lunedì 4 gennaio 2010

Antonio Giolitti: Vi racconto cos'è il craxismo

GIOLITTI: “ VI RACCONTO CHE COS' E' IL CRAXISMO”
La Repubblica - 20 dicembre 1992
di GIOVANNI VALENTINI
ROMA - Tre lustri fa, all' inizio dell' era craxiana, fu l' ultimo antagonista del leader nascente. Nello storico comitato centrale dell' hotel Midas che a luglio del ' 76 elesse il nuovo segretario del Psi, la sua candidatura venne contrapposta a quella del delfino di Pietro Nenni. Da allora, Antonio Giolitti s' è progressivamente distaccato dal "nuovo corso" socialista, prima per trasferirsi a Bruxelles come commissario della Cee e poi rientrare nelle file del Pci da cui era uscito nel ' 56 dopo i fatti d' Ungheria. A 78 anni ben portati e ancor meglio vissuti, lucido e rigoroso, oggi è il testimone privilegiato di una stagione che finisce, la memoria vivente del socialismo italiano, la coscienza critica della sinistra. Giolitti ha appena pubblicato un bel libro che s' intitola "Lettere a Marta", una lunga riflessione politica dedicata alla nipote trentenne. C' è un capitolo, "Tribolazioni nel Psi", in cui racconta la sua "sofferta militanza" fino al 1985. Adesso, all' indomani della crisi elettorale e giudiziaria che ha scosso il vertice socialista, l' anziano leader ha accettato di aggiornare ricordi e giudizi in un colloquio con "la Repubblica". La sua è un' appassionata e intransigente requisitoria contro le degenerazioni del craxismo nell' arco degli ultimi quindici anni. Ma in questo viaggio ideale "alla ricerca del Psi perduto", compiuto in poltrona nel salotto della sua casa romana, cardigan di lana marrone e camicia sbottonata sul collo, Giolitti segue un itinerario personale che le domande dell' interlocutore non possono interrompere né modificare. Tanto vale, allora, lasciargli la parola.

Undici fogli dattiloscritti
Cominciamo dal 13 luglio 1976. Giolitti estrae dalle sue carte undici fogli dattiloscritti, un po' ingialliti dal tempo: è il testo dell' intervento al Midas, un discorso di tre quarti d' ora sulle sorti del partito socialista. E attacca. "Ricordo ancora bene i titoli dei giornali: ' Duello Craxi-Giolitti' . Ma non fu così. Almeno, io non l' ho vissuta in questo modo. Sapevo che Craxi era il segretario in pectore. Ma circolavano anche altre ipotesi, come quella di Giacomo Mancini. Tutto si svolgeva nei corridoi. Fu lì che incontrai Craxi e gli chiesi: ' Quando parli?' . Lui mi rispose a brutto muso: ' Perché? C' è bisogno che parli?' . Alla fine del mio intervento, Riccardo Lombardi venne a dirmi che s' era commosso. Ma aveva affidato tutto a Claudio Signorile e lui tirava la volata per Craxi". "Al contrario, io non ero sostenuto da nessuno. E perciò non mi sentivo neppure candidato alla segreteria. Feci una proposta di nuovo assetto per il vertice: suggerivo di attribuire maggiore potere a forme di lavoro collettivo, d' istituire alcuni dipartimenti, di predisporre un' articolazione interna meno accentrata possibile. Intendevo aprire un dibattito sul destino del Psi. Fu dopo, semmai, e cioè nel ' 79, quando scoppiò lo scandalo Eni-Petromin e sembrò che Craxi dovesse cadere, che il nucleo dei cosiddetti giolittiani - tra i quali Giorgio Ruffolo e Giuliano Amato - puntò alla mia elezione". "Al Midas, avevo posto una domanda di fondo: sussiste ancor oggi ed esisterà in futuro la ragion d' essere del Psi o di un partito socialista in Italia? Già allora sentivo il pericolo di un tramonto, di un' obsolescenza. Ma la mia risposta era positiva. Quella domanda è valida anche ai nostri giorni. Nel naufragio della partitocrazia, si ripropone la questione del ruolo di un partito socialista, quale che sia la sua denominazione. E credo tuttora che si tratti di un ruolo indispensabile, per le stesse radici storiche e culturali del socialismo". Giolitti fa una pausa, come per collegare i ricordi al presente, e prosegue. "Ecco, oggi ho una grande preoccupazione. Vedo il rischio che la caduta di Craxi porti allo sfacelo del Psi. E invece penso che questo partito dovrebbe essere trasformato, reincarnato. Il Psi non può disperdere il suo patrimonio storico e sparire. Occorre una morte e trasfigurazione, non solo una morte. In questo modo, può nascere anche un nuovo schieramento di sinistra". Subito dopo il Midas, in piena estate ' 76, Craxi offre a Giolitti di trasferirsi a Bruxelles alla Cee. "Non potevo lamentarmi: era una proposta più che dignitosa. Ormai, per me nel Psi non c' era più posto. Mi sentivo emarginato. Mi avevano addossato il ruolo del rivale, dell' antagonista. Non mi restava che ritirarmi in buon ordine e accettare un onorevolissimo esilio. I rapporti con Craxi rimasero cordiali finché diventò presidente del Consiglio. L' unica cosa sgradevole era che bisognava andare all' hotel Raphael per incontrarlo". Al congresso di Torino, nel ' 78, Giolitti vota per Craxi e firma la mozione a suo favore. Pentito? "No, non sono pentito. Lui si presentava come un leader dotato di grande volontà politica, capace di risollevare il Psi dalla situazione umiliante in cui era precipitato, di restituirgli vigore. Voleva rilanciarlo, per farne un partito forte, attivo, pieno d' iniziativa. E soprattutto autonomo, sia nei confronti del Pci sia della Dc, rispetto alla quale noi avevamo ancora un complesso d' inferiorità".

L' unico portatore di verità
"Quando tornavo a Roma da Bruxelles, venivano a trovarmi molti amici. Gente ora in auge, diventati poi craxiani. Non voglio fare nomi. Ricordo solo Nerio Nesi che mi ripeteva spesso ' questo Craxi è un dittatoreé' . E anche gli altri si lamentavano: Bettino è un pericolo pubblico. E' un nuovo duce. E io a rispondere: no, non è così. Calmatevi. A quattr' occhi, riferivo a lui queste preoccupazioni, sollecitandolo a tenere aperto il confronto interno. Ma la sua risposta era disarmante: questo è un partito... di merda, può dare solo grane, non c' è da fidarsi. Si riteneva l' unico portatore di verità. Era molto ambizioso e molto presuntuoso". "Giuliano Amato s' era scelto il ruolo di consigliere del Principe. Quando io segnalavo il pericolo dell' autoritarismo craxiano, mi rispondevano: sì, ma è una forza per il partito. E' un vero leader. Dobbiamo puntare su di lui. Vedessi quando parla alla Camera: stanno tutti ad ascoltarlo. E' un grande personaggio, ha una statura superiore a tutti gli altri. E così dicendo, sono diventati corresponsabili. L' hanno aiutato a ben morire, l' hanno eccitato, supportato acriticamente. E forse sopravvalutato". "Anch' io, certo, sento qualche responsabilità. No, non mi lasciavo convincere. Continuavo a insistere perché il partito non si atrofizzasse, non diventasse l' altoparlante del capo. Mandavo testi, articoli. Ma non combattevo più. Del resto, nel ' 78, Craxi mi offrì la candidatura ufficiale del Psi alla presidenza della Repubblica e io alla fine accettai: come avrei potuto attaccarlo? Poi, fu eletto Sandro Pertini, una soluzione istituzionale. Bettino proprio non lo voleva. I nostri rapporti, comunque, rimasero distesi". La consuetudine s' interrompe negli anni Ottanta, con l' arrivo di Craxi a palazzo Chigi. "Quando cambiava il governo, da commissario della Cee, mi sono sentito sempre in dovere di presentarmi al presidente del Consiglio. Andreotti, Forlani, mi hanno ricevuto immediatamente. Craxi no, fu l' unico a non ricevermi, con la scusa che non aveva tempo. A quel punto, capii che se non gli interessava il mio ruolo, non gli interessava neppure la mia persona. E da quell' epoca, non l' ho più rivisto". "La prima presidenza socialista sembrò a tutti noi una cosa fuori del mondo. Già quando Nenni e De Martino erano diventati vicepresidenti ci era sembrato di toccare il cielo con un dito. La conquista di palazzo Chigi prometteva grandi cose. E invece il riformismo cominciò a svanire. Emergeva l' esercizio del potere fine a sé stesso, gratificante, in grado di assicurare benefici di ogni genere, più consistenti. I craxiani lucravano su questo avvento al potere. Poi, arrivò la rottura con Tristano Codignola e Franco Bassanini: quello fu un test, il banco di prova. Da allora, mi considerai fuori del Psi". "Per Bettino e per i suoi, la guida del governo era una rendita di posizione: e non è solo un' immagine retorica. Mi riferisco a fatti concreti. Vantaggi finanziari. Denari. Cominciò la cosiddetta mutazione genetica. L' unico atto qualificante di governo fu il decreto sulla scala mobile. Per il resto, niente. In tanti anni alle Finanze, con Forte, Reviglio e Formica ministri, che cosa hanno realizzato i socialisti in campo fiscale? Zero. Eppure, quello è proprio il terreno migliore per esercitare il riformismo". "Qualcuno dice che sul piano morale i socialisti sono riusciti a fare anche peggio dei democristiani. Ma all' epoca del centrosinistra, e io come ministro del Bilancio queste cose le ho viste con i miei occhi, i partiti di governo dicevano: noi siamo qui per tutelare la libertà, siamo un baluardo, un argine. Aiutateci. Non si vive d' aria. Ma erano elargizioni gratuite, non tangenti, fornite per lo più dalle Partecipazioni statali. Non c' era scambio politico. Era un circuito pubblico, senza corrispettivo. Poi, invece, la corruzione s' è diffusa capillarmente, fino alle amministrazioni locali. E così è dilagata la tentazione di giovarsi delle posizioni di potere per interessi personali". "A distanza di tanto tempo, continuo a ritenere che per il passaggio a una fase nuova sia ancora indispensabile un partito socialista rappresentativo. Solo che non si vede un titolare di questo ruolo. Per la costruzione di una nuova sinistra, ci sono molti frammenti eterogenei. In questo crogiuolo, occorrono componenti forti, coagulanti. Lo stesso Pds non dà prova di esserlo. Il Psi resta un ingrediente necessario: non sarebbe un fatto positivo né un guadagno per nessuno che si riducesse a un relitto". "Ora la successione a Craxi è difficile, molto difficile. La devastazione ha raggiunto una tale profondità e una tale estensione che non esiste un gruppo dirigente alternativo. I nomi che circolano provengono tutti dalla scuderia craxiana. Sono personaggi che si sono distinti tardivamente. No, non vedo nessuno: sarebbe ozioso fare nomi. Forse, più che a un successore, converrebbe puntare a un interregno, una reggenza, per lasciar decantare la situazione e rivitalizzare nel frattempo il partito. A un certo punto, dovrà pur emergere una nuova generazione di socialisti".

Ha studiato dal presidente del Consiglio
"Per Giuliano Amato, ho sempre avuto grande stima e non è venuta meno neppure quando non ho condiviso le sue posizioni. Lui ha un curriculum ideale per guidare il governo. Ha studiato da presidente del Consiglio. Non ha perso tempo in altre cose, se non quello impiegato per fare il consigliere del Principe. Ma anche questa è un' esperienza da cui saprà trarre utili insegnamenti. Amato è il miglior presidente del Consiglio possibile. E per ora non è immediatamente sostituibile". "Certo. Deve salvaguardare la sua funzione, senza offuscarla. Avrebbe fatto bene, per esempio, a non partecipare all' ultima direzione. Meglio se avesse inviato un messaggio scritto, per distinguersi. A ogni modo, se l' è cavata egregiamente. Nulla da rimproverare. Piuttosto, era una questione di stile, di gusto. Avrebbe dovuto dimostrare una maggior freddezza, una maggiore sobrietà. Deve stare attento a evitare qualsiasi contaminazione, qualsiasi abbinamento". "Amato successore di Craxi? No, non credo proprio che abbia intenzione di fare il segretario del partito. Per caritàé Sì, io auguro a Giuliano Amato, e anche all' Italia, che non si lasci trascinare dalle vicende del Psi. Lui, ora, deve badare ai problemi del paese".

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