lunedì 4 gennaio 2010

Mario Pirani: Craxi, tema ineludibile

Repubblica di lunedì 4 gennaio 2010, pagina 23
Linea di confine - Non basta una strada Craxi, tema ineludibile
di Mario Pirani

La diatriba toponomastica a dieci anni dalla morte di Craxi andrebbe messa da
parte. Svilisce un dibattito ineludibile perché grava ancora sulle nostre
attuali vicende e seguiterà a pesare fino a quando le reciproche accuse non
saranno metabolizzate. Basterebbe por mente al fatto, ai limiti di un
paradosso mai davvero esplorato, che l'ultima scissione all'interno della
sinistra, a partire da quella del 1921, è stata quella che ha visto una
grossa aliquota di dirigenti e di elettorato socialista passare in blocco
nelle file di Forza Italia. Per chi, come il sottoscritto, ha da sempre
giudicato del tutto stravolgente e inaccettabile l'entrata nell'arena
politica del padrone delle Tv, sarebbe fin troppo facile unirsi al coro e
bollare la deriva socialista come l'esito di una propensione antropologica al
tradimento di classe, ad una conversione al berlusconismo, ad un mutamento
genetico derivante per naturale ascendenza dal craxismo, E chiuderla ancora
una volta qui. Senza mai fare i conti con l'altrettanto naturale e permanente
antisocialismo che i comunisti e i post comunisti, si portano dentro la
pancia da sempre, con zoologica continuità: da quando disprezzavano Turati e
appellava- no Pietro Nenni di social-fascista , fino alle recenti
trasformazioni (Cosa uno e due, Pds e Pd) che ha visto svalutato e irriso
ogni apporto socialista restato fedele alla sinistra, impersonato, per
ricordare qualche nome, da Giuliano Amato e Giorgio Ruffolo, da Rino Formica
e Giorgio Benvenuto, fino ai sindacalisti della Uil che aderirono al Pds, e
così via. Sprezzati e messi da canto per una ragione di fondo: la permanenza
di una scelta che respingeva il nome stesso di socialismo , (passaporto per
l'Europa poi, smarrito per strada) ma impronunciabile per denominare
il “nuovo” partito in Italia. La spiegazione esiste: la scelta, da Berlinguer
ad oggi, è rimasta sempre quella di privilegiare l'alleanza, fino alla
fusione, con la sinistra cattolica e respingere l'unità con il socialismo
democratico. Questo ha portato ad un riformismo azzoppato, timoroso di ogni
ostilità sulla sinistra, da quella di Di Pietro a quella della Fiom, e,
soprattutto, lo ha amputato della sua indispensabile funzione a difesa del
laicismo, nello Stato e nella società. Come non capire che anche tutto questo
ha contribuito alla deriva di milioni di socialisti verso la sponda d'approdo
berlusconiana?
La questione di Craxi s'intreccia con tutto ciò . Non ho spazio per
approfondirla qui. Annoto solo l'intuizione storica di una riconquista di uno
spazio autonomo del Psi, succubo fino al 76 della preminenza comunista,
avvalorata dal consociativismo berlingueriano con la sinistra Dc, era una
necessità per l'Italia. Anche la dilatazione del deficit pubblico fu spinta
dal consociativismo e dalla invadenza sindacale che ne derivava. Senza
autonomia e peso autonomo del Psi nel governo di centro-sinistra, non ci
sarebbe stata la svolta storica della scala mobile e l'inversione di una
inflazione devastante, così come non ci sarebbe stata una scelta europeista
epocale, quando Craxi, al Vertice di Milano dell'85 impose il voto a
maggioranza contro la Thatcher per passare al Mercato unico; così come fu
decisivo il suo intervento per permettere contro il Pci, l'installazione
degli euromissli in Italia a fronte di quelli installati da Breznev, puntati
sull'Europa per ricattarla. Per far questo occorreva un partito dotato anche
di autonomia economica. Di qui la scelta rovinosa delle tangenti, gli
arricchimenti, gli scandali nel clima di cinismo real politik inalberato dal
Capo. il giudizio, però, si è squilibrato da una parte sola: tutta la vita
italiana era condizionata dai costi impropri della democrazia: la Dc inponeva
tangenti pubbliche, il Pci riceveva i soldi prima dall'Urss e poi delle
cooperative. Ma il marchio dell'immoralità è finito solo su Craxi. Il codardo
insulto sfiorò persino i miglioristi del Pci, accusati di filocraxismo. Una
ingiustizia storica che duole ancora.

5 commenti:

Lorenzo P ha detto...

Perfetto. Piraini ha centrato in pieno la questione. Ricordo una citazione di Peppino Caldarola, ex deputato DS, sul Riformista del 16 dicembre 2008: “il voto socialista si è disperso, in gran parte è finito a destra, molti leader socialisti sono a destra, qualcuno minaccia di andarci ora, (…) l’adesione del Pd al socialismo europeo provocherebbe una scissione degli ex democristiani. Stiamo parlando di cose vive, non di fatti e sentimenti di un secolo fa. Per molti ex socialisti il nodo da sciogliere è il giudizio su Craxi. L’anatema contro la sinistra socialista è l’ingombro maggiore tra la famiglia socialista dispersa e il resto della sinistra”.

sergio ferrari ha detto...

Non riprendo l’articolo di Sansonetti perché mi sembra obiettivamente molto debole. Per l’interventi di Pirani, certamente più impegnato, forse i limiti di spazio non gli hanno consentito di superare delle obiezioni che mi sembrano evidenti: come si può sostenere che per fare una politica positiva era necessario ricorrere alla “scelta rovinosa delle tangenti, gli arricchimenti personali….”?. Anche trascurandone la dimensione etica, questa affermazione non sta in piedi. Come la storia ha dimostrato. Che poi il giudizio sia stato squilibrato a sfavore di Craxi perché anche per Pirani vale la scusa del “così fan tutti”, ho già avuto modo di esprimere il mio giudizio del tutto negativo in un precedente intervento.

Che poi ci siano stati dei “socialisti” passati armi e bagagli in Forza Italia, non c’è dubbio, anche perché quella critica alla mutazione genetica connessa con la gestione Craxi e che era stata segnalata sin dagli anni ottanta, un qualche verità la conteneva...

E’ anche vero che i comunisti prima e dopo il crollo del muro hanno privilegiato l’incontro con i cattolici ma questo riguarda tutta un’altra vicenda e che per quel che ci riguarda rappresenta un motivo di distacco proprio dal PD.

Sergio Ferrari

Giovanni ha detto...

a mio parere, Pirani pone in realtà, forse senz'accorgeresene, un'altra questione: il rifiuto persistente, da parte del pci e dei suoi eredi, della cultura socialista in tutte le sue sfumature: azionismo, socialdemocrazia, socialismo liberale. Un rifiuto che va da Giorgio Amendola a D'alema e che, se permettete, è tema più ampio e diverso rispetto al rifiuto del craxismo (su cui, come avete visto, concordavano gli stessi azionisti e liberalsocialisti)

claudio ha detto...

ma io salverei Amendola, che alla fine della sua vita si fece deridere e ignorare dal pomposo e autoreferenziale gruppo dirigente del PCI lanciando la parola d'ordine "a Livorno abbiamo sbagliato, chiamiamoci socialdemocratici"

dario ha detto...

Caro Giovanni
Pirani se ne accorge benissimo, siamo noi che non ce ne accorgiamo,
continuiamo a perseverare, quasi fossimo lo specchio della Stefania Craxi, in
un errore letale per Craxi ma soprattutto per l'idea socialista in Italia.
Continuiamo a demonizzare versus mitizzare Craxi, il quale non è stato nè un
Dio ne un demonio, è stato un politico che ha tentato di risollevare il PSI
dopo la sconfitta degli equilibri più avanzati di De Martino, è stato un
ottimo presidente del Consiglio (ha saputo ridurre l'inflazione, la tassa
implicita sui redditi, dal 21% al 4,7%), ha saputo dare visibilità e dignità
all'internazionalismo dei socialisti (non solo con opere di bene ma anche con
sostegni materiali a tutti), ha combattuto battaglie forti e rischiose.
Di converso non ha saputo governare adeguatamente un partito che già prima del
Midas era un covo di clan di potere (vogliamo parlare di come operavano nel
PSI i cosiddetti manciniani? oppure di come si finanziava anche la sinistra
socialista?), e non l'ha saputo governare perchè al momento della rottura con
Signorile ha scelto di ridare spazio ai vecchi clan, e di aprire a nuovi
adepti piuttosto laschi (o meglio loschi) nella gestione della "politica".
Era il 1983 quando Formica, salendo le scale della federazione PSI di Torino,
pronunciò la famosa frase "il convento è povero, ma i frati sono ricchi".
Craxi è stato tutto questo ed anche di più (o di meno), lasciamo agli storici
la ricostruzione della sua vita, piantiamola di fare i tifosi della curva Sud
(quella nord è presidiata da Stefania e dai suoi ultras della destra, molti
socialisti sono andati a destra dice niente BM?).
Il grave di questo scomposto sbraitare (a nord come a sud) su Craxi continua a
lasciare in ombra la questione più importante: la Questione Socialista.
Pirani lo rileva e rileva da dove viene il profondo anti-socialismo degli ex
comunisti, viene dalla loro pancia, dalla storia di chi, fin dal primo vagito
dopo il 1917, non ha mai smesso di considerare i socialisti social-traditori
o social-fascisti.
É tempo di recuperare la nostra bella Storia, ma per farlo occorre smetterla
con le discussioni tafazziane, perchè così contribuiamo solo a diffondere un
virus letale per noi socialisti: l'incapacità di essere obiettivi, l'ho già
detto altre volte, lo ripeto ancora: due socialisti di fronte a due tesi
diverse non cercano l'unità, la sintesi, bensì la rottura, la scissione.
Oggi siamo però per davvero alla scissione dell'atomo.
Mi fa sempre piacere leggere Peppe Giudice perchè lui cerca sempre di essere
obiettivo e di ricondurre la discussione sui sentieri di un dibattito civile
e di alto livello, molti altri francamente ho difficoltà persino a leggerli.
Dario Allamano