lunedì 1 marzo 2010

AldoGiannuli.it » Archivio Blog » A proposito di abuso pubblico della storia: una strada per Almirante?

AldoGiannuli.it » Archivio Blog » A proposito di abuso pubblico della storia: una strada per Almirante?

23 commenti:

luciano ha detto...

L'analisi di Giannuli è perfetta.
Dietro il dibattito su Craxi - sia pro sia contro - c'è proprio questo abuso
pubblico della storia che lui descrive.
E aggiungo, con noi socialisti in mezzo a fare una volta di più le spese sia
di certe santificazioni che snaturano il Craxi leader socialista (l'oscar va
al ministro Sacconi che a Ballarò, senza neppure arrossire, ha esaltato BC
come grande "avversario della sinistra" !!!), sia di certe demonizzazioni
che riducono l'intera vicenda politica di Craxi -ergo l'intera vicenda
politica del Psi 1976-1993 - a fenomeno criminale.
Ma già che ci sono aggiungo pure una riflessione sull'eterna immaturità
democratica degli italiani, che riemerge anche nel confronto tra Via Craxi e
Via Almirante.
Almirante era onesto, un onesto fascista. Pure Togliatti era onesto, un
onesto stalinista.
Un popolo con un minimo di maturità democratica dovrebbe avere chiaro almeno
un concetto: tra un politico democratico un po' corrotto ed un politico un
po' totalitario ma di specchiato rigore morale bisogna sempre scegliere,
senza esitazioni, il primo.
Noi invece abbiamo centinaia di vie intitolate a Togliatti e prima o poi ne
avremo anche intitolate ad Almirante (e già da alcuni anni la RAI trasmette
con grande rilevanza in seconda serata il "Premio Almirante" e nessuno
fiata), ma su Craxi perfino tra noi scelti frequentatori di questo forum
rosselliano abbondano i Tafazzi ... figuriamoci nell'opinione pubblica
media.
Ed è questa fragilità della coscienza democratica diffusa che, alla fine,
produce Berlusconi come autobiografia della nazione, così come produsse nel
secolo scorso quell'altro cavaliere così onesto, mi diceva un mio nonno
nostalgico, che anche appeso a testa ingiù non perdette dalle tasche neppure
una monetina ...

Luciano Belli Paci

mario ha detto...

Ma Luciano e se io ti dicessi che tra le due figure non scelgo nessuna delle
due tipologie? Se ti dicessi che proprio entrambe le figure mi sembrano
lontane da qualsiasi ideale da presentare ai miei giovani studenti? Se ti
dicessi che dibattere se è meglio un ladro democratico o un onesto
stalinista o fascista mi fa di nuovo venire l'orticaria? Non è questione di
memoria democratica ma di cultura civile sai!! Una civiltà si basa su alcune
leggi e alcune regole, la nostra direbbe che un ladro è un ladro anche se
democratico e uno stalinista o fascista è un fascista o stalinista anche se
onesto (attenzione perché di questo passo ci sarà chi penserà all'onesto
"Franceschini" delle giovani BR e chi vorrà rivitalizzare il panteon dei
politici da emulare riparlandoci di un tal Nicolazzi o di un autentico
baluardo della democrazia italiana come Prandini, il tutto ovviamente per
aprire la santificazione dei formigoniani d'assalto alla Abelli e consorte e
dei Mirko Pennisi di complemento che in fondo da democratici liberali hanno
solo preso qualche tangentina in un pacchetto di malboro!!).

ciao

vito ha detto...

Concordo con Mazzoleni è un problema di scelta che, anche soltanto come ipotesi di scuola, avrebbe senso "teorico" solo in uno Stato Etico. Per le scelte di carattere giudiziario ci sono i codici di Procedura, che grazie al cielo si fondano su astratte fattispecie giuridiche che "fortunatmante", a mio avviso, ignorano le connatazioni politiche. E questa dovrebbe essere la metrica di giudizio anche del popolo in uno stato LAICO e DEMOCRATICO.

luciano ha detto...

Caro Mario, dal tono indignato della tua risposta intuisco che non mi sono
spiegato.
Neppure io ambisco a scegliere tra ladri democratici e onesti aspiranti
dittatori.
Come direbbe l'indimenticato Catalano, preferisco scegliere un democratico
onesto, e magari intelligente, ottimo comunicatore, colto, competente,
cortese ...
Se però si presentasse l'alternativa secca - e a volte non dipende da noi -
non avrei dubbi.
Giovanni Giolitti sarà anche stato il ministro della malavita, ma lo
preferirei a Mussolini.
I democristiani saranno anche stati "forchettoni", ma li preferirei al
fronte popolare guidato da Togliatti.
Per la semplice ragione che il governante ladro lo puoi mandare via senza
spargimenti di sangue, il dittatore no.
Non sono per nulla indulgente con i tangentisti. Sono anzi contento quando
vengono beccati e mandati in galera.
Però, almeno per me, esiste una gerarchia dei "peccati".
I peccati contro l'umanità e contro la libertà sono più gravi di quelli
contro il patrimonio.
Ecco perché le Vie Togliatti e i Premi Almirante mi scandalizzano molto,
anzi infinitamente di più dell'eventuale (e non particolarmente da me
agognata ...) Via Craxi.
Secondo me i tuoi studenti capirebbero. E oso dire che sarebbe anche una
lezione salutare, visto che questo popolo una volta ha scelto il fascismo,
un'altra ha scelto di avere l'unica sinistra ad egemonia comunista
dell'occidente ed un'altra ancora ha scelto Berlusconi (che per paradosso si
è affermato sull'onda della delegittimazione dei partiti corrotti della
prima repubblica).
Un saluto fraterno.

Luciano

giampaolo ha detto...

Non ricordo esattamente, ma mi pare che fosse Deng Tsiao Ping, il dirigente
cinese al quale fu chiesto come si dovesse collocare il Grande Traghettatore,
Mao Tse Tung, nella storia.
L'importante Cinese (che conferma l'antica saggezza orientale), rispose: "noi
abbiamo un modo per valutare le persone: E' la regola del 70/30: se nella vita
uno ha fatto 70% bene e trenta male è un grande uomo, e Mao ha fatto 70% bene
".
Purtroppo vi sono in giro verginelle che pensano che governare un paese ed un
popolo, sia come curare le rose del proprio giardino o coccolare il micio di
casa. Tutte cose che non riscontro dalla storia, ma neanche dalla preistoria.
Rivaluto quindi fortemente il CRISTO che fermò i lapidatori, altrimenti chissa
quante MADDALENE sarebbero state assassinate!
Lo dico da spettatore ovviamente, comprendendo quanto è difficile rimanere se
stessi quando si assumono grandi ed onerose responsabilità, senza che i tuoi
compagni ti aiutino. Bisogna inventarsi /(appunto come Cristo!) la
moltiplicazione dei pani e dei pesci. Oppure lasciar fare agli altri, che
ovviamente non hanno i nostri scrupoli.

mario ha detto...

Caro Luciano è proprio l'idea del dover scegliere che non accetto ne' come
singolo ne' di fronte ai miei studenti. Per la mia idea di politica e di
"educatore" non accetto proprio l'idea di arrivare a dovere scegliere non
posso pensare di potere arrivare nel mio paese a dovermi confrontare su
questo genere di scelte. Un democratico è un democratico se è disonesto è un
democratico disonesto (ossia per dirla in modo assolutamente diretto - non
indignato - se è un ladro lo chiamo ladro e NON lo porterò mai ad esempio
per me e per i miei studenti). Se uno è fascista o staliniano non può essere
un "buon" fascista o staliniano è un esempio di cultura totalitaria che NON
porterò mai ad esempio ne' ai miei studenti ne' per me. Come detto se si
inizia a scivolare sulle scelte o sul gioco della torre si finisce ai
Prandini/Nicolazzi e a giustificare il "buon" Fidel!!
Un abbraccio

mario ha detto...

Se e' per questo mao diceva che non fosse importante il colore del gatto ma che prendesse i topi. Non so se sono perle di saggezza e mi ricorda molto l'uscita di qualche anno fa del nostro attuale premier sulle presunte doti da statista del cavalier benito. Allora ero a lavorare in giappone e la cosa colpi molto negativamente i saggi orientali con sprezzanti commenti sulla nostra italietta in tutte le prime pagine dei giornali. Il problema vero - che mi preoccupa molto- e' che si possano giustificare come idee di verginelle i richiami ai principi etici di fondo di una civiltà'. Le regole etiche o civili richiedono un forte richiamo al loro rispetto del 100% in caso contrario e' l'intera impalcatura civile che salta. Questo continuo tentativo di trovare dei distinguo alle regole e' oggi il principale nemico del fare politica non comprenderlo finisce con il facilitare lo smottamento civile. Se dai condoni si finisce con il ritenere che la regola fiscale vale x gli sciocchi alla fine si diventa il paese occidentale con la maggiore evasione al mondo. Se si ammicca sul tema del genere e si giustificano le quotidiane violenze professionali che le donne subiscono sui posti di lavoro si finisce con l'essere il paese occidentale più arretrato nelle politiche di genere. Se rubare soloi un poco diventa normale si consolida il primato di corruzione. Vado avanti da verginella?non amo il manicheismo in genere ma ritengo sia assolutamente indispensabile sulle regole: vanno sempre rispettate al 100% eventualmente cambiate a sostegno di un progetto civile ma non devono mai essere oggetto di valutazioni un tot al kg. Purtroppo da anni in italia abbiamo anche a sinistra iniziato a definire verginelle chi prova a richiamare questa elementare base sociale. Per la mia esperienza politica ricordo i mitici anni 80 come esempio fulgido di questa volontà' di mediazione " i costi della politica" oggi vediamo che la politica la governa chi detiene i cordoni dell'economia e puo' sostenere i costi. Da giovane un allora liderino già' sovrappeso della fgci su questi temi mi definì socialista utopista e poi social fascista oggi dal suo giornale pontifica da alleato dei neo fascisti e io continuo a difendere da verginella quei principi da minoranza come allora ps per me mao da capo di un paese e' stato lo sterminatore o l''imprigionature di milioni di dissidenti veri o presunti! .

giampaolo ha detto...

Con tutto il rispetto prof Mazzoleni: ho letto molto di uno che la pensava come
Lei: si chiamava Thomas Moore. So che tutti gli altri dalla democraticissima
Grecia antica, si sono sporcate le mani. E non solo per se stessi ma per
perorare e difendere la loro causa. Gesù appunto moltiplicò i pani ed i pesci!

stefano ha detto...

Premetto che sono contrario ad intitolare una strada a Craxi (e ancor più a Togliatti, come già abbondantemente avvenuto).

La regola "cinese" del 70/30 mi sembra ragionevole (poi magari a Mao gli diamo un po' meno di 70 in pagella...)
Nella vita ed ancor più specificamente nella politica, spesso bisogna scegliere il male minore.

Popper diceva:
"Agisci per l'eliminazione dei mali concreti piuttosto che per realizzare dei beni astratti"

E questo è il vero modello da dare ai giovani, senza illuderli che possa edificarsi il paradiso in terra, concetto generatore di dogmi, dittature e, in ultima analisi, sangue.

Temo che l'uomo che prenderebbe 100 nel sistema di valutazione "cinese" debba ancora nascere e concordo totalmente con Luciano.

Stefano Bazzoli

mario ha detto...

Grazie per il rispetto allora. Il tema dello sporcarsi le mani è delicato e diversamente da quello che si può pensare un conto è il "doversi sporcare le mani" dalla necessità di farlo e dalla legittimazione ex ante a farlo. In ogni caso il tema che cerco di mettere a fuoco non è questo ma quello delle regole dove ribadisco non può esistere un"quasi rispetto" o si rispettano e si pretende che lo si faccia o non ci sono regole e si cade nello stato che caratterizza oggi il nostro Paese.

giampaolo ha detto...

Prof. Mazzoleni, se mi permette; io sono inmtransigente come lei. Non oso dire
di più perché chi si loda s'imbroda (Lei, che una qualche parentela veneta deve
averla, sa cosa intendo). Sta il fatto che per questo ho sempre pagato e non
poco.
Però avendo vissuto intensamente un partito e capito quali sono le sue
esigenze di sopravvivenza mi chiedo: I leaders politici che avevano questa
responsabilità, PECCAVANO se chiedevano la carità, o meglio l'elemosina (anche
coatta), restituendo alla collettività (poco incline a perdere tempo con
l'impegno politico o sindacale, come si sa) molto di più di quello che avevano
avuto: libertà, riforme, lavoro, opere pubbliche, sanità, scuola, giustizia,
sicurezza, ecc. ? Ovvio che stò parlando di chi ha dato molto al prossimo non
dei ladri matricolati ed arricchiti a sbaffo!
Non tratto dei dittatori e totalitari appunto perché sono .... dittatori e
totalitarii!
Lei probabilmente mi dirà: I partiti (gli iscritti idealisti?) devono
provvedere. Con le entrate delle feste popolari (i famosi obbiettivi raggiunti
anche quando il cielo si presentava per giorni e giorni inclemente!)?????
Però lei sa anche che per fare politica servono competenze e quando io chiedo
una consulenza ad un economista o ad un gruppo di esperti, devo pagare parcella
(magari in nero). Così ottengo la credibilità del programma/progetto che vado a
proporre cercando i voti di adesione, in quanto nessun politico è tuttologo.
Solo Di Pietro (et similia) lo è!
Ovviamente sto parlando di LEADERS politici, o dei loro segretari
amministrativi, non degli intruffoloni malavitosi.
Siccome sto tram-tram dura da quando è nato l'uomo. Possibile che solo i
socialisti siano dei ladri? Non è che forse è una comoda scusa di gruppi molto
interessati, che temodo (come hano temuto) che qualcun altro in possesso di
risorse possa anche inculcare nel popolo delle sane idee? Personalmente dovrò
farmi un esame del DNA perché non vorrei che fossimo proprio una specie, come
lo sono i Buzzurri, o tutti coloro che hanno la madre sempre incinta.
Per mia scelta ho avuto solo piccoli episodi di insegnamento. In diritto per
la verità. Conseguentemente non posso che essere d'accordo con lei. Ma le
chiedo: perché il Macchiavelli, o peggio il Guicciardini che aveva scoperto la
nebbia che separava il palazzo dalla piazza, approfonditamente trattato da
Gramsci (ma anche dai nostri Vallauri, Ventura, Visalberghi, ecc), stimolava
il "principe" a commettere tutte aquelle nefandezze. Non è questa la morale che
pure ci insegnano a scuola oltre all'arte della guerra?
Non mi cruccerei quindi più di tanto a spiegarlo ai miei allievi, pur
caccomandando loro, alla stregua del buon parroco di campagna, che nmon si
possono commettere peccati mortali e neppure veniali. Mi scusi se insisto ma
reputo l'argomento molto importante per i socialisti ed ancor di più per tutti
gli altri che li hanno eèpurati. Io spero invece nella DEPURAZIONE!

mario ha detto...

Provo a seguire il ragionamento attraverso un esempio concreto che spero possa spostare il dibattito dall'astratto al concreto. Io continuo a considerare assoluta la necessita' di rispettare le regole ma accetto che le regole definite non siano illuministe. Ecco da uomo di economia ma orientato al pragmatismo aziendale l'esempio. Per il nostro futuro idealmente dovremmo sposare il sogno utopistico dell'economia sostenibile se non della decrescita. Ma nel pragmatismo dell'uomo d'azienda ricerco il miglior compromesso pragmatico della sostenibilità' in un sistema che oggi fa fatica a superare l'impostazione legata al consumo come volano dello sviluppo - in sintesi rappresentando le potenzialità' di un sistema attraverso il PIL -! Non e' una sfida facile ne' in teoria ne' - soprattutto - nella pratica. Ma e' una sfida politica e sociale che certo si basa sulla difficile ricerca di un compromesso tra ideale e realtà'. Dove ritengo non debbano esserci compromessi e' nella necessita' assoluta di definire delle regole - figlie loro del compromesso - ma da fare rispettare al 100% non un po' si e un po' no. Questo e' quello che sto provando a dire nel nostro forum se definiamo compromessi sui limiti all'inquinamento ambientale che siano ideali o pragmatici vanno fatti rispettare al 100% - quindi come dire se 1 e' un ladro e' un ladro senza se e senza ma- solo partendo da questo assunto possiamo confrontarci nella ricerca di un compromesso tra l'ideale e il pragmatico. Mi piacerebbe potere riflettere da socialista sul tema della sostenibilità' non su quello del rispetto al 70% delle regole che cercano di garantire uno sviluppo sostenibile xe il 30%variabile generebbe anarchia-autoassolvimento-alibi etc. Proprio come sta succedendo in qs povero paese dove la seconda carica dello stato insulta la norma evocando un fantomatico diritto sostanziale

mario ha detto...

Caro Giampaolo penso di aver già risposto con l'esempio sulla sostenibilità, vorrei però aggiungere un'ulteriore considerazione ossia il fatto che ritengo (può fare riferimento a numerosi studi sul tema alcuni riportati sul sito "la voce.it" che dimostrano in modo inequivocabile che i "costi" della politica registrano un aumento esponenziale proprio nel momento in cui i comportamenti dei politici hanno iniziato a considerare "legittimo" finanziare la politica attraverso richieste più o meno legittime (quelle che sotto tangentopoli abbiamo imparato a conoscere come dazioni). Anche questo è un tema importante si tratta di terribile circolo vizioso, si finanzia la politica attraverso le dazioni, le dazioni generano differenze tra le diverse strutture politiche portando lentamente tutti 8o quasi) a giustificare nuove dazioni con dirette conseguenze sui costi sostenuti per "differenziarsi gli uni dagli altri", per riempire le tv locali di spot, per irrompere nella cartellonistica stradale, per gestire tv, per "comprare" i favori della stampa e via di questo passo. Senza voler fare il "professore" e senza pretesa di insegnare niente a nessuno (qui non si insegna ma si riflette) vorrei che si provasse ad immaginare una politica che si finanzia perché ritenuta utile e necessaria, vorrei che un paese serio trovasse il modo di accettare il finanziamento trasparente per sostenere le idee politiche (nei paesi civili si usa fare così anche dove la politica costa come da noi), l'idea di attivare percorsi virtuosi di fund raising non è quella della vendita delle salsicce o dei panini alla mortadella, come non lo è per le strutture associative che operano nel non for profit e che "vendono" la propria progettualità e la propria capacità di intervento nel welfare o in altri ambiti della società civile.
Quello che non accetto, come dire, politicamente è il fatto che si cerchi di giustificare comportamenti non legittimi per una società civile, lo ripeto per l'ennesima volta un paese civile si da delle regole (quelle si figlie di mediazione) ma deve saperle fare rispettare, se le regole dicono che rubare è illecito lo è anche per chi pensa o si illude (o realmente ) lo fa a fini "sociali". Il tema che evidentemente non sono riuscito a far sviluppare è quello legato al fatto che accettare di mettere in discussione la regola significa lasciare entrare nella società il dubbio (l'alibi) sulle regole e sul quadro sociale e civile di riferimento, dal dubbio nasce l'anarchia o, come oggi da noi, nasce il potere di chi può permettersi di giustificare "socialmente" il non rispetto delle regole. Non posso dimenticare l'attuale primo ministro che all'inaugurazione dell'anno accademico della guardia di finanza ebbe a dire che la pressione fiscale "giustificava" l'evasione. Socialmente questa idea della giustificazione è accettata non solo praticata, ma questo non significa che possa essere legittimata e non lo può anche quando viene socialmente giustificata da logiche competitive, dalla salvaguardia dei posti di lavoro etc etc. E' una mina a tempo per la nostra società. Questo vale sempre per tutte le regole è per questo che insisto non da professore ma da socialista e sono perfettamente d'accordo con Giampaolo non è un argomento marginale io lo considero centrale (e non utopico) per un progetto politico.

sergio ha detto...

Tutto bene ma perchè richiamare la pseudoteoria della decrescita priva di
fondamenta scientifiche e sostanzialmente reazionaria?.
La qualità della crescita e della distribuzione è tutt'altra questione, da
tutti i punti di vista, anche quello socialista.
Sergio Ferrari

stefano ha detto...

Dunque, se uno è un ladro è un ladro, senza se e senza ma.... quindi perché il codice penale prevede pene diverse fra... per esempio....

- Finanziamento illecito dei partiti
- Corruzione
- Concussione

Forse che ciò che legalmente mostra una gradiente di gravità, politicamente invece non deve essere oggetto di alcun distinguo?

Dunque:"le regole vanno rispettate al 100%" Chi non è d'accordo?
OK, ma siamo sicuri di avere nel nostro PC solo files dotati di licenza d'autore, ove necessaria (e non parlo di software o di canzoni, ma intendo anche una bella fotografia del Monte Bianco ricevuta per e-mail da un amico che l'ha scaricata dal web...)
Abbiamo sempre attraversato sulle strisce pedonali quando erano alla distanza prevista dal codice della strada?
Chi non ha mai superato i limiti di velocità in tangenziale? Oppure messo la macchina in sosta vietata?
Io l'ho fatto, (il meno possibile e cercando almeno di non ostruire il passaggio di carrozzelle e vie d'accesso)
Anche questo è un illecito "politico", dato che va contro la collettività, senza se e senza ma... e non cerco scusanti.
Ma sono per questo divenuto un pericolo per la democrazia al pari di un corruttore o di un fiancheggiatore della Camorra?

Concordo sul fatto che le leggi (frutto di compromessi) debbano essere fatte rispettare senza compromessi, ma poi, se NESSUNO le rispetta TUTTE e/o SEMPRE, devo pur scegliere a chi dare il mio voto alle elezioni, facendo classifiche, relativizzando i giudizi, ingoiando rospi.

La vita è piena di "se" e di "ma". Noi possiamo sognare un mondo dove non esistono questi vocaboli, ma poi dobbiamo svegliarci, se vogliamo migliorare il mondo reale.
Non credo affatto di essere un cinico: ognuno pianta il paletto della propria intransigenza dove crede, basta che lo faccia su questa terra. Sulle nuvole i paletti non tengono bene...

Grazie della pazienza per queste mie brutali semplificazioni, dovute in parte alla necessaria concisione.

Stefano Bazzoli

sergio ha detto...

Come si vede che non hai mai dovuto prendere decisioni politiche su
condizioni date da altri o altro.
A fine anni 80 da dirigente sindacale ho dovuto scegliere se far lavorare
1500 donne per alcune notti (ciclo continuo) alla SGS - Thomson oppure
lasciare che la fabbrica di Agrate fosse spostata in Indonesia. In Francia
il sindacato ebbe le mani legate da una legge (socialista) che impediva di
far lavorare di notte le donne (cosa meravigliosa se universale) lo
stabilimento di Grenoble dopo due o tre anni non aveva più una donna ne di
notte ne di giorno.

NB: nel mondo tutte le aziende di semiconduttori facevano lavorare le donne
su tre turni.

Ciao.
Sergio Tremolada

mario ha detto...

Caro Sergio beato te che hai queste certezze, io con grande umiltà provo a capirci qualche cosa poi valuterò (la scientificità) e per quanto riguarda la logica reazionaria non ho così approfondito il tema per potermici addentare in questo modo, leggo, cerco di capire e ne provo ad evidenziare gli aspetti che non condivido o quelli che possono suscitare altre reazioni.

vito ha detto...

Il problema della decrescita sottende un ragionamento di tipo neoclassico da cui non riesce ad affrancarsi, e questo è il problema della differenza che Marx ci ha già spiegato bene tra valore d'uso e valore di scambio. Il problema è tutto lì.
Es. Si può decidere di pagare un professore di Liceo che traduce dal Greco al Latino 5.000 euro al mese (il cielo sa quanto ce ne sarebbe bisogno) e un manager delle FFSS soltanto (sic!) 15.000 euro al mese perchè ritengo che il valore degli insegnamenti del prof. sia tale da produrre valori d'uso sociali molto superiori a quello che oggi si ritiene, e soprattuto approssimabili a quelli di moltissimi strapagati Manager (largamente sopra i loro dubbi meriti). Il problema non è se crescere o decrescere ma qual'è la metrica con cui si misura la ricchezza prodotta. Il PIL non è altro che questo, e non è un "Moloch", ma una metrica molto rozza e consumeristica, funzionale ad una economia che per non crollare è condannata a crescere. Ma questo non è il destino ineludibile di qualsiasi economia anche di mercato.
Pensiamo di quanto si incrementerebbe il PIL se decidessimo che i servizi educativi delle mamme che attendono all'educazione dei figli venisse economicamente riconosciuto. Avremo bambini più sani, molto probabilmente più equilibrati. Migliori cittadini, meno violenza, meno corruzione eccetera, eccetera, eccetera. E questo economicamente è un fatto assolutamente sostenibile dal punto di vista delle politiche di Bilancio persino per l'Italia. Basterebbe redistribuire il carico fiscale. Cosa che tecnologicamente è assoltutamente alla portata. Tramite la società SOGEI che gestisce le basi dati del Ministero dell'economia, la GdF è in grado di sapere qualsiasi cosa su ogni singolo contribuente. Manca solo la volontà politica. Il resto è largamente disponibile in natura già da molto tempo.
Siamo solo noi a "decidere di essere schiavi, disposti a pagare per esserlo" (K. Marx)

Saluti,
va

mario ha detto...

No Stefano ti contraddici palesemente nel tuo ragionamento e da li credo si debba partire. La legge dice che un ladro è un ladro e la stessa legge (ossia le regole che noi abbiamo contribuito a definire proprio attraverso quel meccanismo di razionalizzazione pragmatica a cui ieri facevo riferimento e che se vuoi puoi collegare al tema del 30-70%) definisce le "punizioni" per chi da ladro svolge determinate azioni delinquenziali. Quindi ladro è ladro poi la punizione è coerente con quello che la società ha ritenuto di dovere "punire". La legge non introduce un se o un ma, la legge con la statuizione delle sue regole è figlia dei se e dei ma (che sono appunto il cuore del modello sociale a cui sto cercando di fare riferimento). Ora uso il tuo riferimento viabilistico per chiarire ulteriormente su come la penso.

mario ha detto...

Prima di tutto a mio avviso deve essere chiaro che le regole ci sono proprio perché i comportamenti umani sono portati a generare situazioni difficilmente accettabili in un contesto sociale (la gente per interesse personale parcheggia in seconda fila perché "ha fretta" e giustifica il suo non rispetto della regola con la fretta e con l'attimino no?). La legge cerca di limitare attraverso regole e sanzioni proprio questo nostro naturale comportamento "asociale". Se pensiamo che la nostra "asocialità" naturale debba limitare il senso civile delle regole finiamo (e mi ripeto scusandomi) con il fare saltare il modello sociale che da qualche centinaia di anni abbiamo ritenuto di darci (in occidente) per provare a vivere socialmente. Ora l'esempio che a me ha davvero creato qualche problema "sociale". Ne ho scritto anche sul blog mi pare. Poco tempo fa ho commesso un'imprudenza stradale, una grave infrazione stupidamente. Nei pressi c'erano due vigili urbani di milano che mi hanno fermato (giustamente), dopo la prassi burocratica (richiamino verbale e attivazione delle procedure burocratiche classiche) uno dei due vigili mi ha chiesto cosa avessi da dire. Alla mia risposta "ho sbagliato avete ragione" ha ritenuto lo stessi prendendo per i fondelli, ho impiegato 5 minuti di paziente ragionamento per fargli capire che non lo stavo prendendo in giro ma che davvero ero convinto di avere torto. Alla fine dei 5 minuti si è rilassato (garantisco che era piuttosto duro fino a quel momento perché riteneva di essere davvero sfottuto dal cittadino)e mi ha detto sorridente "sa è normale che ci contestino le contravvenzioni pensavo mi prendesse per il culo". Per chiarire non ero passato con il giallo/rosso ho proprio imboccato una strada sbagliando l'entrata errore grave e netto. Ora se in un paese si arriva a rischiare la denuncia perché di fronte ad una regola non rispettata si trova naturale il riconoscere il proprio errore e se il vigile nella norma ritiene naturale essere contestato a tal punto da considerare una presa in giro una normale ammissione di responsabilità io credo che si sia arrivati al punto tale per cui i se e i ma hanno oggettivamente iniziato a corrodere le basi sociali di riferimento.
Stefano se una regola viene seguita da tutti non serve più ne' la regola ne' le sanzioni diventa cultura diffusa, diventa elemento sociale consolidato, tutte le volte in cui noi riteniamo di potere inserire (ripeto una volta definita la regola dopo un processo di mediazione sociale) i se e i ma mettiamo in discussione il modello sociale che ci permette di vivere socialmente appunto. Infine, sarei sciocco nell'immaginare che le persone siano capaci di rispettare le regole (io per primo come ho dimostrato con l'esempio sulla viabilità) ed è proprio per questo che continuo a ripetere che servono le regole senza se e senza ma, proprio perché l'essere umano ha la tendenza sua "naturale" a comportamenti che spesso si scontrano con la "socialità" insita nella nostra tipologia di esseri viventi. Anche in questo caso mi viene a soccorso un dibattito che ho avuto con i miei studenti, la domanda che mi ponevano era semplice e diretta "la legge se è stupida va rispettata?" loro tendevano a dire di no, assumendosi la responsabilità di valutarne la "stupidità", la norma in questione era oggettivamente stupida ma la mia risposta è sempre la stessa, se una legge è stupida facciamo in modo che socialmente si possa abrogare o modificare ma imponiamoci il rispetto fino a quando non saremo in grado di farla cambiare. Certo rimane aperto il tema delle regole contro la società ma questo è un altro discorso che porta a riflettere intorno al tema della "democrazia e della partecipazione" che magari potremo aprire in un secondo momento.

mario ha detto...

Sergio scusa ma cosa c'entra? Ti rispondo (ammetto di essere un po'
perplesso da questa tua esemplificazione) con qualche considerazione da
imprenditore/manager/studioso. La prima tratta di ambiente, la maggioranza
delle piccole imprese italiane (non solo al sud) ritiene naturale assumere
decisioni "soggettive" sul rispetto delle norme antinquinamento (vale lo
stesso discorso per quelle sulla sicurezza come certo sai almeno quanto me),
la principale motivazione di questi comportamenti è legata al costo che
queste comporterebbero e, conseguentemente, alla giustificazione dell'agire
"soggettivo" per garantire la durata dell'azienda (e, conseguentemente dei
posti di lavoro). Caro Sergio sono giustificazioni reali, concrete ed
aziendalmente assolutamente corrette, ma secondo te da
imprenditore/manager/studioso se mi trovo davanti a queste situazioni devo
prendere le decisioni come ritieni "corretto" fare tu? Io penso che dovrò
agire con attenzione e rispetto alle regole. Certo capisco il tuo punto di
vista ma lo violento dicendoti "visto che in cina i limiti e le attenzione
al rispetto degli orari di lavoro, della sicurezza sul fronte del lavoro etc
etc" visto questo e altro (compreso il tema della pollution) dobbiamo essere
pragmatici rinunciare a quello che riteniamo socialmente corretto e
accettare sull'altare della competitività di lavorare come 100 anni fa (e
poi se qualche donna avrà problemi nel doppio lavoro di madre/moglie/persona
etc etc chi se ne frega avremo salvato i posti di lavoro e se magari
qualcuno si dovesse ferire o dovessimo vivere in una civiltà - chiamiamola
così - disposta a pagare i "costi" della competizione in termini di
abbattimento delle soglie di equilibrio ambientale saremo comunque stati in
grado di competere no?). Per concludere questo tuo esempio sei sicuro di
avere "salvato" a lungo i posti di lavoro? Sei sicuro che dopo sei mesi il
modello competitivo che hai sostenuto non ti abbia portato o non ti porterà
a nuovi equilibri per continuare a "salvare" gli stessi posti? Per
concludere e provare a riportare il ragionamento (provocatoriamente) sul
tema che continuo a sviluppare (regole e società) è persino accettabile (non
per la mia posizione valoriale ma accettabile come società) che una comunità
decida di tornare alla fine dell'800 rinunciando a molte delle regole
sociali che hanno migliorato la condizione di chi lavora, ma, ancora una
volta il tema è quello della società che si da delle regole (seguendo il tuo
esempio per garantire la competizione selvaggia) e le fa rispettare ma
definendole e rendendole sociali appunto.
Vedi Sergio è proprio partendo da queste considerazioni che oggi qualcuno
mette in discussione l'art. 18 dello statuto dei lavoratori, oggettivamente
la competizione oggi richiederebbe un'assoluta libertà di movimento delle
imprese, richiederebbe l'abolizione dei lacci e lacciuoi che (secondo alcuni
oggi al governo) limitano il sistema competitivo, riducono le prospettive di
sviluppo del nostro paese. La stessa logica ha portato a regolarizzare i
rapporti di lavoro indefiniti e flessibili per i nostri giovani, la logica
ha portato a leggi che oggi concretamente hanno generato questo modello
lavorativo. Io ritengo che ideologicamente devo prima di tutto contrastare i
comportamenti illeciti che sono i presupposti di queste norme e poi cercare
di cambiarle per il rispetto di quell'ideale sociale che mi
contraddistingue, ma attenzione se si cede ex ante per pragmatismo o per
"salvare" i posti di lavoro, la società finisce naturalmente con il
trasformare le forzature in regole proprio perché naturalmente il non
rispetto delle regole crea cultura.

vito ha detto...

Concordo con Mazzoleni al 100%.
Domanda siamo proprio sicuri che l'imprenditore sia costretto a non adeguarsi alle regole ambientali a causa della sua struttura dei costi. Io vengo dal sud e lo conosco bene dal punto di vista industriale: ebbene molti (la stragrande maggioranza) di quegli imprenditori (e qui che si innestano le ragioni di Mazzoleni) sono dei Free Riders che esternalizzano negativamente sull'ambiente e sulla società in genere la loro incapacità a fare impresa (che vuol dire investire e rischiare) con la compiacenza di uno Stato (e del blocco sociale che lo controlla) che accetta questra esternalizzazione come leva competitiva scaricando sulla società i suoi costi. E' la mentalità di un capitalismo straccione ed arretrato. Chiagni e fotti mi diceva una volta Giovanni Scirocco. Ed ha assolutamente ragione. L'olivicoltura pugliese ad esempio potrebbe essere di assoluto livello mondiale, se quegli stolti agricoltori non preferissero anzichè innovare nell'eccellenza che quella terra gli consentirebbe, di puntare su eterne fiscalizzazioni degli oneri sociali, truffe comunitarie e pesticidi a go go.
L'acciaio dell'ILVA di Taranto costituisce ancora oggi la prima voce di esportazione di una regione che si dice a vocazione turistico-ambientale-innovativa. E a Taranto la Famiglia Riva (settentrionale) fa la grana sulla pelle della gente. C'e il San Raffaele e uno degli istituti oncologi più avanzati d'Europa, sapete c'è tanta materia prima!!!!
Le regole sono regole. Si gioca con quelle. Questo lo devono capire tutti: cittadini e imprenditori. Solo così si capisce che tipo di effetti sortiscono e si può cambiarle se lo si vuole.
Un ultima cosa la regola 70/30 è una metrica buona per un giudizio storico politico. Nei tribunali non si processa la storia ma singole fattispecie e in quelli si applica semplicemente la legge. I due piani sono distinti e separati. Ci provò a farlo capire Gherardo Colombo ai tempi di Tangentopoli, naturalmente inascoltato per via degli invasata furia giacobina dei Davigo di turno, quello del paese "rivoltato come un calzino".
Saluti,
va

mario ha detto...

Mi e' rimasto in testa il richiamo di tremolada "ragazzo si vede che non vivi la realtà'" Sergio e' 1 amico da quando ero davvero 1 ragazzo e quindi non voglio che le mie riflessioni siano tramutate in sterile polemica proprio x qs ho continuato a pensare alla drammaticità ideologica e valoriale dell'esempio di Tremolada. Ovviamente qs volta rispondo con qualche riferimento economico anche se 1 po' semplificato. Lo faccio tralasciando le considerazioni valoriali ed etiche anche se ritengo che quelle - ossia il rispetto del lavoratore/trice e la salvaguardia delle conquiste sindacali e civili debbano essere al centro del ragionamento a prescindere-. Allora riprendendo l'esempio e associandolo alle considerazioni che condivido di vito la domanda che dobbiamo porci di fronte alla scelta dura tra salvaguardia del posto di lavoro e/o dei diritti elementari delle lavoratrici e' "ha senso porsi su questo piano valutativo?" Tradotto in termini più semplici riteniamo davvero che sia il costo del lavoro e gli orari di lavoro l'unico fronte su cui combattere la battaglia della competizione in quel settore - ma vale in generale x tutti i settori che si confrontano nel mercato-. E ancora dovremmo chiederci "una volta ripreso in mano il pallino della competizione attraverso la riduzione dei costi della M.O e/o l'aumento dell'orario di lavoro ci saremo assicurati il futuro dell'impresa e del lavoro?". Purtroppo x entrambi i quesiti le risposte sono un drammatico pugno nello stomaco per i pragmatisti al ribasso - o semplificatori alla tremonti e mi scusi l'amico sergio x l'accostamento ma chi ha avuto il coraggio di seguire il ministro nelle sue esternazioni potrà' cogliere il nesso logico che mi porta all'accostamento-. Allora, il taglio dei costi del lavoro legato alle ore e modalità' di lavoro non e' il percorso più efficace e nemmeno più produttivo - imprenditorialmente-. Fatta salva una valutazione sul settore - che potrebbe portare a pensare che investimenti in settori obsoleti siano solo sprechi- proviamo ad immaginare che l'esempio si riferisca ad un settore rivitalizzabile. Le uniche strade reali x essere di nuovo competitivi passano attraverso il recupero di produttività' - leggi con riferimento a vito investimenti strutturali magari agevolati e sicuramente controllati - e un rapido e significativo taglio del cuneo fiscale - siamo e rimaniamo un paese pesantissimamente zavorrato dalle tasse sul costo del lavoro e del fare i mpresa. Sul secondo quesito e' facile rimandare a vito, in una cultura imprenditoriale miope e furbetta come quella che oggi caratterizza il nostro sistema un recupero provvisorio di competitività' porta - e mi dispiace x sergio ma ha portato nel periodo in cui lui colloca l'esempio- l'imprenditoria NON ad investire - generalizzo anche se so che cosi non fan tutti- nello sviluppo o in ricerca o in tecnologie o in formazione, porta a seguire le vie della finanziarizzazione o/e dell'immobiliare mentre i competitor investono in ricerca di nuova produttività'. E di nuovo il gap e' generato ovviamente sulle spalle di chi nel frattempo ha ceduto sui propri diritti. Non me ne voglia sergio!