste in parte della sinistra a sainistra del PD e nel PD, chi è nel PSI avrà argomenti convincenti per spostare l'asse politico deell'attuale maggioranza
. L'inizio di un confronto col PSE e nel PSE è un passo essenziale. Se non viene fatto tutto il resto è un puro wishful thinking.

pier paolo ha detto...

Analisi ineccepibile quella di Peppe Giudice, che condivido in pieno.

Probabilmente viziata - come succede anche per me - da esperienze in specifiche realtà locali.
Questa divisione tra rifondaroli gruppettari e movimentisti e un quadro attivo proveniente dai DS che sarebbe più attento alla costruzione di una sinistra di governo è semplicistica: per quanto mi riguarda ho esperienze del tutto diverse, con compagni di Rifondazione che non sono su posizioni molto diverse da quelle degli Achilliani di un tempo (i milanesi mi capiranno benissimo).
Tra l'altro l'analisi di Peppe Giudice non tiene conto del fatto che, proprio per l'interesse e le suggestioni suscitate dall'immaginifico Vendola, a SEL si stanno accostando molti che potrebbero dirsi genericamente "di sinistra" ma che non hanno esperienze politiche pregresse e che, visto il marasma degli ultimi anni, sono difficilmente etichettabili secondo le vecchie tassonomie.
Chi si illude che SEL sia una riedizione riveduta e corretta dell'orrida e fallimentare esperienza della "Sinistra e l'Arcobaleno" si sbaglia di grosso, e lo dice uno come me, che ad alcune iniziative pubbliche dell'Arcobaleno dovette presenziare per onor di firma, e ricorda con sconcerto, ad esempio, di aver sentito parlare in quelle circostanze una lingua morta, che non era stata più usata - che io sappia - dal tempo in cui frequentavo le assemblee studentesche alla fine degli anni '70...

Attenzione, però, a non focalizzarsi sul tema del tutto astratto - almeno se posto in certi termini: quello dell'adesione al PSE.
Per tutti quelli che, "nuovi" alla politica, ho conosciuto in SEL negli ultimi mesi, questa è questione affatto astratta, che etichetta chi se ne appassiona come epigono moderno dei teologi bizantini.
Quello che si chiede alla politica è ritrovare capacità di intervento sulle situazioni e di governo dei processi, non disquisizioni astratte.

Sul PSI, devo amaramente constatare - e le ultime vicende milanesi mi pare lo dimostrino - che quel partito ormai non rappresenta più nulla.
Porsi il problema di spostare l'asse dell'attuale maggioranza interna in un partito che negli ultimi anni si è avviato (e i dati degli ultimi tesseramenti parlano forte e chiaro) all'estinzione ha la stessa valenza che avrebbe discutere con i Repubblicani della Barbato per resuscitare un polo laico-socialista.
Il "marchio", purtroppo, oggi vale quanto quelli della Talmone o della Grundig, aziende un tempo affermate, ma ora scomparse e dimenticate.
E il personale politico del PSI, se me lo ricordo bene, è settario e litigioso, incapace di vedere al di là del proprio naso, come hanno dimostrato i due fallimenti in rapida successione della Rosa nel Pugno prima e della Costituente poi. Rimanga pure dove sta, inservibile a tutto fuorché a fomentare interessanti e attualissime diatribe sul "craxismo" e sul bel tempo che fu...

Fraternamente,

Pierpaolo Pecchiari

giovanni ha detto...

Personalmente ritengo che la sopravvivenza o meno del PSI sia irrilevante rispetto alle esigenze di rinnovamento della sinistra. Pertanto, ognuno può tenersi le sue convinzioni, senza che ne derivi alcuna negatività. Per i militanti del PSI con idee di sinistra, fra i quali non credo si possa annoverare l’attuale gruppo maggioritario, che cercassero nuovi approdi, ci sono sempre i circoli e gli altri partiti della sinistra. Ciò che invece reputo essenziale per dare inizio ad una nuova fase è la rottura del PD, che nella situazione in cui versa, un partito con due anime e quindi senz’anima, non è in grado di offrire ne motivazioni ideali ne obiettivi pratici di sinistra per creare attorno a sé una vera mobilitazione dei nostri concittadini con idee progressiste. Prima avviene e meglio à. Per vincere occorre che siano chiari gli obiettivi, le parti sociali a cui ci si rivolge e motivazioni in grado di suscitare entusiasmo. A mio giudizio, per conseguire il risultato di ottenere il mandato di governare il paese, occorre l’accordo con ampi settori del mondo cattolico, ma fra partiti diversi e non nello stesso partito. E’ anche possibile che, se la destra continua a combinarne di tutti i colori, la coalizione di sinistra possa vincere le elezioni nella sua attuale composizione, ma ne verrà fuori un insieme così eterogeneo da avere in sé il seme dell’ingovernabilità. Cari saluti. Giovanni Baccalini

mario ha detto...

Vorrei avanzare una critica alle discussioni di questa lista, una critica amichevole ma sostanziale. E' una critica che si può rivolgere a tutta la politica italiana degli ultimi 20-30 anni, ma la rivolgo a questa lista perchè vi ho trovato molte cose interessanti e spero in una risposta.

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mario ha detto...

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La critica è questa: perchè nelle analisi e nelle considerazioni che vengono svolte sulla situazione italiana non si mette al centro la realtà sociale del paese? Cioè quella realtà nuova ma ormai chiara e consolidata negli ultimi 15 anni che oggi costituisce uno strato sociale maggioritario di lavoratori non più manuali. A questi la sinistra italiana rivolge proposte (nei pochissimi casi in cui si fanno proposte) e slogan (nella maggior parte dei casi) che o sono antichi, per intenderci da lotta operaia, nel caso della sinistra radicale, o mutuati senza “traduzione” dalla "modernità" del mercato nel caso della sinistra moderata.

Invece di sicutere della realtà si parla sempre e solo di entità politiche: SEL, il PD, Rifondazione o qualche Circolo o Associazione. In una situazione di democrazia consolidata probabilmente le organizzazioni politiche e sindacali, le associazioni esprimono e riportano gran parte delle istanze della società, o comunque sono capaci, con qualche trauma di adeguarsi ad esse. E' così in Inghilterra, Germania, Francia e Spagna. Non è così in Italia. Noi siamo portatori di un deficit di democrazia. Un deficit che solo nella breve stagione della Resistenza avevamo superato, ma che è stato subito dopo ricostituito con i buoni uffici dei funzionari di altri imperialismi (altra tradizione italiana). Un deficit che ha tenuto sempre lontana, con poche eccezioni, la nostra classe politica dal paese reale.

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mario ha detto...

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Io credo che discussioni e tattiche fatte a tavolino spostando sul campo di battaglia politico carri armati targati SEL, corazzate targate PSI, truppe ausiliarie chiamate Libertà e Giustizia, assomiglino molto alle farneticazioni di Hitler nel suo bunker, quando per contrastare l'avanzata degli alleati spostava corpi di armata fatti di ragazzini di 14 anni o da vecchi riservisti senza armi ne munizioni, credendo di spostare le armate corazzate di Guderian o di von Rundstedt.

Cosa c'è dietro a SEL? Nulla. Un demagogo che si è accorto delle stupidate sparate negli ultimi 20 anni e che, mancando di una qualsiasi cultura economica seria, improvvisa una politica economica. Senza accorgersi che quello che prende per innovazione è solo importazione subalterna di idee, quello che prende per imprenditoria progressiva è solo la rincorsa, sempre subalterna, al mercato, Sono cose cioè che vanno benissimo nei forum delle Manifestazioni fieristiche ma che hanno poco da spartire con discorsi seri di strategia economica. Certo dietro ci sono migliaia di persone, ma come i ragazzini di Hitler sono persone imbrogliate dalla demagogia. Persone arrivate giustamente alla saturazione con Rifondazione o in genere con la sinistra e che vengono illusi da un discorso apparentemente aperto e progressista. Certo è ora che di economia e di lavoro si parli. Ma con che titoli e con che quali capacità di comprensione ne può parlare uno come Vendola? Ma in Italia abbiamo una lunga tradizione di uomini per tutte le stagioni e il signor Vendola è uno di questi. E' la stessa identica cosa già successa con i due dioscuri del PD, tali D'Alema e Veltroni. L'unica cosa incerta è sapere se Vendola finirà in barca a vela come D'Alema o a scrivere romanzetti come Veltroni.

Qui a Milano basterebbe non dico entrare in uno dei mille uffici che si sono moltiplicati nei condomini di abitazione, ma addirittura bussare alla porta di casa del vicino, se si è in buoni rapporti, e chiedere come va, se riuscirà ad andare in pensione, che lavoro fanno i figli per capire cosa è oggi il lavoro in Italia. Quando nel PD o in Libertà e Giustizia si cercava di discutere di precariato si incontrava sempre una resistenza sorda e imbarazzata. Salvo poi scoprire che quasi tutti avevano figli o nipoti precari e molti erano o erano stati precari nelle ultime fasi della loro vita lavorativa. Se ne parla sempre come esperienza individuale (come va tuo figlio? È ancora in stage all'estero? E' tornato in Italia? Gli danno un rimborso spese?) Non se ne parla mai come problema sociale.

Allora quale è il senso delle alleanze con Vendola, con il PSI, con il PD se non è chiaro chi c'è dietro oggi a Vendola, al PD o al PSI o meglio se è invece chiaro che la gran parte della società italiana, proprio quella che crea e produce, dietro queste realtà non c'è?

Forse sbaglio a pretendere da una lista di discussione la finalizzazione sui problemi concreti e la coerenza di un partito o di una associazione. Ma se quelle che ci sono in giro non sono in grado di farlo e continuano a giocare con i soldatini, qualcuno dovrà pure iniziare. Nessuno sta definendo una Agenda per lo sviluppo del paese. Che facciamo? Aspettiamo che Vendola la chieda a Marchionne?

PS, Sono andato a controlllare il contatore del debito pubblico sul sito www.brunoleoni.it che Luigi Fasce ci aveva indicato. E’ a quota 1. 894.446.000.000 cioè se non leggo male mille ottocento novantaquattro miliardi di euro. A fine anno saremo a 2 mila miliardi di euro: la Grecia è a due passi, lo sappiamo già, ma nel caravanserraglio della politica italiana nessuno fa niente.

claudio ha detto...

la rottura del PD è così vicina che a Torino si fanno già i conti su quanti dei consiglieri comunali che verranno eletti potrebbero andarsene se la Margherita decide di passare, più o meno direttamente, al terzo polo. E, purtroppo, lo sfacelo organizzativo del "partito leggero" contrapposto all'efficienza tradizionale dei cattolici, fa prevedere che Fassino vincerà alla grande , ma rischia di rimanere senza maggioranza in consiglio, o di pagarla carissima, come sanno fare i cattolici.
Lo sfacelo è tale che persino una antica sottocorrente manciniana si farà almeno 2 consiglieri, mentre gli ex ds sono al tutti contro tutti...

elio ha detto...

Caro Bellavita, solo per dire che lo spazio per un consistente partito socialista ci sarebbe stato eccome se tutti quelli che ci hanno provato nel dopo Craxi non si fossero presentati come eredi di Bettino ignorando quanti avevano dissentito dal craxismo ma avevano avuto ragione dalle "dure repliche della storia". Ho avuto una frequentazione quotidiana negli ultimi anni della sua vita con Paolo Sylos Labini, un gigante, ignorato perchè nemico dei compromessi e della amoralità della politica. A tutto ciò si è aggiunto l'errore tragico degli ex comunisti che hanno rinunciato alla loro funzione storica di promuovere insieme ai tanti socialisti noti e meno noti una Costituente Socialista. I post comunisti invece hanno scelto di fare il partito democratico che è un ibrido senza Progetto, senza passione politica e civile e senza riferimenti internazionali. E questo nel momento in cui globalizzazione selvaggia, migrazioni bibliche inarrestabili e sviluppo impressionante delle criminalità organizzate diventate la terza potenza economica mondiale, avrebbero richiesto una forza socialista seria e rigorosa capace di elaborare e di governare.Elio Veltri

roberto ha detto...

non si possono tranciare giudizi partendo da un' esperienza di sel come
quella del nord, dove tutto il cetrosinistra ha grossi problemi.
Comunque volevo ribadire che la funzione politica che sel si è data al
congresso fondativo e che noi socialisti di sel sempre possiamo ribadire,
non è quella di esere un nuovo partito di sinistra,ma il seme di una nuova
grande sinistra tutta da costrire. Poi è chiaro che anche il personale
politico di sel può scontare difetti dffusi ai nostri tempi in tutti i
partiti, ma noi socialisti presenti in sel abbiamo pieno titolo a dare un
contributo critico a favore del progetto di Vendola.
Sarebbe bene che tutti i socialisti per la sinistra, ovunque essi si
trovino, anche se non si sentono di stare dentro sel,lavorassero nella
stessa direzione, magari anche evidenziando la contraddizione di qui
compagni di sel che vorrebbero farne un nuovo Arcobaleno.
A ben vedere sel, come partito politico transeunte, è in buona sostanza l'
interfaccia partitico del Network, che svolge in una diversa dimensione un
ruolo di raccordo e di dibattito per una nuova sinistra, pur con l'
importante esplicita vocazione per il socialismo europeo, che purtroppo sel
non ha ancora espressamente dichiarato.
Sollecitare sel, in modo costruttivo e dialogante, e non polemico, verso il
socialismo europeo ( ovviamente premesso il suo riposizionamento a sinistra
in senso chiaramente antiliberista), mi sembrerebbe, soprattutto in questa
fase politica molto fluida, una missione di tutti i socialisti per la
sinistra

giovanni ha detto...

Altrettanto amichevolmente ti rispondo che la tua non mi sembra una critica del tutto giustificata. La discussione sulla mailing list si svolge su piani diversi, talvolta in tempi diversi e talaltra intersecandosi fra di loro. In più di un’occasione io stesso ho criticato l’eccessiva insistenza su temi di relativo interesse e l’eccessiva lunghezza degli interventi. Peraltro, abbiamo posto attenzione all’evoluzione del capitalismo ed alle cause e conseguenze della crisi, ai contributi che vengono da personalità di notevole spessore politico e culturale, come Macaluso, Martinotti e Turci, a ciò che viene emergendo nelle politiche dei maggiori partiti socialisti europei. Taluni di noi sono giunti alla conclusione che l’aggressione capitalistica alla generalità di coloro che vivono del proprio lavoro, resa possibile da un mercato non regolato e da un sistema di potere che si va appropriando anche di segmenti dell’economia estranei al mercato, trattandosi di servizi pubblici che sono per loro costituzione monopoli naturali, sta generando un nuovo blocco sociale maggioritario formato da ceti che vedono progressivamente diminuire i loro redditi e i loro strumenti di sicurezza sociale e che è potenzialmente costituito dalla stragrande maggioranza dai lavoratori dipendenti e da porzioni maggioritarie dei lavoratori autonomi, degli artigiani e dei liberi professionisti. Tale evoluzione è stata percepita dai maggiori partiti socialisti europei, che stanno modificando le loro piattaforme programmatiche ed i loro messaggi; i partiti italiani pare non se ne siano accorti. Per questo personalmente ho chiesto l’accelerazione delle ricerche e dei confronti necessari per produrre il Manifeso di Volpedo 2, la cui redazione è stata peraltro già decisa dal Gruppo di Volpedo. Osservo, incidentalmente, che il Manifesto di Volpedo vigente costituisce il documento programmatico più significativo prodotto in questi ultimi anni dai partiti italiani che si dichiarano progressisti e questo dimostra ulteriormente che il Gruppo di Volpedo e, nel suo ambito, il Circolo Rosselli non hanno mancato di occuparsi di questioni attinenti alla struttura sociale, alla situazione economica ed ai rapporti tra le classi ed i ceti sociali. Cari saluti. Giovanni Baccalini

luigi ha detto...

Caro compagno Saccone,
mi pare che i contributi di questa lista non si mimitino a diatribe
tra pro e contro PD e pro e contro SEL.
Solo aver messo a disposizione - per gentile prestazione di Claudio
Bellavita - il documento di sull'"elogio dell'uguaglianza" - valore
centrale della sinistra secondo Bobbio - di Andrea Nahles,
segret.generale SPD, non è poco. Forse siamo i primi tra pochi a
leggerlo e sentirci all'argare il cuore dopo il ventennio blairista
di tutto il PES. Senza questo recupero del principio valoriale del
socialismo-comunismo eravano senza stella polare di riferimento.
Certo noi del GdV a sperticarci con convegni (ultimo quello di
Livorno di cui si può attingere materiale in
http://www.circolocalogerocapitini.it/eventi_det.asp?ID=339) e
manifesti - di contenuto - per tenere ferma la barra verso laicità,
libertà individuale, economia mista, beni pubblici da riportare in
mano pubblica, programmazione economia, compatibilità ecologica -
niente nucleare,insomma difesa della costituzione.
Da non credere ma Tremonti (governo di destra-teocon) sta elogiando
l'IRI quale rimedio contro le scorribande delle multinazionali !!!
dopo aver schizofrenicamente proposto la cancellazione dellìart.41
della nsotra Costituzione ???)
A questo proposito accolgo l'appello lanciato a Savona e qui
riportato da Astengo di adottare come circolo
www.circolocalogerocapitini.it
l'art.41 della costituzione in attesa che venga adottato dall'intero
GdV.
L'art 41 a mio avviso è la sintesi eccellente del documento "elogio
della uguaglianza" di Nahles dell'SPD. Mi pare che la concretezza qui
non ci manchi. A proposito di concretezza - oltre la mia proposta per
ridurre il debito pubblico - segnalo del mio contributo a Livorno
l'elenco delle cose da fare dal locale al globale e dal globale al
locale.
Per concludere, chi tra SEL, PSI, PD corrisponde meglio ai valori
idee forze sopra indicate?
Ognuno valuti e verifichi. Al momento per me SEL è il partito che si
correla positivamente con questi punti.
Tuttavia SEL deve essere accompagnato nella costruzione della
sinistra socialista in Italia e dunque aumentiamo il GdV e a livello
nazionale l'arcipelago socialista rafforzando il Network per il
socialismo europeo.
Buon dialogante fraterno saluto.
Luigi Fasce

luciano ha detto...

Caro Pierpaolo,
il tema dell'adesione al PSE non è per nulla astratto, per almeno due
motivi:
1) è una sorta di Rubicone, se lo oltrepassano sarà molto (più) difficile
tornare indietro;
2) il problema di Vendola, paradossalmente, è che non è abbastanza
immaginifico: deve elevarsi dalle contese pugliesi ed affrontare il tema
della politica sovranazionale. La politica confinata nei limiti nazionali è
condannata all'impotenza. E' vitale per la stessa sopravvivenza della
democrazia agire in ambito sovranazionale e per farlo occorrono partiti veri
organizzati su base almeno continentale. Aderire al PSE significa capire
che questa è la priorità ed iniziare a lavorare sull'esistente (che è per
ora poca cosa, ma almeno c'è) per attrezzarlo alle sfide del nostro tempo.
Questo, del resto, è il nocciolo della nostra predicazione di volpediani ...
Ciao.

Luciano

mario ha detto...

Ringrazio Besostri, Baccalini e Fasce delle risposte gentili. Devo però dire a Luigi Fasce che la mia domanda era diversa. Non chiedevo chi tra SEL, PSI e PD corrisponde meglio alle idee forza. Il mio problema è “chi tra SEL, PSI e PD conosce oggi le forme concrete con cui in questa società si produce e si crea la ricchezza?” perché questa conoscenza è la base necessaria per qualsiasi idea forza si voglia realizzare.

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mario ha detto...

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Nell'ottocento e nel novecento i partiti dei lavoratori hanno basato la loro azione sulle necessità e le opportunità che dalle condizioni reali del lavoro discendevano e solo su quelle concrete realtà hanno potuto costruire gli obiettivi concreti di eguaglianza. Non si sono cioè limitati a parlare di uguaglianza ma hanno messo al centro i modi concreti per avvicinarsi a quegli obiettivi: la riduzione dell'orario di lavoro, l'istruzione obbligatoria e gratuita, il suffragio universale (può darsi che questo elenco di obiettivi non sia congruo con la realtà storica, ma penso che l'idea sia chiara). Se questi sono oggi stati raggiunti ci si è avvicinati all'uguaglianza, ma non la si è certo raggiunta. Per ciò il problema che si pone è oggi quali sono gli obiettivi maturi oggi per i lavoratori? Questo sembra non saperlo nessuno, visto che nessuno ne parla. E se oggi vengono rimesse in discussione molte delle conquiste dei lavoratori, questo fatto dovrebbe da un lato portare ad una autocritica delle organizzazioni sindacali e politiche che queste conquiste non hanno saputo difendere, autocritica che in Italia non c'è mai stata, anzi, ma dall'altro non può riportare a riproporre semplicemente le vecchie conquiste.

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mario ha detto...

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Cito solo un esempio tratto dallo scritto di Bologna “10 tesi per la definizione del lavoro autonomo”. Si propone per la nuova realtà sociale e produttiva dei lavoratori della conoscenza, la sicurezza della retribuzione che vuol dire certezza dei tempi di pagamento delle fatture. Per chi pensa che le partite IVA siano composte da idraulici e da dentisti ovviamente la proposta sembra assurda, ma per le centinaia di migliaia di giovani precari questa sarebbe una conquista fondamentale paragonabile appunto alla certezza del salario. Ma questo è semplicemente un recupero di vecchi diritti in situazioni diverse. Quella che è invece la frontiera dell'uguaglianza che oggi si pone è il fatto che l'attuale organizzazione del lavoro delega attività imprenditoriali creative ed innovative ai lavoratori. Questa è già la realtà. Una qualunque partita IVA che apre un contratto con una azienda per svolgere una attività di produzione o di servizio, deve costruirsi ogni volta la “conoscenza” della struttura aziendale e dei suoi obiettivi per poter cooperare con essa, deve gestire la sua azienda, anche se composta da lui solo, curando la comunicazione verso gli altri per avere nuovi lavori, contrattare le condizioni, pianificare le attività. Tutte queste sono capacità imprenditoriali che oggi sono messe in opera dai figli degli operai di ieri. Questa realtà è riassorbita facilmente dalla attuale sistema capitalistico: un suo punto di forza (e un suo vero pregio) è la possibilità di essere cooptati nella minoranza che gestisce il potere economico. Ma la possibilità che esiste è molto maggiore. E' quella per esempio di una cooperazione che nel lavoro mentale è di per se normale e che permette una liberazione di capacità creative enorme. Chi ha lavorato in ambienti di innovazione sa quale è la contraddizione delle aziende rispetto all'innovazione: chi possiede uno spiccato spirito leaderistico che è necessario nelle aziende capitalistiche per svolgere funzioni manageriali che sono comunque anche funzioni di controllo gerarchico, manca spesso della capacità di cooperare con gli altri che è la necessità prioritaria per ogni ricerca ed innovazione. Se si potesse finalmente citare Marx senza ricadere nelle diatribe vetero marxiste e nelle letture dogmatiche, ma come un osservatore intelligente ed acuto della realtà, si potrebbe dire che questa è una delle contraddizioni che lo sviluppo delle forze di produzione produce al suo interno e la cui soluzione porta, con un processo storico, allo sviluppo di una nuova forma di produzione. La capacità creativa e produttiva di innovazione di un gruppo di persone che lavorano insieme, non con un inesistente ed idealistico disinteresse personale , ma anzi con un comune interesse e con un sano spirito di emulazione, sono enormi.

Allora la domanda provo a porla così “Credete che treves e Turati avrebbero potuto lottare per l'uguaglianza dei lavoratori se avessero parlato solo di debito pubblico, di guerra di Libia, e di alleanze parlamentari senza innanzitutto conoscere le condizioni reali di vita e di lavoro degli operai e contadini di allora e senza derivare da questa conoscenza gli obiettivi della riduzione dell'orario di lavoro, degli aumenti salariali, del suffragio universale che hanno perseguito ed ottenuto?” Io penso di no. Per cui penso anche che il problema non sia quello di chiedersi, chi tra SEL, PD e PSI sposi in astratto dei valori che poi non saprebbe come far raggiungere ai lavoratori, ma appunto chi oggi è in grado di dare obiettivi concreti all'uguaglianza?

Parlare solo di eguaglianza con qualche accenno sociologico alle performance dei sistemi democratici non basta Ha ragione Pierpaolo Pecchiari a dire a proposito di Anna Nahles che “il documento ... è un po' "leggerino", oserei dire quasi "veltroniano" ma temo che dei documenti italiani di SEL, PD, PSI si debba dire non che sono leggerini ma che sono inconsistenti.

Mario Saccone

luigi ha detto...

Caro compagno Saccone,
sono un po' sconcertato dalla tua replica. Ma come di tutto quanto ho
scritto citi soltanto la coda finale ... l'accennno di andare a
verificare la congruenza tra pensiero e idee forza da noi individuate
e i tre partiti indicati.
Tra l'altro il primo, quello più grande il PD è difficile
considerarlo di sinistra per sua scelta, il PSI, pur idealmente e
secondo statuto e iscrizione al PES, di sinistra si colloca
inopinatamente con tanto di congresso tra PD e l'UDC.
Per SEL bisogna andarsi a leggere Manifesto precongressuale poi
conclusioni Vendola e documenti forum nazionali.
Ma ridetto questo il grosso del mio discorso è stato ben altro ...
ti ho inviato a leggere il mio contributo a Livornore cuperabile con
tanto di indicazione e mi pare che ci siano cose concrete ... tutte
questioni tanto di Marx tanto di Proudhon ecc., di cooperativismo,
ecc., dopo di che non so proprio più cosa si può ancora dire ... io
mi sono sofrzato di leggere tutto il tuo scritto che è certamente
più breve del mio scitto di Livorno. Ma qualche libro pare che si
legga ... "Destra o Sinistra di Bobbio" per esempio io l'ho letto
nell'edizione Donzelli 1994, confido che anche quanto da noi prodotto
abbia prima o poi la dignità di una attenta lettura. Purtroppo lo
sappiamo "Nemo propheta in patria."
Un fraterno saluto.
Luigi Fasce

dario ha detto...

Caro Lucianosono sempre più convinto che la tua decisione di non partecipare ai lavori dell'assemblea del GdV ci priva di un compagno obiettivo, in tutto questo bailamme (Vendola è meglio di... Nencini è il peggiore... Bersani ....) sei uno dei pochi che sa analizzare con la necessaria freddezza (non da tifoso) la situazione politica.Oggi in Italia è del tutto inutile tifare per qualcuno, l'era geologica dei "partiti nazionali" è finita, ed è finita perchè la globalizzazione impone come minimo un livello continentale per poter reggere e rispondere all'urto violento che le grandi strutture finanziarie impongono agli Stati Nazionali.L'OPA di Vendola sul PD è fuori tempo massimo, la discesa del PD di qualche punto ed il recupero di qualche decimale da parte di SEL ormai interessano solo più coloro che confondono politicismo con politica, non più gli italiani, i quali si rendono ormai chiaramente conto della estrema debolezza di una sinistra che non sa fare i conti con la realtà, e sempre di più si ritraggono nell'astensine.Fraterni salutiDario Allamano

mario ha detto...

Gentile Luigi Fasce,

hai perfettamente ragione. Sono stato scorretto nel dare una risposta ad una tua frase senza verificarne il senso complessivo nel tuo discorso. Ne faccio ammenda, con un surplus di vergogna perchè sono solito criticare il mordi e fuggi che imperversa su internet, da Facebook ai diversi thread di discussione tematica e invece, e non è la prima volta, anche a me capita di mordere e fuggire. Spero con questa lettera di rimediare.

Ho quindi provveduto a leggere il materiale nei link che tu hai indicato. E devo dire che come sempre quando si approfondiscono i temi ne è valsa la pena. Cancello quindi la mia critica e la sostituisco con un chiarimento ed una proposta.

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mario ha detto...

Premetto che il tuo scritto ancorchè espresso chiaramente non è banale quindi posso aver frainteso diversi punti. Comunque di seguito esplicito ciò che ho creduto di capire.

Nel tuo intervento a Livorno io ho enucleato due parti. Una che elenca degli obiettivi. Io ne ho disitinti 23 anche se uno degli ultimi si suddivide poi in altri. Lo ho letto un po come un memorandum di principi ed idee. Però se fosse solo per questi obiettivi forse la mia critica sarebbe stata giusta, ma penso appunto che sia più che altro una panoramica sui problemi aperti e si indicazioni generali per le soluzioni.

La seconda parte entra nel cuore del problema e cioè la trasformazione del sistema capitalistico in un sistema "altro", un sistema produttivo controllato non dalla minoranza dei proprietari dei mezzi di produzione ma dalla maggioranza dei produttori. E questo tema lo affronti considerando due casi: il controllo pubblico delle aziende e l'auto gestione. Giustamente secondo me, consideri i primo come un risultato parziale, che infatti coesiste con l'attuale situazione riproponendone spesso tutti i difetti, e invece approfondisci il secondo in modo molto più analitico. In questa seconda parte proponi l'autogestione come strumento del passaggio da un sistema all'altro.

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mario ha detto...

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In sintesi mi sembra di poter dire che tu affronti il problema in quella modalità che gli americani chiamano top down. Parti da considerazioni generali sulle realtà economiche e sulle loro strutture, ne verifichi le caratteristiche nei vari paesi e fai delle proposte che si appoggiano su esperienze di altri paesi e in parte spingono in avanti aspetti già esistenti, come la cooperazione, per proporre alla fine ipotesi di intervento che possano innescare il cambiamento.



Tu costruisci con la tua sintesi un "paradigma operativo" che credo utile. La mia osservazione, che se vuoi è una riproposizione più seria, perchè ora documentata, della mia precedente critica, riguarda l'ultimo passo dell'approccio top down e cioè il collegamento tra le strutture formali più basse, quelle legali ed organizzative, come le cooperative, le piccole e microaziende, e il livello finale quello delle persone che vi operano, le loro condizioni oggettive, il modo concreto con cui viene utilizzato il loro lavoro, il loro effettivo ruolo nella produzione e quindi l'effettiva capacità che questi lavoratori hanno di emanciparsi assumendo il controllo delle forze di produzione.

Questo ultimo livello manca nella tua analisi. Forse tu lo sostituisci con una valutazione antropologia generale di quello che gli uomini sono o possono diventare. Ma ogni processo di cambiamento o di rivoluzione delle forme di produzione, avviene quando ci sono le condizioni e quindi anche quando la realtà delle condizioni umane oggettive genera" il tipo di uomo che può causare quella rivoluzione. Non è un caso che si possa immaginare oggi una presa di controllo delle forze di produzione da parte del lavoratori perchè i cambiamenti prodotti dalle lotte dei loro padri hanno cambiato drammaticamente la posizione dei lavoratori nella produzione. Non più solo in una catena di montaggio, ma anche negli uffici di progettazione, del marketing e della pianificazione e poi nella miriade di microaziende "asservite" che però creano il software che fa muovere le macchine, supporta i processi amministrativi, che gestiscono la comunicazione ecc.

In un certo senso riprendendo il paradigma dell'analisi organizzativa, quello che mi sembra mancare è un approccio bottom up che parte da queste realtà per risalire lungo le strutture organizzative attuali individuandone i limiti e i colli di bottiglia e cercando di ipotizzare diverse forme strutturali. Ovviamente anche nell'analisi organizzativa oggi i due metodi vengono integrati insieme, spesso con cicli che dopo una analisi top down risalgono individuando possibili miglioramenti sulla base della realtà che hanno trovato "in fondo"(e in senso contrario).

La mia proposta è quindi quella di integrare i due approcci. Partendo ad esempio dal basso vedere quali sono le capacità sociali diffuse e come sono inserite oggi nelle aziende, con quali forme contrattuali e con quali "sviluppi interni"; come si presentano nel mondo del lavoro, con quali aspettative ed idee; quale è il loro atteggiamento: passivo o proattivo. Insomma è un universo da conoscere per capire come con questa realtà umana alla base si possa risalire all'incontrario, passando alle forme di autogestione, di cooperazione, ai consorzi ed alle associazioni di aziende fino a livelli dove si possano realizzare direttive democratiche di indirizzo e pianificazione economica.



E chiaramente solo un esercizio, e sicuramente non sono questi discorsi ad innescare il cambiamento delle forme di produzione. Se questa idea dell'evoluzione/rivoluzione delle forme di produzione è vera, questa è già in atto. Si tratta piuttosto di cercare di capire i cambiamenti che questa evoluzione ha già prodotto e di favorirne la diffusione e lo sviluppo.

Mario Saccone